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Un blog creato da amalia_licht il 22/05/2011

Corpo in frammenti

Il "voler avere qualcosa in cambio" è una scusa, è il tentativo bulimico di supplire e riempire un fondo già e sempre bucato.

 
 

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Storia seconda. Lei

Post n°2 pubblicato il 29 Maggio 2011 da amalia_licht

 

"Il ragno credendo trovar requie nella buca della chiave, trova la morte."

Leonardo da Vinci

Le tentate soluzioni hanno la forza di consumare - un po' alla volta o in un sol colpo - le probabilità di risolvere un problema o di raggiungere un obiettivo: accecano, fino a farci diventar muti e sordi, la nostra capacità di riconoscere, definire e concordare.

Ho mollato. Già mi chiedo se anche questo non rientri esattamente nell'ennesima soluzione disfunzionale, il cane che si morde la coda.

 

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Commenti al Post:
paratattico
paratattico il 29/05/11 alle 14:11 via WEB
Non conosco il caso. Ma mollare a volte è un semplice atto di saggezza. Esiste un limite, al di là delle soluzioni, che è quello dell'autoconservazione.
 
 
amalia_licht
amalia_licht il 29/05/11 alle 20:14 via WEB
Già so (o spero) che mollare prevede poi un nuovo prendere. Il che mantiene in vita il perverso gioco della mia (solo mia?) mente.
 
hscic
hscic il 30/05/11 alle 23:15 via WEB
Qualcuno ha detto che le soluzioni a zero errori non esistono e che una soluzione imperfetta ma in tempo diventa automaticamente la miglior soluzione. Non sarei così pessimista in tema di sbagli.
 
 
amalia_licht
amalia_licht il 31/05/11 alle 08:00 via WEB
Le tentate soluzioni richiamano un substrato che si basa su logiche ordinarie, mantengono il problema fisso, immobile...
 
   
hscic
hscic il 31/05/11 alle 14:00 via WEB
Non concordo. Il problema, per quanto irrisolto, rimane sempre, in qualche misura, mutato dalla tentata soluzione. E poi...chi ha detto che le soluzioni tentate richiamino un substrato basato su logiche ordinarie? A volte le soluzioni sono mancate proprio perchè qualcosa ci impedisce di vedere la realtà per quella che è e ciò ci porta ad andare alla ricerca di soluzioni che, essendo fuori dall'ordinario (e spesso dalla logica,) non conducono ad alcuna soluzione. Facciamo l'esempio del suicida per amore. Col suo gesto spera di ferire la persona amata che lo respinge o di dimostrargli il suo amore...ma non funziona perchè l'altro non lo ama ed un gesto così estremo (fuori da una logica ordinaria) non porterà mai all'amore...al massimo alla compassione.
 
     
amalia_licht
amalia_licht il 01/06/11 alle 07:43 via WEB
"Ciò che costruisce una patologia e la mantiene in vita, spesso è proprio ciò che le persone tentano di fare per risolverla. Una tentata soluzione che non funziona, se reiterata, non solo non risolve il problema, ma lo complica, sino a portare al costituirsi di un vero e proprio circolo vizioso, all'interno del quale ciò che viene fatto per cambiare, alimenta invece proprio la persistenza di ciò che dovrebbe essere cambiato. Questo costrutto, formulato per la prima volta dai teorici della Scuola di Palo Alto (Watzlawick e altri, 1974) può essere meglio chiarito mediante un esempio concreto: la persona che soffre di un disturbo fobico cerca usualmente di evitare le situazioni che le scatenano la paura, ma è proprio l'evitare tali situazioni che incrementa la reazione fobica. Ogni fuga, infatti, conferma la minacciosità della situazione evitata e conduce a una nuova fuga sino a che, in virtù di questo circolo vizioso di tentate soluzioni che aumentano il problema, il soggetto fobico giunge a isolarsi in un sottrarsi pressochè totale. A questo punto egli avrà letteralmente "costruito" un disturbo fobico generalizzato. Se poi, come è frequente in questi casi, alla strategia di fuga personale di questo soggetto si aggiunge la tentata soluzione del supporto e dell'aiuto offerto da coloro che vivono intorno a lui, il problema si complica ulteriormente. L'aiuto dato a chi ha paura di affrontare determinate situazioni da parte di persone care che lo accompagnano sostenendolo, ha l'effetto di confermare a questi ancor di più che da solo non ce l'avrebbe mai fatta (Nardone, 1993). La sommatoria di una tentata soluzione personale e di una tentata soluzione relazionale, reiterate nel tempo,, dunque, conduce all'effetto finale di un incremento formidabile della patologia che avrebbe dovuto attenuare. Quello che può sorprendere, è che ciò che guida le persone a reiterare l'applicazione di atteggiamenti e comportamenti disfunzionali non è tanto un freudiano "istinto di morte", e nemmeno una "propensione genetica" alla patologia, ma l'applicare in maniera rigida soluzioni che precedentemente nella loro vita avevano funzionato in problemi dello stesso tipo; solo che una buona soluzione, sullo stesso problema in tempi diversi, può divenire una pessima soluzione; così anche un comportamento adeguato in una determinata circostanza, può essere completamente inadeguato in un'altra decisamente simile alla precedente. Il problema, dunque, sta nel mettere in atto tentativi di soluzione apparentemente adeguati e soprattutto nell'insistere nella loro applicazione anche di fronte al fallimento." G. Mascolo
 
     
hscic
hscic il 03/06/11 alle 01:17 via WEB
Il che conferma che "confermi" il mio commento. Tu hai scritto che una mancata soluzione lascia il problema immutato. Il che non è corretto...poichè lo muta. Io non ho scritto se in meglio o in peggio....ma lo muta. Non mi trovi inevece d'accordo riguardo al fatto che sia negativo mettere in atto soluzioni apparentemente adeguate (inadeguate? ci sarebbe da chiarire questi punto) perchè non tiene conto del fattore tempestività. Partendo dal presupposto che soluzioni a zero errori non esistono, esistono invece possibili soluzioni tempestive, ovvero che seppur affette (scusa la cacofonia) da difetti, magari solo parzialmente risolvono il problema....proprio perchè arrivano in tempo, proprio perchè comunque mutano il problema aprendo la possibilità ad altre successive soluzioni. In realtà una soluzione parziale ma tempestiva costringe, se ci troviamo di fronte ad un problema che prevede una competizione tra parti con opposti interessi, il competitore ad inseguire la nostra iniziativa ponendolo sempre in ritardo rispetto alle nostre azioni e quindi rendendolo sempre più vulnerabile (visto che ami citare John Boyd Patterns of Conflicts 1981).
 
     
amalia_licht
amalia_licht il 03/06/11 alle 08:25 via WEB
Stiamo analizzando il problema da punti di vista differenti io credo. Confermo quello che dici ma non è quello che inizialmente volevo esprimere. La tentata soluzione (disfunzionale per chi la mette in atto) lascia il problema immutato nel senso che non lo risolve (chiaramente qualcosa succede) ma lo rende cronico (Mi sento depressa, bevo -tentata soluzione- per risollevarmi l'umore, entro in un circolo vizioso).
 
     
hscic
hscic il 03/06/11 alle 20:36 via WEB
Molto bene. Non so perchè ma questa conversazione stava entrando in un circolo vizioso.
 
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