Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 27 Aprile 2006 da picopacoO

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Ridare dignità agli insegnanti

Post n°1 pubblicato il 26 Aprile 2006 da picopacoO
 
Tag: Scuola

Sono un insegnante di scuola media superiore. Vorrei esprimere una riflessione a proposito di ridare dignità ai docenti come diceva qualche settimana fa Prodi nel confronto televisivo con Berlusconi.
L’uomo non è nato per vivere solo. Oggi l’uomo si sente solo. L’istituzione scuola, e con essa noi insegnanti, è stata lasciata sola a portare, tutta intera, la responsabilità della mancanza di serietà, interesse e impegno nei ragazzi.
Anche i genitori dei nostri alunni si sentono soli e non sapendo o non volendo dare risposte adeguate allo stato di precarietà in cui si vive, si rivolgono alla scuola e non sempre con un atteggiamento di collaborazione, per cercare insieme a noi le risposte più consone da dare ai loro figli, ma quasi a pretenderle. Se si fallisce la responsabilità è solo nostra e di nessun altro, quasi che in questa società c’è solo la scuola e non anche la famiglia, la parrocchia, associazioni varie ecc.
Il loro è un atteggiamento tipico dei fanciulli e cioè quello di voler scaricare su altri parte o tutta la propria responsabilità. È chiaro che questo pensiero vale anche per noi nei confronti dei genitori.
Possiamo ben poco se non cambia la società tutta. Con i ragazzi, noi ci stiamo in media 2h al giorno ciascuno, nulla a confronto delle 10 – 12 ore che vivono altrove.
Eppure ci prodighiamo, non li lasciamo mai soli perché sappiamo bene cosa significhi restare soli, forse lo facciamo in modo paternalistico, forse dovremmo essere più esigenti, ma vivaddio la sentiamo tutta la nostra responsabilità, anche perché nessuno ci fa sconti.
Siamo figli di questo modo di pensare e di vivere per cui parecchi di noi, essendo caratterialmente insicuri tentano, a volte, di scansarla quella responsabilità che ci viene buttata addosso, specialmente quando ci troviamo in una classe più o meno “agitata” e non sappiamo che pesci pigliare.
Non abbiamo più autorevolezza!.
Ci sentiamo soli, frustrati, imbelli anche perché, magari, avendo agitato un po’ le acque di questa palude, ci siamo ritrovati alla fine del quadrimestre con tante insufficienze. Il nostro sforzo non è stato capito. Vogliono solo buoni voti. Come i loro genitori non vogliono mettersi in discussione, tanto c’è la raccomandazione. E chi non ce l’ha?.
Come se non bastasse, poi, una volta in Consiglio di classe c’è sempre qualche collega più “bravo?” che ti fa sentire ancora più frustrato e insicuro. Ne usciamo certi di aver sbagliato tutto.
Diciamo solo a parole di voler perseguire lo stesso risultato. Tanti di noi, e ditemi che non è vero, per il quieto vivere lasciano andare le cose così come la maggioranza vuole.
Non c’è solidarietà tra di noi. Ci sentiamo in competizione; per cui dobbiamo fare bella figura e non ci accorgiamo che oramai la nostra funzione non è più quella di trasmettere conoscenze e sapere ma soprattutto quello di “attrezzare” i ragazzi a vivere in questo mondo. Ci si chiede di ricoprire un ruolo più vasto: onnicomprensivo.
Quelli di noi che vogliono occuparsi d’altro, oltre all’insegnamento, si chiamavano “funzioni obiettivo” o come si dice oggi “funzioni strumentali”. Siamo diventati cioè una funzione, uno strumento, chissà forse un computer!.
Inoltre il mondo del lavoro ci chiede, sempre con più insistenza, di cambiare di insegnare a scrivere cose pratiche. Ci chiedono di insegnare a scrivere un curriculum, una lettera commerciale e la scuola, che vuole essere la prima della classe in questa società in cui è additata come un covo di scansafatiche, si adegua. Per cui non si insegna più l’Iliade, l’Odissea ecc. Noi abbiamo imparato a scrivere facendo commenti e riassunti di quei passi così belli e avvincenti. Quanto sentiranno più parlare i nostri ragazzi di Dante, di Omero ecc. se non lo fanno a scuola?
Siamo soli e senza quattrini. Ci hanno tagliato tutto. Non abbiamo più neanche i fogli per stampare la traccia di un compito in classe. Ci stanno mettendo l’uno contro l’altro per cercare di accaparrare quanto più possibile dal fondo d’istituto e così via.
Noi invece abbiamo bisogno di sentirci dei cittadini con i propri diritti e doveri. Non chiediamo nient’altro se non quello di poter svolgere il nostro lavoro in un ambiente sereno e tranquillo.
Non è vero che non vogliamo aggiornarci. Lo facciamo e lo vogliamo continuare a fare privilegiando soprattutto i contenuti e le tematiche disciplinari con adeguati approfondimenti per essere più padroni della disciplina. Diceva Vendola, qualche settimana fa, che nel confrontarsi con gli altri dobbiamo partire dalle nostre debolezze perché solo così ci potremo completare.
Insomma, in questa situazione, non siamo solo noi a doverci mettere in discussione perché l’insegnante non vuole e non può accettare di diventare il capro espiatorio di tutti.

Papappicco Pasquale

 
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