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Messaggi del 22/10/2017

 

Tra sangue e microchip, Dan Brown ci porta nel mistero della vita da lastampa

Post n°14067 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 

Esce dopodomani Origin, l’ultimo fanta-thriller dello scrittore americano

Dan Brown, 53 anni è nato nel New Hampshire I suoi libri sono stati tradotti in 52 lingue

PAOLO BERTINETTI

Il nuovo libro di Dan Brown, Origin, che si appresta a rinnovare lo stupefacente successo commerciale del Codice Da Vinci, uscirà dopodomani contemporaneamente nella versione originale e in traduzione nelle librerie di mezzo mondo. È facile prevedere che i suoi fan non rimarranno delusi.  

I codici cari a Brown si sposano con la tecnologia più avanzata e avveniristica; e dopo che verrà svelato il primo mistero, quello scientifico che è l’oggetto del romanzo, nelle ultime pagine ci sarà ancora spazio per due altre rivelazioni, una legata al tema principale (a proposito dell’intelligenza artificiale) e l’altra di natura invece del tutto privata - e davvero inaspettata. Di queste ultime due sorprese nulla è lecito dire; ma della prima, almeno fino a un certo punto, molto si può anticipare.  

 La vicenda si svolge in Spagna ai giorni nostri, spaziando in alcuni dei suoi luoghi più rappresentativi: il monastero di Montserrat (il cui legame con la leggenda del Sacro Graal non poteva non piacere a Dan Brown), il museo Guggenheim di Bilbao, il Palazzo Reale di Madrid, l’Escurial e le perle di Gaudì a Barcellona, la Sagrada Familia e la Pedrera. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, sta doverosamente scritto all’inizio del libro, è assolutamente casuale. In un paio di casi, per la verità, non proprio casuale. 

 Nel Prologo l’ipertecnologico futurologo Edmund Kirsch, nella biblioteca del monastero di Montserrat, rivela al vescovo Valdespino, al rabbino Köves e all’allamah Syed al Fadl che di lì a poco, nel corso di una sua conferenza, rivelerà al mondo il frutto della sua scoperta scientifica, che darà la risposta alle due questioni fondamentali dell’esperienza umana: da dove veniamo, cioè l’origine della vita, e dove andiamo, il futuro che ci aspetta (anche Harrison Ford, nel finale di Blade Runner, poneva le due domande). Kirsch dichiara ai tre religiosi che la risposta farà crollare le fondamenta di tutte le religioni del mondo; e posa sul tavolo il suo grosso smartphone, quasi un piccolo televisore, mostrando il video che illustra la sua scoperta. 

 La conferenza, arricchita da un apparato tecnologico e mediatico stupefacente, ha luogo tre giorni dopo nel museo Guggenheim di Bilbao. Il rabbino e lo studioso islamico non potranno vederla: sono stati ammazzati prima. E nel corso della conferenza viene ammazzato lo stesso Kirsch: prima di avere rivelato i risultati della sua indagine scientifica. 

 Kirsch, da qualche parte, doveva aver nascosto il video che aveva mostrato ai tre religiosi. Dov’è? E chi lo ha ucciso? Chi l’ha ucciso il lettore lo saprà subito.  

 Scoprire dov’è il video è il compito che si prefiggono Langdon, professore di Harvard di cui Kirsch era stato allievo, e Ambra Vidal, direttrice del Guggenheim e fidanzata dell’erede al trono di Spagna. Inseguiti dal sicario e dai poliziotti che considerano Langdon colpevole, i due giungono a Barcellona per recuperare la password criptata che sbloccherà il video. Prima riescono a entrare nell’attico della casa più famosa di Barcellona, la Pedrera (dove Brown immagina si trovi la base di Kirsch) e poi nel’immaginario laboratorio di Kirsch presso il vero Centro Nacional de Supercomputación di Barcellona. Qui, al primo piano, c’è il «supercomputer Mare Nostrum, 4896 Intel Core che comunicano su una rete InfiniBand FDR 10»; e al piano di sopra c’è una versione perfezionata del D-Wave, il primo computer quantico della Nasa, versione circondata da un cubo metallico di osmio, il durissimo elemento chimico che gli fornisce una maggiore schermatura magnetica e termica. Lì, finalmente, Ambra e Langdon vedranno il video che contemporaneamente verrà mandato in streaming (utenti collegati: 227 milioni e mezzo). 

 A organizzare il tutto e a dare preziosi consigli a Langdon e Ambra è stato Winston, una macchina dall’intelligenza bionica (a cui però sono dovute anche scelte inquietanti), che, a fugare timori come quelli suscitati dal supercomputer Hal 9000 di Odissea nello spazio, è stato programmato per autodistruggersi tredici ore dopo la morte di Kirsch. Dan Brown non è catastrofistico, il suo è un messaggio ottimistico a favore degli sviluppi ipertecnologici e delle supermacchine informatiche che sempre più modificheranno la nostra vita. Sta all’uomo trovare il giusto equilibrio.  

 Infatti sull’uso che facciamo di quelle ben più «elementari» ora a disposizione una significativa stoccata la troviamo a pagina 88 del romanzo. Nel deserto, poco a Est di Dubai, dei ragazzi, scesi dai loro quad e dune buggy, guardano il cadavere del religioso islamico. «Che cosa facciamo?», si chiedono. Rimangono lì in cerchio, a fissare il cadavere. «Poi fanno quello che avrebbero fatto i teenager di tutto il mondo. Tirano fuori i cellulari e cominciano a scattare foto da mandare agli amici». 

 
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Origin, il nuovo romanzo di Dan Brown sui grandi quesiti dell’esistenza da wired

Post n°14066 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 


È sempre Robert Langdon, il professore di simbologia religiosa incontrato negli altri libri, a indagare. Questa volta, il mistero ha a che fare niente meno che con le origini – e il destino – di noi uomini

Il successo di Dan Brown non ha segreti. È sotto gli occhi di tutti. Simbologia e complottismo, la storia affrontata come un enigma da decifrare attraverso l’arte per risalire all’origine delle bugie su cui spesso si basano le istituzioni religiose e chi ha il potere. È una ricetta che ha attirato sul suo cuoco una marea di detrattori colti e di lettori affamati di  nuove storie: 200 milioni di copie vendute in 56 paesi. Origin, l’ultimo romanzo, è approdato da qualche giorno sugli scaffali reali e virtuali. La trama si apre con il grande mistero che il lettore rincorrerà per tutte e 500 e passa le pagine.

Edmond Kirsch è un giovane e brillante visionario, un guru dell’innovazione tecnologica che ricorda, per certi versi, Elon Musk per altri Steve Jobs. Nel prologo alla vicenda lo vediamo raggiungere il monastero di Montserrat in Catalogna per incontrare tre eminenti rappresentanti religiosi. Egli ha chiesto di essere ascoltato perché ha un’importante scoperta da mostrare, una scoperta che farà crollare la loro fede e cambierà per sempre il mondo.

Vediamo Kirsch estrarre un cellulare (non un iPhone ma uno che ha fabbricato lui stesso) per mostrare la sconvolgente novità sulla genesi. Qui Dan Brown ha una delle sue cadute non dico di credibilità, ma di stile. Un tizio ha la verità in mano e come la annncia? Con un video sul cellulare. Sa u po’ di presentazione in Power Point a una riunione azienale qualunque. Comunque…

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Prima che i lettori vedano (conoscano) la verità o che il video s’impalli per problemi di buffering (si sa, in un monastero a 720 metri sul livello del mare la connessione non è una certezza), la scena cambia.

Siamo al Guggenheim Museum di Bilbao, a un evento organizzato dallo stesso Kirsch per annunciare, su scala globale, la sconvolgente scoperta. Tra gli invitati, Robert Langdon, il professore in simbologia religiosa che tutti abbiamo conosciuto nel Codice da Vinci, ed ex insegnante dell’enfant prodige Kirsch. Qui, Langdon riceva un’audioguida avanzatissima che tramite la percussione ossea gli fa sentire la voce dell’IA Winston come fosse nel suo cervello. Poi, incontra quella che sarà la sua partner in questa nuova avventura, Ambra Vidal (personaggio che sembra ideato pensando a Penelope Cruz), direttrice del museo nonché fidanzata del Principe di Spagna. Piccolo spoiler: Kirsch viene ammazzato e Langdon e Vidal si prenderanno carico di decifrare la sconvolgente verità che stava per annunciare al pubblico, decrittando enigmi e sfuggendo a cattivi di turno.

La verità? Ho letto Origin una pagina dopo l’altra. Dan Brown ha giocato molto basso, quasta volta: ha solleticato fin dalle prime pagine la curiosità dei lettori facendogli sapere che nel suo romanzo avrebbero trovato la risposta ai questiti fondamentali: “da dove veniamo” e “dove andiamo“. E così facendo ha anche insinuato il sospetto che questo romanzo sarà l’ultimo servito affidandosi alla ricetta di cui sopra che lo ha reso uno chef stellato (almeno dal punto di vista delle vendite) con Il codice da Vinci. Forse, a differenza degli altri romanzi, in questo Dan Brown infila meno enigmi e azione e si concentra più sulle idee, ma i suoi lettori affezionati non si sentiranno certo traditi. Malgrado i tanti difetti che gli si può imputare – o forse grazie ad essi – anche in questo libro Dan Brown è riuscito a mescolare bene gli ingredienti e a confezionare una storia che si legge dall’inizio alla fine. I suoi romanzi forse non ci cambiano la vita, ma forniscono spunti che uno è libero o meno di apprfondire in autonomia e, come si conviene a una storia di evasione, ci aiutano a rilassarci un po’.

 
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Il colore nascosto delle cose

Post n°14065 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 

Il colore nascosto delle cose: recensione del film con Valeria Golino e Adriano Giannini

Emma è la protagonista femminile de Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini, che i non vedenti li aveva già raccontati nel documentario Per altri occhi e che ha voluto fare "il film su ciechi che non c’era", un film di personaggi pacificati con la vita invece che consumati dalla rabbia, un film di individui normali e non pseudo supereroi dall’olfatto e/o udito sorprendenti, un film sulla capacità di ascoltare e sul coraggio di "fare il passo più lungo della gamba". Un film in cui si ride, anche, ma diverso, dalle precedenti opere del regista - da Il comandante e la cicogna, per esempio, o da Pane e tulipani - perché più radicato nella realtà, e più incollato alle anime non così in pena che racconta e soprattutto ai corpi: filmati da vicino, per intero o nei dettagli, alla luce oppure al buio, come in una scena iniziale in cui si sentono soltanto parole, le parole di Emma e di Teo.

 
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Cattivissimo Me 3

Post n°14064 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 

Cattivissimo Me 3 - la recensione del ritorno di Gru e dei Minions

Con questo Cattivissimo Me 3, la saga dell'Illumination Entertainment ha raggiunto quell'equilibrio che potrebbe consentirle di procedere quasi all'infinito, interesse del pubblico permettendo. Pierre Coffin dirige per la terza volta le peripezie del suo buffo ex-villain, coadiuvato dal Kyle Balda che due anni fa aveva diretto i virali Minions in un lungometraggio tutto per loro. Con incassi crescenti (540 milioni per Cattivissimo Me, 970 per Cattivissimo Me 2), ogni nuovo incontro con la famiglia allargata di Gru e dei Minions è diventato una rimpatriata, prima ancora di essere un film.



Questa fidelizzazione del pubblico comporta, in questo terzo capitolo più del solito, una simulazione di evoluzione che in realtà produce una vicenda non troppo significativa, piuttosto statica nei rapporti interpersonali tra i protagonisti e anche piuttosto slegata: a meno di non cercare in una generica "ricerca della felicità" un tema comune, il rapporto tra Gru e Dru, Agnes alla ricerca di un unicorno e le peripezie dei Minions sembrano procedere per binari paralleli che convergono alla fine solo per esigenze di copione. Lo stesso sdoppiamento del protagonista sembra più un modo di sbloccare la caratterizzazione di Gru, diventata troppo buonista, con il personaggio di Dru che si propone quasi come un suo "reboot", ancora legato alla malvagità innocua e più divertente.

Non si possono in definitiva imputare a Cattivissimo Me 3 molti difetti intrinseci, ma bisognerebbe ammettere che la sua inattaccabilità dipende da un muoversi in territori sicuri e stracollaudati, al di là dei quali s'intravede un timore di spiazzare. E quindi di entusiasmare sul serio.

 
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