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Messaggi del 10/05/2015

 

Automata

Post n°12377 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Gabriele Niola     * * * - -
 
Locandina Automata

2044, la superficie della Terra si sta desertificando in maniera innaturale e a causa dell'uomo. Vaste lande desolate e inabitabili a causa delle radiazioni prima hanno decimato gli uomini e poi li hanno costretti ad arroccarsi in megalopoli. Da tempo i robot sono una realtà quotidiana, per lo più impiegati come operai con disprezzo da parte dei padroni. Hanno due direttive inalterabili: non possono mettere a rischio nessuna forma di vita e non possono alterare se stessi in nessuna maniera.
Jacq, detective per una società di assicurazioni, entra in contatto con un robot che viola le direttive davanti a lui riparandosi, scopre così qualcuno l'aveva alterato. Non è il solo a mostrare segni di pensiero indipendente, così il detective viene assegnato all'indagine e capisce che da qualche parte esiste qualcuno che sta modificando i robot per dargli una vita migliore.
C'è principalmente Asimov nel bagaglio intellettuale di Automata e il film non fa nulla per fingere che non sia così. Le leggi che regolano il comportamento dei robot non sono esattamente quelle auree fissate dallo scrittore russo ma prendono le mosse dai medesimi princìpi per arrivare là dove solitamente ci si spinge quando si parte dal presupposto che le intelligenze artificiali non devono danneggiare l'uomo: che cosa succede se invece avessero dei motivi per farlo? Motivi simili a quelli che hanno gli uomini per danneggiare altri uomini.
È almeno da Wall-E in poi che la fantascienza ha seriamente cambiato paradigma e smesso di raccontare il trionfo dello spirito (ciò che ci rende umani, la parte più ancestrale di noi) sulla materia (ciò che abbiamo creato e che contamina le nostre vite e le società con nuove regole aberranti), per iniziare a considerare la tecnologia non una minaccia ma un'opportunità per ciò che abbiamo di più caro: l'umanità. Automata è perfettamente in linea con questo nuovo pensiero revisionista, le intelligenze artificiali non solo sono nostre amiche ma rappresentano la parte migliore di noi, sono le uniche entità in grado di esprimere ancora della sincera umanità.
Gabe Ibanez, ex esperto di effetti visivi cinematograficamente figlio di Alex de la Iglesia, esordisce con un lungometraggio che parte dai presupposti classici degli anni '80, ovvero l'incrocio del noir con la fantascienza (il protagonista è un detective di una società di assicurazioni come in La fiamma del peccato ed ha il compito di cacciare i robot come in Blade Runner) per andare a finire nei deserti causati dall'uomo, luoghi in cui la vita non è più possibile a causa delle radiazioni ma nei quali qualcun altro può prosperare. Non solo, ai principi di Asimov affianca anche le idee di Ghost in the Shell riguardo la disperata speranza di una forma di evoluzione come conseguenza della più classica delle prese di coscienza da parte degli automi, l'aspirazione delle macchine a diventare razza e migliorare con le diverse generazioni.
Non tutto purtroppo fila liscio in questo film evoluzionista (quando il pianeta cambia e sembra progressivamente non lasciare più spazio vitale per l'uomo emerge un'altra forma di vita più adatta a quegli ambienti) che sembra eccessivamente innamorato della propria filosofia e invece che lasciarla trasparire spesso preferisce metterla in bocca ai personaggi. C'è però nell'impegno di Antonio Banderas, nell'uso degli ambienti tra gli opprimenti scantinati al neon e l'eccessivamente assolato deserto, il tentativo di dare una nuova dimensione ad un genere solitamente confinato al paesaggio della metropoli. Automata, al netto di qualche eccessiva lungaggine, ha il coraggio di fondare (in parte) una propria mitologia a partire dagli spazi e andando a concludersi nelle immensità che sanno di morte per affermare che qualcun altro lì può trovare un domani migliore, guadagnarsi il diritto ad una vita e a dei sentimenti.

 
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Ritorno al futuro - parte II

Post n°12376 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Ritorno al futuro parte II

26 ottobre 1985. Hill Valley. California. 'Doc' Brown torna dal futuro con la sua De Lorean 'macchina del tempo' per prelevare Marty McFly e la sua ragazza Jennifer. È indispensabile che raggiungano il 2015 per impedire che il figlio di Marty venga arrestato per scontare un lungo periodo di detenzione.
Inizia così, 4 anni dopo il trionfo al box office del film omonimo , la seconda avventura che vede fianco a fianco lo stralunato scienziato dai capelli bianchi e il giovane Marty pronto a vincere in se stesso quei timori che sono appartenuti al suo genitore. La sorpresa suscitata dalle avventure nel tempo genialmente innovate non c'è più e Zemeckis e il suo co-sceneggiatore Gale (sono gli stessi che hanno scritto 1941 diretto da Spielberg) lo sanno bene. Debbono allora conservare intatto il contenitore (il pubblico potrebbe rimanere disorientato) modificando però profondamente la forma. I due scrivono così, assumendosi un rischio calcolato, un numero 2 che necessita di spettatori che abbiano assolutamente visto il numero 1, pena la non comprensione di un'infinità di passaggi. Non solo sul piano strettamente narrativo ma anche su quello più raffinatamente linguistico perché scene come quella della festa vengono rigirate mutando le angolazioni e offrendo quindi nuove prospettive atte ad accogliere le variazioni che la nuova vicenda prevede. 
Questa volta però sulla fondamentale leggerezza narrativa prevalgono le spesse nubi dell'incubo in una dimensione di postmodernità che fonde insieme show business, etica e persino riflessione filosofica con incursioni nella cibernetica (il paradosso temporale per il quale diventa estremamente pericoloso ritrovarsi ad incontrare se stessi in un altro tempo). In fondo anche il film precedente aveva suscitato più di una riflessione in tal senso (Umberto Eco aveva ipotizzato un Marty McFly che nella scena finale torna in anticipo e vede se stesso che vede se stesso che vede se stesso che compie l'azione). Ovviamente Zemeckis ha ben chiaro che deve occultare questa sorta di saggio teorico sulle possibilità della narrazione sotto le vesti dell'entertainment. Lo fa con grande abilità con inseguimenti, suspense, una pericolosa (per Marty) corsa in macchina e grazie anche alla robusta caratterizzazione di Thomas F. Wilson nel doppio ruolo di Biff Tannen e di Griff. Restano gli ammiccamenti alla 'ditta' (vedi l'ironia su Lo squalo) e un profluvio di product placement messo bene in evidenza. Con in più, per lo spettatore del 2013, il divertimento di vedere come 24 anni fa si immaginavano i tempi in cui viviamo.

 
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Ritorno al futuro

Post n°12375 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Ritorno al futuro

Marty McFly ha diciassette anni, una ragazza di cui è innamorato e una famiglia non particolarmente vivace. Il padre, George, ha paura anche della propria ombra mentre la madre si lascia vivere, priva com'è di qualsiasi ambizione per sé e per i propri tre figli. Marty è amico di Doc, uno scienziato eccentrico che ritiene di aver inventato un'auto che è al contempo una macchina del tempo. Marty avrà modo di scoprire che lo è realmente finendo nella sua stessa città nel 1955. Lì conoscerà sua madre e suo padre che non sembrano proprio destinati a formare una coppia.
Robert Zemeckis era da poco andato con successo di pubblico e di critica All'inseguimento della pietra verde quando si mise al volante di un'auto che pareva destinata all'oblio. Perché la De Lorean DMC 12, come sanno gli appassionati delle quattro ruote, non è frutto di invenzione ma era stata l'unico veicolo realizzato da un industriale accusato di appropriazione indebita e quindi sparito dal mercato. Così come l'idea della macchina del tempo non è particolarmente originale se si considera che H.G. Wells l'aveva già immaginata nel suo romanzo omonimo del 1895. 
Dove risiede allora la base del successo di questo film che avrebbe dato il via a una trilogia destinata a sbancare i box office di tutto il mondo? Sta nel fatto che Zemeckis, con la complicità alla produzione dell'amico Spielberg, non si limita a giocare con gli anacronismi in stile Un americano alla corte di re Artù ma va molto oltre. Non solo anticipa le Sliding Doors della seconda metà degli anni Novanta ma batte anche di un'incollatura (ossia di un anno) il Coppola di Peggy Sue si è sposata. Lo fa con la consapevolezza di realizzare una commedia innervata dalla fantascienza ma, soprattutto, di star riflettendo su un presente non facile (se Reagan è Presidente perché non avere Jerry Lewis come vice?) senza particolari nostalgie per il passato. Non siamo in area American Graffiti in questa occasione o, se lo siamo, si tratta solo di riferimenti cronologici. Perché la vita nel 1955 non è poi così idilliaca se i bulli spadroneggiano. 
A questo si aggiunge una riflessione non banale sull'immagine che i figli di tutto il mondo (e forse di tutte le epoche) hanno dei genitori. Quell'uomo e quella donna sembrano non essere mai stati degli adolescenti e, soprattutto, non debbono aver mai avuto una sessualità. Così Marty può sentirsi davvero a disagio nel momento in cui non solo rischia un pre-incesto (avere un rapporto amoroso con sua madre che ancora non è tale) ma scopre che la ragazza non attende le avances ma le anticipa attivamente. Lo scorrere del tempo, che apre il film con gli innumerevoli orologi che affollano il laboratorio di Doc Brown, non sembra aver intaccato la presa spettacolare (ma non solo) di questo film. 
Semmai ci ricorda che oggi Michael J. Fox lotta contro un male, il morbo di Parkinson, che proprio con il procedere degli anni e con le scoperte di scienziati non meno brillanti di Doc potrebbe essere sconfitto. Guardandolo poi con particolare attenzione, il film ci ricorda che la tecnologia periodicamente compie dei ritorni al futuro. Osservate uno dei bulli che inseguono Marty in auto: indossa gli occhialini bicolori del 3D. Più 'ritorno al futuro' di così!

 
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Ritorno al futuro - parte III

Post n°12374 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Ritorno al Futuro - Parte III

1955. Marty è di ritorno da Doc con un messaggio che proviene dal Doc che si trova nel 1885 nel Far West che offre le coordinate per ritrovare la DeLorean. Una volta recuperata l'auto un'altra novità li attende: una lapide cimiteriale che riporta la data in cui Doc è stato ucciso colpito alle spalle rimanendo così nel perpetuo ricordo della sua amata Clara. È allora indispensabile riprendere la macchina del tempo per recarsi nel West dove lo scienziato fa il maniscalco e cercare di impedire la sua morte.
Per l'ultimo capitolo di Ritorno al futuro Zemeckis e il fedele cosceneggiatore Bob Gale affrontano la vicenda su un doppio binario (esemplificazione che si fa appropriata considerando l'importanza che il treno assume nello svolgersi dell'azione). Da un lato prosegue lo sviluppo di un'indagine teorica la cui complessità non è nascosta ma semmai esibita. La riflessione sul cinema e sul suo potere questa volta si fa, se possibile, ancora più esplicita con quella partenza della DeLorean in un drive in nella Monument Valley in cui sotto allo schermo è disegnato un nugolo di pellerossa a cavallo che verrà sfondato dall'auto in corsa per poi trovarsi davanti ad indiani veri che sembrano inseguire Marty mentre in realtà fuggono dal classico 7° Cavalleggeri. Così come ci sarà dato vedere, in un film in cui si ammicca ad Einstein e a Copernico, l'auto rinascere a nuova vita sotto un'altra forma (fantascientifica) che è bene non rivelare. 
Tutto ciò però ha modo di integrarsi con quello che si potrebbe definire il più 'umano' degli episodi. Al personaggio affidato a Michael J. Fox non sono ormai lasciati molti spazi di evoluzione. Deve tornare a combattere con un cattivo, deve dimostrare di non avere paura, deve confrontarsi con i suoi antenati (anche se tutto ciò avviene sotto lo pseudonimo di... Clint Eastwood con alcune divertenti conseguenze). È invece su Doc che la sceneggiatura si può permettere di intervenire lasciando allo scienziato la sua vena di follia creativa ma facendogli accadere l'evento più irrazionale che possa capitare a un uomo abituato a calcolare e prevedere: innamorarsi a prima vista. Vedere Christopher Lloyd cedere, come da previsioni, al primo sguardo di una Mary Steenbugen che si diverte nel ruolo dell'innamorata appassionata di romanzi scientifici è davvero divertente. Qui starà però forse l'unica vera difficoltà nell'apprezzare la riproposta del film: è quasi certo che dal 1990 ad oggi il numero degli spettatori che hanno letto (o almeno sentito nominare) Giulio Verne sia sensibilmente diminuito. Potrebbe mancare qualche importante punto di riferimento.

 
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Da maggio ad agosto, una ricca estate al cinema da cinecittànews

Post n°12373 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

ssr08/05/2015
Un’offerta estiva ricca di film (vedi l'elenco) attende quest’anno il pubblico. Tanti, infatti, i titoli che si apprestano ad arrivare nelle sale. A partire dai film italiani firmati da Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, in concorso al Festival di Cannes e contemporaneamente in sala. E ancora, numerosi blockbuster, film di animazione e cinema d’autore. 
Questa offerta è il risultato della collaborazione delle associazioni dell’industria cinematografica che vogliono fortemente da qui in avanti una stagione lunga dodici mesi. Per sostenere l’offerta estiva le associazioni dell’esercizio ANEC e ANEM, i distributori e i produttori dell’ANICA, con il sostegno della Direzione Cinema del MiBACT, e in collaborazione con Open Sky e Mymovies.it, stanno lavorando alla campagna promozionale “2015: Estate al cinema”.

Tra le iniziative, è in fase di realizzazione un trailer, che verrà proiettato nelle sale, che promuove tutti i principali film del periodo estivo. A breve inoltre sarà online il sito Internet www.estatealcinema.it nel quale sarà possibile trovare tutte le informazioni sui film in sala da maggio ad agosto.
Per i presidenti delle Associazioni, Luigi Cuciniello (ANEC), Carlo Bernaschi (ANEM) e Andrea Occhipinti (Distributori ANICA) la carenza di uscite che va da maggio ad agosto è uno dei problemi che più incidono negativamente sul mercato cinematografico. “Siamo convinti - affermano i presidenti - che questo sia finalmente l’anno della svolta. Continueremo a lavorare affinché avere un’offerta adeguata per tutti i mesi non sia un’eccezione, ma una certezza per il mercato e soprattutto per il nostro pubblico”.

 
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Ecco le giurie di Un certain regard e Cinefondation 2015

Post n°12372 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Ang07/05/2015
Sono stati annunciati i nomi dei giurati per la sezione Un certain regard del festival di Cannes, che supporteranno il presidente Isabella Rossellini. Ci saranno la registaHaifaa Al-Mansour (Arabia Saudita), la regista e attriceNadine Labaki (Libano), il cineasta Panos H. Koutras(Grecia) e l’attore Tahar Rahim (Francia). Diciannove sono in totale i film della sezione, che sarà aperta giovedì 14 maggio con la proiezione di An di Naomi Kawase. 

Per quanto riguarda invece la sezione Cinefondation e cortometraggi, quest’anno riunisce attorno al presidenteAbderrahmane Sissako (Mauritania), la cineasta libanese  Joana Hadjithomas , la regista Rebecca Zlotowski (Francia), l’attrice Cécile de France (Belgio) et l’attore Daniel Olbrychski (Polonia). La giuria dovrà scegliere tre tra i diciotto film prodotti da studenti delle scuole di cinema presentati dalla senezione Cinefondation, e assegnerà anche la Palma d’oro al miglior corto tra i nove selezionati in concorso.  

 
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“Il casolare dove fu assassinato Peppino Impastato venga consegnato alla collettività”. Petizione “Rete 100 Passi” su Change.org

Post n°12371 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema

“Il casolare dove fu assassinato Peppino Impastato venga consegnato alla collettività”. Petizione “Rete 100 Passi” su Change.org

peppino_impastato

Peppino Impastato, per aver denunziato dai microfoni della sua radio le attività della mafia, fu assassinato il 9 maggio del 1978. Gli assassini tentarono di farlo credere un attentatore facendolo saltare sui binari della ferrovia. La caparbietà dei suoi compagni, che trovarono in un vicino casolare una pietra con il suo sangue, fece però affiorare la verità. Ora, il casolare di contrada Feudo, a Cinisi (PA), dove lo hanno massacrato ed ucciso 37 anni fa è stato trasformato in una discarica, il terreno circostante è coperto da letame e lo stato di conservazione dell’edificio è talmente grave che rischia il crollo.

Un piccolo passo era stato fatto lo scorso anno, 2014, quando il presidente della regione Crocetta ci aveva consegnato il provvedimento che metteva il vincolo al casolare. Questo doveva essere il primo atto verso l’esproprio, invece, dopo il vincolo il silenzio. L’unico risultato raggiunto è stato la chiusura del casolare da parte del proprietario alle tantissime persone che si recano a Cinisi per conoscere la storia di Peppino.

Firma questa petizione per aderire all’appello di Rete 100 passiChiedi a Rosario Crocetta, Presidente della Regione Siciliana, che il casolare venga espropriato e consegnato alla collettività.

 

10 maggio 2015
da articolo 21

 
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Il racconto dei racconti - Tale of Tales

Post n°12370 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Let's go

Post n°12369 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Let’s go è la storia di Luca Musella, fotografo, operatore, scrittore, oggi esodato professionalmente ed emotivamente. Il protagonista ripercorre la propria vita in un testo-lettera da lui scritto che si fa viaggio reale e ideale attraverso l'Italia: da Napoli, sua città natale, a Milano, il luogo della sua nuova esistenza. Le immagini e le parole si intrecciano continuamente con il testo della lettera, in un linguaggio in bilico tra l'immediatezza del racconto e la riflessione della parola scritta. Luca Musella, insieme alle persone che popolano il suo nuovo mondo, diventa portavoce di una condizione universale, specchio del nostro Paese nell'era della crisi ma soprattutto emblema di una sensibilità letteraria in grado di leggere al di là del reale per suggerire possibili antidoti.

 
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Calvario

Post n°12368 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Calvary

Poster

Padre James Lavelle è un sacerdote che cerca di continuo di rendere il mondo un posto migliore, e che continuamente rimane scioccato e rattristato nel vedere l'atteggiamento incurante e sprezzante degli abitanti della sua piccola città. Un giorno, durante una confessione, viene minacciato di morte ed è costretto ad affrontare le forze oscure che gli si fanno sempre più vicine e minacciose.

  • FOTOGRAFIALarry Smith
  • MONTAGGIOChris Gill
  • PRODUZIONE: Reprisal Films, Octagon Films
  • DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox
  • DURATA105 Min

 
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Il racconto dei racconti - Tale of Tales

Post n°12367 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

Poster

I re e le regine, i principi e le principesse, i boschi e i castelli di tre regni vicini e senza tempo; e poi orchi, animali straordinari, draghi, streghe, vecchie lavandaie e artisti di circo: sono i protagonisti di tre storie liberamente ispirate ad altrettante fiabe de "Il racconto dei racconti" di Giambattista Basile.

  • FOTOGRAFIAPeter Suschitzky
  • MUSICHEAlexandre Desplat
  • PRODUZIONE: Archimede s.r.l., Le Pacte, Recorded Picture, Rai Cinema
  • DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
  • PAESE: Francia, Italia
NOTE:

In concorso al Festival di Cannes 2015.

 
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Fabrizio De André, l’ultimo concerto: in esclusiva per FQ Magazine la clip del docufilm che arriverà al cinema

Post n°12366 pubblicato il 10 Maggio 2015 da Ladridicinema
 

da il fatto quotidiano

S'intitola “Faber in Sardegna e L’ultimo concerto di Fabrizio De André” il documentario diretto dal regista cagliaritano Gianfranco Cabiddu: tra passato e presente, con rare immagini d’archivio che ritraggono il cantautore all’Agnata, con fotografie e spezzoni di filmati familiari uniti alle testimonianze inedite

Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi, a giudizio insindacabile di critica e pubblico, quello stesso pubblico che, anche a distanza di 16 anni dalla sua morte, continua ad amare la sua musica e la persona dietro di essa. “Faber“, come era stato soprannominato dall’amico d’infanzia Paolo Villaggio, per via della sua predilezione per pastelli e matite Faber-Castell, che in quarant’anni di carriera ha pubblicato tredici album in studio, diversi singoli e tantissime antologie, molte delle quali edite postume.

La musica, i pensieri, gli aneddoti e le storie di emarginati, ribelli, prostitute, considerate vere e proprie poesie, tanto da essere inserite nei testi scolastici di letteratura, sono i protagonisti indiscussi di “Faber in Sardegna e L’ultimo concerto di Fabrizio De André”, il concerto documentario che arriverà nelle sale cinematografiche solo il 27 e 28 maggio, distribuito da Microcinema. Un film tributo dalla doppia anima che, in due ore immagini, raccoglie sia la storia del rapporto tra De André e un luogo speciale come l’Agnata e la Sardegna, sia l’ultimo memorabile concerto del cantautore genovese, ripreso dal vivo al Teatro Brancaccio di Roma nel 1998 e disponibile ora in una versione mai vista prima, restaurato e rimasterizzato in ultra HD con audio 5.1.

Diretto dal regista cagliaritano Gianfranco Cabiddu, “Faber in Sardegna” si alterna tra passato e presente, con rare immagini d’archivio che ritraggono il cantautore all’Agnata, con fotografie e spezzoni di filmati familiari uniti alle testimonianze inedite di varie personalità della cultura e della musica, così come di molti amici sardi del cantautore, che raccontano un De André privato e intimo, mettendo in luce la vita di un uomo che, smessi i panni dell’artista conosciuto da tutti, indossa quelli dell’allevatore e del contadino. Per quanto riguarda il presente, invece, Cabiddu ha scelto di concentrarsi sulla sua musica, suonata oggi dai tanti musicisti che ogni anno all’Agnata danno vita a dei concerti unplugged, tra cui, insieme a Cristiano De André, ancheMorgan, già autore di una versione di “Canzone dell’amore perduto” suonata al pianoforte, così come Paolo Fresu, Danilo Rea, Gianmaria Testa, Lella Costa, Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli. “Mi sembra proprio di raccontare una bellissima favola: c’era una volta, e per fortuna c’è ancora, una follia tanto tanto amata che si chiama Agnata” ha commentato Dori Ghezzi alla prima del film.

 

Nella seconda parte della proiezione si arriva, dopo aver ripercorso la vita di Faber, a “L’Ultimo concerto di Fabrizio De André”, l’ultima performance dal vivo interamente ripresa dalle telecamere al Teatro Brancaccio di Roma, nel febbraio 1998, a poco meno di un anno dalla sua scomparsa. Un concerto indimenticabile, che rievoca brani celebri come Crêusa de mä, Dolcenera, Khorakhané, A Cumba, Anime Salve, Il testamento di Tito, Tre Madri, Via del Campo e Il Pescatore, introdotti da un De André emozionato di fronte al pubblico entusiasta nell’ascoltare i suoi pensieri tradotti in parole e musica. Sul palco si alternano insieme al cantautorealcuni ospiti, tra cui i suoi figli, Cristiano, alla sua destra, al violino, e Luvi, tra le voci femminili, che interpreta la poesia in lingua Rom al termine di Khorakhané. Un concerto indimenticabile, rimasto nel cuore di appassionati e fan che sbarca al cinema dando la possibilità per chi era presente e vuole rivivere quelle emozioni e per le nuove generazioni che vogliono conoscere “il più grande poeta che l’Italia ha avuto negli ultimi 50 anni”, come amava definirlo Fernanda Pivano.

 
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