L'atrabilioso

Giovedì 31 marzo 2011

Visto che è accaduto di parlare dell'ottimo Guido, aggiungo qui un raccontino che avevo scritto per un concorso ideato dal vecchio Bob dal titolo "Il terzo occhio" (poi vinto dalla bravissima espe) e che lo stesso Guido mi aveva ispirato.

Noi dell’Ente Irriducibile di Quelli Che non Credono a un Belino di Niente ci riuniamo tutti i giovedì. Io esco di casa verso le otto e raggiungo a piedi il Circolo; gli altri arrivano alla spicciolata con le loro facce dure. Anch’io metto su la faccia dura.
Una volta dentro facciamo il punto della situazione e davvero c’è solo l’imbarazzo della scelta: la vita e il mondo sono pieni di episodi che sembrano messi lì apposta per rafforzare il nostro credo (che essendo un non credo è il credo più credo di tutti, l’unico che valga: non lo so se mi spiego).
Ci riuniamo, e con parole acuminate facciamo un rogo di: religione, spirito, “aura di misticismo”, energia cosmica e via elencando tutte le sciocchezze che l’uomo si è inventato nella sua storia per sopravvivere all’horror vacui della propria condizione e che noi assaporiamo con coraggio e, verrebbe da dire, quasi con voluttà.
“Pattume!” urliamo avvolti dal fumo degli oroscopi bruciati nelle nostre sere più riuscite, quando il convincimento delle nostre posizioni raggiunge livelli così inauditi da trasformare in sabba le nostre riunioni settimanali.  
Tutto bene, quindi? No, niente affatto.
Perché ecco cos’è successo, alle tre del pomeriggio di oggi, giovedì: hanno suonato alla mia porta ed era Guido.
Guido è un amico e attraversa da decenni una propria fase spirituale ed evangelizzatrice e naturalmente io sono una delle sue vittime preferite: ciononostante non ci riesco proprio a non farlo entrare in casa.
Di solito me la cavo sviando il discorso sul calcio, o sulle donne. Oggi non c’è stato niente da fare. Si era messo in testa di spiegarmi questa cosa che si chiama, pare, terzo occhio.
Ha cominciato dicendo di questo occhio che avremmo perduto (pare si trovasse in un punto preciso esattamente a metà tra gli altri due) e poi di una certa akasha e poi di etere e poi di afflato e poi di interruttore on/off e sempre più preso dai suoi mille ragionamenti ha indicato il mio impianto stereo e come un invasato ha gridato:
“Tu sei come questa radio! devi scoprire dov’è il tuo interruttore! datti da fare! ce l’hai! ce l’hai anche tu!”
E io: “No! Non è vero!”
“Sì!”
“No!”
(Mi fa una certa impressione, questa cosa dell’interruttore. Posso concedere di essere talvolta fuori forma, ma addirittura di essere in posizione“off” non riesco ad accettarlo).
Mentre parlava di questo occhio smarrito chissà dove, Guido si indicava col dito un punto in mezzo agli occhi e io ho cominciato a guardarlo proprio lì, dove secondo lui dovrebbe trovarsi il famoso moncherino.
Sarà stata suggestione, o sonnolenza provocata da quel profluvio di parole, ma d’improvviso mi è parso di vederlo davvero quel terzo occhio un po’ atrofizzato, più brutto degli altri due, un fratello sfortunato, ed era lì che mi fissava.
“Lorenzo! Ascoltami! Il terzo occhio è quello che mi permette di scrivere una canzone, o di comporre una poesia! capisci? il genio è sempre collegato con l’akasha, e questo lo deve al terzo occhio! Apri gli occhi, Lorenzo! Aprili tutti e tre! Lorenzo, accendi l’interruttore! Lorenzo! …Lorenzo? …Mi stai ascoltando?”
“Eh? Sì…certo, scusa. Ero come rapito.” ho balbettato.
Guido mi ha guardato in modo strano, non so cosa può avere pensato in quel momento, fatto sta che ha preso su le sue cose e si è congedato in fretta in modo inusuale.
Io sono rimasto lì, ancora pervaso dall’orribile visione di quell’occhio deforme.

Noi dell’Ente Irriducibile di Quelli Che non Credono a un Belino di Niente ci troviamo tutti i giovedì. Però stasera io magari salto, eh?
Se i miei compagni chiedono di me, dite che un’improvvisa emicrania mi ha costretto a letto.
Sì, dite così, che mi dispiace tanto, ma un mal di testa feroce mi ha colpito.
Proprio qui, in un punto esattamente a metà tra i miei occhi.