Creato da donenrico.ghezzi il 10/06/2010
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La Speranza

Post n°8 pubblicato il 10 Luglio 2010 da donenrico.ghezzi

La speranza.

L’immagine che porto dentro di me, sulla chiesa di nostri giorni, afflitta da divisioni e sofferenze per il comportamento di cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi , mi fa pensare  alle facciate delle nostre chiese, delle cattedrali, delle basiliche comprese le più importanti: è  come se si stiano sfaldando a poco a poco; cadono pezzi di pietra antiche, di torrioni, lastre di marmi, cementi ecc., e restano gli scheletri delle nostre bellissime chiese e cattedrali.

Sembra di  aver subito un terremoto, o, come ormai si dice , uno ‘tsumani’. Restano gli scheletri dei nostri templi come quando, nei secoli passati, le nostre città erano state invase dalle orde di popoli che mettevano a ‘fiamme e fuoco’ le più belle basiliche di Roma e delle nostre città. Oggi, lo ‘tsumani’ siamo noi: i nostri templi, simbolo di accoglienza dei popoli, sono logorati  dalle nostre mani,  dalle nostre opere sporche: mi è venuto da pensare all’invito di Gesù a Francesco, nella chiesetta di S. Damiano: ‘vai a ricostruire la mia chiesa’, come poi Giotto dipingerà tra i pannelli della vita del santo, nella Basilica superiore di Assisi.

Chi ci ridarà lo splendore spirituale delle nostre chiese? Chi rifarà le facciate con i suoi splendidi ‘rosoni’ delle nostre basiliche, dall’antico stile romanico o gotico? 

E poi, non credo che la causa principale di tanta decadenza, sia soltanto il problema clericale del ‘sesso’(omosessualità, pedofilia, violenze ecc), già di per sé dolorosi e drammatici e che spinge un’altra volta, a riflettere   sul  tema del celibato.

Il tema del ‘celibato’, io penso già da molto tempo, nella chiesa si risolve anche abbastanza  facilmente ed evangelicamente (S. Pietro e altri), portando nella chiesa i  ‘cosiddetti’ ‘probati viri’:  uomini sposati, di età matura e saggi genitori, che possono offrire servizi sacerdotali di straordinaria esperienza alla chiesa e alle parrocchie. Senza escludere il ‘celibato’ generoso e volontario. 

Quando questo ‘movimento’ di opinioni sarà vincente nella chiesa, i seminari stessi verranno ripensati: non si potranno più accettare, come spesso avviene oggi, ‘tutti’ quelli che chiedono di essere ammessi al sacerdozio, pur avendo gravi carenze sul piano della maturità affettiva, soltanto perché spinti dalla necessità di avere sacerdoti.

Ma forse, io credo, che  il danno più grave alla chiesa, non viene soltanto  dal problema affettivo e sessuale che sta intaccando il celibato: la crisi è più profonda e tocca la sostanza del vangelo: nella chiesa è scomparsa la ‘povertà evangelica’: sacerdoti, religiosi|e,  e fedeli, hanno smesso di praticare la sequela a Gesù, identificandosi completamente con la società secolare, sempre più desiderosa di danaro, potere, e successi. Spesso i preti-religiosi sono assai più ricchi dei nostri fedeli, per non dire dei poveri.     

La sofferenza della nostra chiesa è soprattutto aver smarrito la ‘sequela’ a Gesù: potere, potenza, ricchezza sono diventati gli strumenti delle nuove evangelizzazioni, in conformità con la trasformazione della società: la trasformazione della ‘sequela’ in costumi  totalmente mondani, ci rende poi incapaci di ‘celibato’ e di testimonianza di un dono totale al vangelo. La crisi cosiddetta del ‘celibato’ , è la conseguenza e non la causa della decadenza della chiesa. Più o meno come la crisi che si viveva al tempo di Francesco, agli albori del Medio Evo. In questo contesto la crisi ‘terrificante’ (come la chiama ormai da tempo il Papa Benedetto XVI), non è soltanto la ‘pedofilia’  e  ‘ l’omosessualità’ esercitata da parte del clero e di religiosi: la crisi investe radici più profonde e va nella direzione della perdita di senso del vangelo.

In questi ultimi decenni si è visto usare il vangelo più spesso come una clava di battaglia per temi di puro ordine ‘morale-etico’ che non di annuncio del vangelo della misericordia, dell’amore, della verità, della carità. Si difendono con veemenza  tesi’  tutte vicine alle problematiche della ‘bioetica’, ma non si indica  la ‘grazia’ che ci rende capaci di vivere nel mondo la testimonianza  del vangelo. Le prospettive del vangelo vengono vissute quasi esclusivamente in chiave ‘moralistica’ piuttosto che di impegno  alla testimonianza delle beatitudini. Risulta apparire continuamente la ‘condanna’ al mondo, piuttosto che l’amore al mondo e all’umanità che chiedono di essere amati e compresi attraverso il ‘vangelo’.

Dalla prassi di questa chiesa, da alcuni anni, il mondo si sente escluso, giudicato e condannato, piuttosto che amato e salvato.

Ci si difende, ci si protegge, ci si ritira dentro i bastioni della cittadella invece che andare nel mondo, sull’esempio del Concilio Vati.II, a portare nelle nuove società trasformate, il carisma della carità e della speranza.

In questa ‘difesa’ della cittadella, in molte parti del mondo, la chiesa si è schierata spesso con gli ambienti più conservatori e repressivi del potere civile: trova facilmente accordi con paesi e partiti conservatori, e intrattiene rapporti stretti con personaggi che hanno una morale personale imbruttita dagli egoismi,  potenti e attentissimi, a loro volta, a difendere i ‘valori’  cristiani, per avere favori politici dalla stessa chiesa.

 Non intendeva forse anche a questo,  il card. Ratzinger, quando parlò della famosa ‘sporcizia nella chiesa’?   

Non è quindi soltanto il ’sesso’ il problema principale che affligge e si abbatte sulla chiesa (il dramma  della pedofilia è ora riconosciuto più una malattia che un atto di volontà: è ovvio  che non si può accedere in queste condizioni, al sacerdozio, o, ancora peggio diventare vescovi o cardinali: qui è prevalsa la menzogna!).

 

  Invece, nella chiesa,  è venuto meno Cristo, il vangelo e la sequela: il resto è conseguenza.

 Infatti la novità di questo sconquasso di fiducia tra i fedeli, non è tanto il male o il peccato di qualche singolo sacerdote, ma l’essere coinvolti vescovi e cardinali: come hanno fatto a raggiungere quelle responsabilità nel popolo di Dio? Chi li ha ‘scelti’, con quali ‘criteri’, con quali ‘cordate’,  per quali  simpatie,  sono stati scelti a rappresentare e guidare la chiesa dei nostri fedeli?

 Perché mai, santi sacerdoti,  pastori, uomini di Dio, testimoni di verità e carità non hanno mai potuto essere ordinati vescovi del popolo di Dio? In quale momento, sotto quale pontefice è incominciata la discesa verso il basso, nella scelta dei pastori a servizio delle nostre comunità?  Perché certi privilegi sono stati offerti a persone prive  di carità, di esperienza  e di zelo pastorale?

Vedo che oggi alcuni di questi personaggi, dietro l’impulso dei media, trovano la dignità di ‘dimettersi’: io credo che molti, vescovi e cardinali, esaminando i criteri della loro elezione,  dovrebbero ‘dimettersi’, proprio per fare un servizio  alla chiesa e al popolo di Dio.

Nonostante le critiche a volte aspre, dobbiamo riconoscere al Papa Benedetto XVI, il coraggio e la forza di mettere in discussione i ‘peccati’ della chiesa allontanando le persone più indegne. La chiesa, potrà così  apparire  come uno scheletro, una volta caduti  gli intonaci e i marmi che nascondevano le crepe e le sporcizie: una chiesa che finalmente potrà rimettersi in cammino alla sequela di Cristo, con gioia, entusiasmo, povertà e limpidezza come è stato per tanti servitori della chiesa: basti la memoria di Giovanni XXIII, il Papa buono.

 Allora la chiesa potrà nuovamente rivestirsi di santità ed essere riamata dal popolo: ci farebbe bene una lettura del profeta Osea, sul suo amore verso la donna prostituta, immagine del popolo di Dio e della fedeltà di Dio nel suo amore verso il popolo. 

 Per questo siamo tutti attenti alle nuove nomine di vescovi e cardinali, che saranno il  futuro della chiesa: vogliamo santi e pastori, non banchieri, politici, affaristi, perché questa è la vera radice dei mali che poi influiscono anche sulla educazione alla sessualità dei preti. Se non c’è santità nelle motivazioni del sacerdote e se non  c’è un amore dichiarato verso il popolo, come ha fatto Gesù, non ci può essere fedeltà né al celibato, né restare immuni dalle sue perversioni.

Non si può guarire la malattia, se non si parte dalle cause  del corpo malato. 

Nel Con. Vat. II, subito all’inizio della grande Costituzione sulla Chiesa, si dichiara che lo Spirito Santo  <santifica incessantemente la Chiesa> in modo che (v.4): qui viene posto un principio di santificazione che non ha origine negli uomini, nemmeno in quelli della Chiesa: la Chiesa è opera di Dio, per mezzo di Gesù e animata dallo Spirito Santo; neanche i peccati dei preti o dei cristiani possono eliminare il dono di Dio all’umanità che è la Chiesa. Chi si opponesse a questa regola, resta fuori dalla Chiesa, anche se è una persona religiosa. Per questo il ‘popolo di Dio’ deve vigilare sui pastori se restano fedeli all’azione dello Spirito, avendo il coraggio di denunciare quando questo non avviene. Mi ha sempre fatto impressione la citazione di S. Ireneo nello stesso paragrafo (4)  della Lumen Gentium (4):  Ireneo, vescovo di Lione, morto appena all’inizio del formarsi della Chiesa, nel 202 d. C, parlando sempre dell’anima della Chiesa che è lo Spirito Santo,  dice : Lo Spirito,  < con la forza del vangelo, fa ringiovanire la chiesa (iuvenescere facit Ecclesiam), continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo>(4).

Sempre la Chiesa ha bisogno di ‘rinnovarsi’, addirittura di ‘ringiovanire’ (e si era soltanto all’inizio della sua storia!),  perché la realtà dell’uomo è fragile e peccatrice: soltanto la sicurezza della presenza dello Spirito ci consola e ci dà speranza. Ma questo rinnovamento del Concilio bisogna volerlo anche oggi:  diversamente subentra la pesantezza del potere, e ritorneremmo nei tempi bui della Chiesa. Proprio per questo viene ancora detto più avanti al numero 8: <La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, è santa e insieme bisognosa di purificazione  (sancta simul et semper purificanda) (L.G.,8).

Questo sembra il momento di realizzare le profezie del Concilio, troppo presto abbandonate e che ora ci trova nella miseria del nostro peccato; ma da questa situazione di peccato nasce una straordinaria possibilità di risurrezione, di grazia: è il tempo della speranza, è il tempo di rinascere e far sorgere nuovi orizzonti di luce per il mondo intero, come lo fu quel   mattino di Pasqua nel giardino di Gerusalemme.

Dio non abbandona la sua chiesa nelle mani di chi ha rinunciato alla sequela di  Gesù.

Ora i nostri templi, smascherato il ‘male’ , ‘rinnovati’   e ’rigenerati’  dalla santità del nostro popolo   (l’essenza della Chiesa), possono ritornare a risplendere: la chiesa infatti è il progetto trinitario voluto da Dio, come ha ricordato  l’ultimo Concilio  (LG. 2-3-4 ): Dio ha la forza di eliminare le sette e i gruppi di potere che oggi dominano nella chiesa, per ridare ’al popolo di Dio’ la sua autentica ‘soggettività’, perché la chiesa-popolo di Dio’   è  il volto del  ‘suo’ Cristo,  nostra speranza’ (1Tm1,1; Col.1,27; cfr. Rm 5.5).

 

Don Enrico Ghezzi

Via Anicia, 10. Chiesa di S. Maria dell’Orto.

 

 

 

 
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Dialogo

Post n°5 pubblicato il 26 Giugno 2010 da donenrico.ghezzi

La potenza della 'menzogna' che pesa sul mondo mi ha sempre impressionato. Chi riesce a rinunciare alle tenebre del male per vivere nella luce? Uomini del potere, ricchezza, prepotenza, violenza, male quotidiano, che rattrista il mondo, tutto ha radice nella 'menzogna'. Una potenza diabolica che l'uomo sembra sposare volentieri. Perchè preferire la luce alle tenebre? Che guadagno ci sarebbe?

Nel vangelo di Giovanni, la menzogna è il maligno, la potenza che si oppone a Gesù. C'è qualche isola nel mondo che si sottre alle tenebre della menzogna? La chiesa? Gli ecclesiastici? I fedeli che appartengono a gruppi e movimenti diventati fonte di potere e di ricchezza economica? Sento la felicità di poter ripetere il cantico della fanciulla di Nazaret, Maria, dove è assicurato che il potere dei potenti verrà 'deposto', e i piccoli saranno innalzati.

Ma sento, da sempre, una profonda tristezza nel constatare la fatica della vittoria della verità sulla menzogna.

Ma Gesù ha proclamato: . Sto pensando all'immensa grandezza di Gesù, anche semplicemente per essersi proclamato 'la verità'. Ci pensiamo che valore ha Gesù, l'unico nella storia umana, a poter dire 'io sono la verità'? Se anche Gesù non fosse Dio, ha incarnato nella sua breve storia umana, quella realtà capace di salvare l'uomo. Ma non è avvenuto così: la potenza della menzogna domina ancora nel mondo; ma io sono felice di aver conosciuto nella mia vita che c'è 'uno' che ha potuto indicare il punto di salvezza. La verità.     

 

 
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dialogo

Post n°4 pubblicato il 12 Giugno 2010 da donenrico.ghezzi

12-13 giugno 2010

Lc 7,36-47: al fariseo Siomone che aveva accolto Gesù nella propri casa, dove era entrata anche una donna peccatrice che aveva lavato con le lacrime i piedi di Gesù e li ha asciugati coi capelli, li baciava e li cospargeva di profumi, Gesù dice: <per questo io ti dico: 'sono perdonati i suoi molti peccati, perchè ha molto amato. Invece colui al quale si perdoma poco, ama poco...>.

Ecco la morale, l'etica di Gesù che è la sua rivelazione: l'amore e la misericordia sono l'essenza di Dio, del Padre che Gesù rivela. Ma questa radicale rivoluzione del concetto di Dio e della religione, hanno bisogno di una altissima tensione, devono uscire dalla stanca mediocrità del quotidiano e della convenienza.

Le religioni spesso (cristiana, ebraica, mussulmana ecc.), amano continuare a vivere nella più facile mediocrità senza emozioni o slanci o speranze gioiose: 'amare' invece è più faticoso, impegna la vita, vuole la conversione, vuole la coscienza del bene e del male. Che potenza eterna  nelle parole di Gesù: <perchè ha molto amato...>!

 

 
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dialogo

Post n°3 pubblicato il 11 Giugno 2010 da donenrico.ghezzi

 

E' la festa del sacro Cuore: è in svolgimento la grande messa conclusiva dell'anno sacerdotale. C'è un solo augurio da fare alla nostra santa chiesa: lasciarsi inondare d'amore del cuore di Cristo; come dice Paolo ai Galati: 'sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me' (2,20).

Partiremo dalla confessione cristica di Paolo? 

 
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riflessioni

Post n°2 pubblicato il 10 Giugno 2010 da donenrico.ghezzi

 

In questi giorni a Roma, si stanno celebrando le conclusioni dell'anno sacerdotale. L'intento abbastanza evidente, visto il raduno   di alcune migliaia di preti (si parla di diecimila) è di porre anche un riparo alle vicende dolorose degli ultimi tempi, sulla pedofilia dei preti. Io credo che questa sia la solita forma di voler mostrare i muscoli della propria potenza, cercando di diffondere sicurezza agli stessi preti e ai crisitani offesi  dai nostri peccati. Io dubito di queste 'celebrazioni': non porteranno nessuna purificazione nè possibilità di ripararsi per il futuro. Il santo curato d'Ars, che si vuole ricordare, assieme a tanti preti straordinari da don Mazzolari a don Milani, da don Guanella a don Orione fino a don Gnocchi, o ai più recenti don Luigi e al compianto don Picchi, non erano soliti presentarsi con 'celebrazioni' o manifestazioni: vivevano invece con passione e zelo carismatico la loro vocazione che si tramutava in 'amore e carità'. E' questa la vera dimensione formativa che oggi manca nei nostri  seminari e nei    centri di formazione. Chi riesce oggi, dagli uomini del vertice della chiesa, trasmettere la 'sequela' a Gesù e al vangelo? Dove sono la povertà della chiesa, l'entusiasmo per il 'popolo di Dio, per i poveri e gli ultimi? Quale motivazione guida i giovani (scarsissimi) a intraprende la via al sacerdozio o alla vita religiosa?

 
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