Accise facili?

Post n°62 pubblicato il 03 Giugno 2012 da unmuronelcuore
 
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Ecco una delle cose che non mi soddisfano nell'operato del governo Monti: l'accisa di 2 centesimi aggiunta al prezzo dei carburanti con il decreto "Terremoto".

La prendo un po' alla larga. Chi mi conosce sa che cosa penso di noi Italiani: presi uno per uno siamo tanto bravi, come popolo facciamo pena. Detto in un altro modo: come popolo abbiamo un'atavica tendenza a delegare, senza troppo sottilizzare, il governo della cosa pubblica, in cambio di piccoli benefici a breve termine. Credo che sia un retaggio della nostra storia di grandi decaduti, che tentiamo di volgere in positivo con la nostra famosa "arte di arrangiarsi". Nello spirito dell'intestazione di questo blog distinguerò i fatti (in corsivo) dalle mie opinioni.

Dopo il crollo dell'impero romano siamo stati prima terra di conquista e poi mosaico di stati e staterelli (dall'Italia dei Comuni del XII e del XIII secolo in poi). Non a torto il Cancelliere austriaco von Metternich, durante il Congresso di Vienna (1814-1815) pronunciò la famosa definizione «L'Italia è un'espressione geografica». Precisamente disse «La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle» (qui, nella sezione “Metternich e l'Italia”). L'opinione di von Metternich mi sembra una fotografia precisa del momento storico.

Siamo una nazione giovane: abbiamo conquistato la nostra capitale appena nel 1870; i nostri confini sono stabili dal 1975 (Trattato di Osimo), se si escludono alcuni successivi accordi con la Svizzera (per chi è curioso).

Siamo un popolo giovane, direi adolescente, con il comportamento irrazionale e anarcoide di un adolescente: vogliamo essere liberi ma preferiamo che i nostri problemi più grossi li risolva qualcun altro (i nostri genitori, i nostri politici), non importa come.

Sì, i rivoluzionari risorgimentali coltivavano un sogno che si è realizzato anche in fretta, nel giro di circa 70 anni, ma parzialmente. Come scrisse Massimo D'Azeglio già nel 1891, «Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani» (“I miei ricordi”).

É mia ferma opinione che per fare gli Italiani c'è una sola strada: cultura, cultura, cultura. Solo la cultura ci fornisce una memoria condivisa (da dove veniamo), la consapevolezza (chi siamo) e l'impulso a crescere (dove andiamo). Per questo è necessario investire nella scuola – certo, la scuola è un investimento, il più importante: l'investimento sul futuro dei nostri figli e quindi, sul nostro futuro come popolo.

E veniamo agli “Italiani brava gente”, che io considero una generalizzazione di chi ci ha conosciuto come persone, come famiglie, come gruppi ristretti. Come dicevo, presi uno per uno siamo tanto bravi: cordiali, ospitali, generosi – con le debite e ovvie eccezioni, ma siamo fatti così. Però non è una caratteristica esclusiva di noi Italiani: ho viaggiato un po' ed ho trovato cordialità, ospitalità e generosità in Francia come in Austria come in Belgio. Perciò non sono cose di cui dobbiamo particolarmente vantarci: io sono convinto che siano caratteristiche tipiche del genere umano (tracce nei miei post del 1° e del 9 gennaio 2010).

Come che sia, abbiamo dato più volte dimostrazione di solidarietà nei momenti più drammatici, in occasione di altri terremoti o comunque di disastri naturali; nell'affrontare la perenne emergenza immigrati, dai primi Albanesi agli ultimi reietti africani (per inciso, nel sud continuano ad arrivare barche cariche di disperati); stringendoci al fianco delle vittime di feroci assassini, che siano criminali o terroristi o squilibrati.

Insomma, nel caso di quest'ultimo terremoto credo che in tanti facciamo la nostra parte, dal modesto sms al versamento di un contributo all'intervento diretto sul posto, offrendo la propria disponibilità (tempo, braccia, abilità professionali, mezzi, viveri eccetera eccetera). Aggiungere una nuova accisa, sia pure di soli 2 centesimi, al prezzo dei carburanti non mi sembra una grande idea: perché è un ulteriore sacrificio imposto a tutti – e sentiamo di non meritarci ulteriori imposizioni; perché sui carburanti gravavano già poco meno di 40 centesimi di accise, la più vecchia delle quali, sia pure di poco meno di un millesimo di euro, risale alla guerra di Etiopia del 1935/36 (la lista completa qui).

Alla fine, penso che proprio in quest'ultima ragione risieda la causa della generale insofferenza. La domanda legittima è: sarà mai tolta quest'ultima accisa? La risposta legittima che ci diamo, dati i precedenti, è: no. Se Monti togliesse dai carburanti le accise più vecchie, diciamo quelle imposte dal 2005 indietro (sono poco più di 25 centesimi) il suo governo diventerebbe il più popolare che si ricordi. Ma dubito che lo farà, di questi tempi.

Ho provato a fare due conti, basandomi sui dati di aprile forniti dall'Unione Petrolifera italiana: sono stati consumati 2,6 milioni di tonnellate di carburante di cui 0,7 di benzina e 1,7 di gasolio, a cui si aggiungono 0,1 milioni di tonnellate di GPL. Poiché 1 litro di benzina è pari a 0,72 kg, 1 litro di gasolio è pari a 0,845 kg e 1 litro di GPL è pari a 0,52 kg, risulta che l'accisa di 2 centesimi corrisponderebbe (ad aprile non c'era) a un gettito di poco meno di € 42.300.000 (il Codacons sostiene che il gettito sarebbe di € 1.000.000.000 l'anno, ma i conti non mi tornano: chi sbaglia?). Diciamo che in un mese si possono ricavare una quarantina di milioni. Considerati i danni causati dal terremoto, direi che non sono tanti: coprirebbero forse le necessità più urgenti, certamente non la ricostruzione. Qualche idea alternativa a un'accisa per recuperare un'analoga quantità di denaro? Ma qualcosa di concreto, non, per esempio, un caccia bombardiere in meno: ci sono contratti firmati da tempo, magari cerchiamo di non concluderne altri, sono d'accordo, ma qui servono soldi subito.

Personalmente sono pessimista. Il solo modo di recuperarli sarebbe tagliare uno dei mille sprechi di cui siamo tutti testimoni. Senonché il ministro Giarda ci sta già provando, ma quei risparmi sarebbero destinati al bilancio ordinario, non all'emergenza. E poi, ci riuscirà? Siamo tutti pronti ad additare gli sprechi altrui; siamo altrettanto pronti a riconoscere i nostri?

Mi rendo conto che sono partito dall'insoddisfazione ma non sono in grado di suggerire un'alternativa reale. Ignoranza o mancanza di fantasia? Be', provate a scrivere nella riga di ricerca di Google “alternative all'accisa sul terremoto”: io ho trovato solo proteste e proposte vaghe o improbabili. Certo, come dice Susanna Camusso, la Cassa Depositi e Prestiti ha la liquidità per anticipare i soldi necessari, ma dove li recuperiamo poi? Non è sufficiente richiamare la lotta all'evasione fiscale e dire “si cerchino risorse dove ce n'è di più”: specificare, prego.

Temo che la coperta sia troppo corta: tirarla da una parte ne scopre un'altra. Stiamo pagando le conseguenze di una vita da cicala.

 
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Che cosa penso di Monti

Post n°61 pubblicato il 01 Giugno 2012 da unmuronelcuore
 
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A costo di deludere (ipotesi minima) o di far arrabbiare (ipotesi - spero - massima) qualche amico, voglio dire in breve quello che penso di Mario Monti e del suo governo.

Dobbiamo essergli grati per aver accettato quell'incarico, sapendo perfettamente che gli avrebbe portato insulti, disprezzo, odio eccetera. Lo ha fatto per senso di responsabilità nei confronti del suo Paese, per rispetto verso un vecchio Presidente a cui erano rimasti pochi santi a cui votarsi, per l'orgoglio (perché no?) di vedere riconosciute le proprie capacità, per l'enormità del compito (certamente non sottovalutato) e della sfida.

Come dice John Belushi/Bluto Blutarsky in una scena di Animal house, "quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare". Sì, perché questo signore distinto e sobrio (parola simbolo), dall'aria di professore pedante e noioso, deve avere la tempra dell'acciaio, considerate le pressioni a cui è sottoposto. Ha raccolto dalle mani improvvide e inerti del suo predecessore la macchina di un'Italia sull'orlo del baratro e, con determinazione, ha dato una secca sterzata.

Posto che nessun governo potrà mai accontentare tutti (ed io per primo non sono del tutto soddisfatto), si è subito dato da fare. Certo, ha preso i soldi dove era più facile, ma lo ha fatto per la buona ragione che servivano subito. Perché è un problema far pagare i ricchi: bisogna prima scovarli. E non si può dire che non ci stia provando, visti i ritmi degli accertamenti. Perciò invece di lamentarci diamogli una mano, esigendo ricevute fiscali, scontrini e fatture: i soldi che "risparmiamo" pagando in nero li cacciamo fuori con gli interessi non solo in tempi di crisi, ma sempre, in termini di minori o peggiori servizi.


E quando andremo a votare non mandiamo in Parlamento sempre gli stessi che, a chiacchiere, disprezziamo. Restituiamo a questa parola logorata, "democrazia", il suo significato. Prendiamo in mano il nostro destino: ne siamo gli artefici, anche se molti, troppi, non se ne rendono conto.

 
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A proposito di Buffon e di sport

Post n°60 pubblicato il 27 Febbraio 2012 da unmuronelcuore
 

Dal Grande dizionario illustrato della lingua italiana di Aldo Gabrielli: sportivo, agg. m. 1. Che si riferisce allo sport. Società sportiva; Squadra sportiva ecc. (...). 2. Di persona che pratica lo sport, che partecipa a gare sportive. (...) 3. estens. e fig. Che è conforme alle regole di lealtà, cavalleria, generosa cortesia proprie del vero sport. (...)

La stessa suddivisione in tre accezioni la ritrovo nel mio vecchio Sandron.

Ovviamente la definizione che interessa è la terza.

Non mi dilungherò sul fair play che si predica spesso ipocritamente e che significa la medesima cosa. Sebbene la sportività si insegni fin da piccoli (tutti i tornei di ragazzini hanno in palio la Coppa disciplina) pare che sia difficile da imparare.

Si dice che i grandi campioni devono essere di esempio. Evidentemente Buffon ha perso un'ottima occasione almeno per tacere: ciò che ha dimostrato è che si può essere onesti nel dire cose scorrette, parola di Platini: "'Se l'arbitro gliel'avesse chiesto e lui avesse risposto di no avrebbe fatto la figura del bugiardo" (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/calcio/2012/02/27/visualizza_new.html_105180976.html).

La mia opinione è che Buffon non sia un grande. Bravo, sì, ma non grande.

 
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Lettera dei "ragazzi di Barbiana" a Napolitano

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Questo è il testo della lettera che gli allievi di don Lorenzo Milani hanno indirizzato all'attenzione del Presidente della Repubblica. Il testo è pubblicato sui siti www.altreconomia.it e www.cnms.it, attraverso i quali è possibile aderire all'appello.

Per informazioni e interviste: Francesco Gesualdi, coord@cnms.it - tel. 050.82.63.54

Lettera aperta al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano

11 Aprile 2011

Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti di quell'unità nazionale che lei rappresenta.
Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benché nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra gli addetti ai lavori.
Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.
In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.
Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.
Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni.
Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico: questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche lei.
Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali saluti.

Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido Carotti, Mileno Fabbiani, Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo
Martinelli, Aldo Bozzolini


Breve scheda biografica di don Lorenzo Milani Don Lorenzo Milani, morto nel giugno 1967, è salito alla ribalta della scena italiana per essersi dedicato, corpo e anima, all'elevazione culturale di operai e contadini affinché potessero affrancarsi dall'oppressione e dall'ingiustizia.
Persona tutta d'un pezzo, appena nominato cappellano a Calenzano (Firenze), scosse l'Italia per la sua costante denuncia di tutte le situazioni che provocano ingiustizia e violazione dei diritti, indipendentemente da chi le provocasse o avallasse. Ciò gli procurò molti nemici anche all'interno della sua stessa Chiesa, che per neutralizzarlo lo confinò a Barbiana, un villaggio sperduto sugli Appenini toscani. Ma la sua notorietà crebbe ulteriormente perché creò una scuola del tutto innovativa, per contenuti, finalità e metodi.
L'atto finale fu la stesura di Lettera a una professoressa, un testo collettivo scritto assieme agli allievi per denunciare il carattere classista e discriminatorio della scuola italiana.
Don Milani è famoso anche per la Lettera ai Giudici, nella quale sostiene il primato della coscienza sulle leggi dell'uomo proponendo la disobbedienza come via estrema per evitare all'umanità il ripetersi delle atrocità che ha conosciuto.
Altre notizie, compresa la "Lettera ai cappellani militari toscani" e la "Lettera ai giudici", qui.

 
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Citazioni

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"Tempo fa ero indeciso, ma ora non ne sono più così sicuro".
Umberto Eco riporta questa citazione di Boscoe Pertwee, "un autore del XVIII secolo (a me ignoto), che ho trovato in Gregory (1981: 558)", nella prima pagina della prefazione al suo "Kant e l'ornitorinco".
Una frase paradossale e perciò, per me, molto interessante. Le citazioni interessanti io le colleziono, ma mi piace anche imparare qualcosa sull'autore. Di solito metto nome e cognome su Google e avvio la ricerca, ma in questo caso come risultato ho ottenuto solo il nome associato alla citazione. Non una sola pagina biografica, che informasse almeno sulle date di nascita e di morte, sulla nazionalità, sul titolo di un libro. Mi è venuto il sospetto che si trattasse di un'invenzione di Eco, che ha pure dichiarato di non conoscere l'autore (e questa è in sè una cosa notevole); poi mi sono accorto che Eco riferisce la fonte, il cui nome nell'indice degli autori citati risulta essere Richard. Rieccomi su Google: Richard Langton Gregory è un famoso psicologo inglese, Professore Emerito di Neuropsicologia all'Università di Bristol, nato il 24 luglio 1923 e morto il 17 maggio 2010. Seguendo l'indicazione di Eco, ho cercato un suo libro del 1981 e ho trovato "Mind in Science", nell'ultimo capitolo del quale si trova, in inglese ("I used to be undecided, but now I'm not so sure"), la citazione di Boscoe Pertwee. Questa però è un'informazione di seconda mano, perchè è ripresa da una recensione di Patrick Wall sul sito web della "London Review of Books" (http://www.lrb.co.uk/v03/n24/patrick-wall/the-new-phrenology). Ho anche scoperto che il libro è stato edito in italiano da Mondadori nel 1985: non mi resta che reperirlo e verificare. Non perché non ne sia sicuro (!) ma perché sono curioso di esaminare il contesto in cui la citazione è inserita: chissà che non si capisca qualcosa di più di questo fantomatico Boscoe Pertwee.

Mi è tornato in mente Boscoe Pertwee un paio di sere fa. Stavo guardando una vecchia puntata di "Criminal minds", "Cavalcando il fulmine". Le puntate di "Criminal minds" si aprono e si chiudono con una citazione; in particolare al termine di questa si sente la voce di Jason Gideon che dice "Albert Pine ha detto: Quello che facciamo per noi stessi muore con noi, quello che facciamo per gli altri e per il mondo rimane ed è immortale". Bellissima. Sono andato a cercare Albert Pine su Google e, di nuovo, l'ho trovato solo associato alla sua citazione.
Però mi è sorto un dubbio: e se non fosse "Pine" ma "Paine"? Albert Bigelow Paine è il nome del famoso scrittore conosciuto universalmente con lo pseudonimo di Mark Twain. Solo che "Pine" si pronuncia (letteralmente in italiano) "pain", mentre "Paine" si pronuncia "pein"; e Gideon dice chiaramente "pain". Certo, potrebbe essere un errore di doppiaggio; ma sono riuscito a trovare uno streaming in lingua originale della puntata e la voce dice inequivocabilmente "pain", quindi Pine.
C'era ancora una cosa da fare: cercare tra le citazioni di Mark Twain; anche se mi sembrava improbabile che una citazione di un autore tanto famoso potesse trovarsi associata al suo vero (ma sconosciuto) nome piuttosto che al suo notissimo pseudonimo. Comunque ci ho provato e quella frase non l'ho trovata. Con questo non affermo di aver setacciato tutte le citazioni di Mark Twain sparpagliate per il web (impossibile); ma, trattandosi di una citazione molto significativa, è certamente strano che non si trovi associata al suo nome, se è la sua.
Insomma, se sull'esistenza di Boscoe Pertwee ho dei seri dubbi (ma, come egli stesso dice, non posso esserne sicuro), sono certo che Albert Pine non esiste. Di chi è allora la citazione? Oppure: chi è Albert Pine?
E per chiudere: chi ha detto "L'uomo esperto ha imparato dai suoi errori, l'uomo saggio ha imparato dagli errori altrui"?

 
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