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La Città dello Sport, l'incompiuta dove svetta la Vela di Calatrava

Post n°3 pubblicato il 21 Luglio 2011 da noarosellasensi

di PAOLO BOCCACCI

Quanto è bella e quanto è drammatica questa alta vela di acciaio bianco pensata dal genio di Calatrava, come un nido d'api, un bozzolo alzato nel cielo, sopra il blu delle piscine che verranno e sopra il campo di basket dove dovrebbero giocare i campioni dei Giochi del 2020, il sogno olimpico di Roma.

Bella, perché sembra una sfida, alzata qui, in mezzo ai pratoni di Tor Vergata, che dall'alto guarda l'immensa croce dello storico raduno dei giovani con papa Wojtyla e il profilo severo del Policlinico e della facoltà di Medicina della seconda università. Drammatica, perché è l'esempio vivente di una Capitale umiliata dallo Stato, che non allarga i cordoni della borsa, ma anche di una Roma che si è incartata intorno a questo progetto da archistar, che non sa portare in porto, una Roma bipartisan, dal Veltroni dell'obiettivo Mondiali di Nuoto, spostati in fretta e furia al Foro Italico, a Alemanno, che deve fare i conti con i soldi che non ci sono, che tenta di mantenere in vita il cantiere a colpi di dieci milioni di euro, gli ultimi, finiti, a dicembre dello scorso anno, inseguendo i Giochi del 2020.

Dentro il prefabbricato del cantiere, l'ingegnere Giovanni Polini, della Vianini di Caltagirone, la società a capo della cordata che da sempre costruisce in concessione per l'ateneo di Tor Vergata, mostra il vecchio plastico. Santiago Calatrava, l'architetto spagnolo, l'aveva immaginata bellissima questa impresa. Ecco i due stadi sormontati dalle due vele bianche, accanto la piscina scoperta per la pallanuoto e un'altra cavea di spettatori, vicino la piscina tonda del loisir, a sinistra una pista d'atletica, davanti due piccoli laghi e d'infilata un parco lineare, un Circo Massimo di trenta ettari, una lama di verde fino alla Croce, con il fondo il profilo a chiocciola del nuovo rettorato.

Genio di un Calatrava. Ma, qui, tra gli sterrati del cantiere, dove non si vede l'ombra di un operaio, e il paesaggio lunare intorno fino ai colli Albani, il piano per le grandi adunate metropolitane sembra affogare nella marmellata della periferia romana. "Nell'area del parco" spiega Polini "ci sono una decina di costruzioni su un vecchia proprietà del comune di Frascati che l'ha data in concessione per farci casette alle famiglie degli ex combattenti. Sarà complesso trasferire tutto questo altrove". E poi: il rettorato si farà, ma sulla collinetta che si vede accanto.

Però, anche in questo cantiere fermo, anche in questa incompiuta, i profili dei due stadi e l'alta vela, già alzata dalla gru di centotrentacinque metri della Cimolai, sono magnifici. E' l'unico segno urbano di questo pezzo di Roma, l'unico che paradossalmente già svetta. Perché l'università di Tor Vergata, che ha costruito le sue facoltà, non ce l'ha fatta a lasciare un'impronta, un colpo di genio. E per fortuna che ci sono state le Giornate della Gioventù con Giovanni Paolo II, che hanno portato le strade, il sistema dei collegamenti.

Un po' di numeri e poi ci inoltriamo nel cantiere. Piano particolareggiato adottato nel 2003, approvato nel 2005. Nel luglio di quell'anno, via al progetto con un finanziamento che diventerà di 190 milioni in vista dei Mondiali di Nuoto del 2009. In tutto a quella data la Città del Nuoto doveva costare 400 milioni, con stadi da 8000 posti. Nel 2007 la Vianini comincia i lavori, ma a luglio del 2008 si capisce che era stato un buco nell'acqua: l'opera non sarebbe stata pronta in tempo. Le gare si faranno al Foro italico. E l'ultimo finanziamento di 53 milioni è revocato. Ora uno stadio, il Palasport, è da 15 mila spettatori e l'altro può essere portato a 8000. Naturalmente anche i 400 milioni sono lievitati a 600. Ma in cassa per ora, finiti anche i dieci milioni messi a disposizione da Alemanno dal fondo per Roma Capitale, non c'è più una lira.

Ecco perché sono belli e dannati questi scheletri di acciaio e cemento armato: perché sono segni per ora di una disfatta. "Mancano 408 milioni che, se il Coni appoggerà la candidatura di Roma per i Giochi Olimpici" dice il sindaco "andremo a rivendicare alla presidenza del Consiglio e al ministero per le Infrastrutture". Vedremo.

Ma intanto che fascino entrare nel ventre di cemento armato del Palasport, sotto questi giganteschi pilastri, questi 203 archi e uno lungo come un poste, 130 metri di campata, a sostenere la "navata" più grande, il foyer, che dividerà all'altezza degli spalti i due stadi, come un immenso scheletro di balena.

A Calatrava il paragone non piace, ma è proprio così: tante costole con dentro tutti i percorsi dei servizi, nascosti nel ventre del cetaceo. In mezzo, da una parte ancora lo sterrato del campo di basket o di pallavolo o di hockey, a più funzioni. E dall'altra, già costruite in cemento, le due piscine, quella delle gare di nuoto e quella dei tuffi. Ma la grande sorpresa si capisce guardando il cielo, diviso dai tubi d'acciaio della vela, del ventaglio che svetta. "Sarà ricoperta con vetri opachi e, al 18 per cento, trasparenti". Mentre, al piano terra, ecco l'immensa sala per i media, anch'essa scandita dagli archi di cemento, come le "navate" di sopra, che sembrano quadri optical per quanto sono belle.

Dice l'assessore all'Urbanistica Marco Corsini: "La somma di 408 milioni in questa congiuntura economica è davvero importante, è difficile prevedere tempi rapidi, ma certo se persistono le difficoltà della finanza pubblica sarà decisiva la candidatura olimpica. E l'opera di Calatrava, un capolavoro di architettura contemporanea, diventerà il primo segno riconoscibile alla porta sud della città. Poi, dopo le Olimpiadi, se ce le assegneranno, potremmo trasformarlo in un grande spazio sportivo polifunzionale".

Fonte La Repubblica

 
 
 
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Data di creazione: 21/07/2011
 

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