Creato da cloudonmyhead il 27/07/2009
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Clou legge

 

 

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NINNA NANNA

Post n°154 pubblicato il 06 Giugno 2012 da cloudonmyhead

Il mio cervellino in questi giorni è in overload, ché sto cercando di scegliere la ninna nanna per la piccola, in modo da abituarla già da ora al suono che DOVRA' (imperativo!!) tranquillizzarla una volta nata. 

Così, lemme lemme, mi sono messa a scartabellare i miei files mentali in cerca di una canzone che possa servire allo scopo e che abbia un testo adatto ad una bimba appena nata (lo so che tanto il testo non lo capirà, ma temo di stare già diventando una madre iperprotettiva, urge una birretta che mi rilassi un po' secondo me...).

Questa la selezione che al momento le mie sinapsi hanno generato (e con molta fatica aggiungerei). 

Send me an angel - Scorpions

Don't cry - Guns & Roses

No woman no cry - Bob Marley

Imagine - John Lennon

I don't want to miss a thing - Aerosmith

True colors - Cindy Lauper

The power of love - Frankie goes to Hollywood

Ma siccome so che qui ci sono fior fior di intenditori musicali (vi vedo rabbrividire anche da qui per le mie scelte, razza di snob che non siete altro!!!), mi rimetto al vostro ineccepibile gusto e attendo suggerimenti.

Ah, dimenticavo. Niente che sia troppo difficile da cantare, che il canto non è esattamente uno dei miei talenti nascosti e se lo è me l'han nascosto così bene che ancora non sono riuscita a trovarlo!

 
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PIETAS

Post n°153 pubblicato il 30 Maggio 2012 da cloudonmyhead

La sofferenza fiacca il corpo e lo spirito. Ovviamente a chi la subisce, ma anche a coloro che la guardano da fuori, sentendosi impotenti in ogni momento di dolore che scandisce il tempo della morte. Toglie la dignità. Ti lascia spoglio e tremante come un animale scampato ad un disastro. Perché tale ti senti: qualcosa di speventoso ti ha colpito da vicino, non così vicino da annientarti, ma abbastanza per lasciarti cicatrici indelebili negli occhi e sul cuore.

Vorresti poter essere dio, o qualcosa di molto vicino al concetto di dio. Spegnere quel residuo di vita che non è più vita, in virtù di una pietas umana che dio spesso non conosce. Vorresti poter rispondere alle domande che ti girano nella mente, capire perché siamo destinati al dolore solitario e inutile dell'agonia. E magari con una di quelle risposte sollevare il corpo dolente e macerato dalla malattia con braccia forti e sicure, ed elevarlo al ruolo di anima, di puro spirito.

Ecco, così dovrebbe essere il trapasso. Non un contorcersi nel dolore senza senso e senza amore. 

Non scegliamo davvero quasi nulla in questa vita. Spesso ci limitiamo a percorrere strade che altri hanno solcato per noi, figurarsi poi se possiamo scegliere come morire. Ma dovremmo potere. Dovremmo poter dire che non la vogliamo la sofferenza sterile del dolore senza scampo. Dovremmo poter scegliere la nostra personale forma di pietas umana. 

Almeno questo anelito di dignità dovremmo poterlo avere.

 
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VITA & VITA

Post n°152 pubblicato il 16 Maggio 2012 da cloudonmyhead

Mentre me ne sto qui, ripiegata su me stessa in ascolto della vita che cresce, c'è una vita vicino a me che lentamente si spegne. L'entusiasmo ha lasciato il corpo, la forza se ne va un pochino ogni giorno, il viso, trasfigurato, non ha più colori, persino gli occhi sono liquidi, lontani, persi in un altro mondo, in una nuova storia. 

Questa volta, guardare l'esistenza che si spegne, è un dolore lontano. Sordo e attutito. La vita che ho dentro mi rende in qualche modo impermeabile. Ha esteso una corazza intorno al mio corpo e quasi nulla riesce a penetrarla e a incidermi la carne.

Amore mio. Vorrei poterti inglobare in questa corazza. Sollevarti da quel battere sordo che hai nelle tempie e dalle lacrime che ti crescono negli occhi e portarti qui, nel mio mondo di sole, dove il battito di un piccolo cuore ammutolisce ogni altro suono, dove la luce che non si vede offusca tutte le altre. Non sono capace di farlo e tu non mi lasci leccare abbastanza il tuo dolore per poterlo lenire. 

Prima di avere un figlio, non c'è niente di più terribile che vedere un genitore lasciarci.

Siamo accomunati da uno strano destino noi due: tua madre sta morendo nel corpo e la mia, invece, muore nella mente. La nostra bambina non avrà nonne che la vizieranno quando non guarderemo, nessuno le comprerà un gelato prima di cena e la coccolerà quando si sbuccerà le ginocchia. 

Avrà foto da guardare e fiori da posare per imparare a riconoscere le sue radici. Saremo noi a doverle innaffiare, perché non muoiano e lei non perda la sua storia. 

Sarà un fuoco che toccherà a noi tenere vivo. E ci riusciremo.

Te lo prometto.

 
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WILE COYOTE

Post n°151 pubblicato il 03 Maggio 2012 da cloudonmyhead

 

Se oggi dovessi fare un bilancio della mia vita, mi scoprirei molto più donna e meno ragazza di un tempo. Più cinica e meno incline al perdono.

Di buono c'è che mi prendo meno sul serio, sorrido e rido di più, fottendomene delle rughe che così solcheranno il mio viso.

Certo non entro più nei miei pantaloni bianchi taglia 42 (e sospetto che non ci entrerò nemmeno dopo aver sfornato l'erede), non sopporto i tacchi alti e le lenti a contatto per 12 ore di fila e non prendo un aereo ogni tre giorni. Ma in compenso non sono costretta a sorridere a merde travestite da uomini di potere, non devo sentirmi chiamare velina e percepire i loro occhi sul culo mentre passo da una stanza all'altra.

Guadagno meno, me la godo di più. Vedo i miei genitori quasi tutti i giorni, seguo l'incedere dei loro anni guardando le loro schiene ingobbirsi impercettibilmente ancora un po’. Dedico più tempo agli amici, bevo molto meno e non piango più se sono brilla.

Amo la mia casa, che finalmente sento casa. Ho imparato a cucinare senza per forza dover scongelare un piatto già pronto. Esco dall'ufficio quando ancora c'è luce fuori e mi resta tempo per fare la spesa, qualche pulizia o anche solo per spiaggiarmi sul divano a limarmi le unghie.

Abbraccio mio marito con amore e non più solo con affetto, la sua spalla sotto la mia testa è casa e rifugio e profumo di pelle sbarbata e tabacco. 

Non mi importa di fare carriera, mi interessa di più costruire rapporti che durino nel tempo, che vadano oltre una stretta di mano ed un caffè al tavolo di una sala riunioni. Rapporti fatti di panchine al sole, dehors estivi nel centro città, telefonate chilometriche, sguardi che parlano, mani che toccano cuori duri e feriti.

Lecco ancora le mie ferite e sto più attenta a non procurarmene altre, ché esiste un tempo per l’autolesionismo e non è questo il mio.

Faccio voli pindarici che mi sbattono a terra. Ma mi rialzo dopo ogni caduta, butto le spalle indietro, raddrizzo la schiena, mi asciugo le lacrime e ricomincio il cammino. Questo non è cambiato: sono ancora come Wile Coyote.

 

 
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UNO SGUARDO NEL FUTURO

Post n°150 pubblicato il 20 Aprile 2012 da cloudonmyhead

Mi ero ripromessa di evitare melensi post sulla gravidanza e la maternità.

Non tanto perché sia qualcosa di intimo e personale (in questo blog si parla di emorroidi e aerofagia, quindi...), ma perché può ferire la sensibilità altrui: non tutti vogliono o possono essere genitori e io non amo infierire sui problemi degli altri. 

Però... non ce la faccio. Una roba melensa ed emozionata la devo scrivere (quindi se ritenete troppo repentino lo sbalzo dall'horror allo spietatamente zuccheroso, siete autorizzati a saltare questo post e a passare direttamente alla prossima minchiata che mi verrà in mente).

Perché sentire questa cosetta che si muove nella pancia, non ha davvero prezzo. Vorrei rinascere donna altre diecimila volte solo per avere la possibilità di provare questa sensazione, di stupirmi ogni volta che la consapevolezza di avere una vita dentro mi colpisce come una mazza ferrata sulle ginocchia. Che infatti un po' si piegano e, posso giurarlo, visto il peso che sto corpicino (seee, lallero!) ha messo su, raddrizzarle non è impresa facile.

Così mi ritrovo a sorridere come una deficiente alla mattina appena sveglia, nonostante la vescica gonfia come un otre, la sciatica che urla pietà e altri due o tre fastidietti che non vi elenco solo per decenza.

Tutto mi scivola di dosso come se fossi cosparsa di olio caldo, il cuore in una nuvola di zucchero filato, la testa immersa nell'odore di latte e biscotti, le mani tremanti a prendere la misura di questo batuffolo ancora da scoprire. Mi perdo in mille "come sarà" e un milione di "chissà se".

In macchina invece di inveire contro il traffico tutto e qualche automobilista in particolare, le racconto storie e pezzi della mia storia, che non si sa mai sedimentino nel suo inconscio e le evitino inutili sofferenze. 

Guardo questo mio corpo che non riconosco a tratti affascinata e a tratti terrorizzata. 

E so per certo che la mia vita non sarà mai più la stessa.

 

 

 
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