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Una Lolita fatta solo di parole

Post n°719 pubblicato il 18 Giugno 2013 da arieleO
 

Mettiamolo subito in chiaro: «Lolita» - l'acuto spettacolo di Babilonia Teatri presentato dal Napoli Teatro Festival Italia nel museo ferroviario di Pietrarsa - si riferisce non alla trama del romanzo di Nabokov, ma al significato decisivo e onnivoro nascosto sotto la sua superficie.
   Infatti, Lolita, la ninfetta per antonomasia, non esiste: o, meglio, esiste soprattutto in quanto metafora degli Stati Uniti, dove il russo Nabokov s'era trapiantato, e dell'idioma a lui «straniero» (sotto ogni profilo) che giusto per ritrarre gli States lo scrittore nato a Pietroburgo aveva dovuto adottare. Lo stesso Nabokov, d'altronde, confessò che «il vero senso» del suo romanzo «è che si tratta di un affare amoroso tra l'autore e la lingua inglese».
   Dal canto suo, Humbert Humbert non potrebb'essere più esplicito quando esclama: «Oh, mia Lolita, io non ho che le parole da far giostrare sulla scena!». E proprio di quella sua esclamazione costituisce un eco la frase che una voce registrata rivolge alla Lolita di Babilonia Teatri: «Sei le parole che ti hanno detto».
   In breve, qui abbiamo una bambina (l'undicenne Olga Bercini) che incarna un'epifania del linguaggio come «corpo verbale» di Sartre. Nella quotidianità non ha che lo sfogo futile di saltare sulla corda, eseguire delle mosse di karate, cantare dietro un microfono. Perché la sua vera realtà e la sua vera vita stanno nel testo che gli autori e registi Valeria Raimondi ed Enrico Castellani le hanno cucito addosso come una seconda pelle: un testo che, per l'appunto, consiste in un gelido e crudele catalogo di tutte le frasi fatte e di tutte le imposizioni moralistiche che soffocano l'infanzia di oggi.
   Alla fine si scatena l'apocalittico e granguignolesco racconto del suicidio della ragazzina. Ed ecco il colpo d'ala dello spettacolo, la splendida idea che chiude il cerchio. La morte autentica di questa Lolita avviene quando, sul fondale, alle parole si sostituiscono dei muti segni d'interpunzione: «!!! :(».

                                                      Enrico Fiore

(«Il Mattino», 18 giugno 2013)

 
 
 
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