Dakarlicious

Un blog di Chiara Barison

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 7
 

 

« Religione e spiritualità...Quando l'hip hop. »

Un'italiana a Dakar parte V- "E quando ti troverai di fronte a Dio, tu, cosa gli dirai?"

Post n°273 pubblicato il 14 Agosto 2012 da djchi
 

"Un passo alla volta mi basta" (Gandhi)

 

 

E’ un agosto lunatico ed incostante quello di quest’anno. Un agosto che calza perfettamente il mio umore grigio. Ho finalmente esibito con orgoglio il mio scettro di Miss Antipatia sfoderandolo ad alternanza a seconda delle mie multiple personalità.

Fin da piccola avevo rifuggito il peso di un’educazione cattolica che si preoccupava più di cio’ che andava fatto che di quello che avrebbe potuto essere creato. Una camicia di forza che stringeva le maglie ad ogni sussulto di dubbio o di questionamento. Ai ribelli spettava la stigmatizzazione sociale di fronte ad un non troppo folto pubblico di paese belante.

Bella idea venire in Senegal. Pensiero comune a tanti migranti sbarcati qui da quei paesi dove tanti senegalesi sognano ancora di poter andare. “L’erba del vicino é sempre la più verde”, mi recitava sempre il babbo, “andare in Giamaica non era più semplice?”, aggiungo oggi io, sospirando.

Sto ancora riflettendo se il fatalismo possa davvero essere considerato come una scusante all’immobilismo che sembra imprigionare tante persone: il nostro destino é già scritto o siamo noi a tracciare il percorso della nostra vita? Il mio raziocinio mi porta a pensare che, se fossi seduta su una sedia in attesa che qualcosa accada, il mio destino sarebbe probabilmente la scoliosi.

Tempo di Ramadan, tempo di espiazione e sacrificio. Un mese sacro in cui credenza popolare vuole Dio chiudere un occhio sui peccati commessi durante l’anno, una specie di tre per due dei nostri supermercati (fai un mese, te ne abboniamo undici, altro che discount cinese). E allora in tanti ci provano, in pochi ci riescono e dall’ardore iniziale si passa al trascinamento faticoso delle ultime settimane. Più volte mi é venuto il dubbio che qualcosa non andasse, che il senso di spiritualià profonda di cui il Ramadan é intriso non fosse davvero capito. Se in questo mese un fedele dovrebbe privarsi di due elementi vitali quali acqua e cibo per elevarsi fino a lui (e dunque poter meditare sul modello gandhiano del digiuno, per intenderci), cosa succede se ci si “ingolfa” (come si direbbe nella bassa padovana) e ci si concentra maniacalmente nell’attesa della rottura del digiuno? Da Londra a Dakar Bolt troverebbe pane per i suoi denti (che potrebbe anche avere un senso metaforico) ad uno sprint salotto-tavolo delle 19-40, rischierebbe pure di arrivare secondo. Dalle televisioni una mediatizzazione costante e ripetuta della religione in ogni salsa (senza la Clerici per fortuna), perché si sa, come a Natale, in tempo di Ramadan siamo tutti più buoni. Ed alcune televisioni, della carità hanno fatto un marketing più che profiquo: come accaparrarsi il monopolio degli ascolti se non comprandoli? E allora via di ricariche telefoniche a chi digiterà più velocemente il codice nel proprio telefonino e cibarie varie elargite a povere ed imbarazzate venditrici di periferia. Una volta si diceva “tira più un pelo di *** che quattro cavalli davanti ad un aratro”, qui si potrebbe deviare con “tira di più la povertà strumentalizzata che un programma educativo”. E allora tutti di fronte questa nuova interessantissima televisione dove pure i presentatori fanno lo ndogou assieme ai telespettatori. Altro che Grande Fratello, noi siamo avanti anni luce. La sera, girando i canali annoiata, una sfilata di religiosi, imam, baye fall urlanti, comizi di signore che alle matrone delle nostre chiese “glie fanno nà pippa”.

Ricordo questa signora che quando ero piccola, la domenica, per la Messa delle 9, era sempre vestita di nero e aveva due enormi seni. Si, avete capito, quei seni che potrebbero essere in una delle tante riviste americane dal titolo “grandi tette” o “tette grandi” (per il “culo grosso, grosso culo" invece non smettero’ mai di ringraziare Simona e il suo suggerimento musicale made in Brescia, quando l’hip hop dà voce anche a chi non ce l’ha – e se non ce l’aveva un motivo ci sarà pure stato). Questa signora monopolizzava il momento della raccolta delle elemosine e della lettura del Vangelo, perché come in ogni parrocchia che si rispetti la concorrenza tra più o meno attempate pensionate era alle stelle, manco fosse stato presenziare al matrimonio di William&Kate. E lei era sempre li’, ogni domenica, dal pulpito a leggere, le enormi tette appoggiate delicatamente tra il marmo e il libro sacro o a raccogliere le elemosine con sempre le sue enormi tette ad altezza ombelicale che si proponevano arroganti e minacciose che neanche il più insistente dei bayfall sarebbe riuscito nella sua stessa impresa. La signora vestita di nero dalle tette enormi riempiva il cestello perché tutti, pur di sbarazzarsi di quella presenza ingombrante, si affrettavano a sganciare pero’ sempre con la mano e le lire belle in vista (perché si sa, la spiritualità va bene ma quello che pensano gli altri di chi dà o si mostra di più, é meglio).

“Il Ramadan é il periodo più difficile per l’economia delle nostre famiglie” tuonava in wolof una signora senegalese appropriandosi del microfono del giornalista di turno. In questo periodo tutte le spese aumentano e questo perché si deve dare il “sukkerou koor” al grande, enorme, immenso parentado che, in tempo di festività, moltiplicano come il pane e i pesci di Gesù. Cultura impone che si debba elargire a suocera, alle sempre presenti sorelle e cugine di cibarie varie, tessuti, soldi in modo da sembrare più buoni, più belli, più generosi, più spirituali, più musulmani. Come nella Chiesa dove venivo bacchettata per il troppo chiacchierare, anche qui i doni, più grandi sono meglio sono accolti e meglio sono accolti i doni, più alta sarà la considerazione di chi li ha fatti di fronte tutta la famiglia.

“Quest’anno ho perso il lavoro e non ho potuto dare nulla a mia suocera e lei ha detto a mio marito che dovrebbe prendere una seconda moglie” si lamentava un’altra signora con lo stesso giornalista. Alle volte le cultura é la più ipocrita delle scusanti ed io devo ancora capire l’obbligo del dare che ha impregnato questa società fino a mandare in analisi giovani senegalesi emigrati con attacchi di panico da ritorno.

Eppure Dio guarda e osserva e prende appunti come neppure Levi Strauss per i suoi Tristi Tropici. “Cosa farai quando ti presenterai davanti a Dio?” mi ha chiesto qualche tempo fa Assane ancora immerso nel suo periodo da praticante integralista “ad un certo punto lui ti dirà: non conoscevi Gesù? E Maometto?’ e tu cosa gli dirai?". Ci ho riflettuto un attimo, poi ho sussurrato, gli diro' “Assalamalekoum!”. Ad Assane gli ci sono voluti un paio di minuti e, come il prete della mia parrocchia, ha appeso lo chapelet (o il rosario, a seconda) al chiodo.

Seduta davanti all’edificio Kebé, un palazzo storico del centro città “di uno che é diventato ricchissimo”, come sottolineano sempre i senegalesi, discutevo sola ad alta voce, sistemandomi il ciuffo biondo che fa tanto Malgioglio. Ad un certo punto ad un incrocio una rissa improvvisata tra tassisti. Li ho osservati curvando la testa di lato e, per un’istante ho rivisto me, in tutta la mia insopportabile irruenza.

E se questo periodo di Ramadan servisse a me per osservare che cio’ che appare altro non sono che meccanismi sociali in cui io stessa sono soggetto attivo? E se provassi per una volta a digiunare? E se riuscissi per una volta a sorridere di fronte ad una provocazione? E se riuscissi a coltivare il mio lato spirituale? E se mi lasciassi andare per una volta a questo scorrere del tempo e della vita e mi sedessi nell’attesa che qualcosa accada? Perché, Iin fondo, come diceva Gandhi, “acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non verrà accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza”.

 

 


 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

INFO


Un blog di: djchi
Data di creazione: 02/04/2009
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

will_kein_engel_seindjchiandrea.degancassetta2bitsavageeverypippompt2003dsaasfasgdfgkama61Martina_MilitoCoulomb2003Cosmic_Baronstum_1valfer96lauraregina.gallo
 

ULTIMI COMMENTI

Che meraviglia
Inviato da: cassetta2
il 18/01/2024 alle 20:54
 
salve, casualmente sono finita in questo blog. sarei molto...
Inviato da: stefania krilic
il 21/09/2019 alle 07:17
 
Cara Consy, vedi messaggio sotto.
Inviato da: djchi
il 11/09/2019 alle 13:08
 
Cara Elisa, molte storie hanno tratti comuni e non è facile...
Inviato da: djchi
il 11/09/2019 alle 13:07
 
Consy, mi spiace rispondere con tale ritardo ma non mi era...
Inviato da: djchi
il 11/09/2019 alle 13:05
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963