I membri della missione giapponese della Waseda University, diretti da Jiro Kondo, hanno scoperto una nuova tomba ramesside (dinastie XIX-XX) a Tebe Ovest, più precisamente nella necropoli di el-Khokha. Proprio come successo nel 2014 con un evento analogo (tomba di Khonsu-im-heb, “Sovrintendente dei granai e dei produttori di birra per Mut”) , il ritrovamento è avvenuto durante la pulizia dell’area esterna della TT47 (Userhat, “Sovrintendente dell’harem reale” sotto Amenofi III). La sepoltura ha una struttura “a T” con un ingresso, una prima stanza e la camera funeraria dove era deposto il defunto, lo “Scriba Reale” Khonsu. (rappresentato insieme alla sposa nell’immagine in basso). Per il momento, le ricerche si fermano a questo punto perché la struttura è ancora ingombra di detriti.
Creato da: diegobaratono il 02/05/2008
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Messaggi di Gennaio 2017
Post n°1360 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da diegobaratono
Post n°1359 pubblicato il 30 Gennaio 2017 da diegobaratono
DA: "nationalgeographic.it" Il "prosciutto" che segnava l'ora Uno studioso ha realizzato un modello 3-D del bizzarro orologio solare ritrovato tra le macerie di Ercolano: funziona (più o meno) di Traci Watson La riproduzione dell'antico orologio solare: l'ombra indica che sono le 9 del mattino. Fotografia di Christopher Parslow; stampa 3-D di Christopher Chenier, Wesleyan Digital Studio Lab. È uno degli oggetti più strani giunti fino a noi dall'antichità. Per la sua forma è stato battezzato "il Prosciutto di Portici", anche se fu estratto dalle ceneri di Ercolano, una delle città romane distrutte dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In realtà questo pezzo di metallo abbastanza piccolo da stare nel palmo di una mano è un orologio solare, praticamente una meridiana portatile, che indica l'ora a seconda dell'ombra proiettata dal sole. Oggi, grazie a una riproduzione realizzata con una stampante 3-D, uno studioso sta provando a capire se e come funzionasse. Il "Prosciutto" fu portato alla luce nella seconda metà del Settecento dalle rovine della celebre Villa dei Papiri, e già gli archeologi dell'epoca si resero conto che fosse un orologio solare (il dibattito verteva piuttosto sulla forma: per qualcuno somigliava più a una brocca per l'acqua che a un prosciutto). In pratica si tratta del corrispettivo dei moderni orologi da taschino. In epoca greca e romana le meridiane fisse erano molto diffuse, ma di quelle portatili solo circa 25 sono giunte fino a noi, dice Alexander Jones, storico della scienza all'Institute for the Study of the Ancient World della New York University. Di quella ritrovata a Ercolano non si conosce la data precisa, ma è di sicuro una delle due più antiche rimaste, se non la più antica in assoluto. A riprodurre l'oggetto per studiarlo è stato Christopher Parslow, classicista e archeologo della Wesleyan University di Middletown, nel Connecticut. Parslow è andato al di Napoli, dove l'orologio è conservato, e gli ha scattato decine di foto, che ha utilizzato per mettere a punto un modello digitale; la stampante 3-D del suo ufficio ha poi impiegato poche ore per realizzare una riproduzione in plastica (rispetto all'originale che è in bronzo placcato d'argento). L'orologio ha su un lato una griglia leggermente distorta che serve da quadrante; le righe verticali indicano i mesi dell'anno, quelle orizzontali le ore dopo l'alba o prima del tramonto. L'originale ha perso lo gnomone - la "lancetta" che proiettando l'ombra serve a indicare l'ora - ma un resoconto del Settecento lo descrive fatta a forma di coda di maiale: così Parslow ne ha aggiunto uno al suo modello. Lo studioso ha poi cominciato a mettere alla prova l'orologio all'aperto. Funziona così: bisogna posizionarlo in modo che il sole batta da sinistra sullo gnomone, proiettando l'ombra sul quadrante. La punta dell'ombra deve toccare la linea verticale che segna il mese corrente; da lì, si conta quante righe orizzontali ci siano tra quella più in alto e quella più vicina all'ombra : il numero indicherà le ore che sono passate dall'alba o che mancano al tramonto. In teoria l'orologio è progettato per indicare le mezze ore e perfino i quarti d'ora: ma tende a oscillare con il vento, ed è "così piccolo e così difficile da tener fermo che una tale accuratezza si rivela più ideale che pratica", sostiene Parslow, che ha presentato le sue prime osservazioni a un convegno dell'Archaeological Institute of America e della Society for Classical Studies. C'è da dire che i Romani non avevano poi tanto bisogno di conoscere l'ora con troppa precisione: probabilmente l'orologio era una sorta di status symbol, sostiene Jones, "come certi costosissimi orologi svizzeri moderni. Non si possiedono solo per sapere che ora è; si possiedono per far vedere che li si possiede". Ma perché ha la forma di un prosciutto? Parslow non può rispondere con certezza, ma nota che il maiale era un simbolo positivo nella filosofia epicurea, che sottolineava l'importanza di vivere momento per momento (lo stesso Orazio, il poeta latino oggi noto per il suo Carpe Diem, si definiva "maialino del gregge di Epicuro"). E si ritiene che molti dei testi ancora oggi sepolti nella Villa dei Papiri - che gli studiosi tentano da anni di decifrare - abbiano a che fare proprio con l'epicureismo. "C'era molto senso dell'umorismo tra gli epicurei", spiega Kenneth Lapatin, curatore delle antichità al Getty Museum di Los Angeles. Forse la forma dell'orologio è uno scherzo macabro: "goditi la vita finché puoi, perché alla fine ti ritroverai come un prosciutto". (23 gennaio 2017) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Post n°1358 pubblicato il 19 Gennaio 2017 da diegobaratono
DA: "scfh.ru" ARCHAEOLOGY : 03.09.2015 “We drank Soma, we became immortal...” For over a hundred years now, scientists have been discussing what plant was used to prepare Soma (Haoma), a sacred drink of the ancient Indians and Iranians, which "inspired poets and seers, made warriors fearless." The hypotheses were plenty: from ephedra, cannabis, and opium poppy to blue water lily (Nymphaea caerulea) and fly agaric (Amanita muscaria). The answer was found in a grave of a noble woman buried in an elite burial ground of the Xiongnu, the famous nomads of Central Asia Importantly, none of the researchers denies the fact that the ancient Indians and Iranians consumed a drink with a psychoactive substance as a sacrament. However, the precise identity of the substance and its plant source, as well as its influence on human consciousness, are still being debated. The translator and greatest authority on the Rigveda Tatyana Ya. Elizarenkova wrote: “Judging by the Rigveda hymns, Soma was not only stimulating but also a hallucinogenic drink. It is difficult to be more specific not only because none of the plants suggested as soma satisfies all the parameters and only partially answers the description of soma given in the hymns but mainly because the language and style of the Rigveda, an archaic religious tome with the typical features of ‘Indo-European poetic speech’, pose a formidable obstacle to soma identification.” Knowing perfectly well that all the possibilities of the written source had been exhausted, Elizarenkova believed that the answer could come from archaeologists, from “their findings in North-Western India, Afghanistan, and Pakistan (and not in remote Central Asia).” Remarkably, her opinion, expressed 25 years ago, was confirmed by new findings made in Mongolia. No one could have suspected that a grave of a noble woman buried in an elite burial ground of the Xiongnu, the famous nomads of Central Asia, would answer the question asked long ago. It happened in 2009. A team from the Institute of Archaeology and Ethnography SB RAS, which was led by Natalia Polosmak, was performing archaeological excavations in the Noin-Ula Mountains, Northern Mongolia. In tumulus 31, at a depth of 13 meters, the archaeologists discovered a wooden burial chamber. On the floor, which was covered with a thick layer of blue clay, around an old tomb ruined by ancient robbers, there were visible traces of a woollen fabric; this was all that was left of an embroidered strip, which was of great historical value even in this fragmentary state. Textiles are virtually never preserved in ancient graves, and such findings are exceptionally rare. The remains of the textile were retrieved from the grave and delivered to the Institute of Archaeology and Ethnography SB RAS. The second life of this remarkable artefact began thanks to Russian restorers. The craftsmanship and the story unfolding on the threadbare fabric are truly amazing. Embroidered in woollen thread on the thin cloth is a procession of Zoroastrian warriors marching towards an altar; one of them, standing at the altar, is holding a mushroom in his hands. A distinguishing feature of this embroidery is that the craftsmen did their best to depict the faces, costume, arms, plants, and insects, trying to copy everything from life. According to the mycologist I.A. Gorbunova (Candidate of Biology, senior researcher with the Inferior Plant Laboratory, Central Siberian Botanical Garden, SB RAS), the mushroom depicted on the carpet belongs to the Strophariaceae family. In some ways—the general habitus, shape of the cap, stitches along the edge of the cap reminding of the radial folding or remnants of the partial veil and dark inclusions on the stipe that can remind of a paleaceous ring, which blackens after the spores are puffed—it is similar to Psilocybe cubensis (Earle) Singer [Stropharia cubensis Earle]. Some of the mushrooms of the genus Stropharia cubensis, or Psilocybe cubensis, contain psilocybin—a unique stimulator of the nervous system. In their psychoactive properties, psilocybin mushrooms are much more befitting as vegetative equivalents of Soma, or Hoama, than fly agaric, which was identified with Soma in the Rigveda by R.G. Wasson in his well-known book. His point of view was supported by many famous scientists; the psychedelic theory proposed by T. McKenna even assigns the main role in human evolution to psilocybin-containing mushrooms. For the first time, we can see vivid evidence, embroidered on an ancient cloth discovered by archaeological excavations, for the use of mushrooms for religious purposes, probably, to make Haoma, a “sacred drink.” The origin of this embroidery and characters depicted on it is associated with North-Western India and the Indo-Scythians (Sakas). How the embroidered cloth made it into a Xiongnu grave is a surprise of the so-called Silk Road, a network of trade routes crossing the whole of Eurasia. Judging by the Chinese chronicles, veils and blankets from Northern India were highly valued in the Han China. The woollen curtain with an amazing plot was discovered after its 2,000-year-long confinement in a deep grave, which is a miracle in itself. The curtain is not only a fine example of ancient art, which was recovered thanks to the meticulous work of Russian restorers, but a unique source of information casting light on one of the obscure periods of ancient history.+ : 03.09.2015
Post n°1357 pubblicato il 17 Gennaio 2017 da diegobaratono
Post n°1356 pubblicato il 12 Gennaio 2017 da diegobaratono
DA: "djedmedu.wordpress.com" Scoperte a Gebel el-Silsila 12 tombe di Nuovo Regno Il sito di Gebel el-Silsila, antiche cave di arenaria situate tra Edfu e Kom Ombo nel sud dell’Egitto, continua a mostrare sempre di più la sua importanza nell’ambito funerario. Infatti, grazie alla missione di ricognizione dell’area diretta da Maria Nilsson e John Ward (Lund University, Svezia) che già lo scorso anno aveva individuato una quarantina di tombe rupestri, sono state scoperte altre 12 sepolture scavate nella roccia risalenti sempre al Nuovo Regno. Inoltre, sotto uno spesso strato di limo, sabbia e detriti, sono state ritrovate anche tre “cripte” (ancora non è chiara la definizione che, forse, si riferisce a strutture multiple ipogee), due nicchie dedicate alle offerte ai morti, tre sepolture infantili – due delle quali sfruttavano insenature naturali del promontorio – e una camera deposito per animali (una dozzina di pecore e capre, due persici del Nilo e un coccodrillo). Ogni tomba presenta numerosi corpi che fanno pensare a interi gruppi familiari. Da questi resti ossei, sembrerebbe che gli individui fossero in salute perché mancano tracce evidenti di infezioni o malnutrizione, ma comunque soggetti a intensa attività fisica, come testimoniano le fratture, spesso curate, e le massicce inserzioni muscolari. La necropoli, nonostante sia stata quasi completamente saccheggiata, ha mantenuto parte dei corredi con ricchi sarcofagi scavati nella roccia e dipinti, altri in legno, amuleti, scarabei, gioielli, cartonnage, tessuti e contenitori ceramici che hanno datato le tombe ai regni di Thutmosi III (1479-1424) e Amenofi II (1424-1398). Il sito della missione: http://gebelelsilsilaepigraphicsurveyproject.blogspot.it/
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