Creato da: Ladridicinema il 15/05/2007
Blog di cinema, cultura e comunicazione

sito   

 

Monicelli, senza cultura in Italia...

 
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

tutto il materiale di questo blog può essere liberamente preso, basta citarci nel momento in cui una parte del blog è stata usata.
Ladridicinema

 
 

Ultimi commenti

Contatta l'autore

Nickname: Ladridicinema
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 39
Prov: RM
 
Citazioni nei Blog Amici: 28
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

FILM PREFERITI

Detenuto in attesa di giudizio, Il grande dittatore, Braveheart, Eyes wide shut, I cento passi, I diari della motocicletta, Il marchese del Grillo, Il miglio verde, Il piccolo diavolo, Il postino, Il regista di matrimoni, Il signore degli anelli, La grande guerra, La leggenda del pianista sull'oceano, La mala education, La vita è bella, Nuovo cinema paradiso, Quei bravi ragazzi, Roma città aperta, Romanzo criminale, Rugantino, Un borghese piccolo piccolo, Piano solo, Youth without Youth, Fantasia, Il re leone, Ratatouille, I vicerè, Saturno contro, Il padrino, Volver, Lupin e il castello di cagliostro, Il divo, Che - Guerrilla, Che-The Argentine, Milk, Nell'anno del signore, Ladri di biciclette, Le fate ignoranti, Milk, Alì, La meglio gioventù, C'era una volta in America, Il pianista, La caduta, Quando sei nato non puoi più nasconderti, Le vite degli altri, Baaria, Basta che funzioni, I vicerè, La tela animata, Il caso mattei, Salvatore Giuliano, La grande bellezza, Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Todo Modo, Z - L'orgia del potere

 

Ultime visite al Blog

alex.18trancoacer.250AVV_PORFIRIORUBIROSATEMPESTA_NELLA_MENTESense.8cassetta2surfinia60monellaccio19iltuocognatino1mario_fiyprefazione09LiledeLumiLMiele.Speziato0Ladridicinemarossella1900.r
 

Tag

 
 

classifica 

 

Messaggi del 02/08/2017

 

Perché la prima stagione di Westworld è un capolavoro da halloseries

Post n°13927 pubblicato il 02 Agosto 2017 da Ladridicinema
 

http://hallofseries.com/westworld/perche-westworld-e-un-capolavoro/

Nell’ottobre scorso “Westworld” ha fatto la sua comparsa sugli schermi italiani dopo una breve, ma intensa, campagna pubblicitaria che annunciava l’arrivo di questa Serie Tv un po’ western e un po’ di fantascienza, con il faccione di Anthony Hopkins a svettare implacabile su tutto e tutti nel chiaro tentativo di fungere da garanzia di qualità assoluta.

Devo dire che l’approccio è stato quantomeno colmo di sospetto, dato che il “fantawestern” (un genere che solo gli americani potevano inventarsi) ha partorito negli anni un filotto di obbrobri di incalcolabile portata come “Cowboy vs. Aliens”, “Jonah Hex” o “Il West del Futuro”, tuttavia non avevo calcolato che questi prodotti facevano tutti parte del mondo cinematografico e che quando si entra nell’area della serialità, come per magia, tutto cambia.

Il titolo ideato da Jonathan Nolan ha abbattuto nell’arco di una manciata di scene tutti i pregiudizi possibili e immaginabili, confermando che la qualità di cui sopra era stata predicata con cognizione di causa e issandosi di diritto a candidata principale per diventare la sorpresa del 2016.

È passato un po’ di tempo, probabilmente il giusto per lasciar attecchire i pensieri e lasciare alle idee il tempo di svilupparsi appieno, ma ora non ci si può più esimere dal raccontarvi perché secondo noi di Hall of Series la prima stagione di “Westworld” (in attesa di una seconda che si preannuncia epocale) si può indiscutibilmente definire un capolavoro!

Non occorre neanche dirvi che in questo articolo sono presenti degli SPOILER vero? Per carità, nulla di epocale, però vi consiglio di sgattaiolare altrove se proprio non volete essere contaminati in alcun modo.

Maeve Millay e Clementine Pennyfeather

Innanzitutto il tema, potentissimo ed alienante come solo una visione di Michael Crichton può essere.

L’idea che possa esistere un parco a tema popolato da androidi con sembianze umane disposti a guidare i visitatori in avventure epiche, a fargli dimenticare le pressioni del mondo esterno e a mostrargli tutte le bellezze della natura selvaggia, oltre ovviamente a farsi picchiare, stuprare o ammazzare, è una genialata colossale molto ben mascherata da americanata squallida.

Si perché è molto facile abbandonarsi alle considerazioni spicce e vedere marciume commerciale in ogni dove, specie nelle produzioni ad alto budget, però a volte è bene anche essere obiettivi e riconoscere la brillantezza che c’è nel concepire un luogo immaginario in cui letteralmente tutto è concessodove l’avveniristico e il pionieristico si fondono e gli uomini possono sfogare i loro istinti primordiali prima annichiliti e poi esaltati da un progresso arrivato talmente lontano da essere in grado di nascondere la propria grandezza e mascherarsi da elemento epico.

Epico, avete letto bene.

La civiltà statunitense non possiede delle vere e proprie radici antiche (o meglio, le possiede eccome, ma se le mostrasse bisognerebbe tirare in ballo anche uno dei più grandi genocidi della storia e allo Zio Sam non piacerebbe questo elemento), perciò si rifugia da sempre nel vecchio West e nelle imprese di questi uomini risoluti alla conquista delle terre selvagge per ritrovare la propria essenza e ripassare i contorni della propria storia, esattamente come un greco farebbe con l’Atene di Pericle, un romano con l’epoca imperiale e via discorrendo.

“Westworld” mette in contatto i secoli e sospende le regole della morale, costituendo una sorta di microcosmo secolarizzato a disposizione di chiunque abbia abbastanza fegato per abitarlo che è anche il teatro della meravigliosa trama messa a punto da Nolan e Lisa Joy.

Robert Ford

Al centro di tutto c’è Robert Ford, capo e ideatore del parco stesso, che negli anni ha perfezionato sempre di più la sua creatura introducendo residenti via via più complessi, veritieri e perfetti per rispondere alle richieste di un pubblico autorizzato a smembrarli pezzo per pezzo o peggio nel caso del misterioso Uomo in Nero.

A prescindere da cosa può far loro anche la più perversa delle menti umane, gli androidi tornano sempre il giorno dopo, con la memoria resettata e il sorriso se possibile ancora più splendente di prima, pronti a intrattenere gli ospiti a seconda che la loro programmazione preveda di farsi sbattere come la maitresse Maeve, di tentare una rapina nei panni del temibile Hector Escaton o semplicemente di farsi ammazzare come il povero Teddy Flood, perennemente innamorato di Dolores Abernathy la quale, ahilei, è semplicemente destinata a soffrire.

Lo stesso spettacolo, 24 al giorno, 7 giorni alla settimana e per tutto l’anno, con giusto qualche modifica narrativa qui e là per introdurre storie più avvincenti o personaggi nuovi.

Cosa succederebbe però, se di colpo alcuni residenti riuscissero a ricordare e il loro ruolo non si riducesse più solo alla recita, ma fossero in grado di improvvisare? I file cancellati diverrebbero traumi, si inizierebbe piano piano ad uscire dagli schemi prestabiliti, nascerebbero delle ambizioni, si stuferebbero di incassare e basta…praticamente diverrebbero umani.

Con l’installazione dell’aggiornamento denominato “le ricordanze”, Ford mette consapevolmente in moto un meccanismo che porterà alla ribellione delle macchine da lui stesso create, con conseguenze di portata sempre più distruttiva a partire dai primi, lentissimi episodi fino ad arrivare agli ultimi, potenti e primordialmente intensi quant’altri mai.

Finalmente l’essere umano, come al solito il peggiore fra gli esseri viventi, paga tutti i suoi sbagli e quella che sembrerebbe essere la sua fine viene applaudita dal pubblico che, nonostante faccia parte della stessa razza, tifa istintivamente per gli oppressi e gli sfortunati dimenticandosi di essere fatto della stessa, marcia pasta dei cattivi.

Ci rendiamo conto di quanto sia devastante questo messaggio e di quanto siano stati maledettamente bravi a metterlo in scena?

L'uomo in nero

Chiunque abbia collaborato alla realizzazione di “Westworld” ha fatto un lavoro egregio.

Nolan e Joy sono stati immensi e coraggiosi nel puntare su un concept così rischioso, nelle migliorie che hanno apportato e nella maniacale attenzione a ogni microscopico dettaglio. Chapeau.

Ottimi voti anche agli effetti speciali, che erano pressoché fondamentali e non hanno mai annoiato, anzi, hanno esaltato le scene il più possibile (che è poi il compito che dovrebbero sempre avere, ma che raramente riescono a portare a termine al meglio come in questo caso).

I costumi sono eccellenti sia per quanto concerne abbigliamenti sobri e molto western come quello del bastardone raffigurato qui sopra sia negli elaboratissimi corpetti delle prostitute da saloon, passando per gli abiti sporchi, rozzi e bellissimi degli sceriffi, dei bifolchi, delle massaie e di qualsivoglia bipede si possa scorgere in questo capolavoro. Nessuno escluso.

E poi c’è il cast. Mamma mia che cast.

Hopkins è Hopkins, non è neanche il caso di perdere tempo a dirvi quanto sia immenso. Ed Harrisha passato la vita a fare il cattivo riuscendo a non essere mai banale o ripetitivo, ma questo livello recitativo forse non l’aveva mai raggiunto. Jeffrey Wright conferma la sua ascesa nel tutt’altro che banale ruolo di Bernard, una figura complicata che ne racchiude una ancora più complicata, che il nativo di Washington ha gestito egregiamente. Thandie Newton diventa sempre più bella ogni giorno che passa ed è credibile tanto nei panni di sciacquetta quanto in quelli della cibernetica leader rivoluzionaria. Ottime figure anche per James Marsden ed Evan Rachel Wood, che incrementano la loro performance man mano che i loro personaggi prendono vita.

Insomma, la prima stagione di Westworld è praticamente priva di difetti e si presta ad essere guardata, riguardata e vissuta dalla prima all’ultima inquadratura fino all’arrivo della prossima, per essere pronti al ritorno dei residenti che si preannuncia mirabolante fin da ora.
 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

TOLKIEN: DOME KARUKOSKI ALLA REGIA DEL FILM BIOGRAFICO da movieplayer

Post n°13926 pubblicato il 02 Agosto 2017 da Ladridicinema
 

24 luglio 2017  Sul grande schermo si racconteranno gli eventi che hanno ispirato la creazione dei romanzi ambientati nella Terra di Mezzo.

Il film biografico Tolkien, dedicato alla vita dello scrittore J.R.R. Tolkien, sarà diretto da Dome Karukoski.

La produzione sarà invece curata da Chernin Entertainment per conto della Fox Searchlight.

La sceneggiatura è stata scritta da David Gleeson e Stephen Beresford e sullo schermo si racconterà la gioventù del famoso autore mentre trova amiciza, amore e l'ispirazione artistica grazie all'incontro con alcuni studenti, che vengono emarginati, a scuola.
Gli eventi saranno ambientati prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, evento che rischia di distruggere il legame tra i giovani.
La situazione ispirerà poi Tolkien a scrivere i suoi romanzi ambientati nella Terra di Mezzo.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Ser­gio Cam­ma­rie­re: «La can­zo­ne d’au­to­re vive solo se ri­pro­po­sta in modo sem­pre nuo­vo» da sicilianpost

Post n°13925 pubblicato il 02 Agosto 2017 da Ladridicinema
 
Tag: musica, news

24/​07/​2017 - 

Il can­tau­to­re ca­la­bre­se si esi­bi­rà in con­cer­to con Gino Pao­li e Da­ni­lo Rea a Zaf­fe­ra­na Et­nea il 5 ago­sto: «In­sie­me ri­per­cor­re­re­mo i bra­ni di gran­di can­tau­to­ri come Ten­co, Lau­zi ed En­dri­go. I miei pro­get­ti fu­tu­ri? En­tro la fine del­l’an­no pub­bli­che­rò il mio pri­mo di­sco di pia­no solo»

Sergio Cammariere 
foto Manuela Kalì

«Per il fi­lo­so­fo René Gue­non La gran­de tria­de non è al­tro che il tem­po, il pas­sa­to, il pre­sen­te e il fu­tu­ro, ma an­che, in un’am­bien­ta­zio­ne più teo­lo­gi­ca la tria­de del­lo spi­ri­to san­to. Per me con­di­vi­de­re il pal­co con que­sti due gran­di ar­ti­sti ha un si­gni­fi­ca­to del tut­to par­ti­co­la­re, per­ché si crea­no dei mo­men­ti dav­ve­ro ma­gi­ci». Quan­do par­la del­la sua col­la­bo­ra­zio­ne con Gino Pao­li e Da­ni­lo Rea, Ser­gio Cam­ma­rie­re non na­scon­de l’en­tu­sia­smo per un pro­get­to che vede in­ter­se­car­si la gran­de can­zo­ne d’au­to­re con il jazz, due del­le sue gran­di pas­sio­ni. In ef­fet­ti il con­cer­to che li ve­drà as­sie­me sul pal­co­sce­ni­co del­l’An­fi­tea­tro Co­mu­na­le di Zaf­fe­ra­na Et­nea sa­ba­to 5 ago­sto (ore 21) si pre­fi­gu­ra come un even­to uni­co, in cui i tre mu­si­ci­sti ri­per­cor­re­ran­no le tap­pe sa­lien­ti del can­tau­to­ra­to ita­lia­no: da Bin­di a Ten­co, da Ser­gio En­dri­go a Lau­zi pas­san­do per Her­bert Pa­ga­ni. Ad af­fian­ca­re Ser­gio Cam­ma­rie­re sarà inol­tre la band for­ma­ta da Ame­deo Aria­no (bat­te­ria), Luca Bul­ga­rel­li (con­trab­bas­so), Bru­no Mar­coz­zi (per­cus­sio­ni) e Da­nie­le Tit­ta­rel­li (sax).

Par­lia­mo di que­sto nuo­vo pro­get­to: cosa si­gni­fi­ca per lei con­di­vi­de­re il pal­co con Gino Pao­li e Da­ni­lo Rea?
«È puro di­ver­ti­men­to. L’ap­proc­cio è mol­to jaz­zi­sti­co: non ab­bia­mo mai fat­to una pro­va, ci li­mi­tia­mo a sce­glie­re nei ca­me­ri­ni i pez­zi che ab­bia­mo vo­glia di suo­na­re. In al­cu­ni casi non de­ci­dia­mo nem­me­no le to­na­li­tà. Del re­sto ho a che fare con due gran­di mu­si­ci­sti: lo sti­le pia­ni­sti­co di Da­ni­lo è in­con­fon­di­bi­le, Gino Pao­li in­ve­ce è il ca­po­sti­pi­te, il più gran­de can­tau­to­re ita­lia­no. Gran par­te del suo re­per­to­rio ha ispi­ra­to noi can­tau­to­ri di un’al­tra ge­ne­ra­zio­ne».

Ser­gio Cam­ma­rie­re, Gino Pao­li e Da­ni­lo Rea

Nel 1993 lei can­ta­va «Can­tau­to­re pic­co­li­no con­fron­ta­to a Pao­li Gino». Com’è nato quel bra­no?
«È sta­to un di­ver­tis­se­ment. Ri­cor­do che un po­me­rig­gio Ro­ber­to Kun­stler – can­tau­to­re col qua­le con­di­vi­do il mio per­cor­so ar­ti­sti­co da ven­ti­cin­que anni – tirò fuo­ri un fo­gliet­to in cui elen­ca­va can­tau­to­ri ita­lia­ni come Bru­no Lau­zi, Ser­gio En­dri­go e Um­ber­to Bin­di, mol­ti dei qua­li era­no miei ami­ci, so­prat­tut­to Lau­zi. Gino Pao­li al­l’e­po­ca van­ta­va già una car­rie­ra tren­ten­na­le ed era al­l’a­pi­ce del suo suc­ces­so, per cui era nor­ma­le che io al con­fron­to mi de­fi­nis­si un can­tau­to­re pic­co­li­no».

Che rap­por­to ave­va­te al­l’e­po­ca?
«Ho co­no­sciu­to Gino al pre­mio Ten­co in oc­ca­sio­ne di un omag­gio a Ser­gio En­dri­go, che al­lo­ra era an­co­ra vi­ven­te. Era un mo­men­to fe­li­ce per la can­zo­ne d’au­to­re ita­lia­na. Poi lo in­con­trai nuo­va­men­te sul pal­co nel 2006, quan­do dopo la scom­par­sa di Ser­gio fum­mo in­vi­ta­ti en­tram­bi a pren­de­re par­te a un con­cer­to-tri­bu­to or­ga­niz­za­to da Ser­gio Bar­dot­ti. In quel­la oc­ca­sio­ne lui can­tò tre bra­ni, e io feci lo stes­so. Tra que­sti pez­zi c’e­ra una can­zo­ne scrit­ta da En­dri­go as­sie­me a Vi­ni­cius de Mo­raes che ho in­ci­so nel mio ul­ti­mo al­bum».

Il suo nuo­vo di­sco con­tie­ne an­che un ine­di­to scrit­to a quat­tro mani pro­prio con Gino Pao­li. Com’è nata Cy­ra­no? E come si re­la­zio­na al re­sto del suo nuo­vo di­sco, Io?
«Da tem­po ave­vo il de­si­de­rio di la­vo­ra­re a un pez­zo as­sie­me a lui. Gli man­dai al­cu­ni pro­vi­ni stru­men­ta­li e lui ne scel­se uno, su cui poi scris­se il te­sto. La sto­ria di Cy­ra­no de Ber­ge­rac la co­no­scia­mo tut­ti, in que­sto sen­so la can­zo­ne è una spe­cie di con­fron­to tra pa­dre e fi­glio. È un bra­no cui ten­go mol­to, con­te­stua­liz­za­to in un di­sco im­por­tan­te al­l’in­ter­no del qua­le ri­per­cor­ro i miei suc­ces­si in una nuo­va ve­ste, sup­por­ta­to dal­la mia band e dal­l’or­che­stra che con­fe­ri­sce al tut­to un co­lo­re par­ti­co­la­re».

 

 

Come sta la can­zo­ne d’au­to­re oggi?
«Cre­do che ogni espe­rien­za sia ba­sa­ta sul­l’a­scol­to del pros­si­mo, sia nel­la vita sia in mu­si­ca. Du­ran­te l’a­do­le­scen­za mi pia­ce­va mol­tis­si­mo ascol­ta­re Fa­bri­zio De An­dré, Fran­ce­sco Guc­ci­ni, Fran­ce­sco De Gre­go­ri. La mia ge­ne­ra­zio­ne suo­na­va le loro can­zo­ni con le chi­tar­re a scuo­la ed era­va­mo per­va­si da que­sti en­de­ca­sil­la­bi me­ra­vi­glio­si. Pro­ba­bil­men­te i gio­va­ni di oggi, in que­sto sen­so, han­no meno ri­fe­ri­men­ti».

Cosa si può fare per far fron­te a que­sta man­can­za?
«Cre­do che la can­zo­ne d’au­to­re ri­man­ga viva solo se ri­let­ta e ri­scrit­ta in ogni mo­men­to. Mi spie­go me­glio: du­ran­te i miei con­cer­ti suo­nia­mo sem­pre le stes­se can­zo­ni, ma le ap­proc­cia­mo sem­pre in ma­nie­ra di­ver­sa. È come se l’ar­ran­gia­men­to na­sces­se nel mo­men­to in cui ese­guia­mo il pez­zo, solo così un bra­no può di­ven­ta­re dav­ve­ro un ever­green».

Sergio Cammariere 
foto Manuela Kalì

L’i­dea è quin­di quel­la di trat­ta­re le can­zo­ni come fos­se­ro de­gli stan­dard jazz?
«In un cer­to sen­so sì. Del re­sto que­sta è an­che la nuo­va ten­den­za che c’è a New York: oggi an­che i gran­di jaz­zi­sti pre­fe­ri­sco­no suo­na­re le can­zo­ni dei can­tau­to­ri al po­sto de­gli stan­dard di Cole Por­ter, Tony Ben­nett o Frank Si­na­tra. Her­bie Han­cock, che è sem­pre sta­to uno spe­ri­men­ta­to­re, sta la­vo­ran­do mol­to in que­sta di­re­zio­ne e pro­po­ne spes­so bra­ni di can­tau­to­ri, an­che più gio­va­ni di me».

Ha no­mi­na­to Her­bie Han­cock. Chi sono i suoi ri­fe­ri­men­ti jaz­zi­sti­ci?
«Sono mol­ti, an­che se non tut­ti noti. Ad esem­pio Um­ber­to Ce­sa­ri, un pia­ni­sta ita­lia­no mol­to at­ti­vo ne­gli anni ’50 che ebbi modo di co­no­sce­re alla fine del mil­len­nio. Tra i miei ascol­ti pre­fe­ri­ti poi ci sono Mi­les Da­vis, John Col­tra­ne e Bill Evans».

E Kei­th Jar­rett? Com’è nata l’i­dea di in­ci­de­re My Song?
«Ama­vo mol­to il di­sco che in­ci­se con Jan Gar­ba­reck e mi era ve­nu­ta vo­glia di fare una ver­sio­ne solo pia­no, che di­ven­ne l’in­tro di tut­ti i miei con­cer­ti nel 2003. Die­ci anni dopo la in­ci­si nel mio di­sco Can­tau­to­re pic­co­li­no».

Ol­tre al jazz nel­la sua mu­si­ca fan­no ca­po­li­no tan­te al­tre in­fluen­ze, come quel­le la­ti­noa­me­ri­ca­ne. Come le con­ci­lia con la tra­di­zio­ne can­tau­to­ra­le ita­lia­na?
«Tra l’88 e l’89 ho avu­to la for­tu­na di vi­ve­re una par­te del­la mia vita a Rio De Ja­nei­ro, dove ho avu­to modo d’in­con­tra­re tan­ti mu­si­ci­sti e as­sor­bi­re quel­le vi­bra­zio­ni. Ho sem­pre ama­to la bos­sa nova, che con­ti­nuo a can­ta­re, ad esem­pio nel nuo­vo di­sco ab­bia­mo in­ci­so Con te o sen­za te as­sie­me a Chia­ra Ci­vel­lo. In ge­ne­ra­le, co­mun­que, sono sem­pre aper­to a nuo­ve cul­tu­re: i miei viag­gi, da Cuba al­l’A­fri­ca, mi han­no sem­pre ispi­ra­to».

 

 

An­che la Si­ci­lia rien­tra tra que­sti luo­ghi d’i­spi­ra­zio­ne?
«In Si­ci­lia ven­go tut­ti gli anni e ci tor­no sem­pre vo­len­tie­ri per­ché pen­so che sia una ter­ra mol­to bel­la. Mi sono fer­ma­to mol­to tem­po alle Eo­lie, va­gan­do da iso­let­ta a iso­let­ta, sono fon­ti d’i­spi­ra­zio­ne mi­to­lo­gi­ca».

A pro­po­si­to di miti, pos­sia­mo dire che que­sti sia­no una co­stan­te nel­la sua pro­du­zio­ne ar­ti­sti­ca?
«Sen­za dub­bio. Dal­la pace del mare lon­ta­no, che è di­ve­nu­ta una del­le can­zo­ni ma­ni­fe­sto del­la mia col­la­bo­ra­zio­ne con Ro­ber­to Kun­stler, vie­ne dal­la sto­ria mi­to­lo­gi­ca di Itti e Se­nia rac­con­ta­ta ne “I fi­gli del mare”, una poe­sia scrit­ta a ini­zio no­ve­cen­to dal fi­lo­so­fo go­ri­zia­no Car­lo Mi­chel­staed­ter. Il bra­no è una sor­ta di “tra­du­zio­ne” del te­sto poe­ti­co».

Che pro­get­ti ha in can­tie­re per il fu­tu­ro?
«En­tro la fine del­l’an­no usci­rà il mio pri­mo di­sco di pia­no solo, una scom­mes­sa che ave­vo in men­te da tem­po e che in qual­che modo era già sta­ta an­ti­ci­pa­ta da un bra­no, Sila, con­te­nu­to nel mio ul­ti­mo al­bum. Al­l’in­ter­no ci sa­ran­no com­po­si­zio­ni che ave­vo rea­liz­za­to per il ci­ne­ma e al­tri ine­di­ti».

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

74. Mostra del Cinema di Venezia, dalla realtà virtuale alle star in arrivo: il programma completo da ciak

Post n°13924 pubblicato il 02 Agosto 2017 da Ladridicinema
 

image: http://www.ciakmagazine.it/wp-content/uploads/2017/07/Schermata-2017-07-27-alle-12.07.43.png

74. Mostra del Cinema di Venezia, dalla realtà virtuale alle star in arrivo: il programma completo


Il concorso pullula di grandi nomi, con i nuovi film di Clooney (Suburbicon), Guillermo Del Toro (The Shape of Water), Darren Aronofsky (Mother), Alexander Payne (Downsizing). Ma la novità principale dell’edizione è il Venice Virtual Reality, nuovo concorso dedicato alla realtà virtuale“che probabilmente non sarà il futuro del cinema”, ha detto Alberto Barbera, “ma s’imporrà visti i grandi investimenti che l’industria culturale sta facendo in questo settore. È un ambito di ricerca interessante e frequentato da moltissimi cineasti che, pur continuando a fare cinema in senso tradizionale, sono curiosi di sperimentare le sue nuove potenzialità”: come Laurie Anderson e Tsai Ming-liang. I film di VR saranno “di tre tipologie diverse: una all’interno di un teatro più o meno tradizionale, con sedie girevoli visore Gear Samsung per i cortometraggi. Poi ci saranno 5 postazioni stand up in cui la gente, utilizzando la tecnologia Vibe, potrà vedere prodotti più elaborati, e infine una modalità ancora più complessa e interattiva, 6 installazioni nelle quali lo spettatore è costretto ad interagire con quanto i creatori hanno predisposto per lui”.

La 74. edizione è particolarmente ricca di cinema italiano: “Quest’anno i film italiani sono tanti e la qualità molto alta”, dice Barbera. “I grandi autori, da Sorrentino a Garrone, da Bellocchio a Moretti, sono ancora al lavoro”, ha proseguito il direttore. “Ma quest’anno oltre a Virzì ci sono tanti esordi interessanti che escono dagli schemi abituali. Per noi, quasi una “nouvelle vague” del cinema italiano.

Tra i titoli italiani vedremo il nuovo film di Paolo Virzì, The Leisure Seeker, Brutti e cattivi di Cosimo Gomez con Claudio Santamaria, Marco D’Amore, Sara Serraiocco. Gatta Cenerentola animazione Alessandro Rak, La vita in comune di Edoardo Winspeare, Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini, Hannah di Andrea Pallaoro, Una famiglia di Sebastiano Riso.

Non mancano gli scandali annunciati: il documentario Caniba sulla vera vicenda di cronaca di un giapponese che uccise e mangiò la fidanzata belga, e che racconta in prima persona quei fatti agghiaccianti, e Brawl in Cell Block 99“due ore di violenza allo stato puro, un film di genere puro”. 

74. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA: TUTTI I FILM IN PROGRAMMA

– Human Flow di Ai Weiwei

– Mother! di Darren Aronofsky

– Suburbicon di George Clooney

– The Shape of Water di Guillermo Del Toro

– L’insulte di Ziad Doueri

– La Villa di Robert Guediguian

– Lean On Pete di Andrew Haigh

– Mektoub, My Love: Canto Uno di Kechiche

– The Third Murder di Hirokazu Koreeda

– Jusqu’a La Garde di Xavier Legrand

– Ammore e Malavita dei Manetti Brothers

– Foxtrot di Samuel Maoz

– Three Billboard Outside Ebbing, Missouri di Martin McDonagh

– Hannah di Andrea Pallaoro

– Downsizing di Alexander Payne

– Jia Nian Hua di Vivian QU

– Una famiglia di Sebastiano Riso

– First Reformed di Paul Schrader

– Sweet Country di Warwick Thornton

– The Leisure Seeker di Paolo Virzì

– Ex Libris – The New York Public Library di Frederick Wiseman

ORIZZONTI

– Nico 1988 di Susanna Nicchiarelli

– Disappearance di Ali Asgari

– Espèces Menacées di Gilles Bourdos

– Les Bienheureux di Sofia Djama

– The Rape of Recy Taylor di Nancy Buirsky

– Caniba di Lucien Castaing-Taylor e Verena Paravel

– Marvin di Anne Fontaine

– Invisible di Pablo Giorgelli

– Brutti e cattivi di Cosimo Gomez

– The Cousin di Tzahi Grad

– The Testament di Amichai Greenberg

– La Nuit Ou J’ai Nagé di Damien Manivel e Igarashi Kohei

– No Date, No Signature di Vahid Jalilvand

– Los versos del olvido di Alireza Khatami

– Krieg di Rick Ostermann

– West of Sunshine di Jason Raftopoulos

– Gatta Cenerentola di Alessandro Rak

– Under the Tree di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson

– La vita comune di Edoardo Winspeare

FUORI CONCORSO (fiction)

– Casa d’altri di Gianni Amelio (cortometraggio)

– Thriller in 3D di John Landis e Michael Jackson

– Our Souls at Night di Ritesh Batra

– Il signor Rotpeter di Antonietta De Lillo

– Vittoria e Abdul di Stephen Frears

– La Mélodie di Rachid Hami

– Outrage Coda di Takeshi Kitano (film di chiusura)

– Loving Pablo di Fernando Léon de Aranoa

– Zama

– La Fidèle di Michael R. Roskam

– Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini

– Brawl in Cell Block 99 di Craig Zahler

– Diva! di Francesco Patierno

FUORI CONCORSO (documentari)

– Cuba and the Cameraman di Jon Alpert

– My Generation di David Batty

– Piazza Vittorio di Abel Ferrara

The Devil and Father Amorth di William Friedkin

This Is Congo di Daniel McCabe

Wormwood (serie Netflix) di Errol Morris

CINEMA nel GIARDINO

– Suburra – La serie (primi due episodi)

– Manuel di Dario Albertini

– Controfigura di Ra Di Martino

– Woodshock di Kate e Laura Mulleavy

– Tuers di Francois Troukens e Jean-Francois Hensgens

– Nato a Casal Di Principe di Bruno Oliviero

PROIEZIONI SPECIALI

– La lunga strada del ritorno di Alessandro Blasetti

– Barbiana ’65 – La lezione di Don Milani di Alessandro G.A. D’Alessandro

– Lievito madre – Le ragazze del secolo scorso


Read more at http://www.ciakmagazine.it/74-mostra-del-cinema-venezia-dalla-realta-virtuale-alle-star-arrivo-programma-completo/#UuJaFIBT065LE1xl.99

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963