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Messaggi del 09/01/2015

 

Il ricco, il povero e il maggiordomo

Post n°12065 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Aldo, Giovanni e Giacomo tornano al cinema; affiancati alla regia da Morgan Bertecca, con "Il ricco, il povero e il maggiordomo", film che ha come tema principale il fallimento sia economico che personale.

Giacomo è un broker convinto che ama rischiare troppo, perchè andare in buca è l'unica cosa che conta. Giovanni è il suo maggiordomo tuttofare, aspirante guerriero ninja e innamorato della domestica venezuelana Dolores. Aldo è il venditore ambulante che Giovanni, nel ruolo di autista di Giacomo, investe. Invece di rimborsargli il danno, Giacomo trasforma Aldo in un servo tuttofare, fino a quando il principale investimento del broker, nel Burgundy, cade vittima di un colpo di Stato. Da quel momento i tre devono unire le forze per tirarsi fuori dai guai.

Il soggetto è tutt'altro che originale, ma le risate restano inalterate pur con una sceneggiatura sicuramente inferiore ai film precedenti del trio.

C'è stato un tempo in cui Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti hanno rappresentato il nuovo che avanza della commedia italiana, ma da "Tu la conosci Claudia", tranne che in qualche film hanno perso molto della loro innovazione a livello narrativo.

Il film come sempre è ricco di sketch, e il trio ha il merito, come sempre hanno fatto; di far ridere (riflettendo) senza volgarità e soprattutto hanno il buon gusto di non mostrare quell’ "umorismo" imbarazzante tipico di alcune commedie del periodo. Tutto il repertorio del trio, dalla Milano dei quartieri, alla goffaggine di Aldo, fino alla petulanza di Giacomo e al buon senso meneghino di Giovanni sono presenti nel film.

La vera marcia in più sono gli attori di contorno, da Giuliana Lojodice nel ruolo della mamma di Aldo a Massimo Popolizio nei panni di un burbero prete da oratorio.

Ben impostata la colonna sonora che spazia tra Emis Killa, Julio Iglesias e Tonino Carotone.

Voto finale: 3--/5
Il ricco, il povero e il maggiordomo
Poster

Il ricco, il povero e il maggiordomo, rispettivamente interpretati da Giacomo, Aldo e Giovanni, racconta la storia dell'incontro fortuito di un industriale e del suo autista con un venditore abusivo. Quest'ultimo porta scompiglio in villa, ma complice un tracollo finanziario, si rivela una risorsa quando il ricco perde il suo patrimonio. I tre si ritrovano a casa della madre del poveraccio e tra un problema di convivenza e l'altro, devono trovare un garante per poter ottenere un prestito da una banca e rimettere le cose al loro posto.

 

 
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Saverio Costanzo, quando il cibo diventa horror da cinecittà news

Post n°12064 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Cristiana Paternò31/08/2014
In concorso a Venezia 'Hungry Hearts' con Alba Rohrwacher e Adam Driver, storia di una giovane coppia di genitori e dell'ossessione per il cibo
VENEZIA – Il quarto film di Saverio Costanzo è un’immersione verticale nei fantasmi e nelle ossessioni di una giovane coppia di fronte alla nascita di un figlio. Un bambino speciale, come pensa la mamma Mina (Alba Rohrwacher), convinta di doverlo proteggere dalla contaminazione del mondo, tenendolo lontano dai raggi del sole e nutrendolo solo con semi e verdure. Ma il padre Jude (Adam Driver), pur molto innamorato, inizia a dubitare di queste scelte e quando un medico, da cui è andato di nascosto, gli spiega che il neonato rischia gravi conseguenze per la malnutrizione, esplode una battaglia all’interno della coppia in cui viene coinvolta anche la madre di lui (Roberta Maxwell), pronta a tutto per "difendere" il nipote. Girato in gran parte ambienti claustrofobici con forti accenti da horror, Hungry Hearts trasporta la vicenda narrata nel romanzo di Marco Franzoso, Il bambino indaco (Einaudi), a cui il film si ispira, dall’Italia a New York, esasperandone la rarefazione e l’atmosfera da incubo. Applaudito dai giornalisti al Lido, dove è in concorso, il film uscirà in sala con 01 il 15 gennaio 2015. 

Costanzo, cosa l’ha avvicinata a questa storia dopo "La solitudine dei numeri primi"? 
Ho letto il libro, che inizialmente mi ha respinto pur attraendomi. Un anno e mezzo dopo mi sono riavvicinato e ho iniziato a scrivere, cosciente del rischio di morbosità e della necessità di una drammaturgia forte. Ho provato a scrivere senza giudicare questi tre personaggi, la madre, il padre e la nonna, guardandoli con dolcezza. Attraverso di loro ho potuto osservare anche il mio ruolo di padre con minor senso critico e con maggior passione. È stato un film catartico anche per la mia storia personale. Ma tutto questo senza alcun ragionamento, in modo istintivo. 

Ha incontrato Marco Franzoso? 
Mai incontrato, ci siamo scritti solo dopo che ha visto il film. 

Perché ha spostato la vicenda a New York raccontando l’amore tra un’impiegata dell’ambasciata italiana e un ingegnere americano dal loro primo incontro casuale fino al matrimonio e alla maternità? 
Non è che volessi fare l'americano... Volevo mostrare l’isolamento totale del personaggio di Mina in una città violenta. Ho abitato io stesso a New York e provavo sentimenti molto simili, a volte era come combattere una battaglia. È una città che non si fa dimenticare, dove se hai i soldi tutto è facile, ma se hai meno mezzi tutto è complicato. 

Mentre le due figure femminili, materne, appaiono come fortemente disturbate, il padre sembra avere un maggiore equilibrio nel rapporto col piccolo. 
È un padre come oggi ce ne sono tanti, che collabora alla vita familiare e si occupa del bambino. Ed è un uomo innamorato – vorrei sottolineare che il film è una storia d'amore. Anche Mina ama, ma il suo è un amore che non riesce a contenere, anche la nonna è così… Il film racconta i due personaggi nello spazio in cui diventano genitori, cosa non facile. 

Non vede in Mina una persona disturbata, ai limiti della follia? 
Non ho mai pensato che Mina fosse pazza né che potesse fare del male al bambino, lei era il nostro eroe e dovevamo raccontarla fino in fondo. Verso la fine del film porta il bambino sulla spiaggia, per lei è un mettere i piedi per terra, l’inizio di un cambiamento, poi la vita interviene. 

Come ha scelto Adam Driver, che vedremo protagonista di "Star Wars Episode VII" accanto a Harrison Ford e nel nuovo film di Scorsese "Silence"? 
L’avevo visto in Girls e il nostro è stato un grande incontro. Lui ha un’idea della recitazione molto autentica. 

L’ossessione per il cibo è molto contemporanea  e condivisa da tante persone in varie forme, senza arrivare a quelle più estreme. 
Tutti noi non facciamo altro che domandarci che cosa mangiare. Forse sentiamo che il mondo fuori è tossico, ma questa è sociologia ed essendo sociologo di formazione vorrei evitare discorsi troppo generici. Quanto a me, mangio tutto e amo molto anche il Big Mac, devo dire che porto i miei figli una volta al mese da McDonald’s. 

Pensa che i vegani si sentiranno colpiti nel vivo? Che ci sarà qualche polemica? 
Uno psicologo recentemente invitava le mamme vegane ad essere compassionevoli verso le nonne che qualche volta danno un omogeneizzato di carne al bambino. Questo perché spesso chi fa scelte radicali diventa come sordo, si irrigidisce. La radicalità senza senso dell'umorismo, l’ideologia ferrea ha ucciso milioni di persone, bisogna anche avere cuore e amare se stessi. Ma questo film non è contro niente e nessuno. 

Ha rielaborato il personaggio della nonna, interpretata da Roberta Maxwell, vero?
 
Nel libro il personaggio della nonna era molto italiano, io l’ho un po’ indurito e reso più americano nella sceneggiatura, ma poi l’ho adattato a Roberta e l’ho di nuovo addolcito. Questa donna, che ha avuto un marito cacciatore, è scaltra, intelligente, e convinta di essere nel giusto. Forse è stata una madre poco sollecita e adesso si prende una rivincita sul nipote. 

Aveva qualche film di riferimento girando? 
No, se non un approccio spregiudicato alla Cassavetes: i suoi film erano azioni di ribellione a quel sistema che lo nutriva. Il film procede come se le scene fossero strappate, come se dicessi allo spettatore: hai visto abbastanza, ora andiamo avanti. 

Il film ha un budget relativamente ridotto e uno stile che lo può accomunare al cinema indipendente americano. 
È coprodotto da Wildside con Rai Cinema, ma essendo a basso budget, girato in quattro settimane, c’è stata maggiore elasticità da parte della Rai. Ho girato in 16 mm e continuerò il più possibile a usare la pellicola, è una linea seguita da alcuni registi, tra cui ad esempio Alice Rohrwacher. Sono stato l’operatore del film, non è il mio mestiere, ma questo mi ha permesso di trovare una maggiore autenticità e anche gli errori sono funzionali. 

Cosa pensa del cinema d’autore italiano? 
Amo le cose forti e devo dire sinceramente che tanta roba non mi piace, ma ci sono una decina di autori che seguo. La crisi, per quanto nefasta, ha aiutato a fare una selezione. Anche Hungry Hearts è frutto della crisi. Rimbocchiamoci le maniche. Fare un cinema libero è un privilegio ma ci si deve prendere la responsabilità e il cinema italiano spesso non lo fa. 

 
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'Barry Lyndon' restaurato torna in sala

Post n°12063 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

ssr08/01/2015
Barry Lyndon festeggia i suoi 40 anni con il ritorno nei cinema italiani in versione restaurata: il capolavoro storico che Stanley Kubrick trasse nel 1975 dal romanzo di William M. Thackeray sarà in sala da lunedì 12 gennaio, distribuito dalla Cineteca di Bologna e Gruppo Unipol, nell’ambito del progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema.

“Mi ha sempre attirato - queste le parole di Kubrick - un film in cui il destino del protagonista è già inciso sul primo fotogramma”: un duello alla pistola che sembra già tramandare di padre in figlio una vita di vicissitudini rocambolesche. E dalla vicenda di Barry Lyndon Kubrick è stato attirato al punto da scriverne egli stesso la sceneggiatura, avvicinandosi a Thackeray, grande scrittore inglese poco ricordato e poco tradotto, con semplicità e trasparenza: “Amavo la vicenda e i personaggi di Barry Lyndon, e mi parve possibile farne una trasposizione senza distruggerlo”, raccontò lo stesso Kubrick a Michel Ciment. “Ed esso offriva inoltre l’opportunità di fare una delle cose che il cinema può fare meglio di qualunque altra forma d’arte, presentare cioè una vicenda a sfondo storico. La descrizione non è una delle cose in cui i romanzi riescano meglio, però è qualcosa in cui i film riescono senza sforzo, almeno rispetto allo sforzo che viene richiesto al pubblico”.

Partendo dalle avventure di Redmond Barry (interpretato da Ryan O’Neal) e di Lady Lyndon (Marisa Berenson), il film ripercorre il Settecento come fosse un museo di cera (l’incarnato dei volti, il lume delle candele), come uno viaggio nella pittura dell’epoca: siamo in un salotto di Gainsborough, in un giardino di Watteau, seduti a una tavola di Hogarth. Vivono, questi tableaux, vivono ansiosamente di ambizioni fallaci, rovine annunciate, sentimenti corrotti, disillusioni, soprusi, umiliazioni: e l’impossibile ascesa dell’avventuriero Redmond Barry, che sposa l’aristocratica Lady Lyndon, “traccia una parabola che conduce al nulla” (Michel Ciment).
Milena Canonero vinse per i costumi di Barry Lyndon il suo primo Premio Oscar.

 
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Musei: oltre 40,2 milioni visitatori nel 2014,+6,2% da ansa

Post n°12062 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

+7% introiti; cresce il Sud. Franceschini, è boom dei 'minori'

La crisi risparmia i musei statali italiani, che nel 2014 vedono crescere sia i visitatori (+6,2% rispetto al 2013) sia gli introiti (+7%), con punte di eccellenza al Sud e in tanti musei cosiddetti "minori" o fino ad oggi poco frequentati, dalla Rocca di Gradara a Capodimonte. Lo annuncia il ministro di Beni culturali e Turismo Dario Franceschini presentando alla stampa estera il nuovo bando internazionale per la selezione dei direttori dei primi 20 musei dello Stato. "Per i musei italiani un anno davvero positivo", dice il ministro, che sottolinea soddisfatto anche "il valore educativo" della riforma di orari e tariffe introdotta con il suo arrivo al Collegio Romano. "Il costante aumento di visitatori anche nelle domeniche gratuite e pure nei mesi di bassa stagione turistica - dice - dimostra che al museo sono tornate anche tante famiglie italiane".

In particolare, nel 2014 i visitatori dei circa 420 musei statali italiani sono stati 40.287.939, con un incremento di 2.355.687 rispetto al 2013. Crescono, grazie all'introduzione di nuovi orari e tariffe, anche i visitatori gratuiti, che nell'anno appena trascorso sono stati 21.346.214 (+5% rispetto al 2013) con un aumento di 987.067 persone. Gli introiti totali per il 2014 sono 134.860.105 euro, ovvero 8.784.486 euro in più rispetto all'anno precedente.

Importante anche l'aumento al Sud, con un +108,2% in Calabria (+ 947.45% introiti), in gran parte dovuto alla riapertura del museo nazionale di Reggio Calabria con i Bronzi di Riace, a cui si affianca una crescita comunque significativa in Sardegna (+28,5% visitatori, +31,14% introiti), in Basilicata (14,3% visitatori, +31,68% introiti) e Puglia (+6,37% visitatori, +12,74% introiti) o Campania (+8,39% visitatori, +8,97% introiti). Ma va bene anche al Centro, con l'Emilia Romagna (+8,64% visitatori, +13,03% introiti) e al Nord con la Liguria (+23,68% visitatori, +22,11% introiti), la Lombardia (+4,19% visitatori, +9,72% introiti) e il Friuli Venezia Giulia (+ 1,21% visitatori, +31,05% introiti).

I maggiori incrementi in assoluto si sono avuti nel circuito museale di Arezzo (+201,3% visitatori), al museo lapidario estense di Modena (+1032%), a Palazzo Altieri di Oriolo romano (+111%) al Museo Nazionale delle residenze napoleoniche di Portoferraio (+186,2%), così come all'Abbazia di Casamari nel frusinate (+33%), alla Rocca di Gradara nelle Marche (quella dove sbocciò "l'amor che a nullo amato amar perdona" di Paolo e Francesca) che ha registrato un +18%, la Villa Pisani di Stra (+22%), il Castello di Torrechiara a Laghirano (+25%), la Galleria Spada di Roma (+26,7%), la tomba di Virgilio a Napoli (+26%) il Palazzo Ducale di Sassuolo (+34,3%), il Museo Archeologico cerite di Cerveteri (+70,5%).

Ma i numeri sono in positivo anche per quasi tutti i musei della Top 30 dei più frequentati, dominata come sempre da Colosseo (che ha superato il muro dei 6 milioni di visitatori l'anno, con un incremento del 9,8% rispetto al 2013), Pompei e Uffizi. Aumentano i visitatori un po' ovunque, dalla Pinacoteca di Brera (+8,1%) al circuito museale di Firenze (+15,8%), da Villa d'Este (+9,6%) a Villa Adriana (+11,9%), dagli Scavi di Ostia antica (+13%) al circuito archeologico di Paestum (+7,4%) fino all'exploit del Museo di Palazzo Ducale di Mantova (+26,3%). In controtendenza la Grotta Azzurra a Capri (-8,8%), il Castello scaligero di Sirmione (-7,5%), la Venaria Reale di Torino (-4,9%). (ANSA).

 
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“Je suis Charlie”. Una piazza Farnese gremita per la libertà di espressione da articolo21

Post n°12061 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

 

piazza-farnese1

Hanno partecipato in tanti alla fiaccolata organizzata da Fnsi e Articolo 21 e numerose altre organizzazioni a Piazza Farnese in solidarietà col popolo francese e con i giornalisti di Charlie Hebdo. “Tutti i francesi sono estremamente toccati dalle manifestazioni di simpatia di amicizia e di solidarietà’ del popolo italiano”. Sono le parole dell’ambasciatrice francese a Roma, Catherine Colonna. “Noi siamo tristi – ha detto Colonna – ma siamo calmi perché i nostri valori sono democratici, sono valori di dignità, valori positivi, non valori di distruzione. E siamo determinati. Perché le nostre armi migliori sono l’umanità e la libertà di espressione che è il segno più forte della democrazia. Un valore che noi difenderemo”, ha assicurato. “Grazie di essere qui”, ha concluso con il saluto “viva la libertà!”.

 

Soprattutto giornalisti e politici per testimoniare solidarietà alle vittime dell’attentato terroristico di ieri, a Parigi.

Fra i presenti il presidente del Partito democratico, Matteo Orfini, e i senatori Vannino ChitiLuigi Zanda, Rosy Bindi, Khalid Chaouki (Pd),


Lucio Malan, Giovanni Toti, Mara Carfagna, Stefania Prestigiacomo (FI),

Nicola Fratoianni e Arturo Scotto di Sel, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, Andrea Olivero del Gruppo per le Autonomie. Ma anche il segretario della Cgil Susanna Camusso, quello della Fiom Maurizio Landini e il leader radicale Marco Pannella.

Decine di fiaccole hanno illuminato la piazza. In alto i cartelli con la scritta “Je suis Charlie”, con le foto delle vittime della carneficina che ha sconvolto l’Europa.

 

Un gruppo di persone ha intonato la Marsigliese. “Siamo qui per portare la solidarieta’ e la partecipazione del mondo sindacale”: ha detto il segretario nazionale della Uil, presente alla manifestazione con il segretario nazionale della Cgil Susanna Camusso. “Questo barbaro attentato – ha aggiunto Carmelo Barbagallo – è un attacco alla libertà e rischia di inquinare la civilta'”. 
“Sono con Charlie”, ha detto Susanna Camusso contro chi attenta alla liberta’ e alla democrazia. “Ma attenzione – ha aggiunto il segretario della Cgil – bisogna evitare le strumentalizzazioni e andare avanti con i processi di integrazione”.

Il segretario della Fnsi, Franco Siddi, ha definito l’attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo una “spietata esecuzione” e “un atto contro la liberta’ di stampa e la democrazia contro il quale bisogna reagire”.

Per il leader della Fiom, Maurizio Landini, “la risposta a questo atto terroristico deve essere quella di allargare ancora di più la democrazia, la partecipazione, i diritti”.

A esprimere la solidarietà del sindacato ai giornalisti, alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo francese è anche il segretario confederale della Cisl Maurizio Bernava: “la democrazia e la libertà di stampa sono un patrimonio comune e non possono essere messe in discussione da nessuno. Il mondo del lavoro e unito nel respingere violenza e terrorismo”.

8 gennaio 2015
 
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Charlie Hebdo, Art.21 alla manifestazione “repubblicana” di Parigi per testimoniare la difesa della libertà di espressione

Post n°12060 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

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da Parigi. Anche noi di Articolo 21 saremo presenti alla marcia “repubblicana”, indetta dal Presidente della Repubblica francese, François Hollande, per testimoniare la solidarietà ai familiari delle 12 vittime della strage al settimanale Charlie Hebdo, straziate da un commando integralista islamico mercoledì scorso.
Una manifestazione contro la barbarie, contro lo stravolgimento degli insegnamenti religiosi. Perché il fanatismo fondamentalista uccide per primo gli stessi credenti ed umilia il principio di convivenza pacifica tra le diverse culture, storie e scelte politiche. Una manifestazione per dire con voce forte e chiara che le libertà di stampa, di satira, di critica sono beni primordiali, che non possono essere barattati né censurati in nessun modo, sempre, anche nei momenti più difficili e duri come quelli che stiamo vivendo.

Domenica si fermerà tutta la Francia, quella stessa che in queste ore sta dimostrando con compostezza e determinazione nelle piazze storiche, per far sentire la propria voce in difesa delle libertà di espressione, dei principi fondamentali della fraternità e uguaglianza, che hanno sempre contraddistinto intellettuali, artisti e giornalisti francesi e che sono alla base anche della nostra Costituzione e della Carta fondamentale dell’Unione Europea.

Articolo 21 si stringe attorno a tutti i giornalisti, i vignettisti, i lavoratori della comunicazione di Francia, che in queste ore drammatiche e insanguinate stanno dando prova di un’alta professionalità e obiettività, coprendo tutto lo svolgersi dei fatti.
Facciamo nostre le parole scritte dal Direttore di “Le Monde”, Gilles Van Kote nell’editoriale “Liberi, In piedi, Insieme”, in memoria dei caduti di Charlie Hebdo: “Alcuni non nascondevano la loro paura, ma tutti la superavano. Soldati della libertà, della nostra libertà, e sono morti. Morti per delle vignette. Attraverso loro, è proprio la libertà d’espressione – quella della stampa, come quella di tutti i cittadini – che era l’obiettivo degli assassini. E’ questa libertà d’informare e di essere informati, di dibattere, di criticare, di comprendere e di convincere, questa indipendenza dello spirito, questa necessaria e vitale audacia della libertà, che i terroristi hanno voluto schiacciare sotto i loro proiettili”.

Mercoledì prossimo Charlie Hebdo uscirà lo stesso, in un milione di copie, anche grazie all’aiuto di “Liberation”, che già anni addietro aveva ospitato i giornalisti del settimanale quando altri fanatici islamici avevano bruciato i loro locali. Perché, come ha scritto nell’editoriale il direttore di “Libé”, Laurent Joffrin: “Charlie vivrà…Charlie era il ridere intelligente, il ridere impietoso, la presa in giro, l’ironia piena di speranza, Voltaire in vignette, un calcio in culo ai fanatismi. Contro le matite, i pennarelli e i cartoncini hanno fatto risuonare i kalachnikov. Quando non ci sono più argomenti, si spara! Sappiamo che questa professione è pericolosa. Ogni anno nelle zone di guerra muoiono giornalisti a dozzine. Ora vogliono portare la guerra dentro le nostre redazioni. Ma noi non faremo la guerra. Non siamo soldati. Ma difenderemo il nostro comportamento e la nostra vocazione: aiutare i lettori a sentirsi cittadini. Non è una gran cosa, ma è già qualcosa. Con una certezza ancor più radicata: ora sappiamo perché facciamo questo mestiere”.

9 gennaio 2015

 
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#CharlieHebdo - Il falò e le scintille da megachip

Post n°12059 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Come previsto è l'isteria che prende il sopravvento. Eppure basterebbe accorgersi della tremenda puzza di bruciato che si alza da questo mostruoso attentato. [Giulietto Chiesa]

venerdì 9 gennaio 2015 00:28

 

di Giulietto Chiesa.

Come previsto è l'isteria che sta prendendo il sopravvento. 


Eppure basterebbe accorgersi della tremenda puzza di bruciato che si alza da questo mostruoso attentato. A cominciare dalle carte d'identità ritrovate a bordo dell'auto. 

Possibile che quasi nessuno dei grandi media mainstream sia incapace di porsi qualche domanda? Dove invece c'è il fuoco ancora acceso è attorno alla questione cruciale. Chi c'è dietro e dentro il cosiddetto "stato islamico"? 

Eppure la puzza che viene dal quel fuoco nero è così forte che è impossibile non sentirla. 

L'Isis è una fonte di inquinamento globale, perché è stata creata da giocatori globali. 

Non è detto che chi ha acceso il falò sia in grado di gestire tutte le scintille. Ma la prima cosa da fare sarebbe chiedersi chi ha acceso il falò, non vi pare?

Invece tutti parlano delle scintille.
 

 
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#CharlieHebdo - Il falò e le scintille da megachip

Post n°12058 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Come previsto è l'isteria che prende il sopravvento. Eppure basterebbe accorgersi della tremenda puzza di bruciato che si alza da questo mostruoso attentato. [Giulietto Chiesa]

venerdì 9 gennaio 2015 00:28

 

di Giulietto Chiesa.

Come previsto è l'isteria che sta prendendo il sopravvento. 


Eppure basterebbe accorgersi della tremenda puzza di bruciato che si alza da questo mostruoso attentato. A cominciare dalle carte d'identità ritrovate a bordo dell'auto. 

Possibile che quasi nessuno dei grandi media mainstream sia incapace di porsi qualche domanda? Dove invece c'è il fuoco ancora acceso è attorno alla questione cruciale. Chi c'è dietro e dentro il cosiddetto "stato islamico"? 

Eppure la puzza che viene dal quel fuoco nero è così forte che è impossibile non sentirla. 

L'Isis è una fonte di inquinamento globale, perché è stata creata da giocatori globali. 

Non è detto che chi ha acceso il falò sia in grado di gestire tutte le scintille. Ma la prima cosa da fare sarebbe chiedersi chi ha acceso il falò, non vi pare?

Invece tutti parlano delle scintille.
 

 
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CRONACA DI UNO SCIACALLAGGIO: MATTEO SALVINI E L’ATTENTATO A CHARLIE HEBDO

Post n°12057 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

da glistatigenerali.com

7 gennaio 2015

Se non avete mai visto come opera uno sciacallo, vuol dire che non tenete d’occhio abbastanza i profili social di Matteo Salvini. In attesa che iniziate a farlo, proviamo a raccontarvelo noi.

La giornata di oggi è di quelle propizie. Poco prima di mezzogiorno un commando armato di tre persone fa irruzione nella redazione di  Charlie Hebdo, giornale satirico parigino, e al grido di “Allah Akbar” fa una strage: muoiono in 12 tra giornalisti e poliziotti accorsi nel frattempo. Per Salvini ci sono tutte le condizioni ideali per agire. E infatti il leader della Lega non si lascia pregare.

Sono passate solo un paio di ore dall’attacco a Parigi, quand’ecco che Salvini lancia il suo primo tweet:

 

Schermata 2015-01-07 a 16.23.06

Se MASSACRO di #Parigi sarà confermato di matrice ISLAMICA, è chiaro che ormai abbiamo il nemico IN CASA. #StopInvasione, subito! #Salvini C’è quel “se” che fa tanto garantista (chissà di che “matrice” può mai essere l’attentato di oggi…) ma anche l’hashtag finale che suona come una condanna senza appello: #StopInvasione

Passa solo un minuto, e arriva il secondo tweet:

Schermata 2015-01-07 a 16.29.34

Verificare chi, come e perché finanzia le MOSCHEE. Chi non rispetta la Vita e la Libertà non merita niente. #Salvini #Lega Il condizionale non c’è più, e si passa già alla fase 2, quella della reazione. Anche l’obiettivo è oramai chiaro: le moschee, fonte del male.  

Per mezz’ora Salvini tace, poi arriva il terzo tweet:

  Schermata 2015-01-07 a 16.29.56

Aveva ragione Oriana #Fallaci. http://youtu.be/n2hLsquo4eA  #Salvini #Lega Salvini fa appello alla madre nobile dell’anti-islamismo. Che gli vuoi dire?  

Nel frattempo, curiosamente, si sono fatte le 16 e  non ha ancora twittato la mentore europea, e francese, di Salvini, Marine Le Pen, che pure dovrebbe essere più direttamente interessata alla strage di Parigi. La leader del Front National annuncia che per parlare attenderà fino alle 16.30:

Schermata 2015-01-07 a 16.24.08

Je ferai une déclaration solennelle aux alentours de 16h30 sur le site du @FN_officiel concernant l’attentat commis contre #CharlieHebdo.MLP   Forse, ci si augura, anche per non parlare a sproposito. A Salvini, invece, questo interessa poco. A lui interessa solo vincere facile.

@carlomariamiele

 
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A chi serve questa guerra? da comune-info.net

Post n°12056 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

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di Ascanio Celestini

I terroristi entrano nel telefono di Jean Louise mentre mangiamo in un Bar del Marais a Parigi. Le notizie ormai ci raggiungono ovunque. Non è indispensabile comprare un giornale di carta o accendere la televisione. “Hanno ammazzato dodici persone” dice Jean Louise leggendo sullo smartphone. “Giornalisti di un settimanale satirico sono stati ammazzati a colpi di kalashikov” dice “ma sembra che gli assassini siano scappati e non li hanno presi”.

Allora ci facciamo i calcoli sulla strada che faremo per tornare a casa. Jean Louise ePatrick devono prendere il treno per tornare a Liege e a Bruxelles, Paolo va a Belville e io all’aeroporto di Orly. Gli sparatori sono ancora in giro, chi li incontrerà?All’aeroporto mi sequestrano lo sciampo. Niente di tragico, era una bottiglietta presa in albergo tanto per non buttare nel water un goccio di sapone, ma in un giorno come questo i controlli sono più severi. I terroristi (si chiamano così) non riusciamo a capirli, sparecchiano la nostra tavola rovesciando tutto in un solo colpo.

Ma chi ha inventato questa guerra che dalle trincee di cento anni fa arriva fino alla porta di casa nostra? Penso alle trincee perché da un anno si parla della prima guerra mondiale. Si pubblicano e ripubblicano libri. Escono film e si fanno trasmissioni televisive sulla grande guerra. In molti ricordano l’attentato di Sarajevo. Gavrilo Princip uccise l’erede al trono austro-ungarico in una giornata che ebbe un andamento grottesco. A scuola ci dicevano che la guerra scoppiò dopo quel fatto, ma era solo una semplificazione.

A man holds a placard which reads "I am Charlie" to pay tribute during a gathering at the Place de la Republique in Paris

L’Europa si preparava già da dieci anni e tutti i paesi avevano interesse a spararsi addosso. L’Austria cercava un pretesto per mettere le mani sui Balcani e presentò un ultimatum alla Serbia senza aspettare la risposta, la Russia voleva uno sbocco sui mari caldi, la Germania pensava all’egemonia continentale ma anche all’espansione coloniale, l’Inghilterra non voleva un paese egemone nel continente europeo, la Francia non poteva non intervenire davanti ad Austria e Germania che si muovevano, l’Italia temporeggiò per un anno poi prese al volo l’invasione del Belgio per cambiare schieramento e mettersi in trincea contro gli austriaci.

E poi tutti avevano paura del socialismo. La guerra avrebbe fermato la rivoluzione. In Russia successe il contrario: fu la rivoluzione a scoppiare grazie alla guerra, ma queste due anime furono comunque legate l’una all’altra anche in quel caso. Queste cose le sappiamo dopo anni di studi e pubblicazioni, ma cento anni fa i nostri nonni avevano a disposizione una versione completamente diversa. La storia ci ricorda che gli avvenimenti sono soltanto la punta visibile di un iceberg che si scopre solo col tempo e con lo studio. Dunque: qual è l’iceberg che sta sotto ad un attentato come questo? Cerchiamo di scoprirlo iniziando col porci un’altra domanda: a chi serve questa guerra?

 
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#CharlieHebdo, giusto due cose da sapere prima di prendersela con tutti i musulmani da l'espresso

Post n°12055 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

musulmano

Lo so, siete lì pronti a condividere gli articoli di Oriana Fallaci che “ah, aveva capito tutto”, oppure state facendo like a qualche proposta di Matteo Salvini o Maurizio Gasparri, o vi date un tono andando sulla pagina di Marine Le Pen anche se non conoscete una parola di francese.

Non voglio interrompervi, per carità. Sai che palle questi “maestrini della sinistra buonista” (definizione che mi guadagno in automatico perché ho un blog sull’Espresso).

Giuro, vi rubo solo un minuto. Per elencarvi giusto alcuni FATTI che, ne sono certo, non incrineranno in alcun modo le vostre granitiche convinzioni sul fatto che i musulmani sono tutti estremisti e che comunque è colpa degli immigrati:

  1. Tra i dodici morti della strage di Parigi ci sono il correttore di bozze Mustapha Ourrad e il poliziotto Ahmed Merabet. Probabilmente sono musulmani anche loro;
  2. Il consiglio francese per il culto musulmano ha condannato senza discussioni la strage. «A nome dei musulmani di Francia, nella loro quasi unanimità, sono qui per condannare l’orrore di questo crimine indicibile»: lo ha detto il presidente del Consiglio francese per il culto musulmano, Dalil Boubakeur, giungendo davanti alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi. «Ci inchiniamo davanti a tutte le vittime di questo dramma orribile» (fonte);
  3. Per quelli che “vabbeh ma a condannare sono buoni tutti”: in Francia i musulmani hanno manifestato anche contro l’Isis mesi fa (fonte: Avvenire), cosa che è successa anche in Italia;
  4. I due principali sospettati dell’attentato sono franco-algerini. Cioè non sono immigrati e hanno il passaporto francese. Quindi tutto il discorso su Mare Nostrum e sull’immigrazione in Italia (che, attenzione, è un discorso assolutamente legittimo), non ha alcun senso venga fatto in questa circostanza. Perché, appunto, non c’entra nulla;
  5. Nel 2014 sono stati uccisi circa 90 tra giornalisti e operatori nel mondo. Tutti hanno in mente le immagini dei reporter americani decapitati dall’Is. In realtà, numericamente, sono molti di più i Mohamed, i Yusuf, gli Omar ammazzati tra Siria e Palestina: si tratta di giornalisti locali, quasi sempre musulmani, uccisi da terroristi, delinquenti e dittatori dei loro paesi. Quindi i musulmani non sono tutti uguali e vengono spesso ammazzati perché chiedono la libertà di stampa.
  6. In Europa ci sono tra i 20 e i 30 milioni di musulmani. Questa cosa può piacere o meno, ma è un dato di fatto. Non sono tutti terroristi, non sono tutte brave persone.
  7. Prima di invocare il ritorno della pena di morte (come chiede la Le Pen) o l’uso di torture gratuite sui terroristi, vale la pena ricordare che uno dei due sospetti attentatori, Cherif Kouachi, è diventato un fanatico islamista dopo aver visto le torture inflitte ai reclusi ad Abu Ghraib (fonte: New York Times). Quindi lo sfogo violento rischia di alimentare solo altra violenza.

.

E quindi alla fine di questo bell’elenco da anima candida della sinistra voglio dirvi che va tutto bene, che è tutto a posto? No.

Integrazione, immigrazione e contrasto al terrorismo sono tre temi enormi che creano problemi nella vita di tutti i giorni ed hanno conseguenze infinite. Però, se si decide di discuterne, bisogna capire che non ci sono formule facili, non ci sono bianchi e neri ed è tutto dannatamente più complicato di quanto un talk show, un tweet o un post su questo blog possano fare capire.

 
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Parigi, cominciamo dal rifiuto di questa nuova guerra da il fattoquotidiano

Post n°12054 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Parigi, cominciamo dal rifiuto di questa nuova guerra

 

“Il massacro di Parigi è un attentato alla pace mondiale” dice Giulietto Chiesa “agli equilibri della pace internazionale” cioè è “la strattonata che punta a trascinare l’Europa in guerra”.
Abbiamo alle spalle mezzo secolo di pace (condita di stragi e terrorismo, ma anche di benessere) e davanti un possibile conflitto? Continua Chiesa dicendo che “l’Isis è una trappola ben congegnata, una creatura inquinata e molto dubbia, ma molti non hanno ancora capito la lezione” e poi si chiede “chi paga un esercito di oltre 50mila uomini? E poiché non è né la Russia né l’Iran… restano pochi mecenati…” Quali?
Dunque: chi sta cominciando questa nuova/strana guerra mondiale? Chi la avalla?
Io credo che intanto abbiamo un impegno: non accettare la posizione dei commentatori europei che hanno tante risposte certe (e spesso inutili), ma incominciare a porci delle domande, fare dei distinguo, avere dubbi.
E soprattutto dire, come tanti anni fa, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non vogliamo essere colonialisti,
non vogliamo produrre e vendere armi,
non vogliamo mandare i nostri militari ad ammazzare gente in giro per il mondo,
non vogliamo continuare a bombardare i morti di fame in giro per il mondo,
i soldati ci piacciono di più quando spalano il fango e fanno attraversare le vecchiette sulle strisce pedonali,
non vogliamo chiudere le frontiere ai profughi disarmati,
non vogliamo dire che questi poveracci vengono nel nostro paese per spararci addosso
perché sappiamo che assistono i nostri anziani, puliscono le scale del nostro condominio e fanno la pizza sotto casa nostra,
non vogliamo avere rapporti commerciali con paesi ricchi, arricchiti, ma schiavisti,
non vogliamo, non vogliamo, non vogliamo,

noi non vogliamo!

La coscienza può cominciare anche dal rifiuto.

 
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Charlie Hebdo, Giannuli e la tesi del complotto: “Perché i conti non tornano”

Post n°12053 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Charlie Hebdo, Giannuli e la tesi del complotto: “Perché i conti non tornano”

 

Tempi di fuga dei terroristi troppo rilassati, scarsa protezione della redazione del settimanale e armi degli attentatori. Ecco i punti dell'attentato che non convincono l'esperto di servizi segreti

Già nel giorno dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdoavanzava l’ipotesi di un complotto. E anche oggi Aldo Giannuli, esperto di servizi segreti, in un post sempre sul blog di Beppe Grillo, insiste: nella vicenda possono “esserci altre ‘manine’ di ben altra qualità” perché i “conti non tornano”. O meglio: “Molto probabilmente la strage è islamica, però che gran puzza di bruciato!”. Gli elementi che lo inducono a sostenere questa tesi vanno dai documenti ‘dimenticati’ in auto ai rilassatissimi tempi di fuga dei terroristi, passando dalla scarsa protezione della redazione del settimanale e arrivando alle armi degli attentatori.

“Come in tutti i ‘grandi casi’ (Kennedy, piazza Fontana, Palme, 11 settembre, morte di Osama bin Laden ecc), anche in questo di Parigi – scrive Giannuli – i conti non tornano e ci sono un sacco di cose da spiegare”. L’esperto di servizi segreti domanda, ad esempio, “come mai un obiettivo sensibile” come la redazione diCharlie Hebdo fosse “così debolmente protetto”. E, prosegue, “learmi, gli attentatori, dove se le sono procurate? Portate appresso dalla Siria? E i francesi – osserva – se le sono fatte passare sotto il naso?” Ma, soprattutto, “avete mai visto dei terroristi che vanno a fare un’azione portandosi appresso la carta di identità che, poi, dimenticano in auto?”.

E, ancora, quando mai si sono visti “terroristi che agiscono perdendo tanto tempo durante la fuga e dopo aver avuto ben duescontri a fuoco con auto della polizia: si attardano a dare il colpo di grazia ad un agente, raccattano scarpe, poi lasciano un guanto.” E come mai “non è scattato alcun blocco della zona? Nel pieno centro di Parigi, non devono essere state poche le auto dellapolizia in zona. E Parigi non ha un traffico scorrevolissimo”.

Insomma, conclude Giannuli elencando altre circostanze, “resto dell’idea che la pista della strage jihadista sia quella nettamente più probabile, perché coerente con tutto un quadro formatosi da 10 anni in qua, questo però non vuol dire che nella questione non possano esserci altre ‘manine’ di ben altra qualità. E neppure che gli attentatori non siano stati lasciati fare, magari perché qualche sentore c’era, ma non ci si aspettava una cosa di questa gravità. O che gli organi inquirenti – ipotizza – non abbiano altri scheletri nell’armadio, che non c’entrano con la strage, ma che qualche aspetto della strage potrebbe portare alla luce e che, invece, occorre tener nascosti”. O, conclude, “anche che nella vicenda le mani che intervengono a vario titolo (mandanti, organizzatori, utilizzatori occasionali, infiltrati, esecutori, intervenuti marginali ecc.) siano decisamente più di due, quattro o sei”.

 
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GUILLERMO DEL TORO: CARNIVAL ROW DIVENTA UNA SERIE AMAZON da moviepplayer

Post n°12052 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

 

Dalla sceneggiatura per il cinema alla serie. Del Toro scriverà e dirigerà il pilot della serie mistery che in un primo tempo avrebbe dovuto diventare un film. Amazon ha rilevato il progetto portandolo in tv.

 

Amazon Studios ha concluso un accordo con l'eclettico Guillermo del Toro. Il regista messicano cosceneggierà, produrrà e dirigerà il pilot di Carnival Row, versione televisiva della sceneggiatura soprannaturale di culto di Travis Beacham A Killing on Carnival Row.

Amazon ha ordinato tre sceneggiature per il progetto, prodotto da Legendary TV, che saranno firmate da del Toro, Beacham e Renè Echevarria, veterano del piccolo schermo con all'attivo collaborazioni in Star Trek e 4400. Quest'ultiumo fungerà da showrunner per Carnival Row.

 

A Killing on Carnival Row nasce come lungometraggio e fino a poco tempo fa vedeva il registaTarsem Singh coinvolto nel progetto. In una città futura di nome Burgue, abitata da uomini e creature fantastiche come elfi, fate e vampiri, che somiglia molto alla Londra del XVIII secolo, un detective indaga per scoprire l'identità di un misterioso serial killer.

 
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Alberto Angela offre parte degli incassi del suo libro per restaurare un affresco a Pompeid

Post n°12051 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

da adnkronos

 <p>'Adone Ferito', affresco nell'omonima Domus di Pompei </p>

'Adone Ferito', affresco nell'omonima Domus di Pompei

Sarà destinata al restauro dell'affresco di Adone ferito a Pompei parte degli incassi dell'ultimo libro di Alberto Angela, edito da Rizzoli. Il volume, dal titolo 'I tre giorni di Pompei', è stato presentato ieri all'Auditorium degli scavi del sito archeologico alla presenza di un pubblico caloroso. L’affresco, che si trova nella Casa dell'Adone Ferito, rappresenta la scena della morte di Adone, il bel cacciatore vistosamente ferito alla gamba sinistra da un cinghiale, che si abbandona tra le braccia di Afrodite.

Il dipinto presente nell’ambiente del viridarium (giardino) sarà oggetto di unprossimo intervento di restauro che sarà realizzato con fondi ordinari della soprintendenza speciale archeologica di Pompei, Ercolano e Stabia,cui si aggiungerà il contributo della vendita del volume (4% degli incassi). Il restauro dell’affresco andrà a integrare gli altri interventi su gli apparti decorativi di tutta la casa, per consentirne la futura riapertura al pubblico.

La casa dell’Adone ferito, sulla via di Mercurio, fu portata alla luce tra il 1838 e il 1839 ed è anche nota come casa di Ermafrodite, in riferimento all’altra pittura ben conservata, presente in uno degli ambienti della domus. Il primitivo impianto dell’edificio risale all’età sannitica e conserva ancora decorazioni di I stile, alternate a decorazioni successive risalenti al I sec.d.c. di alcune parti della casa in III stile.

"Non posso che plaudire all’impegno di divulgazione e conoscenza che Angela con la sua attività e il suo libro sta operando - dichiara il soprintendente Massimo Osanna - ma anche alla scelta dell’editore di destinare una parte degli introiti delle vendite al restauro di un affresco di Pompei. E’ decisamente uno degli esempi di collaborazione pubblico-privata che più auspichiamo, capaci di coniugare interventi di salvaguardia con la promozione e la diffusione della conoscenza di uno dei siti archeologici più importanti al mondo".

 
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Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate, ecco le scene che mancano all’appello!

Post n°12050 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

da badtaste.it
SPOILER
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E’ dalla World Premiere di Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate che bramiamo di scoprire tutti i dettagli sull’edizione estesa dell’ultima incursione di Peter Jackson nella Terra di Mezzo.

Durante la conferenza stampa (e sul red carpet), nello specifico, regista, attori e produttrice ci hanno anticipato che il montaggio integrale durerà intorno ai 30 minuti in più rispetto alla versione cinematografica. Il “cut” definitivo e gli effetti visivi saranno pronti intorno alla metà del 2015 mentre l’uscita sarà fissata presumibilmente per novembre 2015, come di consueto.

Nell’attesa, qui di seguito potete leggere un resoconto di tutte le scene che mancano all’appello e che con tutta probabilità faranno parte della Extended Edition.

 

Smaug attacca Pontelagolungo

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La sequenza iniziale con Smaug che attacca Pontelagolungo durerà un po’ di più, come confermato daLuke Evans. “Più scene sui tetti” ha anticipato l’attore.

Legolas nell’accampamento

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Alla fine della Desolazione di SmaugTauriel abbandona Legolas per dedicarsi a Kili, mentre il figlio di Thranduil si allontana a dorso del suo cavallo a caccia di Bolg. Nel terzo film, tuttavia, assistiamo a una grossa ellissi visto che Legolas appare dietro Tauriel per “richiamarla” come se non si fossero mai separati. Alla sequenza segue un momento con Bard e Legolas, e soltanto dopo assistiamo alla scena in cui Tauriel interroga Legolas su ciò che ha appreso su Bolg, come se fosse appena arrivato all’accampamento.

La sensazione è che Legolas sia stato aggiunto alla prima scena con Tauriel e Kili solamente in seguito alla decisione di rimuovere le scene della sua “spedizione” (l’inquadratura, infatti, con un Legolas posticcio e immobile ha tutta l’aria di essere un pick-up).

Il Palantir e I Guardiani dei Tre

Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate | Il trailer nel dettaglio

Non è chiaro se la scena sia stata girata, ma nel palantir di Dol Guldur Gandalf avrebbe dovuto vedereSmaug alla guida di un esercito di orchi. Philippa Boyens ha comunque confermato che ci sarà qualcosa in più sugli anelli magici. La traccia della soundtrack “I Guardiani dei Tre” lascia infatti presagire qualcosa in più.

Sauron

Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate | Il trailer nel dettaglio

L’inquadratura non ha niente a che fare con l’edizione estesa, ma è interessante notare l’aspetto che avrebbe dovuto avere Sauron in uno dei primi rendering della sequenza della sua apparizione.

Beorn a Dol Guldur

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Nel film, la fuga da Dol Guldur mostra Gandalf, ancora gravemente ferito, che viene portato in salvo sulla slitta di Radagast. Nella sequenza ci sarebbe dovuto essere anche Beorn, preso prigioniero dagli orchi e torturato come si vede nelle immagini dal set e in un concept. Nelle “Cronache dal Set – Parte V” leggiamo che:

Dol Guldur si presenta come un ambiente pericoloso, con spunzoni e spine, scale diroccate, cornicioni e voragini aperte: l’ambientazione ideale per inseguimenti da brivido. A un certo punto, infatti, doveva essercene uno che coinvolgeva Radagast, Gandalf e alcuni orchi che trascinavano Beorn prigioniero.

Dopo la cacciata di Sauron, nel film, vediamo improvvisamente Gandalf in forze con cappello a spada alla mano. È chiaro che qualcosa è stato tagliato.

Il bastone di Gandalf

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Al momento di separarsi dall’amico dopo averlo salvato a Dol Guldur, Radagast avrebbe dovuto lasciare a Gandalf il suo bastone, visto che quello dello stregone grigio è stato distrutto da Sauron. Il bastone sarà poi lo stesso in tutta la trilogia del Signore degli Anelli.

Eserciti in marcia

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THE HOBBIT: THE BATTLE OF THE FIVE ARMIES

mangiaterra scavano le gallerie nelle montagne per permettere all’esercito di Bolg di arrivare più in fretta e di nascosto a Erebor, ma non lo vediamo attraversare i tunnel come nel trailer.

Anche Azog per una frazione del film “scompare”, e in un fotogramma avremmo dovuto vedere l’orco bianco alla guida del suo terribile esercito.

La stanza della contabilità

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Come ci spiegano le Cronache, “stracolma di enormi mucchi di monete accuratamente impilate, scatole di gioielli e oggetti preziosi, nella stanza della contabilità ci sono gru e argani per sollevare, classificare e inventariare il vasto tesoro che la squadra di Thorin è venuta a riprendersi. [..] Naturalmente i nani iniziano a contare i pezzi e stimare il lavoro del loro tesoro e a cercare l’Arkengemma. […] Bombur è l’esperto di tesoro del gruppo e di conseguenza gli viene affidato il compito immane di compilare un rapporto completo del tesoro di Erebor“.

Philippa Boynes ha dichiarato che Bombur avrà finalmente una battuta nell’edizione estesa. Sarà questa l’occasione?

Bofur e Bilbo

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Come confermato da James Nesbitt, prima che Bilbo fugga da Erebor ci doveva essere un momento tra lui e Bofur. Sarebbe stato un bellissimo richiamo al primo film in cui il nano cerca di trattenere lo hobbit che ha deciso di lasciare la compagnia, poco prima che vengano attaccati dai goblin.

Nani contro Elfi

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Nel film, nonostante la tensione fra loro, elfi e nani non combattono. A giudicare da questi fotogrammi, tuttavia, nell’edizione estesa ne vedremo delle belle. Notiamo anche l’esercito di nani a dorso di arieti, e la cosa darebbe più senso all’utilizzo che Thorin e i suoi compagni fanno delle bestie corazzate, visto che nel film spuntano fuori letteralmente dal nulla.

Il carro da guerra

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Nelle intenzioni iniziali, un gruppo di nani avrebbe raggiunto Collecorvo comandando un carro trainato quattro arieti e guidandolo finchè il terreno sconnesso lo avesse consentito. In seguito avrebbero sganciato gli animali e li avrebbero cavalcati su per il fianco roccioso della montagna (come si vede nel film).

Il carro – come abbiamo visto nel teaser trailer – viene attaccato dai Warg, bestie che nell’edizione cinematografica non scendono affatto in guerra sebbene nei primi due film abbiano grande spessore.

Oltre a questa scena, si spera che venga dato più risalto ai nani in battaglia che non vanno a Collecorvo. In un’intervista, William Kircher aveva preannunciato che ci sarebbe stato un bellissimo momento con Bifur in relazione all’incampacità del personaggio di proferire parola nella lingua comune.

Battute mancanti

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Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per loro“.

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Quando si è difronte alla morte, uno che cosa può fare?

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Questa era l’ultima mossa di un grande piano, un piano a lungo preparato“.

Avete una sola domanda a cui rispondere: come finirà questo giorno?“.

Il finale esteso

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Philippa Boyens ha ammesso che la conclusione del film è stata drasticamente ridotta perchè “non volevamo i finali multipli di cui siamo stati accusati con Il Signore degli Anelli“. Ne deriva che ilfunerale di Thorin, Kili e Fili (come vediamo nella foto tratta dalle Cronache dal Set), l‘incoronazionedi Dain e il destino di Bard saranno tutti svelati nell’edizione estesa. La produttrice ha anche anticipato che si sarà una bellissima scena di addio con Bill Connolly e Martin Freeman.

Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate | Il trailer nel dettaglio

Gemme bianche, di pura luce stellare“. Dovrebbe anche esserci il momento in cui Thranduil ottiene le gemme a lungo desiderate. Quel che è certo, comunque, è che scopriremo ancora di più su Legolas, sua madre e il suo passato. La produttrice ha ammesso che durante la pre-produzione del film si era addirittura pensato di girare una serie di flashback, “ma ci stavamo spingendo un po’ troppo oltre“.

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Visto che Bilbo decide di tornare a casa solo con le sue cose, nell’edizione estesa dovremmo vedere lo hobbit dirigersi nella grotta dei troll vista durante il primo film a scavare per prendere la piccola parte di tesoro seppellita dai nani. Nel prologo dello Hobbit, infatti, il vecchio Bilbo dice a Frodo che il forziere in cui sta frugando “puzza ancora di Troll“. Sarebbe anche bello vedere il momento in cui Ori regala il suo ritratto a Bilbo.

Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate è uscito il 17 dicembre 2014.

Questa la sinossi aggiornata:

Lo Hobbit: la Battaglia delle Cinque Armate porta ad un’epica conclusione delle avventure di Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia e la Compagnia di Nani. Dopo aver reclamato la loro patria dal drago Smaug, la compagnia ha involontariamente scatenato una forza letale nel mondo. Infuriato, Smaug abbatte la sua ira ardente e senza pietà alcuna su uomini inermi, donne e bambini di Pontelagolungo. Ossessionato soprattutto dal recupero del suo tesoro, Thorin sacrifica l’amicizia e l’onore e mentre i frenetici tentativi di Bilbo di farlo ragionare si accumulano finiscono per guidare lo Hobbit verso una scelta disperata e pericolosa. Ma ci sono anche pericoli maggori che incombono. Non visto, se non dal Mago Gandalf, il grande nemico Sauron ha mandato legioni di orchi in un attacco furtivo sulla Montagna Solitaria. Mentre l’oscurità converge sul conflitto in escalation, le razze di Nani, Elfi e Uomini devono decidere se unirsi o essere distrutte. Bilbo si ritrova così a lottare per la sua vita e quella dei suoi amici nell’epica Battaglia delle Cinque Armate mentre il futuro della Terra di Mezzo è in bilico.

 
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The Hobbit - La battaglia delle cinque armate

Post n°12049 pubblicato il 09 Gennaio 2015 da Ladridicinema
 

Con il terzo capitolo di lo Hobbit, Peter Jackson conclude il suo lungo cammino iniziato ormai pù di dieci anni fa, con Il signore degli anelli.

Il racconto riparte dal drago Smaug che è pronto a mettere in atto i suoi propositi, vendicandosi dei nani e distruggendo Pontelagolungo. Mentre i nani inermi guardano dalla montagna la morte e la distruzione che hanno creato risvegliando il drago, nella città l'unica resistenza la pone Bard, che riesce a sconfiggere il drago penetrando con la freccia nera l'unico punto scoperto della sua corazza. Sconfitto Smaug, il popolo di pontelagolungo cerca la ricompensa promessa da Thorin, ma la maledizione del tesoro del drago lo ha colpito e non è più in lui. Ossessionato soprattutto dal recupero del suo tesoro, Thorin sacrifica l’amicizia e l’onore e mentre i frenetici tentativi di Bilbo di farlo ragionare si accumulano finiscono per guidare lo Hobbit verso una scelta disperata e pericolosa. In più arrivano gli elfi di Thraundil per reclamare ciò che dicono essere loro che assieme agli uomini di Dale marceranno verso la montagna solitaria. In aiuto di Thorin ormai accecato dalla bramosia del tesoro, arriveranno i nani di suo cugino Dain II Piediferro. Tutti però non si rendono conto di quello che sta succedendo ovvero l'arrivo in segreto degli orchi, che spostandosi sottoterra o al buio e uscendo allo scoperto solo al monte Gundabad prendono di sorpresa nani, elfi e uomini. Inizia la battaglia dei cinque eserciti.

Questa volta forse Peter Jackson ha deciso di mettere forse troppa carne al fuoco in questo terzo film: la lotta contro Smaug; contro il negromante e la battaglia delle cinque armate; creando sicuramente alta spettacolarità ma forse limitando molto di quelle caratteristiche di un film del genere.

Ancora una volta Jackson è stato molto fedele al capolavoro di Tolkien ma ancora una volta ci ha messo del suo con quel finale che a tutti i costi porta a collegarsi con l'unico, cosa che non è presente nel libro; senza parlare dei personaggi inesistenti nel libro che però forse sarebbero stati apprezzati anche da Tolkien. 

Tutti tranne quel Legolas e quelle scene al quanto da "videogames" dell'elfo, così come il suo finale.

Una caratteristica presente in tutti e tre i film, che sembra inspiegabile se uno non avesse visto il "suo" Signore degli anelli, e il suo incentrare tutto sull'anello del potere.

Un episodio questo terzo comunque che sembra cambiare ritmo a livello di storia solo nel momento in cui Thorin, ricorda quale è il suo ruolo. Purtroppo la lontananza dai vertici de “Il Signore degli anelli” rimane ancora una volta notevole, per il respiro epico, ma è anche vero che fare confronti per tanti ovvi motivi è sbagliato. Un giudizio completo del film lo si potrà dare, e quindi della trilogia; solo nel momento in cui uscirà la versione estesa con le scene mancanti.

Assolutamente perfette le immense visuali panoramiche tipiche del suo cinema, ancora una volta Peter Jackson ci regala uno spettacolo di indimenticabile suggestione visiva: così come senza sbavatura a livello stilistico, come nei precedenti due episodi; la scelta del girare a 48 fotogrammi al secondo.

Alcune scene, come quella della maledizione del tesoro del drago, sono straordinarie; per non parlare della lotta contro il negromante che anticipa ciò che avverrà decenni dopo con le avventure di Frodo e della compagnia dell'anello.

Si conclude qui per ora questo lungo viaggio nella Terra di Mezzo, aspettando magari che un giorno Jackson o chi per lui, possa portarci di nuovo a sognare con le straordinarie avventure inventate più di cinquanta anni fa da un assoluto genio della letteratura contemporanea, John Ronald Reuel Tolkien

Voto finale: 4-/5

The Hobbit: The Battle of the Five Armies

Poster

Lo Hobbit la Battaglia delle Cinque Armate porta ad un'epica conclusione delle avventure di Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia e la Compagnia di Nani. Dopo aver reclamato la loro patria dal drago Smaug, la compagnia ha involontariamente scatenato una forza letale nel mondo. Infuriato, Smaug abbatte la sua ira ardente e senza pietà alcuna su uomini inermi, donne e bambini di Pontelagolungo. Ossessionato soprattutto dal recupero del suo tesoro, Thorin sacrifica l'amicizia e l'onore e mentre i frenetici tentativi di Bilbo di farlo ragionare si accumulano finiscono per guidare lo Hobbit verso una scelta disperata e pericolosa. Ma ci sono anche pericoli maggori che incombono. Non visto, se non dal Mago Gandalf, il grande nemico Sauron ha mandato legioni di orchi in un attacco furtivo sulla Montagna Solitaria. Mentre l'oscurità converge sul conflitto in escalation, le razze di Nani, Elfi e Uomini devono decidere se unirsi o essere distrutte. Bilbo si ritrova così a lottare per la sua vita e quella dei suoi amici nell'epica Battaglia delle Cinque Armate mentre il futuro della Terra di Mezzo è in bilico.

  • FOTOGRAFIAAndrew Lesnie
  • MONTAGGIOJabez Olssen
  • MUSICHEHoward Shore
  • PRODUZIONE: Metro-Goldwyn-Mayer, New Line Cinema, WingNut Films
  • DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Italia
  • PAESE: Nuova Zelanda, USA
  • DURATA144 Min
  • FORMATO: 2D e 3D

 
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