Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
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Messaggi di Giugno 2015

 

Il gabbiano migratore

Post n°254 pubblicato il 10 Giugno 2015 da je_est_un_autre

Da dove sono seduto in questo momento, se volto la testa verso la mia sinistra, oltre il vetro, in terrazza, vedo un tavolo. Posato sul tavolo, come sorpreso e raggelato per sempre in questa posizione, c'è  un uccello con le ali tese nell'atto del volo. E' una mia creazione in carta e gesso, e basta un'occhiata per capire che questa attività di scultore quasi certamente finirà proprio lì dove è cominciata.
Tanto per cominciare voleva essere un gabbiano e invece somiglia in tutto e per tutto a un'anatra migrante. Poi ha un'ala ricurva all'indietro e un'altra protesa in avanti: più che volare sembra che nuoti. Per finire, la testina sembra proprio quella sottile e delicata di un'anatra, più che quella tozza e pesante di un gabbiano. Pazienza.
Mi serviva, questo gabbiano, per metterlo nel saggio finale di uno dei miei corsi, dedicato appunto al Gabbiano di Cechov. Questo gabbiano vorrebbe essere, nella commedia cechoviana, la metafora di un sogno spezzato (e infatti viene ucciso ed imbalsamato), un sogno di gioventù che viene cullato fino a quando non si scontra - e quanto dolorosamente! - con l'amara realtà degli anni più maturi. A guardare la mia opera, però, l'unica metafora che si può leggere è trasparente assai e mostra come meglio non si potrebbe quanto io sia poco incline alla creazione artistica. Epperò mi ci sono divertito. Vedere nascere l'uccello sotto le mie mani, impastare il gesso, dare forma con la carta alle ali e al corpo del volatile mi ha dato sensazioni belle e nuove. Spero che i miei allievi ne tengano conto quando vedranno la mia creatura - ehi, ragazzi, c'è del lavoro, qui dentro! - e che siano indulgenti. Del resto non c'è nulla di facile, in Cechov, non poteva certo essere facile "costruire" il gabbiano.
Ho cercato di trattare la pasta come meglio potevo, e non era facile far capire ai ragazzi quelle atmosfere tenui, quelle indolenze solo apparentemente vuote di certi pomeriggi di campagna; ho modellato carta e pagine per evocare quelle donne trepidanti, quegli omini teneramente goffi, ho provato a far risaltare la lucidissima autoironia di Cechov che parla di arte in modo così amaro nel personaggio di Trigorin. La cosa pù difficile era far capire loro perchè "Il Gabbiano" è la commedia più bella del mondo: ma come si fa a spiegare una cosa così misteriosa?
Anche il mio gabbiano, così storto, così poco gabbianesco e più simile a certi suoi parenti migratori, se lo guardi bene sembra davvero che voli.
Anche quello lì, è un bel mistero.

 
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