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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 06/06/2017
Post n°13880 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
Il 9 maggio del '78 viene ucciso a Cinisi (Palermo). Il "fool" scespiriano che ha combattuto la mafia con le denunce, l'ironia e il cabaret. E senza l'aiuto delle istituzioni 9 Maggio 2016 - 10:29- Spesso i monumenti fanno ingombro, e spesso le santificazioni fanno venir voglia di bestemmiare. Ma il nove maggio, oltre all’anniversario del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, cade anche quello della fine di Peppino Impastato, ucciso da Cosa Nostra a Cinisi (Palermo). E allora vale la pena di ricordarsi di Impastato, figura spinosa di fool scespiriano con la barba, i capelli lunghi e i Pensieri di Mao sotto al braccio. Se non altro perché è il più donchisciottesco tra i donchisciotte che hanno mosso guerra a Cosa Nostra.
Esistono solo due modi di combattere le mafie: quello vero e quello apparente, le iniziative pubblicitarie e la roba pericolosa. La più seriosa lotta alla criminalità può risultare un trampolino per trovare rendite politiche.Impastato, invece, è uno di quelli che la guerra alla mafia l’ha fatta davvero. Senza smettere la faccia da giullare e cantastorie, menando rasoiate umoristiche dal trasmettitore di seconda mano di Radio Aut; per questo era costretto a girare con la pistola in tasca. Uno, come lo definì il conterraneo Pietrangelo Buttafuoco (abbastanza lontano da lui politicamente) “cu i cugghjiuni”. La storia di Peppino Impastato ha dato da scrivere film (I cento passi di Marco Tullio Giordana), spettacoli teatrali, canzoni (Ciuri di campu di Carmen Consoli e i Lautari, I cento passi dei Modena City Ramblers,Centopassi di Pippo Pollina), non solo perché è sempre bello e confortevole commuoversi per un martire, ma soprattutto perché è una figura tragica che praticava comicità & melanconia. Tutt’altro che un monumento, o un santo. Spesso le santificazioni fanno venir voglia di bestemmiare. Ma il nove maggio cade l'anniversario della fine di Peppino Impastato, ucciso da Cosa Nostra a Cinisi (Palermo). Vale la pena di ricordarsi di Impastato, figura spinosa di fool scespiriano con la barba, i capelli lunghi e iPensieri di Mao sotto al braccio.
Un libro che restituisce bene lo spirito di Peppino Impastato è Onda Pazza. Otto trasmissioni satirico-schizofreniche (Nuovi Equilibri, 15 euro) raccoglie il testo e il dvd delle registrazioni del programma condotto da Impastato insieme a Salvo Vitale e ad altri di Democrazia Proletaria. Ci sono le denunce che Impastato e compagni andavano diffondendo: speculazione edilizia, appalti, costruzione di un’incredibile tratto di autostrada a zig zag perché non passasse sul terreno “degli amici e degli amici degli amici”. E poi i traffici di coca, i consigli comunali dove il Pci si era unito alla maggioranza democristiana. La documentazione giornalistica è di alto livello, Impastato aveva una ricca conoscenza degli ambienti mafiosi di Cinisi. Suo padre Luigi, soprannominato “Reginedda”, era uomo d’onore e amico di Don Tano Badalamenti. Le “minchiate” di Peppino il “disgraziato” gli avevano procurato guai. Anni dopo la madre di Impastato raccontò che Badalamenti aveva chiesto a Luigi di ammazzare il proprio figlio. Invece il padre coprì il figlio. Fu la morte fortuita di Luigi, investito di notte dall’auto di una madre di famiglia, a lasciare indifeso Peppino. Ai funerali del padre Peppino non strinse la mano di Tano Badalamenti, decretando la propria condanna a morte. Ma in queste trasmissioni c’è qualcosa di più che i fatti, qualcosa che sta sul lato dello stile. La satira di Impastato, Vitale e gli altri protagonisti di Onda pazza è puro genio paesano. Il programma, seguitissimo in tutto il paese, si apriva con Facciamo finta che, di Ombretta Colli, mischiava scenette preparate, improvvisazioni, pezzi di canzoni pop a commento (Onda Pazza anticipatrice di Blob). Nella trasmissione “Favoletta” si racconta che “Don Tano prega” con sottofondo di Pregherò di Celentano e recitazione del Padre Nostro in latino. Nel gioco parodistico e quasi goliardico (se non fosse che la goliardia è puro intrattenimento) l’attacco feroce alla politica della mafia era orchestrato sull’avanspettacolo, cioè sulla forma che distrugge il rispetto, nella terra in cui vige il proverbio: «U rispettu e misuratu/ cu lu porta l’avi purtatu». Alla morte si aggiunse la dannazione della memoria. Fu diffusa la voce che si era suicidato preparando un attentato, come Feltrinelli. Nel polverone dei mesi successivi all’affaire Moro, la notizia sembrò vera: anche il Pci ebbe cura di evitare di compromettersi difendendolo
Chissà, se Impastato avesse denunciato la mafia con le notizie nude e crude, forse l’avrebbero fatto semplicemente sparire. Lupara bianca e finita lì. Invece la denuncia con la potenza anche derisoria del simbolico richiese una punizione anche simbolica. Preso in in macchina sulla strada tra Cinisi e Terrasini (“Mafiopoli” e “Mafiettopoli” secondo il linguaggio di Onda Pazza) nella notte tra l’otto e il nove maggio 1978, gli fu spaccata la testa con una pietra, fu legato a cinque chili di esplosivo (dinitrotoluene, del tipo usato nelle cave) sui binari del treno. Alla morte si aggiunse la dannazione della memoria. Fu diffusa la voce che si era suicidato preparando un attentato, come Feltrinelli. Nel polverone dei mesi successivi all’affaire Moro, la notizia sembrò vera: anche il Pci ebbe cura di evitare di compromettersi difendendolo. In un’intervista successiva la madre disse: «Polizia, carabinieri, mafiosi e politici erano tutti d’accordo». Le indagini sono state chiuse e riaperte varie volte. Tra il 2001 e il 2002 Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, morente negli Usa, sono stati riconosciuti mandanti dell’omicidio. Dal punto di vista biografico il contributo più bello è Peppino Impastato il libro di Salvo Vitale pubblicato per Rubbettino (con Cd, euro 15). Appare la figura di un sessantottino di provincia cresciuto a esistenzialismo e poesia maudit, che si iscrive all’università a scopo dimostrativo: si presenta all’esame di dottrine politiche senza studiare, prende 28 e abbandona (la laurea in filosofia gli fu data dopo la morte alla memoria, chissà se avrebbe gradito). Un Don Chisciotte pure un po’ sfigato nelle cose sentimentali, innamorato di una certa Anna, di cui aveva fatto acronimo: “Amore Non Ne Avremo”.
Soprattutto di uno che usava il sarcasmo e l’umorismo come armi da guerra, e di un odiatore del fricchettonismo settantasettino, i cui protagonisti aveva definito «i ri-creativi che non creano un cazzo». Aggiungendo: «La gente peggiore l’ho conosciuta proprio tra i “personalisti” (cultori del personale) e i cosiddetti “creativi” (ri-creativi): un concentrato di individualismo da porcile e di “raffinata” ipocrisia filistea: a loro preferisco criminali incalliti, ladri stupratori, assassini e la “canaglia” in genere». Per Impastato l’umorismo era una cosa seria. E la guerra anche.
Post n°13879 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
Quando un padre The Headhunter's Calling - DATA USCITA: 08/06/2017
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Canada
- ANNO: 2016
- REGIA: Mark Williams
- CAST: Gerard Butler, Willem Dafoe, Alfred Molina
- DATA USCITA: 08/06/2017
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': Romania, Francia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia
- ANNO: 2016
- REGIA: Cristi Puiu
- CAST: Mimi Branescu, Andi Vasluianu, Bogdan Dumitrache
Sognare è vivere A Tale of Love and Darkness - DATA USCITA: 08/06/2017
- GENERE: Biografico, Drammatico
- NAZIONALITA': Israele, USA
- ANNO: 2015
- REGIA: Natalie Portman
- CAST: Natalie Portman, Gilad Kahana, Amir Tessler
Post n°13878 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
È una di quelle storie con l’alone di leggenda che girano negli ambienti hollywoodiani passando la prova del tempo, con una serie di risvolti intorno che hanno definito due o tre cose circa come sia andata la storia del cinema in quegli anni. Riguarda Sergio Leone, Francis Ford Coppola, due film iconici del cinema gangster come Il Padrino e C’era Una Volta in America e una dedizione ai propri principi da parte di certi registi che ha del poetico. È il 1970. La Paramount Pictures ha acquistato i diritti dei romanzo Il Padrino dello scrittore italo-americano Mario Puzo, per una cifra di 12.500$, accettata di fretta dallo scrittore per poter pagare un debito di gioco che ammontava a diecimila dollari. Coi diritti di riproduzione cinematografica e il produttore già designato (Albert Ruddy), il prossimo passo era quello di trovare il regista giusto e non c’erano dubbi su chi fosse la prima scelta degli studi Paramount: Sergio Leone. A quei tempi il regista italiano era già un grande del cinema, i film della sua trilogia del dollaro (Per un Pugno di Dollari, Per Qualche Dollaro in Più, Il Buono, Il Brutto, Il Cattivo) avevano sdoganato il mito di Clint Eastwood e inventato il cosiddetto spaghetti-western. In più, il recente C’era Una Volta il West lo aveva consacrato come regista in grado di capovolgere gli schemi classici del cinema western, pur producendo allo stesso tempo un film capace di piacere a tutti. Sergio Leone, by MalevolentNate ( DeviantArt) Sergio Leone, in maniera del tutto educata e senza addurre troppe motivazioni, declinò l’offerta. Si scoprì più avanti che a Leone di fatto non piaceva la storia di Mario Puzo, e soprattutto non gli piaceva l’immagine edulcorata ed “etica” che lo script restituiva della mafia e del padrino Vito Corleone. La sua idea di mafia e gangsters orientata al cinema, in realtà lui l’aveva già chiarissima in mente e aveva intenzione di metterla in atto col suo C’era Una Volta in America, film che avrà una produzione molto lenta ed uscirà solo 14 anni dopo. Ma che mostrò una volta per tutte come Leone vedeva le mafie: una storia di uomini violenti che sopraffanno altri uomini, che si sbranano a vicenda; tutt’altro che una storia di onore da rispettare o valori etici da difendere, seppur con mezzi non convenzionali, qual è quella raccontata dal Padrino. La cosa più curiosa è la lista di altri registi che fu contattata dopo il rifiuto di Leone, prima di arrivare a Francis Ford Coppola: Peter Bogdanovich, Peter Yates, Richard Brooks, Arthur Penn, Costa-Gavras e Otto Preminger. Alla fine venne l’idea di Francis Ford Coppola, che con Il Padrino raggiunse la gloria e batté il record di incassi della storia degli Stati Uniti (record che mantenne fino a Lo Squalo del 1975). E ovviamente Il Padrino di Coppola rese l’immagine che si voleva dare della mafia, con la vecchia generazione di gangster rappresentata da Vito Corleone e fedele a dei propri principi di giustizia e onore (l’avversione verso la droga, il rispetto della famiglia e la disponibilità a dare giustizia privata a chi aveva subito un torto, in cambio di favori che aiutino a mantenere il prestigio del nome).
Sergio Leone odiò profondamente il messaggio inviato da Il Padrino quando uscì, come ovviamente odiò il successo incredibile che quel film ebbe. Un film che avrebbe potuto benissimo accettare di girare, se non fosse che andava contro i propri principi etici. Per Leone far cinema non era solo questione di eseguire un compito e far guadagnare l’industria: era un esteta puro, un perfezionista capace di girare una scena quaranta volte prima di dichiararla buona, o di rifiutare uno script di un famoso scrittore perché non aveva capito lo spirito del film (entrambi aneddoti veri legati a C’era Una Volta in America, lo scrittore era Normal Mailer e la scena era una costosa ripresa collettiva che passò alla storia come simbolo del suo carattere pignolo). Alla fine Il Padrino uscì, lo girò Coppola, ebbe un successo clamoroso e fu considerato uno dei più bei film di sempre, anche per quel carattere romantico con cui un tema sporco come la mafia era trattato. C’era una Volta in America uscì pure (anni dopo), lo girò (ovviamente) Sergio Leone e anche quello fu pacificamente considerato uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi, nonché uno degli esempi che si insegnano alle scuole sul mestiere del regista. Non sono i confronti o le classifiche a legittimare i ragionamenti intorno al cinema, ma sono gli aneddoti e le curiosità che ne rendono magica la storia.
Post n°13877 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
È uscito ieri Beren e Lúthien, un nuovo libro scritto da Christopher Tolkien contenente la storia (non inedita) di Beren e Luthien scritta da J.R.R. Tolkien, autore di romanzi come Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Il libro contiene illustrazioni inedite di Alan Lee, noto anche come concept artist dell’esalogia di Peter Jackson. Tornato dalla Francia dove aveva combattuto nella Battaglia della Somme alla fine del 1916, Tolkien scrisse Beren e Lúthien l’anno successivo, quindi esattamente un secolo fa. La storia rappresenta un elemento essenziale dell’evoluzione dei miti e delle leggende della Terra di Mezzo concepite dallo scrittore, e racconta le vicende di Beren (un uomo mortale) e Lúthien (un’elfa immortale). Citata in varie opere di Tolkien (e anche da Aragorn nel film del Signore degli Anelli), la storia aveva un posto speciale nel cuore di Tolkien, che rivedeva se stesso e la moglie Edith nelle figure di Beren e Lúthien, tanto che i due nomi sono scolpiti sulle loro lapidi. Questa la sinossi del libro, che raccoglie le varie versioni della storia scritte da Tolkien negli anni e l’analisi del figlio 92enne Christopher e che è stata pubblicata in Italia da Bompiani: La storia della coppia fantastica a cui già si allude in altre opere di Tolkien è il cuore di questo inedito molto atteso dagli appassionati, che la racconta per esteso: quello tra Beren e Lúthien è un amore contrastato, tra un umano della Terra di Mezzo e un’elfa di stirpe regale. Lui mortale, lei immortale, divisi dalla razza, uniti dalla passione e dalla tenacia: il padre di Lúthien si rifiutò di concedere a Beren la mano della figlia, ma ben sapeva di non poter contrastare per sempre i due innamorati. Così sfidò l’umano a portargli uno dei Silmaril della Corona di Morgoth, promettendogli in cambio la sua benedizione. Una missione impossibile che invece riuscì. Beren, ferito a morte, fu poi salvato in extremis, e Lúthien rinunciò all’immortalità per essere sua pari. In questo volume Christopher Tolkien ha cercato di estrapolare la storia di Beren e Lúthien dal contesto più ampio in cui era contenuta; ma il racconto ha subito cambiamenti e si è evoluto man mano che l’orizzonte della Terra di Mezzo si è allargato. Per mostrare la vitalità di questo nucleo narrativo il curatore ha scelto di raccontarla attraverso le parole di suo padre prima nella sua forma originale e poi in passaggi di prosa e di poesia appartenenti a testi posteriori: qui insieme per la prima volta, tutti contribuiscono a rivelarne l’immediatezza.
Post n°13876 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
Box Office Italia Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar respinge l'assalto di Wonder Woman e Baywatch e mantiene la vetta della classifica nel ponte della Festa della Repubblica. Il film Disney non ha accusato particolarmente la concorrenza degli altri due blockbuster e ha vinto anche la domenica, arrivando ad un totale di 8,6 milioni di euro, che lo avvicinano alla top ten assoluta di stagione. Entro la fine di questa settimana il film dovrebbe essere arrivato attorno agli 11 milioni di euro. Partenza compassata per Wonder Woman, con l'Italia che diventa quindi l'unico tra i grandi mercati a non premiare particolarmente il film, che chiude il weekend con 1,1 milioni di euro, un dato buono per le medie stagionali ma piuttosto in basso in assoluto e comparato con gli exploit ottenuti in altri paesi. Ancora peggio fa Baywatch, che chiude il weekend con appena 691mila euro. Il film non è piaciuto particolarmente al pubblico italiano e dovrebbe perdere quota rapidamente. Fortunata resiste al quarto posto, mentre da metà classifica in giù gli incassi sono dichiaratamente estivi, con discrete performance per Nocedicocco - Il piccolo drago e Quello che so di lei e nulla di più. Questa settimana arriva in sala La Mummia, unica uscita forte del weekend e partenza per il nuovo franchise di Universal. Vedremo se Tom Cruise riuscirà a "risvegliare" un boxoffice effettivamente mummificato...
Post n°13875 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
Roberto Rossellini è stato uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale. Uno dei maestri illustri del Neorealismo, un movimento che grazie a lui ed ai suoi film arrivò alle vette più alte. Non c’è infatti scuola di cinema che non mostri ai propri studenti la cosiddetta “trilogia della Guerra antifascista”: Roma Città Aperta, Paisà e Germania Anno Zero. Tre pellicole che Rossellini ideò e girò nel mentre e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tre racconti di devastazione umana, di macerie, di anime distrutte. Oggi vogliamo ricordare Rossellini, esattamente a 40 anni dalla morte, attraverso due sequenze che hanno fatto la storiaRoberto RosselliniRoma Città Aperta (1945) Rossellini iniziò a pensare a Roma Città Aperta già nel 1943, quando il conflitto era nel vivo. La realtà, e quindi l’orrore della Guerra, è colta nel suo farsi: nella Roma del 1943-44, occupata dai nazifascisti, la lotta, le sofferenze, i sacrifici della gente sono raccontate attraverso le vicende di una popolana (Anna Magnani), di un sacerdote (Aldo Fabrizi) e di un ingegnere comunista (Marcello Pagliero). Il secondo verrà fucilato all’alba, salutato dai ragazzini della parrocchia; il terzo morirà sotto le torture. Ma è la morte di Anna Magnani – il cui talento venne mostrato al mondo con questo film – ad entrare violentemente negli occhi e nel cuore dello spettatore. Nel pieno turbine della guerra, finalmente un barlume di luce e speranza: Pina (Magnani), madre vedova, e Francesco (Francesco Grandjacquet) si stanno per sposare. Ma il testimone dell’uomo, Giorgio (Pagliero), è uno dei capi della Resistenza e, mentre lui e Francesco si stanno vestendo per il matrimonio, Pina arriva trafelata ad avvertire che i tedeschi e i fascisti hanno circondato l’edificio. Messa in fila fuori con tutti gli altri, Pina cerca di consolare un’altra donna, rintuzzando al tempo stesso le avances fastidiose di una SS. Dopo averne allontanato con uno schiaffo la mano indiscreta, si accorge con orrore che Francesco e Giorgio vengono caricata su un camion. Gridando il nome di Francesco, supera la barriera e corre dietro al mezzo che si allontana. La vediamo dal punto di vista dell’uomo mentre insegue il veicolo, gesticolando e chiamando più volte il suo nome. Poi, un’improvvisa scarica di mitra: Pina muore. La macchina da presa inquadra il suo corpo sulla strada, le gambe leggermente scoperte, la giarrettiera in vista.
Questa è senza dubbio “una delle sequenze più iconiche della storia del cinema” (come scrisse Gino Moliterno), in grado di condensare in pochi istanti e alcune immagini indelebili l’imperscrutabilità del fato e le sofferenze insensate che la guerra infligge alla gente comune. Inizialmente, Pina doveva morire per un colpo sparatole in mezzo alla folla. L’idea di farla colpire mentre insegue il camion venne allo sceneggiatore, Sergio Amidei (una sera vide la Magnani inseguire a piedi la macchina con la quale l’amante se ne stava andando dopo una lite accesa). “Paisà” Paisà (1946)Girato con attori prevalentemente non-professionisti, Paisà rievoca l’avanzata delle truppe alleate dalla Sicilia al Nord Italia ed è costituito da sei episodi: Sicilia, Napoli, Roma, Firenze, Appennino Emiliano, Porto Tolle. Tra le vette del cinema neorealista, Paisà nel 1950 fu anche candidato al Premio Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale. Il finale è indimenticabile. Delta del Po, 1944, l’ultimo episodio è così introdotto dalla voce narrante: “Al di là delle linee, i partigiani italiani e i soldati americani della Oss, fraternamente uniti, combattono una battaglia che i bollettini non registrano, ma forse più dura, più difficile, più disperata”. Appropriatamente, il modo in cui il regista gestisce l’episodio è “brusco, grezzo e quasi anonimo”, come scrisse Chris Fujiwara. Nell’ultima scena, i tedeschi mettono in fila sei partigiani catturati, le mani legate dietro la schiena, sul bordo di una barca, e uno dopo l’altro li fanno cadere in acqua. Sulla riva, due prigionieri, un ufficiale americano e uno inglese che non sono stati condannati all’esecuzione (poiché, a differenza degli italiani, godono almeno in teoria della protezione delle leggi internazionali), vedono quanto sta accadendo, urlano e si mettono a correre verso l’imbarcazione. Un ufficiale tedesco abbassa il braccio e i due uomini sono falciati in piena corsa. Poi, gli ultimi partigiani cadono in acqua, le onde prodotte dall’ultimo tonfo diminuiscono gradualmente, e il narratore conclude con rapidità: “questo accadeva nell’inverno del 1944. All’inizio della primavera, la guerra era finita”. Questi ultimi 40 secondi di Paisà costituiscono “uno dei passaggi più terribili della poesia del cinema bellico”, resi ancor più sconvolgenti dalla distanza della macchina da presa (che fa apparire i personaggi privi di volto), dalla rapidità di ogni movimento, dalla pacatezza cronachistica della panoramica che segue i due uomini nella loro ultima tragica corsa.
Due momenti di cinema inarrivabili che hanno reso eterno e immortale Roberto Rossellini.
Post n°13874 pubblicato il 06 Giugno 2017 da Ladridicinema
Ieri appena abbiamo appreso la notizia della sentenza della Cassazione che apriva alla scarcerazione di Totò Riina per garantirgli una morte dignitosa, abbiamo realizzato al volo questa immagine per esprimere tutta la nostra indignazione. Perché Riina è ancora il Capo di Cosa Nostra, non ha mai abdicato e ancora detta sentenze di morte dal carcere e non si capisce per quale motivo dovrebbe essere scarcerato, sputando in faccia alle migliaia di vittime della sua pazzia criminale, dato che per altro lo Stato può garantirgli (e già gli garantisce) le migliori cure negli ospedali carcerari, cure che non potrebbe ricevere nella sua Corleone. Anche perché come ha detto Nicola Gratteri, a commento della sentenza, Riina è un boss che dà ordini anche solo con gli occhi. Se Riina voleva morire nel suo letto (e morire nel proprio letto non significa avere una morte dignitosa), avrebbe potuto (e può ancora) collaborare con la giustizia, dicendo tutta la verità sulle Stragi. Invece no, resta in silenzio e ancora poco tempo fa si vantava di aver fatto fare a Giovanni Falcone “la fine del tonno”. E’ così che questo Stato dà l’esempio? Non vogliamo nessuna vendetta, vogliamo solamente verità e giustizia. Se avessimo voluto vendetta, Riina ora avrebbe fatto la fine di Bin Laden, invece no: ne abbiamo subito per anni l’arroganza in tribunale, poi di riflesso andata in onda su Rai1 nella vergognosa intervista al figlio di Bruno Vespa. Ebbene, la nostra foto in poche ore la foto è diventata virale, con quasi 3mila mi piace e oltre 10mila condivisioni (in fondo uno screenshot intorno alla mezzanotte che lo dimostra… prima di andare a dormire eravamo con numeri nettamente superiori). Stamattina però ci siamo svegliati e non c’era più: tutto sparito. Nemmeno un messaggio da parte di Facebook, che ovviamente abbiamo contattato inutilmente. Cosa c’era di contrario alle policy di Facebook in questa foto? Il messaggio con cui l’abbiamo pubblicata recitava semplicemente (come potete vedere dal nostro account instagram) “La #mafia è la negazione di una parola un po’ borghese: la dignità dell’uomo”, diceva Mauro Rostagno. La Cassazione apre alla scarcerazione di Totò #Riina per assicurargli il diritto di morire dignitosamente. Quale morte dignitosa hanno avuto le sue vittime? Riina avrà diritto a una morte dignitosa quando NOI avremo giustizia e verità (tutta la verità, non solo un pezzo). Promemoria sulle sue gesta criminali qui: http://bit.ly/totòriina
Ebbene, cara Facebook Italia, perché mai questa immagine è stata cancellata, così, senza nemmeno un messaggio da parte vostra e non ne è rimasta traccia nemmeno nei log di attività della pagina? Perché è stata censurata? Su Facebook ci sono centinaia di pagine e gruppi che inneggiano alla violenza mafiosa, a quella fascista etc. ma nonostante le segnalazioni non vengono toccate: perché in questo caso in una notte sparisce una foto che da sola mostrava l’ondata di indignazione del popolo italiano per una sentenza scandalosa?
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45