Creato da femmina_divina il 15/02/2012

Immensamente tua

dedicato alla donna che ero, alla donna che sono e...alla donna che sarò. Come Araba Fenice rinasco dalle mie ceneri più bella e più forte di prima....

 

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Post n°468 pubblicato il 04 Settembre 2014 da femmina_divina
 

il principe felice

Alta alta sulla città, alta su di un'alta colonna, stava la statua del Principe Felice.
Per occhi aveva due zaffiri lucenti, il suo corpo era tutto ricoperto d'oro fino, e un grande rosso rubino scintillava sull'impugnatura della sua spada.
Era molto ammirato, naturalmente. "E' bello come la più bella bandierina dei venti" osservò qualcuno. "Solo un po' meno utile" precisò qualcun altro.
"Ma perché non sei come il Principe Felice?" disse una mamma al suo bambino che piangeva sempre. "Il Principe Felice non piange mai."
"Meno male che al mondo c'è anche qualcuno felice" borbottò un uomo scontento, guardando la statua meravigliosa.
"Sembra un angelo" dissero alcuni orfani, uscendo dalla cattedrale con le loro mantelline rosse rosse sui candidi grembiulini bianchi.
"Come potete dirlo?" obiettò il Maestro di Matematica. "Di angeli non ne avete visti mai."
"Sì che li abbiamo visti: in sogno!" risposero i bambini.
Il Maestro di Matematica aggrottò la fronte con espressione severa. Non gradiva affatto che i bambini sognassero.



Una notte, su quella città volò una Rondinella. Le sue compagne erano partite per l'Egitto già da sei settimane, ma lei era rimasta indietro perché si era innamorata di un Giunco, del più bello di tutti i giunchi. L'aveva conosciuto all'inizio della primavera. Stava volando lungo il fiume, inseguendo un insetto giallo: fu così attratta dal suo profilo sottile che si fermò a parlare con lui.
"Posso amarti?" chiese subito la Rondine, che non amava i preamboli. Il Giunco le rispose con un grande inchino e lei gli volò e volò felice intorno. Sfiorava con le sue ali l'acqua, creava piccole onde d'argento: così corteggiava la Rondine e il corteggiamento durò tutta l'estate.

"Che amore ridicolo!" cinguettarono critiche le altre Rondini. "Quel Giunco è povero in canna e ha troppe frequentazioni." In effetti il fiume era pieno zeppo di giunchi.
Poi venne l'autunno e le Rondini volarono lontano.
Rimasta sola, la Rondinella si intristì. Cominciava anche a essere un po' stanca di quell'innamorato.
"E' negato per la conversazione," pensava, "e per di più un po' dongiovanni, sempre pronto a corteggiare le brezze." Effettivamente, bastava una carezza dell'aria che il Giunco subito si sprofondava in riverenze. "E poi è così pantofolaio! Invece io amo viaggiare, vorrei un marito che amasse i viaggi come io li amo."
"Allora, vuoi partire con me?" gli chiese un giorno, ma il Giunco scosse il capo: era molto attaccato alla sua casa.
"Mi hai presa in giro!" strillò la Rondine. "Parto per le Piramidi. Addio!" e se ne volò via.

la rondine ed il giunco


Volò e volò per tutto il giorno, arrivò in quella città che era notte. "Dove fermarmi?" si chiese. "Speriamo almeno che la città sia ben attrezzata."
Poi vide la statua in cima all'alta colonna. "Mi sistemerò lassù!" esclamò. "Mi pare una buona posizione, ben arieggiata." Si posò proprio tra i piedi del Principe Felice.
"Evviva, ho una camera da letto tutta d'oro!" pensò, guardandosi attorno e preparandosi a dormire; aveva già quasi il capino sotto l'ala, quando cadde su di lei una grossa goccia d'acqua. "Che strano!" esclamò. "Non c'è una sola nuvola in tutto il cielo, luccicano le stelle, eppure piove. Nel Nord Europa il clima è davvero orrendo. Il Giunco, oltre tutto, amava la pioggia, quell'egoista."
Una seconda goccia cadde.
"Ma a cosa serve una statua, se non è nemmeno capace di riparare dalla pioggia? Devo cercarmi un buon comignolo" pensò, pronta a spiccare il volo.
Ma non fece in tempo: una terza goccia cadde. La Rondine guardò allora in su e vide...
Cosa vide?
Gli occhi del Principe Felice erano pieni di lacrime, e lacrime e lacrime scivolavano giù sulle sue guance d'oro. Il suo volto era così bello sotto il chiarore lunare, che la Rondinella ne fu incantata.
"Chi sei?" gli chiese.
"Sono il Principe Felice."
"Se sei felice, perché piangi?" chiese la Rondine. "Mi hai inzuppata tutta."
"Quando ero vivo e avevo un cuore umano" rispose la statua, "non sapevo cosa fossero le lacrime, vivevo nel Palazzo di Sans Souci, dove ai dolori non è permesso entrare. Di giorno giocavo con i miei amici in giardino, di sera nel salone conducevo le danze. Intorno al giardino correva un muro altissimo, ma non chiesi mai cosa ci fosse al di là, tutto attorno a me era così bello. I cortigiani mi chiamavano il Principe Felice, e felice infatti ero, se il piacere può dirsi felicità. Così vissi, e così morii. Ma ora che sono morto e che mi hanno messo quassù in alto, posso infine vedere tutte le infelicità e le miserie della mia città, e benché il mio cuore sia ora di piombo, non posso fare a meno di piangere."
"Ma come, non ha un cuore d'oro massiccio?" si chiese la Rondine, ma era troppo beneducata per fare un'osservazione del genere ad alta voce.
"Laggiù" continuò la statua con la sua bella voce triste, "laggiù in una stradina c'è una povera casa. Una delle finestrelle è aperta e da lì posso vedere una donna seduta che lavora. Ha un viso magro e triste, e le mani gonfie e arrossate e tutte bucherellate dall'ago, poiché è ricamatrice. Sta ricamando passiflore su di un abito di raso per il Gran Ballo della più bella damigella della Regina. In un angolo della stanza, in un lettino, c'è il suo bambino malato. Ha la febbre, chiede un'arancia, sua madre può dargli solo acqua di fiume, piange. Rondine, Rondinella, ti prego portale tu il rubino della mia spada. Io sono imprigionato da questo piedistallo, non posso muovermi."
"Ma io sono attesa in Egitto!" disse la Rondine. "Là, lungo il Nilo, già volano le mie compagne, chiacchierando con grandi fiori di loto. Presto si addormenteranno nel Sepolcro del Grande Re che lì dorme, avvolto in teli color dell'oro, tra profumi di balsami e spezie. Al collo porta una collana di giada di un pallido verde, le sue mani sono come due foglie seccate dal tempo."
"Rondine, Rondine, Rondinella" disse il Principe, "non puoi restare per una notte con me? Non puoi farmi da messaggera? Quel bambino ha così sete, è così triste quella mamma."
"Non che i bambini mi piacciano un granché" rispose la Rondine. "L'estate scorsa, quando abitavo vicino al fiume, due bambinacci, i figli del mugnaio, mi tiravano sempre i sassi. Non mi colpirono naturalmente: noi rondini voliamo benissimo, per di più io vengo da una famiglia famosa proprio per la sua destrezza; fu comunque una mancanza di rispetto."
Ma il Principe Felice aveva un volto così triste che la Rondinella si impietosì. "Anche se qui fa molto freddo" disse, "va bene, non partirò, per una notte sarò tua messaggera."
"Grazie, Rondinella" disse il Principe.
La Rondine staccò dunque dalla spada del Principe il grande rubino e tenendolo stretto nel becco spiccò il volo.
Sorvolò i tetti della città, e la torre della cattedrale dai grandi angeli di bianco marmo, e il palazzo delle danze.
Proprio in quell'istante una bellissima fanciulla apparve con l'innamorato su un balcone. "Che stelle meravigliose" lui le disse, "e che meravigliosa la forza dell'amore!"
"Voglio sperare che il mio abito per il Gran Ballo sia pronto." replicò lei. "Ho ordinato grandi ricami di passiflore, ma le ricamatrici sono così lente e svogliate."
La Rondine sorvolò poi il fiume, e vide che gli alberi delle navi erano illuminati. Sorvolò poi il Ghetto, e vide dei vecchi Ebrei intenti a pesare monete sulle loro bilance di rame. Giunse infine alla casupola. Nel suo letto il bambino era sempre in preda alla febbre. La madre, per la grande stanchezza, si era assopita.
La Rondine entrò e posò il grande rubino sul tavolo, accanto al ditale della donna. Poi fece un piccolo volo gentile intorno al letto del bambino e con le ali a ventaglio rinfrescò la sua fronte. "Che bel fresco" disse il bambino, "forse sto migliorando." E sprofondò in un sonno beato.

rubino


Poi la Rondine tornò dal Principe Felice e gli raccontò tutto. "Strano" aggiunse, "nonostante faccia così freddo, ora sento un bel caldino."
"E' perché hai compiuto una buona azione" disse il Principe.
La Rondine ci pensò un po' su, ma pensare le metteva sempre sonno e così si addormentò.
Si svegliò alle prime luci del giorno e scese al fiume a lavarsi. "Che strano fenomeno!" osservò un Professore di Ornitologia che passava proprio in quel momento sul ponte. "Una rondine in inverno!" E scrisse una lunga lettera a questo proposito al giornale locale. Era così piena di paroloni incomprensibili che tutti la citarono!
"Questa sera parto per l'Egitto" decise la Rondine, rallegrandosi al solo pensiero. Visitò prima tutti i monumenti e rimase a lungo in cima al campanile della chiesa. Ovunque andasse, i Passeri commentavano cinguettando: "Che aria distinta quella forestiera!" il che la divertì proprio.

Quando sorse la luna, la Rondine tornò dal Principe Felice. "Ti serve niente in Egitto?" chiese. "Sono in partenza."
"Rondine, Rondine, Rondinella" le disse il Principe, "non puoi restare ancora una notte con me?"
"Ma io sono attesa in Egitto!" rispose la Rondine. "Domani, le mie amiche voleranno fino alla Seconda Cascata. Là tra le canne, giace l'ippopotamo e su di un grande palazzo di granito sta il Dio Memnone. Per tutta la lunga notte egli fissa le stelle, poi, quando sorge la stella del mattino, lancia un grido di gioia e ammutolisce. A mezzogiorno gialli leoni giungono ad abbeverarsi sulla riva del fiume. I loro occhi sono verdi come smeraldi, e il loro ruggito è più terribile del ruggito della cascata."
"Rondine, Rondine, Rondinella" disse il Principe, "lontano, laggiù, all'altro capo della città, vedo un giovane in una soffitta. E' chino su un tavolo coperto di fogli, sul tavolo c'è anche un bicchiere con delle violette avvizzite. Ha i capelli bruni e ricci, labbra rosse come la melagrana e grandi occhi sognanti. Deve terminare una commedia per il Direttore del Teatro, ma fa troppo freddo per continuare a scrivere. Non c'è fuoco nel focolare e la fame gli toglie le forze."
"Va bene, resterò con te ancora una notte" disse la Rondine, che aveva un cuore generoso. "Devo portargli un altro rubino?"
"Ahimè! Non ho più rubini" disse il Principe. "Non mi restano che i miei occhi. Sono due zaffiri rari, giunti dall'India mille anni fa. Staccamene uno e portaglielo. Potrà venderlo a un gioielliere e comprarsi della legna e terminare la sua commedia."
"Oh no , Principe caro, non posso fare una cosa simile!" disse la Rondine, piangendo.
"Rondine, Rondine, Rondinella" disse il Principe. "Ti prego, fa' quello che ti chiedo."
Allora la Rondine staccò un occhio al Principe e volò dritta verso la soffitta del giovane.
Non fu difficile entrare, poiché nel misero tetto c'era un grande squarcio, attraverso il quale la Rondine poté passare. Il giovane stava con la testa tra le mani, non poté perciò udire il batter d'ali dell'uccellino, ma quando alzò lo sguardo, vide posato sulle povere violette lo zaffiro meraviglioso.
"Deve venire da qualche ammiratore. Si stanno accorgendo di me!" esclamò. "Ora sì, posso terminare la mia commedia." Com'era felice!



Il giorno dopo la Rondine volò fino al porto. Si posò sull'albero maestro di una grande nave a guardare i marinai che con delle funi sollevavano grandi casse dalla stiva. "Oh-issa!" gridavano a ogni cassa. "Io parto per l'Egitto!" gridò a sua volta la Rondine, ma nessuno le badava minimamente.
Allo spuntar della luna, la Rondine tornò dal Principe Felice. "Sono venuta a salutarti" gli disse.
"Rondine, Rondine, Rondinella" disse il Principe, "non puoi restare ancora una notte con me?"
"Ma siamo in inverno" rispose la Rondine, "e presto giungerà la gelida neve. In Egitto, sulle verdi palme, il sole è caldo e i coccodrilli, dal fango, si guardano pigri attorno. Sotto lo sguardo di tubanti colombelle bianche e rosa, le mie compagne stanno costruendo un nido nel Tempio di Babele. Principe caro, devo proprio lasciarti, ma non ti dimenticherò e la prossima primavera ti porterò, al posto di quelle che hai donato, due gemme bellissime. Il rubino sarà rosso più di una rossa rosa, e lo zaffiro sarà azzurro come l'azzurro mare."



"Nella piazza qui sotto" disse il Principe Felice, "c'è una piccola fiammiferaia. I fiammiferi le sono caduti nell'acqua e non può più venderli. Suo padre la picchierà, se non tornerà a casa con qualche soldo, per questo sta piangendo. Ai piedi non ha calze, non ha scarpe, e nulla le ripara la testa. Staccami, ti prego, l'altro occhio e portaglielo, così suo padre non la picchierà."
"Va bene, resterò con te ancora una notte" disse la Rondine, "ma non posso toglierti anche l'altro occhio: ti renderei cieco del tutto."
"Rondine, Rondine, Rondinella" disse il Principe, "ti prego, fa' come ti dico."
La Rondine staccò allora l'altro occhio del Principe e sfrecciò via e scese rapida sulla fiammiferaia e le lasciò cadere sul palmo della mano la gemma. "Che bel pezzo di vetro!" esclamò la bambina. E corse a casa ridendo.
Poi la Rondine tornò dal Principe.
"Ora che sei cieco" gli disse, "resterò con te per sempre."
"No, Rondinella" disse il povero Principe, "tu devi andare in Egitto."
"Resterò con te per sempre" disse la Rondine, e si addormentò ai suoi piedi.


Per tutto il giorno seguente la Rondine rimase sulla spalla del Principe e gli raccontò, come fossero fiabe, le cose viste in lontani paesi. Gli raccontò dei rossi ibis che in lunghe file, lungo le rive del Nilo, catturano col becco pesci d'oro. Gli raccontò della Sfinge, vecchia quanto il mondo, che vive nel deserto e conosce ogni cosa. Gli raccontò dei mercanti che camminano lenti accanto ai loro cammelli, con in mano lunghi rosari d'ambra. Gli raccontò del Re dei Monti della Luna, nero come l'ebano, veneratore di un grande cristallo. Gli raccontò del grande verde serpente che dorme su una palma e ha venti sacerdoti che lo nutrono con dolci di miele. E gli raccontò dei pigmei che attraversano un grande lago su larghe foglie piatte e che sono sempre in guerra con le farfalle.
"Cara Rondinella" disse il Principe, "le cose che mi racconti mi colpiscono, ma nulla mi colpisce di più della sofferenza dell'uomo. Non c'è mistero più grande del Dolore. Vola sulla mia città, Rondinella, e dimmi cosa vedi."
La Rondine sorvolò allora la grande città e vide i ricchi che festeggiavano nelle loro splendide case, e i mendicanti per terra, nelle strade. Sorvolò squallidi vicoli e vide pallidi visi di bambini affamati guardare spenti quelle buie strade. Sotto l'arco di un ponte due bambinetti, per terra, abbracciati, tentavano invano di scaldarsi. "Abbiamo fame" dicevano. "Via di qui!" gridò il guardiano. E s'incamminarono sotto la pioggia.
La Rondine tornò dal Principe e gli raccontò quello che aveva visto.
"Sono tutto ricoperto di foglie d'oro fino" disse il Principe. "Staccamele tutte, a una a una, e portale ai miei poveri. I vivi credono che l'oro possa renderli felici."
La Rondine ubbidì: a una a una staccò tutte le foglie. Che grigio, che spento sembrava ora il Principe Felice. A una a una la Rondine portò le foglie ai Poveri e le guance dei bambini diventarono rosa. Per la strada ridevano e giocavano e gridavano "Pane! Abbiamo pane, finalmente!


Poi venne la neve, e dopo la neve venne il gelo. Le strade parevano diventare d'argento, luccicavano. Lunghi ghiaccioli, come pugnali di cristallo, pendevano dalle grondaie delle case. Tutti giravano imbacuccati e i bambini pattinavano con berretti scarlatti.
Che gelo, povera Rondinella, ogni giorno un po' di più. Ma non volle lasciare il Principe, lo amava troppo. Piluccava qualche briciola fuori dalla porta del fornaio, mentre lui non guardava, cercava di darsi un po' di calore con il battito delle ali.
Ma infine capì che la morte era vicina. Con le poche forze rimaste volò sulla spalla del Principe Felice per l'ultima volta. "Addio mio Principe! Posso baciarti la mano?" mormorò.
"Sono felice che tu parta finalmente per l'Egitto, Rondinella" disse il Principe. "Troppo a lungo sei rimasta. Ma baciami, ti prego, sulle labbra: io ti amo."



"Non è per l'Egitto che sto partendo" disse la Rondinella. "Sto partendo per la Casa della Morte. La Morte è la sorella del Sonno, vero?"
E baciò il Principe Felice sulle labbra e cadde morta ai suoi piedi.
In quel preciso istante, dall'interno della statua risuonò come uno schianto, come se qualcosa si fosse spezzato. Era il cuore di piombo del Principe che si era spaccato in due. Il gelo era spaventoso.



Il mattino dopo, di buon'ora, il Sindaco, passando con i suoi Consiglieri nella piazza, davanti alla colonna, alzò lo sguardo verso la statua. "Povero me! In che stato pietoso è ridotto il Principe Felice!" esclamò.
"Pietoso davvero!" esclamarono i Consiglieri che davano sempre ragione al sindaco. E salirono a guardare.
"Il rubino gli è caduto dalla spada, gli occhi non ci sono più e neppure l'oro che lo ricopriva." disse il Sindaco. "Sembra quasi un mendicante!"
"Quasi un mendicante" ripeterono i Consiglieri.
"E ai suoi piedi c'è persino un uccello morto!" continuò il Sindaco. "Sia subito emessa un'ordinanza che proibisca agli uccelli di morire qui." E il Consigliere prese nota.
Così la statua del Principe Felice fu demolita. "Poiché non è più bella, non serve più" dichiarò il Professore di Belle Arti dell'Università.
Poi fusero la statua in una fornace, e il Sindaco tenne una riunione per decidere cosa fare del metallo.
"Ma un'altra statua, naturalmente!" disse. "Una statua a me stesso."
"A me stesso, a me stesso" ripeterono in coro i due Consiglieri, litigando. E ancora stanno litigando, ho saputo.
"Ma che strano" disse il Capo-fonditore della fonderia. "Il piombo di questo cuore spezzato non vuol saperne di fondersi. Gettiamolo." E lo gettarono sul mucchio di rifiuti dove giaceva anche la povera Rondinella.


cuore di piombo


"Portami le due cose più preziose di tutta la città" disse Dio a uno dei suoi Angeli. E l'Angelo gli portò il cuore di piombo e l'uccellino morto.
"Hai scelto bene" disse Dio. "Nel mio giardino in Paradiso questo uccellino canterà per sempre, e per sempre nella mia città d'oro canterà le mie lodi il Principe Felice."



La fiaba fa parte della raccolta "Il principe felice e altri racconti" di Oscar Wilde.

 
 
 
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