NEMO

... non avremmo mai potuto amare tanto la terra, se non avesse fatto parte della nostra infanzia; se non fosse stata la terra dove ogni primavera spuntavano i medesimi fiori che noi raccoglievamo con le nostre manine mentre, seduti sull’erba, farfugliavamo a noi stessi; le medesime bacche di orsa canina e di biancospino sulle siepi autunnali; i medesimi pettirossi che eravamo soliti chiamare "uccellini di Dio", perché non danneggiavano il prezioso raccolto.

Quale novità può valere la dolce monotonia dove tutto è noto, e amato proprio perché è noto?

Il bosco che attraverso in questa tipeida giornata di maggio, con le giovani foglie gialloscure delle querce tra me e il cielo azzurro, il bianco aglio selvatico e la veronica dagli occhi azzurri e l'edera terrestre ai miei piedi; quale boschetto di palme tropicali, quali strane felci o splendidi fiori dalle grandi corolle, potrebbero far vibrare in me fibre profonde e delicate come questa scena domestica?questi fiori familiari, questi cinguiettii indimenticabili, questo cielo con la sua luminosità irregolare, questi campai arati ed erbosi, ciscuno con una sua personalità conferitagli dalle siepi capricciose: tali cose sono la madrelingua della nostra immaginazione, il linguaggio carico di tutte le sottili e inestricabili associazioni che lefuggitive ore della nostra infanzia si sono lasciate dietro di loro. La gioia che oggi proviamo per il sole che riplende sui lunghi fili d'erba, sarebbe nient'altro che una vaga sensazione di anime stanche, se nn fosse per il sole e l'erba di quegli anni lontani che ancora vivono dentro di noi, e trasformano la nostra sensazione in amore.

(G. Eliot, Il mulino sulla Floss)