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Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Novembre 2015

 

Gianduia

Post n°258 pubblicato il 12 Novembre 2015 da je_est_un_autre

Tommy è un gatto. Un gatto afono.
All'inizio l'ho visto da lontano, e pensavo che il miagolio non si sentisse per la distanza. Invece no, era proprio muto. Mi è stato simpatico da subito.
Tommy l'ho incontrato in un teatro dove poi avrei fatto spettacolo, un teatro di Torino che somigliando di più ad un centro sociale non prevede chissà quali barriere all'ingresso, così il felino può farsi le sue passeggiate come più gli aggrada, dal cortile al palcoscenico e poi di nuovo in cortile. L'ultima volta l'ho visto alle nove meno cinque, ovvero cinque minuti prima dell'ipotetico inizio. Dico "ipotetico" perchè in quel momento non avevo nessuna certezza che lo spettacolo si sarebbe fatto: la platea era, in quel momento, ancora desolatamente vuota. La gentilissima amica che gestisce quello spazio, senza in nessun modo sottolineare l'imbarazzante situazione che si stava creando (e che certo doveva provocare una qualche delusione anche a lei) ha raccolto dolcemente il piccolo Tommy per portarlo fuori. Tommy mi ha salutato con un inudibile miagolio e se n'è andato.
Tommy, tu non lo sai ma io in quel momento avrei voluto seguirti, uscire in cortile e perdermi nella notte torinese. Ma che ci faccio qui? mi chiedevo davanti a quelle poltrone desolatamente vuote. Poi la prima fila ha raccolto alcuni amici coraggiosi e volenterosi, e qualche poltrona sparuta s'è riempita di qualche solitario spettatore. Non più di una dozzina di persone. Li guardavo e mi riempivo di rabbia, una rabbia che ad un certo punto mi ha fatto pensare: o fai qualcosa o così non riesci ad arrivare in fondo. Ho fatto qualche respiro, mi sono concentrato e ho recitato quel testo in cui peraltro si allude a dei teatri vuoti e su questo gioco di specchi mi sono anche concesso qualche ironia.

Questo post non è una lamentela, non è un piagnisteo, è una constatazione: forse non ne vale più la pena, di smaniare in questo modo per "andare fuori", cioè in giro, per fare il teatro. Quando ero ragazzino e andavo a teatro innamorato come un pazzo di tutto quello che vedevo là dentro esistevano ancora le compagnie di giro. Adesso quel mondo lì non c'è più, a parte poche eccezioni naturalmente. Ormai non ne vale più la pena, di sbattersi così. Meglio fare il teatro a casa, nelle vicinanze, dove pure uno straccio di ex compagno di scuola disposto a venire a vederti lo trovi di sicuro.
Perchè poi bisogna prenderne atto: la gente a teatro non  ci va. Non ci vuole andare, si rompe le palle, è finita la curiosità.
Ieri sera facevo lezione a un gruppo di principianti. Belle persone, un bel gruppo davvero. Ho chiesto loro: ma voi a teatro ci andate? No, è stata la risposta.
Non ci vanno, non ci sono mai andati. Solo io trovo scandalosa e contraddittoria la loro presenza lì e il loro assoluto disinteresse nei confronti della scena vista nei teatri.
Finirà anche in me questo "scandalo" e me ne farò una ragione.
Con buona pace dei sogni.

p.s.: il titolo è dovuto al dolcissimo regalo di un cuore gentile, un bel barattolo di crema gianduia. Che bisogna pur consolarsi, in qualche modo.

 
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