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Il teatro visto da Enrico Fiore

 

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Cimarosa in vacanza con Lavezzi

Post n°506 pubblicato il 08 Dicembre 2011 da arieleO
 

La spiritosa scena di Nicola Rubertelli ci mostra un inconfondibile villaggio vacanze, completo di ristorante, boutique, ombrelloni, sdraio e patito di stretching. Vi si aggirano, tanto per dire, un Don Corbolone che indossa la maglietta di Lavezzi e un Marchese Castagnacci che, munito di pinne, fucile ed occhiali, sembra uscito direttamente dalla canzone di Vianello. Ma il classico cartello a forma di freccia avverte che la spiaggia è lontana 4800 metri. E dietro gli stucchi e i balconcini del villaggio fanno capolino lamiere e graffiti, segni non meno inconfondibili di un cantiere edile o di una baraccopoli.
   Insomma, Paolo Rossi - regista dell'allestimento de «Il marito disperato» di Cimarosa che il San Carlo presenta nel Teatrino di Corte di Palazzo Reale - mette in campo ancora una volta gli stilemi che gli sono abituali, la contaminazione dei linguaggi e lo spiazzamento degli spettatori. E tuttavia, mai come in questa circostanza s'è inverato il prezioso aforisma di Hofmannsthal: «Bisogna nascondere la profondità. Dove? Alla superficie». Perché, ben oltre le scherzose invenzioni formali, il decisivo e importante approdo di Rossi sta nell'analizzare e sottolineare ciò che la gran parte degli esegeti di Cimarosa ha trascurato: il rapporto fra la comicità e i caratteri fondanti della partitura.
   Del resto, nessuno meglio di lui ci poteva riuscire. Quel rapporto, infatti, si basa sull'eccellenza della strumentazione da un lato e sulla ricerca costante dell'effetto scenico dall'altro; ed è, poi, un rapporto che si esalta nella fusione della concretezza con l'emotività. Di qui, per quanto riguarda il primo aspetto, le incursioni di Rossi nel duplice ruolo di servo di scena e di regista in scena, un po' alla maniera di Kantor; e, per ciò che concerne il secondo, l'accostamento - appunto - del perverso consumismo vacanziero e dell'innocente passione sportiva.
   I due aspetti, infine, si traducono rispettivamente nel ricorso agli espedienti poveri ma efficacissimi della Commedia dell'Arte e in un'accensione fantastica spinta fino all'iperbole surreale. Così, per fare solo due esempi, la conclusione delle risibili peripezie del marito di Cimarosa, disperato perché afflitto da una gelosia tanto irrefrenabile quanto immotivata, trova come «deus ex machina» - a rappresentare il mare che arriva a sommergere tutti i personaggi schierati alla ribalta - un velo trapunto di pesci da libro di favole; e la scena dell'«Oh, che notte tetra e bruna» si trasforma in un'autentica tempesta di neve, a un certo punto attraversata da un imprevedibile pinguino e corredata, in video, dallo stesso Paolo Rossi che, a torso nudo, si cala nella parte di un «weather man» alla Buster Keaton.
   Inutile, a questo punto, sprecare parole sull'aderenza a un simile impianto registico della direzione d'orchestra di Christophe Rousset e della prova che forniscono gl'interpreti: primo fra tutti, ovviamente, Bruno Praticò (Don Corbolone) e, via via, Maria Grazia Schiavo (Gismonda), Filippo Morace (il Conte Fanfaluchi), Annalisa Stroppa (Dorina), Alfonso Antoniozzi (Castagnacci), Maria Laura Martorana (Eugenia) e Shi Yijie (Valerio). Alla «prima» successo pieno, con franche risate e applausi conditi con l'attestato di «bravi».

                                             Enrico Fiore

(«Il Mattino», 8 dicembre 2011)

 
 
 
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Data di creazione: 16/02/2008
 

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