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Messaggi del 19/04/2017

 

Lasciami per sempre

Post n°13769 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Viola, compagna di Nikos, è una donna che ama decisamente il rischio . Ha deciso infatti di invitare per la festa del figlio ventenne Lorenzo, in crisi per essere stato abbandonato dalla fidanzata, la famigliona allargata o, come dice lei, il cespuglio genealogico. Ed ecco arrivare: l'ex marito di cui Nikos è irrimediabilmente geloso, gli ex cognati, le problematiche sorelle, la giovane nipote depressa, il figlio ribelle di Nikos che gira nudo per il giardino, il padre disperatamente ironico che ha da poco tentato il suicidio, il ginecologo di famiglia maniaco sentimentale ex marito della bipolare e agguerrita Carmen, ma anche Yuri fisico teorico pieno di tatuaggi innamorato da sempre di Aida che però ė sposata con una donna. Non mancheranno ospiti inattesi come la bellissima e tormentata Martina che farà esplodere la già fibrillante festa. In un susseguirsi di sferzate sentimentali, il mucchio selvaggio si confronterà senza esclusione di colpi.

 
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L'accabadora

Post n°13768 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Alla fine degli anni Trenta, la trentacinquenne Annetta, una donna solitaria e silenziosa sempre vestita di nero, vive in un piccolo centro nelle campagne sarde. Custodendo un terribile segreto del passato, passa le giornate nell'attesa di una chiamata e, quando ciò avviene, apre una vecchia sacca contenente una mazzuola di legno, un vecchio cuscino e uno specchietto spaccato. Da quel momento, qualcosa di imprevisto la porterà a Cagliari e le cambierà la vita, facendole scoprire di potersi staccare dal suo ruolo di accabadora, figura della tradizione sarda il cui compito è aiutare i morenti a trapassare.

 
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Famiglia all'improvviso - Istruzioni non incluse

Post n°13767 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Demain tout commence

Poster

Samuel vive la sua vita nel Sud della Francia senza responsabilità e senza legami importanti fino a quando una delle sue vecchie fiamme gli lascia tra le braccia una bambina di pochi mesi, Gloria: sua figlia! Inizialmente incapace di prendersene cura, Samuel impara giorno dopo giorno ad essere un buon padre. Otto anni dopo, quando Samuel e la piccola Gloria sono ormai inseparabili e felici, una sorpresa inaspettata cambierà le loro vite...DATA USCITA: 20 aprile 2017

 
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cIAO AMORE VADO A COMBATTERE

Post n°13766 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Poster

E' stata una modella. E' stata un'attrice. Ora è una combattente.​ New York, 2008. Dopo la dolorosa rottura con il fidanzato, Chantal scopre nella Thai Boxe l’unico modo per sfogare la sua rabbia. Alla ricerca di una via di fuga, vola in Thailandia per alcune settimane: le settimane diventano anni, nel corso dei quali Chantal arriva a combattere sui ring più importanti del Paese e non solo, e a conquistare quattro titoli mondiali. I demoni del suo passato, però, non erano spariti: Chantal era soltanto riuscita a nasconderli. Oggi, a un anno dal suo ritiro, ha deciso di tornare in Thailandia per riconquistare la cintura di campionessa del mondo: ma stavolta, per vincere davvero, dovrà affrontare i suoi fantasmi.

 
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Baby Boss

Post n°13765 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Titolo originale: The Boss Baby

Poster

BABY BOSS è una divertente commedia per grandi e piccoli, che racconta cosa succede all'interno di una famiglia quando arriva un nuovo bebè. Il tutto raccontato dal punto di vista fantasioso di un bambino di 7 anni, di nome Tim. Nella testa di un bambino di sette anni, l'arrivo a casa di un fratellino è infatti un evento misterioso e affascinante, da romanzare e interpretare con tutti i ghiribizzi e gli slanci dell'immaginazione. Timothy Templeton, ad esempio, se lo vede arrivare in taxi, vestito di tutto punto in abiti eleganti e cravatta su misura, ventriquattrore alla mano e mocassini lucidi. La vita da figlio unico che conosceva cambia radicalmente e condividere l'attenzione dei genitori è il sacrificio minore. Il nuovo arrivato non è soltanto molesto e rumoroso, come tutti i bambini, è un ometto maturo che maschera discorsi da adulto con farfugliamenti adorabili e incomprensibili "bubu dada". I sospetti di Timothy sono fondati: suo fratello minore è un agente infiltrato della Baby Corp e l'appuntamento giochi è in realtà una riunione segreta in salotto con un gruppo di suoi pari. Insomma, Baby Boss altri non è che una spia in missione segreta, e solo Tim potrà aiutarlo. I due piccoli soci saranno catapultati in un'avventura stravagante e, per riuscire a sventare un complotto ignobile, saranno coinvolti in una battaglia epica fra cuccioli e bambini

 
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Acqua di marzo

Post n°13764 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Libero torna nella cittadina d'origine per dare l'addio alla nonna in fin di vita. Ma la nonna non muore, e il passato che credeva essersi lasciato alle spalle lo travolge. Libero piomba in un limbo adolescenziale mai davvero superato, mentre la fissità di quell'universo cristallizzato gli urla che il tempo passa, e le cose cambiano. Poi, un evento inaspettato come un acquazzone primaverile segna la fine dell'inverno. E in un atto di libera, sincera incoerenza, Libero chiude finalmente il cerchio.

 
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Film nelle sale da domani

Post n°13763 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

 
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Fast and furios show

Post n°13762 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Altri 703.050euro in 24 ore per Fast and Furious 8, sempre più primatista al botteghino italiano. 8.175.396euro e 1.111.863 spettatori paganti in 6 giorni per la pellicola Universal, inseguita dai 118.369 euro de I Puffi e dai 68.747euro de La Bella e la Bestia. Il titolo Disney ha così infranto il muro dei 20 milioni (20.043.851 euro, per la precisione), con 3.138.318 ticket staccati. Vedremo se Furious 8 saprà fare di meglio.

4° piazza con 65.684euro per Moglie e Marito, seguito dai 46.920 euro di Lasciati Andare e dai 20.725 euro dei Power Rangers. Chiusura di chart con i 18.953 euro di Ghost in the shell, gli 11.737euro de L'altro volto della Speranza, gli 8.959 euro di Ballerina e gli 8.880 euro di Underworld 5.

 
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Il commissario Pepe da https://www.debaser.it/ettore-scola/il-commissario-pepe/recensione

Post n°13761 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

La sirena di una volante dei Carabinieri echeggia nelle strade di una città, mentre una bambina attraversa la strada, saltellando con un pallone: brusca frenata, ma lei transita come se niente fosse. Le forze dell'ordine iniziano già a fermarsi e lo faranno per tutto il film.

Comincia così una fervida, malinconica, pungente e amara rappresentazione delle miserie, dei vizi e delle virtù annacquate di una città italiana del 1969, più precisamente una cittadina veneta che un attento osservatore riconosce, nelle sue piazze e nelle sue vie, dapprima come Vicenza e poi come Bassano del Grappa; in realtà la cittadina del film è un insieme delle due. Gli ambienti, gli umori e le vicissitudini delle due città si mescolano e si rincorrono, sovrapponendosi ai pensieri del protagonista del film, il commissario Pepe, divenendo tessuto delle sue divagazioni oniriche, dei suoi soliloqui, delle sue ansie, del lucido e chiaroveggente scavo interiore che esegue su di sé e sulla gente che lo circonda.

Questi due centri veneti, fusi per esigenze cinematografiche in una cittadina immaginaria, rappresentano l'emblema di un'area qualunque, che uno smaliziato racconto verista e senza falsi moralismi dipinge come depositaria di segreti peccati sessuali, veniali ma anche ripugnanti, che si frappongono ai tranquilli ritmi lavorativi ed esistenziali degli abitanti, dalle canoniche otto ore alla messa alla domenica. Come le Sturmtruppen di Bonvi erano il simbolo di tutti gli eserciti del mondo e delle loro peripezie, questa cittadina è il catalizzatore delle ansie, delle urgenti risposte a domande mai poste, delle prospettive di un qualunque villaggio del mondo.

Il Commissario Pepe, un eccellente Ugo Tognazzi, è un malinconico, intelligente e disingannato funzionario di Polizia, che si trova ad affrontare un'inchiesta sul malcostume locale, un compito ingrato che vorrebbe assolutamente evitare ("...questo è un piccolo centro, abbiamo sempre fatto la politica dell'occhio chiuso..."- rivela ai suoi collaboratori), ma che poi, spinto dal suo superiore affronta con fermezza, trovandosi così immerso in un mondo fatto di prostituzione in condominio, nella pensione gestita da coniugi traviati, di pulsione omosessuale a cura di un "illustre clinico", di figlia del prefetto che mantiene l'amante a suon di marchette, di suora che circuisce le sue allieve del corso di danza; la ricerca del piacere viene descritta dal commissario fin dalle prime battute con l'analisi della sua voce narrante, "una città che si fa il segno della croce" e nasconde nella religione di facciata le sue piccole perversità. Attorno al commissario si muovono altre piccole figure, che si fondono con le vie della città, negli interni chiaroscuri delle abitazioni, dei luoghi pubblici, rappresentati col gusto del bozzetto. Sono il vicecommissario Cerveteri, ignaro della prostituzione della sorella trentenne, l'amante dello stesso commissario Pepe, Matilde Caroni, che parte spesso per Milano a "fare quel poco di male", il carabiniere ossequioso che vive di espedienti per tirare avanti la famiglia, quali l'arresto dell'ubriacone Garibaldi a scopo di curare l'orto nel cortile del commissariato.

Ma l'attore non-protagonista per eccellenza è l'invalido Nicola Parigi (ottimamente interpretato da Gaetano Maffioli, noto gastronomo) che il 20 luglio del 1943 ha perso l'uso delle gambe in guerra e da allora percorre le stradine della città con una motocarrozzina e urla la sua disperazione ai cittadini, li mette in guardia da un nuovo conflitto, disprezza perfino le lotterie che sente dalle televisioni serali ("...cani rognosi alla ricerca dell'osso d'oro alla ricerca dell'osso d'oro...") e spedisce lettere anonime alla Polizia (sono un bravo cittadino e cerco di aiutare la povera Polizia, dirà al commissario) denunciando tutta la corruzione imperante.

In questa discesa agli inferi il commissario porta con sé molta indignazione, ma anche una pizzico di compassione per i suoi indagati, ma anche pragmatismo che lo accompagna nelle sue indagini; lo stesso suo rapporto d'amore con Matilde si rivela ambiguo, agli occhi dello spettatore, visto che si incontrano in libreria fingendosi di non conoscersi: anch'egli fa parte di quel mondo fatto di sottili trame nascoste che si fondono con la nebbia invernale ai piedi dei Colli Berici. La sapiente regia di Ettore Scola assomiglia ad un romanzo di Svevo, laddove una Trieste fervidamente rappresentata era depositaria dello scavo interiore dei personaggi, a volte abulici, a volte disperati. In questo film Scola utilizza i primi piani, le inquadrature a campo lungo, i sogni ad occhi aperti del commissario, le vedute da cartolina delle due cittadine per prendere tempo, per immergere lentamente lo spettatore nel pantano della città o meglio nel quotidiano vivere bifronte, pulito all'esterno e sporco all'interno. A rafforzare le immagini, poi, provvede uno splendido commento musicale di Armando Trovajoli, molto anni '60, che sottolinea sia le scene d'azione concitate, sia le immagini iniziali che ritraggono il commissario nel suo quotidiano andare al lavoro.

Il percorso del commissario lo porterà faccia a faccia con il questore che, pur apprezzando il suo lavoro, lo rimprovera di eccesso di zelo, ne deplora la mancata obliterazione, nella lista degli indagati, degli intoccabili: sotto lo sguardo attonito del commissario il questore snocciola la ragion di stato : "...la sorella di un vicecommissario, (il suo vice), il figlio di un conte che dà lavoro a 2000 operai, un illustre chirurgo, un professore di liceo (stimato umanista), la figlia del prefetto...certo sono colpevoli.. ma ci conviene creare un simile terremoto...?". Il rituale si è compiuto, occorre togliere i pesci grossi dalla rete ed arrostire invece i pesci piccoli. Il commissario non ci sta e nel dubbio brucia il fascicolo, chiede il trasferimento e chiude il film in un totale pessimismo, che potrebbe non finire mai. Percorrendo il viale della stazione dei treni, dopo aver voltato le spalle all'amante corrotta, tornata da Milano, il commissario ci guarda esclamando bonariamente : "Perché? Voi siete dei leoni?".

 
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Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

Post n°13760 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

Locandina Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

Nell'inverno del 1820 la baleniera del New England "Essex", comandata dal capitano Polard spesso in contrasto con il primo ufficiale Chase, viene attaccata da una balena dalle dimensioni enormi. Pochi marinai si salvano e tra di loro Thomas Nickerson, che all'epoca era poco più di un bambino. Costui trent'anni dopo e con un'iniziale riluttanza accetta di raccontare l'esperienza vissuta allo scrittore Herman Melville. Sta per nascere uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi: "Moby Dick".
Ron Howard, come la stragrande maggioranza dei lettori del romanzo, non sapeva che alla base del lavoro di Melville ci fosse una storia realmente accaduta che lo scrittore Nathaniel Philbrick ha indagato nel libro "Il cuore dell'Oceano - Il naufragio della baleniera Essex", vincitore del National Book Award per la Saggistica. La possibilità di confrontarsi con una produzione tra le più complesse da lui mai affrontate si è coniugata con un tema che è centrale nella sua filmografia: la ricerca di se stessi attraverso le difficoltà da superare e lo scontro con qualcuno che rappresenta un ostacolo. 
Da Cinderella Man a Rush, passando per Frost/Nixon, Howard si è spesso sintonizzato su questa lunghezza d'onda ma Heart of the Sea gli ha offerto un'ulteriore possibilità. Il suo ruolo di narratore per il grande pubblico, senza però mai dimenticare la necessità del rispetto nei suoi confronti, trova nel personaggio di Melville il proprio doppio ideale. Herman come Ron si fa raccontare (a pagamento) una storia vera per poi intervenire sul suo intreccio con la propria creatività. Howard lo ha fatto molte volte nel corso della sua carriera (pensiamo ad esempio ad Apollo 13) quasi volesse alternare la fiction di pura invenzione con degli ancoraggi alla realtà. 
C'è il respiro della classicità cinematografica nel modo in cui riprende l'avventura che vede protagonisti degli esseri umani e un cetaceo che, come lui stesso afferma, non ha nulla de Lo squalo perché preferisce accostarlo a King Kong leggendo in esso il simbolo di una Natura primordiale risvegliata dall'essere umano. Non si dimentica però anche di sottolineare come la balena bianca, divenuta grazie a Melville un soggetto a cui attribuire innumerevoli interpretazioni simboliche, fosse, al pari dei suoi simili, oggetto di un preciso sfruttamento economico perché l'olio di balena è stato l'antesignano del petrolio.
Se nel '700 si stimava la presenza negli oceani di cetacei attorno al milione di unità alla fine del secolo successivo esse erano ridotte a circa un terzo. Howard però non è interessato a realizzare un film 'ecologista' quanto piuttosto ad indagare, grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano e che l'immensa coda della balena sembra voler scuotere per metterne a nudo i moti e solcarne gli abissi.

 
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Inferno

Post n°13759 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 


Lo studioso di simbologia professor Langdon si risveglia in una stanza di ospedale a Firenze. È ferito alla testa, ha ricordi estremamente confusi e non sa perché si trova nel capoluogo toscano. Quando una donna vestita da carabiniere fa irruzione nella casa di cura non gli resta che fuggire con l'aiuto, della giovane dottoressa Sienna Brooks. Alla base di tutto c'è un genio della genetica che ha deciso di salvare l'umanità dalla sua altrimenti inevitabile dissoluzione diffondendo un virus che riduca drasticamente il numero degli abitanti della Terra.
Esattamente dieci anni fa con Il codice Da Vinci aveva inizio il sodalizio tra Dan Brown e Ron Howard, proseguito nel 2009 con Angeli e Demoni. Considerati gli esiti al Box Office non si poteva non attendersi che anche la terza impresa del professor Robert Langdon trovasse la via del grande schermo confermando la solidità della coppia e la presenza di Tom Hanks nel ruolo principale. Chi ha letto il libro (e sono stati tanti se si considera che solo venti giorni dopo l'uscita si erano già raggiunti i nove milioni di copie vendute nel mondo) si è chiesto come avrebbero fatto Howard e lo sceneggiatore David Koepp a trasformare in un film di due ore una storia che aveva due caratteristiche di difficile trasposizione. Perché il romanzo, facendo costante riferimento all'Inferno di Dante Alighieri, ha una forte base legata alla letteratura, cioè alla parola scritta e inoltre, in modo costante, offre ai lettori di tutto il mondo approfondite spiegazioni di luoghi ed opere d'arte che si trovano a Firenze, Venezia ed Istanbul rischiando a tratti di assomigliare a una guida Lonely Planet. 
Si può dire che l'impresa sia andata a buon fine anche se, come accade spesso nel passaggio dalla pagina allo schermo, i lettori troveranno numerosi e, almeno in un caso, sostanziali mutamenti. Questa volta però ci verranno risparmiati anatemi e vade retro considerato che il tema non è più il rapporto con la fede cattolica e con coloro che la professano e diffondono ma si apre a prospettive di indubbia e pregnante attualità. Perché lo scienziato Bertrand Zobrist innesca il suo percorso distruttivo a partire da un dato reale: la crescita esponenziale della popolazione mondiale con i conseguenti e devastanti riflessi sul futuro della vita sul nostro pianeta. La soluzione che trova è drastica e Langdon dovrà impegnarsi per impedirne l'attuazione. 
Qui si innesca una dinamica che differenzia il film dai precedenti. Se prima la detection si fondeva con l'azione, qui la dinamica è quella della fuga costante da pericoli incombenti cercando di impedire un evento catastrofico. Tom Hanks ha da sempre nello sguardo e nelle espressioni del volto un fondo di paura misto alla volontà per neutralizzarla. Quindi chi meglio di lui poteva fuggire correndo o cercare temporanei rifugi in una Firenze che con il suo splendore diviene coprotagonista a tutti gli effetti della narrazione? Tutto ciò mentre allucinazioni e sprazzi di memoria disturbanti lo perseguitano e una giovane donna lo accompagna? Se la storia di un amore che torna dal passato rischia di attenuare la tensione, resta però ripetuta con forza la questione di base che non è di carattere solo finzionale. Perché a un anno di distanza dall'uscita del libro, non lo Zobrist inventato da Brown ma il fondatore del Front Nationale francese Jean-Marie Le Pen dichiarava che il virus Ebola avrebbe potuto risolvere in tre mesi il problema dell'immigrazione dall'Africa. Quindi ben vengano film come questo che hanno lo scopo di intrattenere mentre ci ricordano che il confine tra finzione e realtà è talvolta decisamente sottile e che, come recita la frase che apre il romanzo, "i luoghi più caldi dell'inferno sono riservati a coloro che in tempi di grande crisi morale si mantengono neutrali". Un'affermazione a doppio taglio ma che non può non far pensare.

 
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Il coraggio di parlare, recensione e scheda del film

Post n°13758 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

da https://it.over-blog.com/Il_coraggio_di_parlare_recensione_e_scheda_del_film-1228321769-art187204.html

"Il Coraggio di parlare", un film di Leandro Castellani, vincitore del Grifone d'Oro al Giffoni Film Festival 1987.

SCHEDA DEL FILM

REGIA : Leandro Castellani
SCENEGGIATURA : Vittorio Schiraldi
CAST: Gianluca Schiavoni, Riccardo Cucciolla, Enzo Cannavale, Lello Arena, Giuliana Calandra, Leopoldo Trieste
PAESE : Italia
ANNO : 1987
GENERE : Drammatico

TRAMA E RECENSIONE DEL FILM

In un piccolo paese calabrese, dove non ci sono prospettive di lavoro, il quattordicenne Vincenzino cade nella rete della criminalità organizzata locale, che approfitta della sua spensieratezza giovanile per utilizzarlo a sua insaputa come corriere per il traffico di droga. La sua ingenuità e la sua voglia di non gravare economicamente sulla famiglia lo fanno cadere nelle grinfie della 'ndrangheta, ma Vincenzino per un primo momento è convinto che il suo lavoro consista nella semplice consegna di medicinali. Presto però il ragazzo si insospettisce delle misteriose personalità che lo circondano e si rende conto della finalità del suo lavoro e da dove provengono i soldi con i quali viene pagato. Decide allora di allontanarsi da quel mondo ma per paura di mettere in pericolo la propria vita e quella dei suoi cari, il giovane non riesce a denunciare coloro che gli hanno fornito il lavoro e preferisce trasferirsi a Milano. Il giovane trova lavoro presso una fabbrica ma la 'ndrangheta riesce a spiarlo e pedinarlo anche nella sua nuova realtà. Un giorno però la sua nuova vita viene scossa dalla notizia dell'omicidio di un suo coetaneo e amico, ucciso su ordine del boss locale. Vincenzino torna così nel suo paese di origine e trova il coraggio di denunciare i sospetti colpevoli. Il giovane riesce finalmente a prevalere sulla paura e sul timore che fino a quel momento lo avevano spinto a non parlare e contribuisce così all'arresto dei più importanti membri dell'organizzazione criminale. Il giovane mette in gioco la sua stessa vita e diventa così un esempio per i suoi coetanei, che scendono in piazza affermando di voler lottare contro il crimine, le ingiustizie e l'omertà. Tratto dall'omonimo romanzo di Gina Basso, “ Il coraggio di parlare” è un film che fa riflettere sui drammi e le piaghe sociali che caratterizzano la nostra società, specialmente in delle aree dove viene meno la presenza dello Stato. Un film socialmente utile, che può sensibilizzare i giovani davanti a importanti problematiche come la mafia. Ogni ragazzo può riconoscersi in Vincenzino perché nessuno è immune da certi pericoli ma l'importante resta sempre trovare la forza di combattere contro il muro del silenzio e trovare la forza di parlare per poter vivere in una società migliore.

 
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Mission Impossible - Rogue nation

Post n°13757 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 


La CIA ha deciso di chiudere la divisione di Ethan Hunt e compagni, giudicandone i metodi troppo caotici e i risultati dettati più dalla fortuna che della professionalità. Basta vedere il casino che hanno fatto al Cremino (M:I 4), ghigna soddisfatto il direttore (Baldwin), che non ha mai avuto l'IMF in simpatia. Hunt però non ci sta e si condanna a ricercato pur di continuare le indagini sul cosiddetto "Sindacato", un gruppo di agenti addestrati e pericolosi, per lo più dichiarati morti, e invece attivissimi in ogni settore del terrorismo contemporaneo. 
J.J. Abrams produce, scrive Christopher McQuarrie (Oscar per I soliti sospetti), che dirige anche, mentre Tom Cruise, al solito, è il supereroe di questo quinto compendio di supereroismi, dall'apnea prolungata alla corsa vertiginosa in moto senza casco, dal travestimento che non ti aspetti al disegno artistico a matita: non c'è nulla che Tom Cruise non sappia fare, tanto che, nonostante le minacce titaniche, sono tutti tranquilli (la CIA lo cerca con tutti i mezzi? "Non lo troveranno mai"). Non è baldanza né tantomeno ingenuità, è invece parte integrante di un discorso sopra le righe che permea il film di sana ironia. In questo senso, il teaser pre-titoli -con il nostro che entra in scena all'ultimo secondo sul jingle del franchise e si aggrappa a mani nude alla carrozzeria di un aereo in volo-, sequenza che poteva far presagire il peggio, si configura in realtà come lo zenit di questo tipo di ironia, piazzato in apertura per chiarire da subito le cose, e anche, per nostra fortuna, per poi procedere ad occuparsi d'altro. 
"Altro" è una parola grossa, perché sempre di correre e saltare si tratta, restando il più vaghi possibile sul fronte dell'intreccio. Basterà dire che il Sindacato è un'organizzazione terroristica che usa come braccia altre organizzazioni terroristiche, in tutto il mondo, per ritorcersi con immenso odio verso chi l'ha creata per altri scopi: credibile è credibile, e attuale quanto basta. Riguardo a salti e corse, invece, quelli van fatti con stile, perché sono la vera sostanza, e McQuarrie non delude: all'Opera di Vienna così come sui tornanti fuori Casablanca, combina sapientemente adrenalina e punti macchina, tempistiche da cardiopalmo e tacite promesse di romance. E se poi la love-story finisce continuamente rimandata, tanto meglio, funziona di più (cos'è la sequenza dell'inseguimento in moto se non un corteggiamento coi fiocchi?) 
Rebecca Ferguson, volto nuovo ma "bondgirl" nata, è generosamente eletta ad alter-ego femminile di Hunt, nei panni della britannica Ilsa Faust, e regge la responsabilità con meritevole aplomb, scendendo giusto dai tacchi all'occorrenza delle botte da orbi. Moderna Turandot, non ha più un pugnale per fermacapelli ma un rossetto Usb.

 
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La polizia incrimina la legge assolve da http://www.pollanetsquad.it/scheda.php?sez=film&cod=13

Post n°13756 pubblicato il 19 Aprile 2017 da Ladridicinema
 

 

"[...] Ben costruito nella trama, condotto con ritmo adeguato, puntualizzato a dovere nei suoi aspetti drammatici e avventurosi, grintoso in quelli dove la violenza emerge, il lavoro è, senz’altro, di quelli che si impone. Lodevole quindi la regìa asciutta nei toni anche là dove l’accento rivela delle flessioni sentimentali, che pur sottolineando convenientemente gli aspetti avventurosi della storia non ha mancato di conferire rilievo ai personaggi attraverso una attenta impostazione psicologica, curando al contempo nel modo più idoneo l’ambientazione. A tanto è da aggiungere la valida interpretazione degli attori [...]"
Vice - Il Messaggero - 25/08/1973

 

"[...] Nella scia dello pseudo-film di denuncia questo di Castellari, cui Franco Nero e James Withmore danno un positivo contributo, è abbastanza agile e sciolto, con qualche momento di tensione. Ma non gli giova la confusione degli stili e l’insistita complicazione degli eventi. Ambiguo nella sfera “pubblica”, il film è anche poco credibile in quella “privata” quando mostra il commissario dall’occhio azzurro e dalla sciarpa in tinta a colloquio con una figlioletta di tenera età ma già pregna di ogni buona virtù."
M.P. (Maurizio Porro) - Il Giorno - 07/09/1973

 

Secondo Davide Pulici e buona parte dei Nocturniani, il vero iniziatore della saga del poliziesco è proprio lui; per quanto uscito circa un anno dopo La polizia ringrazia è il film di Castellari ad anticipare le tendenze del cinema che verra in seguito di Lenzi e Massi con Merli, Merenda & C. Vero è che alcune tematiche che saranno molto care al poliziesco, come la microcriminalità diffusa e spietata e le ambientazioni strettamente metropolitane, sono toccate più ne La polizia ringrazia, e che in nessuno dei due film emerge ancora la figura del poliziotto disposto a farsi giustizia da solo, che sarà in seguito incarnato prevalentemente da Maurizio Merli e Luc Merenda. Comunque la si veda, La polizia incrimina... è un film fondamentale per la nascita e lo sviluppo del genere poliziesco italiano e, perlomeno dal punto di vista tecnico, probabilmente il migliore di tutta la serie. Le scene di azione, coordinate impeccabilmente dall'Equipe di Mastro Remy Julienne e girate tra il porto di Genova, l'autostrada dei Fiori e la riviera ligure sono a dir poco sublimi e perfettamente contestualizzate all'interno del film. L'intera sequenza della cattura del Libanese, perfettamente incalzata dalla musica di "Gangster Story" dei fratelli De Angelis (ripresa in seguito in innumerevoli film, come Roma violenta, Napoli spara! e tanti altri) tocca livelli di realismo e di efficacia delle riprese più volte imitati ma mai più raggiunti nelle successive pellicole. Il film, del '73, sprigiona una travolgente azione e tensione narrativa, sin da quando un'auto della polizia insegue un'autoambulanza Citroen DS, lanciatissima e sregolata, intenta a seminare il commissario Belli, interpretato da Franco Nero, che combatte il crimine duramente, in una città devastata dalla violenza e offesa, quotidianamente, da delinquenti privi di dignità morale. L'originalità della pellicola sta senza dubbio nella guerra tra due clan, quello dell'anziano e romantico boss Cafiero (Fernando Rey) e l'altro guidato dall'intoccabile ingegnere della Dunanco, Umberto Griva (Silvano Tranquilli), che si combattono spietatamente per il controllo del mercato della droga. La polizia sta invece a guardare, disincantata e impotente di fronte alle tragedie e ai suoi morti. Il protagonista mette il lavoro al di sopra di ogni altra cosa, sacrificando la sua giovane figlia Anita (impersonata da Stefania, figlia dello stesso Castellari), travolta e uccisa dalla FIAT 125 degli scagnozzi di Griva che le spezzerà la vita, e la fidanzata Mirella, pestata atrocemente, che si prende la sua bella dose di mazzate in dignitoso silenzio. Persino il suo superiore, il commissario capo Scavino, non sarà risparmiato, sorpreso e freddato davanti alla sua Mini Minor in una sequenza di alta scuola cinematografica. Il film nel suo convulso epilogo sconfina a Marsiglia, dove il commissario Belli riuscirà a sventare uno scambio di droga tra il fornitore libanese e le bande rivali di Griva e Cafiero; quest'ultimo, giunto ormai al capolinea della sua esistenza, morirà assassinato ma consentirà al commissario, con un tardo ma efficace gesto di redenzione, di incastrare il potente industriale genovese. Un cast stellare, in cui agli attori gia citati vanno aggiunti perlomeno il bravo Duilio Del Prete (Griva Jr.), un attore che nei panni di puttaniere non era secondo proprio a nessuno, e Daniel Martin (Rico, luogotenente di Cafiero) che, vivendo di mali azioni non può che finire i suoi giorni masticando sale. Interessante la scena finale, in cui il commissario impavido ha oscure preveggenze sul suo futuro, un flash agghiacciante di un sibilo di proiettile sordo e terribile. LA SOCIETA' E' AL SERVIZIO DEL CITTADINO,CHE PAGA, CHE PAGA, CHE PAGA...
 
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