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Messaggi del 06/11/2015

 

Bastardi in divisa

Post n°12730 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Bastardi in divisa

Per Ryan e Justin è un momento di svolta nella vita: passata la soglia dei trent'anni, dopo una serie di piccoli e grandi fallimenti, è giunto il momento di decidere se rimanere a Los Angeles nella speranza di sfondare o tornare in Ohio e ammettere la propria sconfitta personale. L'ennesima umiliazione durante una rimpatriata con gli ex-compagni di college si trasforma per la coppia in un'idea di riscatto: fingere di essere agenti di polizia per guadagnare il rispetto e la popolarità fin qui mai raggiunta. Un gioco che Ryan comincia a prendere maledettamente sul serio, fino a entrare in collisione con il racket di un criminale efferato, lo psicotico Mossi.
Protrarre una gag per l'intera durata di un film può sembrare una prospettiva tutt'altro che allettante. Ma il fatto sorprendente di Bastardi in divisa è la sua capacità di reggere, benché a un ritmo spesso blando, fino alla fine, senza che le crepe nel ritmo generale dell'opera abbiano definitivamente la meglio. Le pretese di Luke Greenfield sono basse e tali devono essere anche le aspettative: la vis comica del buddy movie è ampiamente sfruttata (ad esempio, e molto recentemente, da Quentin Dupieux con Wrong Cops) e i limiti autoimposti del politicamente corretto si fanno sentire, ma è innegabile ed encomiabile lo sforzo del duo di protagonisti di riportare a pagine auree della comicità a stelle e strisce, dalle parti di Eddie Murphy e Dan Aykroyd
Senza riuscirci, ma quantomeno provandoci, in un tacito accordo con il pubblico, a cui è garantita quella fetta minima di risate spensierate, garantite da uno Wayans jr. in forma, specie nella fisicità di alcune sequenze (il travestimento da killer e i tragicomici tentativi di arresto, oltre al consueto repertorio sul suo lato più femminile con corredo di gag sugli stereotipi gay). La coppia, prelevata di peso dalla serie Tv New Girl, si avvale di una chimica collaudata, che riesce a rimediare qualche sorriso anche quando si aprono voragini nella brillantezza dello script. 
L'intento semi-nascosto di emulare le gesta della premiata ditta Seth Rogen/Jonah Hill si ferma a metà strada, ma è significativa la ripresa - ancora una volta, dopo Facciamola finita - delle hit dei Backstreet Boys, emblema del trash pop anni Novanta. Una rivalutazione strisciante che dice molto, dentro e fuori da Bastarsi in divisa, sull'eredità, difficile da rimpiazzare persino nei suoi lati apparentemente più deteriori, di un decennio fondamentale quanto "ingombrante".

 
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Angelique

Post n°12729 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Pochi mesi fa ci siamo sorbiti "La Cortigiana" Film a puntate,ben 3 Tedesco che era un misto di Medievale-Sexy e neanche questo "Angelica" Francese ci va' molto lontano ma e' meno spudorato e con qualche fronzolo di Storia,ma voglio capire una cosa : l'ho visto nell'edizione Francese di 110' (come scritto da Filmtv) e alla fine,all'inizio dei Titoli finali c'e' la scritta "Fine della 1° parte" ... deduco ce ne sara' un'altra o no ??!! voto.4.

da http://www.filmtv.it/film/62919/angelica/recensioni/799027/#rfr:film-62919

 
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Comportamenti molto cattivi

Post n°12728 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Comportamenti molto ... Cattivi

Scritto da due autori di B-Movies (Scott Russell e Tim Garrick, quest'ultimo anche regista), ispirandosi al romanzo autobiografico "While I'm Dead... Feed the Dog di Ric Browde" (che ha sconfessato giustamente il film perché si è discostato troppo dal materiale di base del suo libro), Comportamenti molto... cattivi è una delle tante commedie statunitensi di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Volgare e semidemenziale ha come unici punti di forza la buona recitazione dei tanti interpreti più navigati (Mary-Louise Parker su tutti) che cercano di sorreggere l'illogicità dei loro eccessivi e stereotipati personaggi meglio che possono e una regia che è quantomeno grammaticamente corretta e che mostra qualche brio, di quando in quando. 
Giocando con le tante perversioni americane che affollano ormai pesantemente e ripetutamente il grande schermo, la pellicola ha come protagonista Rick (Nat Wolff), un adolescente sfigato di turno che si accompagna a Billy (Lachlan Buchanan) un altrettanto sfigato migliore amico e che, ovviamente, concupisce la ragazza più bella del liceo, Nina Pennington (Selena Gomez). Malgrado sia conscio del suo status sociale all'interno del liceo, decide di accettare comunque una scommessa a riguardo da parte di un terzo sfigato liceale piuttosto strambo. Per arrivare alla meta, il povero Rick non solo dovrà vedersela con l'ex fidanzato della bella ragazza (che fra l'altro è palesemente attratta da lui fin dalle prime scene) ma, anche con la propria famiglia (madre alcolizzata, padre puttaniere, sorella che segue le orme del padre e fratello tutto muscoli e poco cervello), con la madre di Billy (che è anche la sua amante milf sposata e al limite della ninfomania), con il preside della scuola (un pedofilo) e con tante stupide, illogiche e totalmente prive di humour situazioni nelle quali si caccerà. Ma tranquilli, ha una fata madrina al suo fianco: una versione pornografica di una santa che è tale e quale a sua madre nell'aspetto. 
Il film si sarebbe dovuto intitolare originariamente come il libro ma, ha poi cambiato il nome in Parental Guidance Suggested, prima di essere rinominato Comportamenti molto... cattivi (Beahaving Badly). Questo a causa di un quasi omonimo film (Parental Guidance) con Billy Crystal e Bette Midler che era uscito nel 2012.

 
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Sliver

Post n°12727 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Senza l’eclatante successo, un anno prima, di BASIC INSTINCT, questo film non sarebbe mai esistito. E non sarebbe stata una gran perdita. È un thriller erotico patinato, sulla scia del genere sdoganato dalla stessa Sharon Stone accavallando le gambe nel film di Paul Verhoven, che alterna l’inverosimile al prevedibile, sotto una costante coltre di ridicolo involontario. Eppure, a mio avviso, merita comunque la sufficienza, perché pellicole come SLIVER servono allo spettatore medio, che non sempre aha voglia di impegnare il cervello davanti allo schermo.

da http://www.nientepopcorn.it/recensioni/sliver/2015/03/film-di-un-genere-che-allora-era-di-moda/

 
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Tartarughe Ninja

Post n°12726 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

 
Locandina Tartarughe Ninja

Il Clan del Piede sta mettendo in ginocchio la città di New York con i suoi metodi terroristi e la sua iniezione di paura. Nessuno riesce a sbarrargli la strada. Almeno fino a quando non salgono in superficie, per mettergli i "bastoni" tra le ruote, Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo. Per April O'Neal, giovane reporter in cerca di uno scoop, è l'inizio di un'avventura letteralmente incredibile: chi mai crederà, infatti, che le sorti della città sono nelle mani di quattro tartarughe adolescenti, geneticamente mutate in seguito ad un esperimento che si credeva fallito, affascinate dalla musica pop e dalle boyband, ghiotte di pizza e imbattibili nelle arti marziali? Per April, però, non si tratta soltanto di lavoro, ma di una faccenda molto più importante. 
Reboot del primo film dedicato ai quattro rettili antropomorfi nati sulle tavole dei fumetti e sbucati con enorme successo tra i cartoni animati per ragazzini (quel Tartarughe Ninja alla riscossa in live action, datato 1990), il film di Jonathan Liebesman festeggia i trent'anni della loro nascita riscrivendola in una chiave che strizza l'occhio a Spiderman (con Eric Sacks nei panni di un Norman Osborn) più che a Daredevil, inaugura il 3D e tenta l'acrobazia di riproporre il tanto già noto con quel poco di mutato che assicuri l'interessi di fan e neofiti. 
Michael Bay produce, il suo pupillo dirige, Megan Fox si fa ancora una volta tramite tra il mondo umano e quello "alieno", con il suo portato di straordinaria bellezza e ancora più straordinaria predisposizione alla parodia che ne fanno da sempre l'oggetto cinematografico più inverosimile: che dall'altra parte ci siano dei camion-robot o delle tartarughe mascherate alte un metro e ottanta, non fa differenza.
Cupo e minaccioso nel prologo, com'era nell'idea originaria, il film si alleggerisce sempre più finendo per assomigliare ad altri mille, una volta giunto nei pressi del cosiddetto clou dell'azione. Prevengono lo sbadiglio solo qualche battuta più scema delle altre (che ricorda la genialità del concept, nascosta sotto il peso di una trama banale) e la presenza di Will Arnett, altro (s)oggetto curioso, in cerca di un passaggio non facile dalla televisione al cinema (nel film, intanto, fa ancora televisione), insolito quanto basta per strappare la scena ai protagonisti. 
Il livello tecnico che gli effetti della Industrial Light and Magic assicurano ai quattro giovanotti corazzati non ha precedenti, ma c'è un'incertezza nella scrittura del tono generale che lascia il film a metà strada tra il prodotto per adulti che non ha il coraggio di essere e la riduzione children-friendly che funziona solo in parte. Anche a livello estetico, la scelta tra uno stile videoludico, scoppiato e imprevedibile, e un maggiore realismo, non è mai definitiva e dunque non delude né accontenta. Cowabunga...

 
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Belluscone

Post n°12725 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Belluscone - Una storia siciliana

Franco Maresco, il regista palermitano di "Cinico Tv" e di alcuni straordinari film, da Lo zio di Brooklyn a Il ritorno di Cagliostro, dopo la separazione dal socio Daniele Ciprì, ha deciso di raccontare la storia d'amorose corrispondenze tra Silvio Berlusconi e la Sicilia. Un viaggio "in solitaria" tra  costume e politica, musica di piazza e cultura mafiosa, finanza e televisioni private.
Maresco non ha in mente un film di denuncia, né a tesi. Non sarebbe nelle sue corde. Ha in mente un'inchiesta sui generis che vuole andare alle radici di un fenomeno culturale e di costume apparentemente solo siciliano, in verità intimamente italiano. Un progetto difficile, insomma, che si allunga nel tempo: le riprese iniziano quando Berlusconi è al potere ed arrivano (senza finire) sulle code della sua parabola politica, sconfinando nella tanto veloce quanto sospetta "rimozione collettiva nazionale". Ma le riprese non trovano fine, né pace. Maresco è solo nella sua impresa e deve lottare con difficoltà di ogni tipo: logistiche, finanziarie, produttive e tecniche, quest'ultime testimoniate nella sublime debacle sonora incorsa durante l'intervista a Dell'Utri, quando il microfono si guasta proprio sul più bello, lasciando la confessione del senatore di Forza Italia inascoltata. Maresco già incline alla depressione non regge più. A suo modo, un misto di orgoglio aggressivo e infinita stanchezza, chiede aiuto, lancia appelli. Lo fa dal suo eremo solitario, dal buco nero dentro cui si è ficcato per seguire l'idea di un cinema più anarchico che libero, più coraggioso che imprudente, più lucido che profetico, più destabilizzante che provocatorio... un cinema sempre più solitario.
I nemici di sempre lo scherniscono, i sostenitori di una volta lo schivano, gli amici creduti tali lo sconsigliano asserendo che nessuno vuole sentir più parlare di Berlusconi, quelli più fidati lo incoraggiano ma senza spostarsi di una virgola. Maresco rimane solo insieme ai suoi personaggi che s'agitano come fantasmi muti nelle tante ore di girato malamente conservate nel deposito di un improvvisato aiuto-regista. Il silenzio è assordante, la solitudine gigantesca. Tutti sembrano aver dimenticato tutto: chi sono, cosa sono stati, con chi hanno flirtato, di chi e cosa sono stati complici, volontari o involontari.
Tra disperazione e calcolo, Maresco fa di sé un latitante, franando dentro qualche cupa cantina della Kalza. Scompare alla vista dei suoi più vicini confidenti, quei pochi che hanno avuto il coraggio e la pazienza di ascoltarlo anche a distanza, raccogliendo lunghissime telefonate notturne nelle sere cupe di confessioni e monologhi. I destinatari di queste comunicazione al termine della notte sono tipi non comuni, i soli capaci di sostenere il peso delle sue bordate. Tra questi c'è il critico e lo storico del cinema Tatti Sanguineti; irrequieto di suo, condivide con Franco sentimenti e riflessioni. Ma Franco non chiama più. Così Tatti dalla Milano dei suoi eterni traffici si mette in viaggio con la faccia scura e sbiancata dalle troppe ore di niente sole e troppe incazzature. Va a Palermo alla ricerca del regista perduto. Come fosse  l'investigatore privato di un noir hollywoodiano, tra Chandler e Wilder, il famoso critico, già autore di inchieste storiche legate alla censura e di ricostruzione biografiche di personaggi leggendari (Walter Chiari, Giulio Andreotti), inizia a mettere insieme i pezzi. Parte dalla rivisitazione delle diverse ore di girato, scoprendo (e facendoci scoprire) i tratti di un progetto ambizioso e folle: una sorta di documentario etno-musicologico che alterna il ritratto in bianco e nero del più famoso impresario palermitano di cantanti neomelodici, Ciccio Mira (berlusconiano di ferro e sostenitore reticente dei vecchi valori mafiosi) alle riprese di concerti di piazza degli idoli locali, le interviste scottanti di senatori illustri a incursioni nei mercati palermitani. Maresco fa capolino con la sua voce stentorea, e ogni tanto entra in scena ed è struggente vederlo in azione, adesso che è sparito. Prende vita la tela del progetto, ma molti, troppi sono i buchi, parzialmente colmati dall'investigazione di Tatti che si muove con grazia inusitata tra le testimonianza di amici, collaboratori, giornalisti locali, passanti e tassisti. Il puzzle si ricompone e quel che doveva essere il film di Maresco si trasforma nella geniale ricostruzione del suo fallimento: il film postumo di un regista latitante, chiuso al montaggio da un amico complice.
  Questo è Belluscone. Una storia siciliana, un film già di culto. Un'opera straordinaria, intimamente wellesiana, un F for Fake palermitano, divertente e tragico. Un giro nell'ottovolante dell'assurdo siciliano e italiano. Sublime, una delle cose più sorprendenti e potenti del cinema italiano (ma Maresco ne ha mai fatto parte?) degli ultimi tempi. Ma anche il film più bello dell'attuale Mostra di Venezia.
  Belluscone. Una storia siciliana è anche un film divertentissimo, sorretto da un'intelligenza sopraffine (e crediamo che molte siano le sue possibilità anche commerciali). Ma è anche un film complesso e stratificato. È un film politico ma non perché parla di Berlusconi e delle compromettenti relazioni con il sistema mafioso, e neanche perché accenna a una continuità tra ieri e oggi, come dimostra il repertorio della comparsata televisiva di Renzi nel programma televisivo "Amici", già visto mille volte, ma qui eclatante nel suo essere manifesto di una progressione culturale. È un film politico perché parla degli italiani e dell'Italia, un film su di noi e per noi, se solo avessimo il coraggio di vedere quel che siamo, seppure deformati nei volti assurdi dei personaggi freaks di Maresco. Belluscone è anche un film sul cinema che non si può più fare, sulla libertà artistica che si tenta di governare, sulla memoria che si vuole manipolare, sulla rimozione che non smette di agire, sulla solitudine di chi parla contro il coro, sulla cultura mafiosa che si pensa di folklore, sulla televisione che ha devastato l'immaginario nazionale, sulla musica popolare che piace e confonde, sui giovani e la tecnologia, sui vecchi e l'omertà...
Il primo incontro con questi oggetti non identificati è sempre emotivo. Si intuisce di essere innanzi a qualcosa di strano, di diverso, di importante. Lo si coglie e lo si fa sedimentare. E il coraggio arriverà più tardi, quello di capire, di meglio analizzare, facendo spazio nel puzzle rigogliosissimo di materiali cinematografici diversi, esempio di una libertà compositiva assoluta. Ora, storpiando Celine, vorremmo dire a Maresco, se ci potesse leggere da un posto che non conosciamo, laggiù dove si è nascosto, che dopo aver visto questo il suo film non saremmo più, ne siamo certi, tanto freddi, cialtroni, volgari come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che ci ha regalato nel corso di questo viaggio nel suo universo e immaginario, che è anche il nostro, perché se guardando un film non si ha la sensazione che qualcosa ci ri-guardi, è inutile perdere il tempo con il cinema.

 
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Gool

Post n°12724 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Goool!

Amadeo è un ragazzino timido, dal fisico poco atletico, con una passione bruciante per il calcio che, allenandosi al biliardino nel bar del paese, è diventato un campione senza pari. Spinto a un inatteso atto di coraggio dalla richiesta della coetanea Laura, di cui è innamorato, Amadeo accetta, un giorno, la sfida del bullo Grosso, infliggendogli la prima e unica sconfitta della sua vita. Deciso a prendersi la rivincita, il Grosso si affida ad un manager senza scrupoli e torna, anni dopo, per comprarsi il paese e distruggere il gioco della vergogna. Ma i piccoli giocatori da tavolo prendono magicamente vita, si svitano dalla barra metallica e si alleano con Amadeo per battere l'arrogante nemico ancora una volta. 
L'argentino Campanella non ha mai fatto mistero di condividere la passione di Amadeo per il calcio, che considera una delle invenzioni fondamentali dell'umanità, come illustra il prologo di questo film, che rilegge in chiave umoristica la sequenza dei primati di 2001 Odissea nello Spazio. Ma conGoool! , il regista del Segreto dei suoi occhi si spinge ancora oltre, accomunando direttamente lo spettacolo cinematografico con quello calcistico, lo schermo e il campo rettangolare, in virtù del loro essere luoghi ugualmente magici, dove tutto può accadere. 
Ispirata al racconto "Memorie di un'ala destra" di Roberto Fontanarrosa e supervisionata da Sergio Pablos, membro del team creativo di Cattivissimo Me, quest'incursione di Campanella nell'animazione non ha l'aria di un passatempo ma di un progetto ambizioso e curato, dal risultato tecnico notevole, che s'impone decisamente su quello narrativo, meno brillante. Il calcio balilla si fa così metafora del film, inteso come lavoro di squadra, affidato a una regia che coordina e decide, ma nel quale ognuno ha il suo ruolo e la sua precisa identità (Capi, Loco, Beto). Proseguendo per questa strada, è lecito allora vedere la squadra di Amadeo, impreparata ma sostenuta dall'entusiasmo della passione e della buona causa, come una sorta di emblema di questa coproduzione argentino-spagnola, che si misura sul campo dei colossi americani dell'animazione, intenzionata a non sfigurare nel confronto. 
Se la cornice con la parabola della trasmissione del segreto da padre a figlio suona superflua ed evitabile, se non mancano i momenti stanchi e i dialoghi che più si sforzano di divertire e più lasciano perplessi, i disegni vanno invece a segno, con il loro gioco di dimensioni e di piani di profondità, i piccoli travestimenti, i grandi occhi e il virtuosismo dei movimenti.

 
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Morte di un matematico napoletano

Post n°12723 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Morte di un matematico napoletano

Maggio 1959. È l'ultima settimana di vita del matematico Renato Caccioppoli. Ne seguiamo i movimenti partire dalla stazione in cui viene fermato ubriaco dalla polizia. I rapporti con il fratello, con la ex moglie, con gli studenti, con i compagni del PCI, con l'anziana zia, con la quale ricorda il nonno Michail Bakunin, precedono il ritrovamento del suo corpo. 
Mario Martone, regista teatrale già noto, fa con questo film il suo esordio sul grande schermo. La scelta cade su uno dei matematici più importanti e più eccentrici.Renato Caccioppoli (190-1959) all'età di 24 anni era già libero docente e 4 anni dopo l'Accademia dei Lincei gli conferiva il premio nazionale generale nella classe di Scienze Fisiche. Antifascista, solo grazie all'intervento della zia si salva dal carcere con il ricovero in ospedale psichiatrico. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale riprende l'insegnamento e si avvicina al Pci pur senza mai iscriversi. Martone decide di non farne un ritratto agiografico e nemmeno di ripercorrerne la vita. Ciò che gli interessa è rifletterne la complessa personalità in una molteplicità di situazioni e di punti di vista. In ciò deve essergli stata di notevole ausilio Fabrizia Ramondino abile nel ritrarre i personaggi femminili che entrano in contatto con un uomo che a un esame assegna un ottimo voto a una studentessa pronunciando una frase decisamente maschilista. 
Carlo Cecchi offre una straordinaria prova nell'affrontare un personaggio in catalogabile, capace di disponibilità improvvise così come di un distacco da intellettuale narcisista. La macchina da presa (con un ottimo Luca Bigazzi direttore della fotografia) lo segue conservando una dimensione tra il sonno e la veglia facendo proprio lo stato di semi incoscienza lucidamente però indirizzata verso l'autodistruzione che presiede alla 'ultime visite' (anche se solo progressivamente consapevoli) a luoghi e persone.

 
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Titanic

Post n°12722 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 


Rose ha diciassette anni, una madre egoista, un fidanzato facoltoso e una vita pianificata. Imbarcata sul Titanic e insoddisfatta della propria subalternità al futuro sposo incontra Jack, romantico disegnatore della terza classe che ha vinto a poker un biglietto per l'America. Contro le convenzioni e il destino, che chiederà il conto in una notte senza luna, Rose e Jack si innamorano, spiegando il loro spirito come i motori del più grande transatlantico del mondo. Lanciato nella sua prima traversata oceanica il Titanic è colpito al cuore da un iceberg, 'affondando' millecinquecento persone e il futuro dei due giovani amanti. Ottantaquattro anni dopo l'ultracentenaria Rose, scampata al naufragio e sopravvissuta a Jack, racconterà a un gruppo di scienziati la meraviglia di un amore interclassista e la stupidità di un mondo diviso in classi. Un mondo che il Titanic inabisserà in un oceano nero il 15 aprile del 1912.
Ogni film di James Cameron è un viaggio e insieme un processo di apprendimento. Una 'traversata' che coniuga spettacolarità, azione, emozione e precipitazione struggente. Del movimento, inteso come atto ma soprattutto come attitudine mentale e disposizione dello spirito, Titanic è l'esempio più compiuto, che sposta acqua, corpi e intelligenze, che eleva due adolescenti sopra o sotto il livello a cui vivono gli altri, superando i divieti del censo e della cultura edoardiana. Film smisurato nel budget, nell'ispirazione kolossale, nella generosità sentimentale, nella costruzione di un universo fantastico che rievoca la realtà ma il cui senso eccede i limiti materiali, Titanic 'riprende' il mare. Quindici anni e undici Oscar dopo, il capolavoro abissale di Cameron torna in sala convertito alla tridimensionalità. Virtuoso della tecnologia 3D e creatore di un reale cinematografico più grande del reale, Cameron intuisce le possibilità del suo 'giocattolo' e rilancia, gettando il cuore, quello dell'Oceano e quello di tenebra, oltre l'ostacolo e giù giù fino alle radici del (suo) cinema. Accresce la 'profondità' dell'abisso in cui affonda a picco in verticale il transatlantico e approfondisce quella della superficie su cui scivola fluente in orizzontale, articolando le due 'rotte' con estrema fluidità.
Espandendo la portata emozionale delle immagini e del narrato, già smisuratamente dilatato rispetto alle esigenze drammaturgiche del catastrofico, l'autore ritorna sulla prua con Jack e Rose, estremisti dell'amore capaci di azzardi imprevedibili che li spingono oltre, oltre l'universo limitato della nave, oltre i muri, le porte e i cancelli che separano due umanità. Umanità che il naufragio, ad opera di una natura imperturbabile, ingoia, annega e 'pacifica' dentro una tragedia consumata sullo schermo in tempo reale. Una disgrazia che, a dispetto delle sue dimensioni, Cameron descrive intimamente, scovando negli ambienti della nave, sui ponti, nelle cabine, lungo i corridoi la morte singola, isolata, rassegnata, disperata, consapevole. Quella del capitano davanti al timone, quella del magnate americano rincuorata dal brandy, quella di una madre e i suoi bambini dentro una favola, quella di un'orchestra afferrata al proprio strumento. 
(Ri)colorando i toni prometeici della macchina dei sogni della White Star Line, proiezione di potenza e insieme di fallimento, il regista fa riemergere dal profondo le immagini depositate negli occhi degli spettatori e in quelli di Rose, che in dissolvenza ritrova quelli di Jack. Eroe romantico che viaggia in basso ma guarda in alto Rose sulle tavole del ponte di coperta, conquistandola a passo di danza e a colpi di candore, trascinandola nel 'mare' della vita e amandola per sempre nella sospensione ovattata dell'oceano.

 
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Assassini nati

Post n°12721 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Assassini nati - Natural Born Killers

Tratto dal soggetto di Quentin Tarantino, il quale ha poi polemizzato, per via dell'arbitraria sceneggiatura, con Stone. Due giovani, un ragazzo e una ragazza, seminano il panico e la morte. Sono serial killer senza scrupoli e senza una vera e propria ragione. Imprigionati dopo il 54° omicidio, diventano divi della televisione e riusciranno a fuggire. Divertente la parodia della situation commedy per mostrare l'infanzia della protagonista e l'incontro tra i due futuri assassini. Il regista dice di essersi ispirato ad Arancia meccanica per la scelta grottesca ma il debito maggiore lo ha con Cuore selvaggo di Lynch. Ciò detto, il film è comunque il migliore che Stone abbia fatto da anni perché smuove lo spettatore, alimenta la discussione, cerca strade nuove passando da altre già segnate. Sceglie l'iperrealismo rispetto a film dello stesso genere come Henry - Pioggia di sangue e Il cameraman e l'assassino. Fa una denuncia, forse un tantino retorica, nei confronti dei mass-media. Incarna la violenza spettacolo per far sì che il serpente si morda la coda. Mischia fumetti a formati di pellicola diversi in maniera suggestiva. Fa dei chiari riferimenti alla cronaca attuale senza fare del documentarismo. Per contro, necessita di una grande maturità da parte dello spettatore. Soprattutto perché nello spettacolo caleidoscopico, che scorre come sulle montagne russe, non c'è il tempo per i più giovani di prendere le distanze dai protagonisti. La musica è quanto mai varia, spaziando dalle atmosfere di Peter Gabriel al rock di Patti Smith, a Puccini (come già aveva fatto Kubrick), fino alla voce demoniaca di Diamanda Galas. Deprecabile il divieto ai minori di 14 anni, anziché di 18.

 
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Un ragionevole dubbio

Post n°12720 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina Un ragionevole dubbio

Mitch è un procuratore distrettuale infallibile, che non ha mai perso una causa. Una sera si concede un po' di baldoria con i colleghi, ma decide comunque di tornare a casa in auto; terrorizzato dalla polizia finisce per investire un uomo, ridotto in fin di vita, e lo abbandona dopo aver chiamato un'ambulanza. Venuto a sapere della morte dello stesso e dell'arresto di un presunto omicida, fa di tutto per ottenere il caso e scagionare l'imputato, un meccanico di nome Clinton Davis. Capita sempre più di rado di assistere all'esplicito disconoscimento di un'opera, come all'epoca dei film firmati Alan Smithee, ma Peter Howitt, regista di Sliding Doors, adatta ai giorni nostri l'antica usanza, scegliendo di firmare con lo pseudonimo di Peter P. Croudins. 
Basta poco per comprenderne le ragioni. Dopo decenni di legal thriller che hanno invaso piccoli e grandi schermi, è sempre più arduo affrontare il genere e aggirarne i cliché: specie senza essere sorretti da una sceneggiatura di sostanza, forte di colpi di scena credibili, e con l'aggravante di una colonna sonora che enfatizza con un crescendo insistito ogni sequenza, spesso a prescindere dal contesto filmico. Una volta esisteva il cinema di serie B, che faceva di necessità virtù, concentrando gli sforzi su script anche sensazionalisti, per ottemperare alle manchevolezze della produzione. Oggi che lo scenario è profondamente mutato e la serie B è stata in parte rimpiazzata dalle serie Tv e dal loro boom, al cinema si chiede altro; ma niente di questo altro rientra in quel che Un ragionevole dubbio è in grado di dare.
È facile intuire come procederà la parabola dell'avvocato che non perde una causa e che ha sviluppato una corazza di egotico cinismo, costretto a sprofondare e a vivere il peggiore dei contrappassi per poter ritrovare se stesso. Un percorso prevedibile, destinato a essere risollevato dall'inventiva di alcune sequenze o da qualche exploit interpretativo, elementi che purtroppo latitano. È il volto stesso degli attori coinvolti a denunciare una sensazione che pare di sconforto generale: Samuel Jackson non è nuovo a ruoli su commissione, ma mai come in Un ragionevole dubbio sembra ingabbiato in un personaggio bidimensionale, incapace (o semplicemente privo della volontà, dello stimolo) di infilare uno dei suoi guizzi, di donare il colore che manca a un'opera esangue. La breve durata, infine, evidentemente costretta sotto gli 80 minuti da ragioni extradiegetiche, porta a un'accelerazione forzata e innaturale del ritmo, verso l'ovvia risoluzione. Quel che partiva con un ragionevole dubbio si è trasformato in una desolante certezza.

 
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AE Apocalypse Earth

Post n°12719 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

da http://recensissimo.blogspot.it/2015/01/AeApocalypseEarthMovieFilm.html





Regia: Thunder Levin

ecco l'ennesimo pacco della Asylum.

Trama: la terra invasa dagli alieni costringe gli umani  alla diaspora, tramite astronavi che li sparpaglieranno a piccoli gruppi nello spazio, alla ricerca di posti adatti a proseguire la loro vita.
Ma qualcosa, durante il viaggio di una delle astronavi,
va storto e i nostri eroi (si fa per dire) si troveranno "naufraghi" su un pianeta ostile, anzichè arrivare alla terra promessa.

Ed iniziamo subito, dopo questo breve sunto della trama (che - udite udite! - alla fine rivela anche un clamoroso colpo di scena), a far luce su questo buco nero di pellicola.
L'attore principale ed eroe del film, espressivo come un totano, è praticamente il sosia (o il fratello?) di Peter North, noto pornodivo, che (nonostante il suo volto non sia sempre in primo piano) sarebbe stato sicuramente capace di recitare meglio.
Comunque il premio alla miglior recitazione va senza fallo (ehm...) alla "donna dipinta": le espressioni sul suo volto hanno un che ....un che ... di nulla! non c'entrano proprio un cazzo! Che si girino scene di tensione, di lotta, drammatiche, d'amore, niente: siamo di fronte al nulla assoluto. La mimica corporea poi è quella tipicamente femminile di quando scappa la pipì chepropriounanoncelafapiù. La protagonista femminile è comunque in buona compagnia: fra tutti, in certe recite di terza elementare si vede più talento e spontaneità.
Gli attori sono comunque favoriti dalla solita regia improponibile.

I soliti effetti degni della peggior stirpe di effetti peggiori (frase volutamente complicata) ci allietano per diverse sequenze ricordandoci che sarebbe meglio per la nostra sanità mentale interrompere la visione del film(?) ...ma intrepidi non cediamo e finalmente la nostra fatica viene ricompensata. Ecco alcune classiche scene della Asylum:

I nostri eroi si battono in mezzo alla giungla (o forse un orto botanico) con alcuni alieni mimetizzati alla Predator; essendo senza munizioni si arrangiano costruendosi degli archi e frecce con legno e liane; il risultato va bene forse per un bambino di 8 anni che gioca con gli amichetti agli indiani e ai cowboy, ma dubitiamo che le frecce, bastoncini di legno curvi e perlopiù senza punta, riescano a percorrere qualche metro in aria e ancora di più a danneggiare qualcuno, a meno che non gliele ficchino a mano in un occhio, ma lanciarle da un arco...neanche a parlarne.

Altro spettacolare momento di tensione: durante la fuga, il nostro piccolo commando sotto attacco trova una fossa comune in cui sono gettati cadaveri di loro compagni; tale fossa ha bordi lievemente in pendenza e lunghi non più di un metro e mezzo. Proprio qui i nostri sono costretti a gettarsi a terra sotto il fuoco nemico, e proprio qui viene girata la classica scena da film di azione della "scampata caduta nel baratro"...ovvero il rompicoglioni del gruppo mette un piede in fallo e sta per scivolare verso il fondo della fossa; il compagno velocemente lo acchiappa e lo ritira su, con scambio di sguardi tipo "sei un rompicoglioni ma una vita umana è sempre una vita umana e io sono troppo eroico" e "grazie per avermi salvato la vita anche se sono il rompicoglioni del gruppo, c'è mancato poco!"; scena epica in Cliffhanger, ma visto che qui la fossa è meno ripida di un sentiero per bambini del CAI (Club Alpino Italiano), sfocia inevitabilmente nel ridicolo.
Per non parlare di quando il protagonista (il sosia di Peter), sempre per sfuggire agli alieni, per mimetizzarsi nella giungla strappa tre (TRE!!!) foglie, grandi ma pur sempre tre, si butta a terra e se le mette addosso, coprendo al massimo e anche malamente circa il 10% del suo corpo. Avrebbe ottenuto lo stesso risultato e fatto molto prima se si fosse messo le mani sugli occhi. 


Che dire, siamo alle solite...la natura si ostina a non voler punire questi scellerati della Asylum scatenandosi su di loro.

Non perdete tempo, meglio restare intrappolati in una tagliola per orsi il giorno di pasquetta.

 
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La trattativa

Post n°12718 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

"Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo, ci proponiamo attraverso l'uso del nostro specifico, il comportamento degli attori, i registi, i tecnici, di ricostruire le tre versioni ufficiali, cioè quelle avallate dalla magistratura, sul suicidio, il presunto suicidio, dell'anarchico Pinelli". Con queste parole Gian Maria Volontè presentava al pubblico il cortometraggio di Elio Petri, "Tre ipotesi sulal morte di Giuseppe Pineli", pamphlet morale di impronta sarcastica, nel quale i personaggi sottolineavano tutte le ambiguità e le incongruenze delle deposizioni processuali in relazione alla reale natura dei fatti. In tal modo Petri poté manifestare la messa in scena attoriale avvalorando il gesto di impegno civile, approfittando altresì di una libertà creativa finalizzata a chiarire gli eventi contingenti senza il bisogno di scegliere un linguaggio settorializzato (giuridico o giornalistico ad esempio) ma affidando la narrazione al più semplice degli escamotage espositivi, il racconto popolare, informale, fruibile per tutti.

Il cortometraggio di Petri rappresenta non solo una doverosa premessa ma soprattutto il punto focale del nuovo lavoro di Sabina Guzzanti che, con "La trattativa", svela il più grande squallore della storia della seconda repubblica, le concessioni dello stato alla mafia in cambio della cessazione delle stragi. La sfida non è semplice: come dare vita a pile e pile di libri? Come convertire articoli, verbali, ore e ore di registrazioni di sedute processuali in una storia? La risposta sta proprio in quell'operazione di quarantaquattro anni fa, manifestando esplicitamente la recitazione, e con essa, la natura dei personaggi e dei contesti per non perdere la presa sul pubblico, informando senza impegno, perché tutti dovremmo sapere quello di cui si sta parlando. Anzi, tutti abbiamo il diritto di riflettere sui dubbi, sulle ambiguità e sulle inscalfibili certezze di ciò che ci gravita intorno, lo dobbiamo in ragione dell'egemonia intellettuale in nostro possesso. Perché il docufilm su cui si dispiega "La trattativa" vorrebbe essere un film di finzione, si. Ma dove tutto potrebbe essere (è) maledettamente vero.

Politici, spie, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, massoni. La storia della trattativa tra stato e mafia coinvolge tutte le più alte cariche istituzionali colluse con la potente frangia malavitosa del nostro paese. Cronologicamente il racconto della Guzzanti si può semplificare in tre macro-raccordi: il primo concerne il periodo che va dalla fine degli anni 80 alla nascita di Forza Italia nel 1994. All'interno di quel periodo troviamo la formazione di movimenti autonomi di estrema destra (come "Falange Armata"), le pressioni subite dalla Democrazia Cristiana (sfociate nell'assassinio di Salvo Lima), le stragi di Capaci e di Via d'Amelio, il progetto per la nascita di un nuovo partito politico di stampo mafioso ideato da Marcello Dell'Utri, le imbarazzanti decisioni dell'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. E ancora, gli incontri tra il colonnello del ROS Mario Mori e il sindaco di Palermo Vito Ciancimino, canale tra le alte istituzioni e il capo dei capi Totò Riina (relazione confluita con la stesura del "papello" e del "contropapello").
La seconda fase (la più interessante per la quantità di informazioni ignorate dai media e sconosciute ai più) va da 1994 al 1998. In essa rientrano le vitali testimonianze del pentito Gaspare Spatuzza (che si autoaccuserà quale uno degli esecutori nella morte di Borsellino) e il prezioso rapporto tra il confidente Luigi Ilardo e il colonnello Michele Riccio che hanno portato alla scoperta del nascondiglio di Bernardo Provenzano. Mori eviterà che il boss venga arrestato e Ilardo morirà ammazzato a Palermo dopo essere ufficialmente entrato tra i collaboratori di giustizia.
Il terzo e ultimo raccordo temporale va dal 2006 ai giorni nostri. Dall'assoluzione di Mori alle nuove confessioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, che svelerà l'esistenza del "papello", fino alle clamorose intercettazioni tra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano, rese pubbliche nel 2012 e successivamente distrutte. Il processo sulla trattativa tra stato e mafia è cominciato ufficialmente il 7 marzo 2013, praticamente nelle fasi terminali del film.
Opera destinata per natura allo scandalo (molte informazioni sono solo una sottolineatura di quanto si sa già - si pensi allo spettacolo teatrale di Marco Travaglio "Promemoria - Quindici anni di storia d'Italia" -, altre sono inedite come il terrificante aneddoto raccontato dal pentito Gaspare Mutolo su Borsellino) e al probabile sequestro delle autorità, "La trattativa" offre una visione a tutto tondo su cosa sia successo e su cosa si presume sia successo (verità obiettive e supposizioni sono doverosamente distaccate e sottolineate) in Italia negli ultimi venticinque anni.

L'impianto del film è su tre piani.

L'utilizzo estremamente parco di documenti filmati originali li rende estremamente efficaci, come fossero frustate di realtà in faccia al pubblico.
La dimensione teatrale mantiene due livelli ulteriori: dentro e fuori dalla rappresentazione. In questo modo sono possibili continui flashback nel passato, con l'espediente geniale di inquadrare un "post-it" sulla scena che specifica l'anno in cui si è svolta, ma la narrazione non ne risente anzi diventa più unitaria. Poi ci sono gli stacchi al di fuori della rappresentazione, in cui si vedono gli attori che si preparano, montano o smontano le scene, si mettono d'accordo su chi fa il tale personaggio e magari danno ulteriori indicazioni a noi, del pubblico, sulla funzione dei diversi ruoli rappresentati. Questi momenti generano un nuovo punto di osservazione, esterno, contemporaneo, che riesce a rompere la cappa emotiva tragica e fatalista che potrebbe avvolgere il pubblico, riattivando il pensiero. Non per caso Sabina Guzzanti dichiara che “è un film di smisurato ottimismo”. Ricerca metodica della verità e dei fili conduttori che però sa uscire da sé ed evitare il collasso emotivo, utilizzando in qualche punto un'allusione ironica che però rimane in embrione, in attesa di trasformarsi in nuovo pensiero critico. Attori che rivestono e poi svestono più parti e più panni, consapevolmente di far parte di una narrazione da cui chi ascolta deve poter prendere, a un certo punto, una distanza critica per avere la forza di rielaborare tutto il materiale, abbondante, riunito. E ciò paradossalmente conferisce unità al film e permette anche al pubblico di percepire la possibilità di essere parte attiva e parte in causa: di essere cioè totalmente, perennemente coinvolti. Ha ragione chi sostiene che andrebbe proiettato nelle scuole, perché ha un linguaggio semplice che regge il peso della complessità che porta sulle spalle.

VOTO FINALE: 5+/5

 
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Malala

Post n°12717 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Titolo originale: He Named Me Malala

Poster

MALALA è un ritratto intimo e personale del Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai, divenuta un obiettivo dei Talebani e rimasta gravemente ferita da una raffica di proiettili durante un ritorno a casa sul bus scolastico, nella valle dello Swat in Pakistan. Allora quindicenne (ha compiuto 18 anni lo scorso luglio) era stata presa di mira, insieme a suo padre, per la sua battaglia a favore dell'istruzione femminile, e l'attentato di cui rimase vittima ha suscitato l'indignazione e le proteste di sostenitori da tutto il mondo. Miracolosamente sopravvissuta, ora conduce una campagna globale per il diritto all'istruzione delle bambine e dei bambini nel mondo, come co-fondatrice del Fondo Malala.

 
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Alaska

Post n°12716 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Fausto e Nadine si incontrano per la prima volta nei saloni di un grande albergo di Parigi, scoprendosi fragili, soli e ossessionati da un’idea di felicità che sembra irraggiungibile. Fausto è italiano ma vive, o per meglio dire sopravvive, a Parigi, nella speranza che un giorno la vita gli offra qualcosa di meglio del lavoro come cameriere. Nadine è una giovane francese e possiede una bellezza commovente. Dopo essersi conosciuti si perderanno, si ameranno e soffriranno. Il destino avrà in serbo non pochi ostacoli per questo giovane amore.

 

NOTE:

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015.

 
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007 Spectre

Post n°12715 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

SPECTRE è il 24esimo film di James Bond. Un misterioso messaggio riguardante il proprio passato convince James Bond a partire verso una nuova missione in Messico, per poi raggiungere Roma, dove incontra Lucia Sciarra (Monica Bellucci), la splendida e intoccabile vedova di un noto criminale. Bond si infiltra in una riunione segreto e scopre l'esistenza di una sinistra organizzazione nota col nome di SPECTRE. Nel frattempo, a Londra, Max Denbigh (Andrew Scott), il nuovo capo del Centro per la Sicurezza Nazionale, indaga sulla missione di Bond e mette in dubbio il valore della sezione MI6 guidato da M (Ralph Fiennes). Bond di nascosto coinvolge Moneypenny (Naomie Harris) e Q (Ben Whishaw) per aiutarlo a trovare Madeleine Swann (Léa Seydoux), la figlia del suo vecchio nemico Mr White (Jesper Christensen), che potrebbe avere la soluzione per risolvere la trama di SPECTRE. Da figlia di un assassino, la ragazza riesce a comprendere Bond meglio di chiunque altro. Mentre Bond si inoltra nel cuore di SPECTRE, scopre l'esistenza di un legame raccapricciante tra se stesso e il nemico da lui inseguito, interpretato da Christoph Waltz.

 
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Il secondo tragico Fantozzi

Post n°12714 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Poster

Il ragionier Ugo Fantozzi è ancora protagonista, suo malgrado, di imprese disastrose. Sorteggiato per accompagnare al casinò di Montecarlo uno dei suoi principali, per portargli fortuna è costretto a rimpinzarsi d'acqua minerale fino a levarsi in aria come un palloncino. Tornato in Italia, partecipa a una cruenta battuta di caccia, durante la quale si spara addosso. A Genova, è tra i partecipanti al varo di una nuova nave, ma la bottiglia di champagne si infrange sulla sua testa invece che sullo scafo. Invitato a una festa a casa di aristocratici, si brucia il palato con dei pomodori piccanti e deve difendersi da un terribile alano che lo insegue fino a Roma. Quando si finge ammalato per portare la figlia Mariangela al circo, per non farsi scoprire da un suo superiore, anch'egli presente allo spettacolo, si nasconde nel cannone che lo 'spara' poi verso Agrigento. Durante una proiezione cinematografica del celebre film "La corazzata Potemkin" si mette a capo di una rivolta di dipendenti...

SOGGETTO:

romanzi "Fantozzi" e "Il secondo tragico Fantozzi" di Paolo Villaggio (Ediz. Rizzoli)

 
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Snoopy & Friends - Il Film dei Peanuts

Post n°12713 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

titolo originale: PEANUTS

Poster

Charlie Brown, Snoopy, Lucy, Linus e tutto il resto dell'amatissima banda dei "Peanut" fanno il loro debutto sul grande schermo come non li avete mai visti prima grazie anche all'animazione in 3D. Snoopy, il beagle più amato nel mondo - nonché asso dell'aviazione - si imbarca nella sua più grande impresa involandosi all'inseguimento del suo arcinemico, il Barone Rosso, mentre il suo miglior amico, Charlie Brown, intraprende la sua personale epica impresa.

 
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Film nelle sale da ieri

Post n°12712 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Locandina: Il secondo tragico Fantozzi
Il secondo tragico Fantozzi
Il secondo tragico Fantozzi
  • DATA USCITA: 02/11/2015
  • GENERE: Commedia, Comico
  • NAZIONALITA': Italia
  • ANNO: 1976
  • REGIA: Luciano Salce
  • CAST: Paolo Villaggio, Anna Mazzamauro, Gigi Reder

Locandina: 007 Spectre
007 Spectre
007 Spectre
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Azione, Avventura, Thriller
  • NAZIONALITA': USA, Gran Bretagna
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Sam Mendes
  • CAST: Daniel Craig, Monica Bellucci, Christoph Waltz

Locandina: 45 anni
45 anni
45 Years
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Sentimentale, Drammatico
  • NAZIONALITA': Gran Bretagna
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Andrew Haigh
  • CAST: Charlotte Rampling, Tom Courtenay, Geraldine James

Locandina: Alaska
Alaska
Alaska
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Drammatico
  • NAZIONALITA': Italia, Francia
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Claudio Cupellini
  • CAST: Elio Germano, Astrid Berges-Frisbey, Valerio Binasco

Locandina: Corpi
Corpi
Corpi
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Drammatico
  • NAZIONALITA': Polonia
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Ma&#322;gorzata Szumovska
  • CAST: Janusz Gajos, Maja Ostaszewska, Ewa Dalkowska

Locandina: FreeHeld - Amore, Giustizia, Uguaglianza
FreeHeld - Amore, Giustizia, Uguaglianza
FreeHeld
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Drammatico, Sentimentale
  • NAZIONALITA': USA
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Peter Sollett
  • CAST: Ellen Page, Julianne Moore, Steve Carell

Locandina: Malala
Malala
He Named Me Malala
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Documentario
  • NAZIONALITA': USA
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Davis Guggenheim
  • CAST:

Locandina: Rock the Kasbah
Rock the Kasbah
Rock the Kasbah
  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Commedia
  • NAZIONALITA': USA
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Barry Levinson
  • CAST: Bill Murray, Bruce Willis, Zooey Deschanel

Locandina: Snoopy & Friends - Il Film dei Peanuts
Snoopy & Friends - Il Film dei Peanuts
Peanuts

  • DATA USCITA: 05/11/2015
  • GENERE: Animazione, Commedia, Family
  • NAZIONALITA': USA
  • ANNO: 2015
  • REGIA: Steve Martino
  • CAST:

 
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Suburra

Post n°12711 pubblicato il 06 Novembre 2015 da Ladridicinema
 

Come unire La banda della Magliana, mafia capitale e la Milano berlusconiana e ciellina, la ’ndrangheta assieme alla mafia e alla camorra, la corruzione politica, la spregiudicatezza bancaria, la manipolazione giornalistica della realtò. In una sola parola Suburra, di Stefano Sollima.

Che cosa significa innanzitutto Suburra. La Suburra era un quartiere popoloso e ampio dell'antica Roma, la cui popolazione era formata dal sottoproletariato urbano che viveva in condizioni miserabili, pur se vicino aveva lo splendore della Roma monumentale e imperiale. Oggi è un termine che sta ancora per un luogo malfamato e periferico.

La periferia di Roma è proprio il teatro in cui si svolge la maggior parte delle azioni del film e il racconto parte 7 giorni prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi da presidente del Consiglio nel 2011. Così abbiamo Filippo Malgradi, politico corrotto, codardo e perverso, che passa la notte con due escort, di cui una minorenne, che si caccerà in un guaio che avrà conseguenze senza fine. C'è Sebastiano, che organizza le feste dei vip ed è senza valori pur giudicando gli altri, che si ritrova in mezzo ai debiti lasciati dal padre con gli zingari. C'è Numero 8, giovane boss della malavita di Ostia che sogna di trasformare il litorale romano in una Las Vegas, come Bugsy Siegel. C'è Manfredi Anacleti, capo di un clan di zingari che vuole essere riconosciuto boss vero e di primo piano e in quanto tale entrare negli affari che contano. E ci sono Sabrina, l'escort che fornisce le escort a Malgradi, e Viola, la compagna tossica di Numero 8. I destini di tutti i personaggi sono destinati ad incrociarsi per via del legame che esiste da sempre fra criminalità e potere politico. Il collante di questo potere che aleggia Roma è rappresentato da "Il samurai", che fa affari con le famiglie siciliane e campane.

Sarà che sono fatti molto vicini a noi quelli narrati o i tempi ristretti di un film, ma a livello di narrazione restano troppe pecche, troppe informazioni che non vengono concesse dall'autore sui fatti che sta raccontando favorendo invece la spettacolarità. E' quindi proprio la storia l'elemento debole del film.

La cosa però che riesce a sorprendere alzando la pellicola, notevolmente di livello rispetto alla media dei film del momento, italiani e non; è il linguaggio e la tensione che sa dare, grazie ad una fotografia e una regia praticamente perfetta e alla capacità (nonchè alla perfetta scelta dei personaggi), nonostante la tentazione di romanzare un pò troppo; di dare una terribile immediatezza di quello che sta avvenendo o avviene.

Proprio la scelta dei personaggi come detto prima è una forza del film. Da Favino perfetto nel ruolo del politico con le sue capacità di interpretare il personaggio sotto mille sfumature e sfaccettature anche solo con la postura e la voce; fino a Claudio Amendola, il Samurai ex elemento della Magliana che comanda Roma; passando per Elio Germano venditore di eventi senza coraggio; Alessandro Borghi, il numero 8 che forse è il personaggio più azzeccatto; e a tutti gli altri.

Stefano Sollima ha fatto una scelta registica ben precisa, coerente, portata fino in fondo.

Sfrutta sicuramente molto la capacità di narrare i fatti del libro di De Cataldo, ma forse ne è anche il limite. Un racconto comunque coraggioso, pur sempre nei limiti, delle periferie romane.

Voto finale: 4-/5

Poster

Nell'antica Roma, la Suburra era il quartiere dove il potere e la criminalità segretamente si incontravano. Dopo oltre duemila anni, quel luogo esiste ancora. Perché oggi, forse più di allora, Roma è la città del potere: quello dei grandi palazzi della politica, delle stanze affrescate e cariche di spiritualità del Vaticano e quello, infine, della strada, dove la criminalità continua da sempre a cercare la via più diretta per imporre a tutti la propria legge. Il film è la storia di una grande speculazione edilizia che trasformerà il litorale romano in una nuova Las Vegas. Per realizzarla servirà l'appoggio di Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico corrotto e invischiato fino al collo con la malavita, di Numero 8 (Alessandro Borghi), capo di una potentissima famiglia che gestisce il territorio e, soprattutto, di Samurai (Claudio Amendola), il più temuto rappresentate della criminalità romana e ultimo componente della Banda della Magliana. Ma a generare un inarrestabile effetto domino capace di inceppare definitivamente questo meccanismo saranno in realtà dei personaggi che vivono ai margini dei giochi di potere come Sebastiano (Elio Germano), un PR viscido e senza scrupoli, Sabrina un'avvenente escort (Giulia Elettra Gorietti), Viola (Greta Scarano) la fidanzata tossicodipendente di Numero 8 e Manfredi (Adamo Dionisi) il capoclan di una pericolosa famiglia di zingari.

 
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