Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Tu no

Post n°236 pubblicato il 09 Agosto 2014 da je_est_un_autre

(Ne parlavo qui.
E mai, mai avrei pensato.

No, lei non si chiamava Giulia, si chiamava Claudia.
Di solito per protezione i nomi li cambio, ma adesso, che senso avrebbe?
Non ha più senso niente.)

La prima volta che la vidi fu nel corridoio dei camerini del Valle Occupato. Fino a quel momento avevo visto solo le bellissime foto di lei, nella sua gallery. Era così, forse più donna, più matura.
Mi venne incontro con un sorriso aperto.
Dopo, parlando dello spettacolo mi disse: "Sai, mi è piaciuto. Mi ha impressionato la scena del suicidio, dell'impiccagione: vedi, mia madre si è uccisa così". Io rimasi senza parole: fino a quel momento la nostra conversazione era stata caratterizzata dal divertimento, dalla fesseria lieve, dalla battuta, e questo irrompere di un privato così doloroso, così indicibile, mi colpì. Il giorno dopo mi spedì un sms in cui si scusava per essere stata inopportuna (e davvero non ce ne sarebbe stato biso
gno).
Quell'sms lo c
onservo ancora. Mi è rimasto poco altro.
Ma leggendo quel messaggino non pensavo che lei in quella scena potesse aver visto un destino. Non mi accorgo mai di nulla.
Ancora adesso pensando a te, Claudia, non riesco a non pensare a quanto eri bella. I natali australiani, la nonna coreana, il padre calabrese, tutto contribuiva a una bellezza altra, diversa, un po' esotica, senz'altro lontana.
E' che la morte già non riesci a pensarla, figurati se giovane, figurati se cercata.
Sai, quando mi viene in mente quello che è successo tutto si allontana, il mondo e i suoi rumori, tutto; e un torpore quasi tattile, epidermico, mi prende. Tutto diventa silenzio. Una malinconia dolorosa, inerte mi prende. E' un abbandono e una sconfitta.
Poi mi risveglio e m'incazzo, m'incazzo con me stesso.
Diversi mesi prima che succedesse tutto questo le nostre conversazioni erano ancora le solite: tu torrenziale, conversatrice instancabile, lamentando il lavoro che non andava mi dicevi: "Vorrei tornare in Australia" e io giocavo ad implorarti di no, ti facevo un complimento e tu mi davi del "galantone", era questo il nostro gioco. Poi le telefonate si diradarono, tu sparisti un po', poi un giorno mi scrivesti "Non voglio più partire, anzi mi licenzio e mi trasferisco in provincia" e alle mie insistenze confessasti "Sì, ho un amore adesso" e io ero felice per te, pensavo che forse avresti finalmente placato quel tormento che pure a volte si palesava.
Poi sempre meno contatti fino al silenzio.
Fino a quel giorno in cui un tuo ex-fidanzato che avevo conosciuto in quei giorni romani, in lacrime, disperato, mi ha raccontato tutto. Io che gli dicevo, ma come è possibile, non ci credo, non può avere fatto questo. E lui:
"No, Lorenzo, tu non conoscevi Claudia".
Aveva ragione. Non ti conoscevo.
Però sono qui che affronto il rimpianto di non aver fatto, di non aver chiamato, e guardo l'agenda per capire dove cazzo fossi quel giorno e naturalmente salta fuori che non avevo un cazzo di importante da fare e allora perchè non ho chiamato? e nemmeno il giorno prima e nemmeno quello prima ancora, colpevole io come gli altri e lascia stare se ti conoscevo poco. E penso alla tua piccola casa nella città dalle alte mura medievali, tu sola con le tue ultime ore, due righe e una corda e io non riesco non riesco a pensare che sia possibile, non tu.


E allora dico no. Mi sforzo e penso a te ancora lì, nel corridoio del Valle Occupato, io che sento la tua voce che dice "Lorenzo?" e io che mollo l'asciugamano e mi affaccio e ci sei tu, sorridente, elegante, bellissima.

 

 
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