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« La separazione ripensata...Roulotte e fisarmoniche.... »

Perché io ti amo. Io, moglie italiana. Perché io ti amo. Io, moglie senegalese

Post n°216 pubblicato il 22 Febbraio 2011 da djchi
 

 

Ho scritto questo post che racconta gli sfoghi che raccolgo quotidianamente di donne italiane e senegalesi. Donne unite dall'amore e dal dolore. No, non chiedetemi se soffre di più una donna bianca o una donna nera. E non chiedetemi se ama di più una donna italiana o una donna senegalese. Io osservo e ascolto ma non ho la risposta che fa per voi, italiane e senegalesi. Io che in fondo vivo a cavallo tra due mondi e che sono un pò l'una e un pò l'altra, che ho amato e sofferto a mia volta. Ognuna di noi coltiva dentro il suo cuore la grandezza del suo amore, la purezza e l'onestà del sentimento verso l'amato. E allora ama l'italiana che condivide la quotidianità accanto ad un marito, spesso privato delle libertà e ama la senegalese che aspetta, aggrappata a una telefonata, le mani immerse nell'acqua fredda e le giornata piegata a mescolare il riso. Amate entrambe piccole, grandi donne e spesso amate lo stesso uomo che a sua volta ama e mente ad entrambe. Forse è proprio quest'uomo che dovreste rimettere in discussione e il suo amore, troppo egoista o forse solo l'amore di un cuore prigioniero di due mondi e che, immaturo, non sapendo scegliere, vi sceglie entrambe, amando a suo modo. Storie di infinite guerre tra donne che costanetemente odiano le donne e forse dovremmo invece cominciare ad amarci, noi donne, coraggiose amanti, combattenti di un sentimento che spesso spaventa entrambi. E allora no, non vi risponderò quando mi chiederete di darvi ragione e nemmeno quando vi arrabbierete se con te, donna italiana, difenderò la donna senegalese e se con te, donna senegalese difenderò la donna italiana. Io ho visto solo tante lacrime e se riuscissi a vedere il colore di queste lacrime, solo allora, forse potrei rispondere a ciò che mi chiedete da anni, chi ama di più. Sì, il colore delle lacrime risponderà a tutti i vostri quesiti.

 

Sono quasi le nove di sera e a Milano fa un freddo boia. Febbraio, tieni duro Sara, la primavera è vicina. È stato un inverno rigido e il tempo uggioso e grigio ha accompagnato giorni penosi in cui il mio cuore ha rischiato di esplodere. Seduta in cucina aspetto che Mamadou ritorni e intanto accarezzo la pancia, in fondo questo bambino è un dono. Deve essere così, ogni bambino quando arriva lo è. E io a Mamadou ho dato tanto, l'ho amato come probabilmente nessuno ha fatto mai, né i suoi genitori, troppo occupati a chiedere, né i suoi amici senegalesi, troppo preoccupati a parlare, né di sicuro lei. È no, non volevo piangere ancora, sono mesi che piango, che soffro, sapendo che nella nostra vita c'è lei. Io che poi non la conosco neppure e lei è arrivata all'improvviso, come un lampo in un cielo limpido. Non avevo mai dato peso alle telefonate, come potevo pensare che quella voce di donna non fosse una tua sorella o cugina, come tu dicevi. Da noi le cugine sono cugine, non ci si sposa tra cugini e poi i genitori non impongono niente. Poi quelle foto, dopo il tuo viaggio in Senegal. Dicevi mi ci avresti portato, prima o poi, invece tu sei partito solo e felice. No, non sono egoista, ho capito la gioia del tuo rientro a casa, dopo tanti anni in cui non ti è stato possibile rivedere tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli e le tue sorelle. Ti ho accompagnato nella tua preparazione alla partenza, un lungo, interminabile rito e il tuo sorriso e la tua gioia. Mi dicevi: "ti amo, vedrai, quando il prossimo anno andremo assieme, sarà bellissimo". E io ti credevo. Io che ti ho amato con tutta me stessa. Ho litigato con i miei genitori per stare con te, ma che importava? Per noi l'amore è saper dare, oltre ogni misura, anche oltre il proprio io. Le voci dei miei erano rumori lontani, dovevano accettarti perché tu, per me, eri l'amore della mia vita. E io sono stata lì per te, quando soffrivi, quando eri senza nulla, quando piangevi, quando avevi bisogno di un abbraccio. E quante volte ho aiutato la tua famiglia e parlato con tua madre. Ti ho aiutato a scegliere i regali, borse e scarpe e tu mi dicevi sarebbero state per le tue sorelle. Non avrei mai immaginato sarebbero state per lei. E quelle foto e quanto dolore, lei, bellissima nel suo vestito da sera e le sue parole, quel "je t'aime" caduto come ghigliottina sul mio cuore. Come avevi potuto cancellare tutti gli anni passati assieme in due mesi? Come hai potuto sposarla, quella cugina che mi passavi al telefono e con cui parlavo, e farci pure l'amore e tornare da me, di nuovo, per fare l'amore anche con me e poi ancora, piangere e chiedermi scusa.

Io ti ho amato e adesso c'è lei tra noi, mi dici che tua madre ti ha costretto, e io non ti capisco, non posso capirti perché no, tua madre non può averti costretto ad andarci a letto, no. E guardo ancora la sua foto, certo lei può permettersi di essere così bella, lei che non lavora e che aspetta i nostri soldi ogni mese, lei che ti vede due mesi all'anno e che non sa che l'amore è condivisione, quotidianità. A volte penso davvero di odiarla, lei che è andata a letto con mio marito che se non fosse stato per me non avrebbe mai potuto tornare e che, tra bin bin e thiouraye, se l'è preso e no, mi fa male e piango a pensarvi assieme e i baci e le carezze e il gesto supremo dell'amore che ci ha legato, me e lei perché dividiamo lo stesso uomo. Come vorrei riuscire a lasciarti, cristo santo ma non riesco, io che ti amo e non come lei che ama ciò che hai e che non soffre e che fa la bella vita lì, aspettando di rivederti l'anno dopo, sempre bellissima. Ma in fondo so che ciò che ci lega è speciale. Il nostro è vero amore e questo bambino ne è la prova e poi anche tu me l'hai detto, sì, tu me l'hai detto che non la ami, che ti hanno costretto, che in fondo devo essere contenta che io ti vedo dieci mesi all'anno e che lei non conta niente per te. Sì, in fondo è così. Io e Mamadou siamo legati a vita, se solo lei sapesse il nostro dolore. Il nostro grande amore.

 

A Dakar sono le 21 e stranamente anche qui fa freddo. A Pikine sempre il solito brulicare di gente e i car rapide e lo smog e le donne che vendono i panini lungo la strada. A casa di Mamadou il solito via vai di gente e la mamma, avvolta in un gran bùbù aspetta la cena. Che noia, non ho nessuna voglia di uscire ma che posso fare? Devo preparare il thiakry per tutti, in fondo è il mio dovere di moglie, Mamadou me l'ha detto, se voglio che lui si prenda cura di me, io devo prendermi cura della sua famiglia. Nessuno deve chiamarlo per lamentarsi, altrimenti i problemi saranno miei. Sua mamma è una vera sorcière, non le va mai bene nulla, né come cucino, né come lavo. Mia madre me l'aveva detto che la mia gorò era complicata, ma che ci possiamo fare, questo è il destino di noi donne, piacere e compiacere. Dobbiamo piacere a tutti e servire, se non vogliamo soccombere. Sono sempre stata innamorata di Mamadou, che bello è mio marito. L'ho aspettato per tanti anni ma lui mi chiamava sempre dall'Italia e mi diceva che mi avrebbe sposato. Ho lasciato tanti spasimanti per lui. Ho aspettato nonostante non mi inviasse nulla, diceva che lì era difficile ma che un giorno, Inch'allah, tutto sarebbe andato per il meglio. Certo, il mio lavoro nel negozio da parrucchiera di mia sorella non mi dà molto ma aiuta. La mia vita è difficile, pensavo il matrimonio avrebbe completato il mio essere donna, invece è solo pena e dolore. Piango e mi dico, Astou, fatti forza, prima o poi Mamadou tornerà. Me lo dice sempre anche mia mamma. Ci sono passate in tante e gli uomini tornano sempre da noi, tornano sempre alla loro terra. Ora è difficile, mi alzo presto per preparare e pulire la casa e col pancione non è facile. Anche quando ho male stò zitta, se devo chiedere soldi alla mia gorò deve essere solo in caso di urgenza, lei pensa che io voglio i soldi del figlio e allora mi mordo le labbra quando mi fa male la pancia. Questo bambino è un dono di Dio. Ogni bambino lo è e lui è speciale, è il frutto del nostro amore, mio e di Mamadou. Corro nel buio, voglio tornare a casa presto, portare da mangiare a tutti e mettermi in camera, nell'attesa della tua chiamata. Il telefono ci fa sentire meno distanti e la tua voce e il tuo dirmi ti amo che rendono questi giorni meno freddi, meno grigi. No, non volevo piangere, mia mamma mi ha detto di essere forte, che gli uomini non amano le toubab, ci stanno per interesse. Ma la sua foto mi ha fatto male e la sua voce e tutte le chiamate. Lei non ti ama come ti amo io, lei ti ha tutto il tempo per sè, lei può venire con te in Senegal, è libera, lei non deve fare da serva a tutta la tua famiglia, non deve chiedere nulla a tua madre, lei può sbagliare senza rischiare di perderti. Io ti amo Mamadou, perché mi hai fatto questo? Perché hai sposato una toubab? E io che stupida che sono, non dovevo ascoltarti, non dovevo smettere di studiare e credere alle tue promesse, che saresti stato sempre qui per me, che ti saresti preso cura di me. Dove sei ora? Ho le mani che mi fanno male, l'acqua è gelida e oggi il bucato è stato tanto, ma tutti mi dicono di sopportare, che tu un giorno tornerai e vivremo davvero come marito e moglie, e in fondo sì, come mi dici sempre, la lascerai prima o poi e vivremo felici con questo bambino. Perché io ti amo. Sì, solo io ti amo davvero e non quella donna lì.

 

 
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