Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 18 Aprile 2008 da IronaStaller




ULTIMO CANTO DI SAFFO










Placida notte, e verecondo raggio


Della cadente luna; e tu che spunti
 

Fra la tacita selva in su la rupe,


Nunzio del giorno; oh dilettose e care


Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,


Sembianze agli occhi miei; già non arride


Spettacol molle ai disperati affetti.


Noi l'insueto allor gaudio ravviva


Quando per l'etra liquido si volve


E per li campi trepidanti il flutto


Polveroso de' Noti, e quando il carro,


Grave carro di Giove a noi sul capo,


Tonando, il tenebroso aere divide.


Noi per le balze e le profonde valli


Natar giova tra' nembi, e noi la vasta


Fuga de' greggi sbigottiti, o d'alto


Fiume alla dubbia sponda


Il suono e la vittrice ira dell'onda.




Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella


Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta


Infinita beltà parte nessuna


Alla misera Saffo i numi e l'empia


Sorte non fenno. A' tuoi superbi regni


Vile, o natura, e grave ospite addetta,


E dispregiata amante, alle vezzose


Tue forme il core e le pupille invano


Supplichevole intendo. A me non ride


L'aprico margo, e dall'eterea porta


Il mattutino albor; me non il canto


De' colorati augelli, e non de' faggi


Il murmure saluta: e dove all'ombra


Degl'inchinati salici dispiega


Candido rivo il puro seno, al mio


Lubrico piè le flessuose linfe


Disdegnando sottragge,


E preme in fuga l'odorate spiagge.




Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso


Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo


Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?


In che peccai bambina, allor che ignara


Di misfatto è la vita, onde poi scemo


Di giovanezza, e disfiorato, al fuso


Dell'indomita Parca si volvesse


Il ferrigno mio stame? Incaute voci


Spande il tuo labbro: i destinati eventi


Move arcano consiglio. Arcano è tutto,


Fuor che il nostro dolor. Negletta prole


Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo


De' celesti si posa. Oh cure, oh speme


De' più verd'anni! Alle sembianze il Padre,


Alle amene sembianze eterno regno


Diè nelle genti; e per virili imprese,


Per dotta lira o canto,


Virtù non luce in disadorno ammanto.




Morremo. Il velo indegno a terra sparto,


Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,


E il crudo fallo emenderà del cieco


Dispensator de' casi. E tu cui lungo


Amore indarno, e lunga fede, e vano


D'implacato desio furor mi strinse,


Vivi felice, se felice in terra


Visse nato mortal. Me non asperse


Del soave licor del doglio avaro


Giove, poi che perìr gl'inganni e il sogno


Della mia fanciullezza. Ogni più lieto


Giorno di nostra età primo s'invola.


Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l
'ombra

Della gelida morte. Ecco di tante


Sperate palme e dilettosi errori,


Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno


Han la tenaria Diva,


E l'atra notte, e la silente riva.



 
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Italia

Post n°9 pubblicato il 09 Aprile 2008 da IronaStaller


Molte persone mi chiedono: “Ma a che ti serve una laurea in
lettere e filosofia?”.

Ebbene, a questa banale domanda, la cui risposta - data da
molti è “Per insegnare, per fare lo scrittore”, so dare una risposta ben più
precisa.
Dopo qualche anno di studio, mi sto veramente rendendo conto
dell’utilità di questo corso di laurea e vorrei rendervi partecipi di ciò. Un
laureato in lettere non è solo un semplice aspirante insegnante e sterile
conoscitore della letteratura italiana, ma corretto bagaglio di storia, di
latino, geografia e filosofia. Ha in se la cognizione che l’Italia è la
sorgente della cultura mondiale ed è culla della civiltà.

Un laureando in
lettere ha una missione da compiere: insegnare la rettitudine al popolo
italiano sin dalla tenera età, dilettando, sulla base dei supremi principi ed
esempi dei maestri della scrittura italiana; deve avere il sacrosanto potere di
rendere leggera anche una lettura di Manzoni e spremere fino in fondo le parole
di una poesia di Leopardi per somministrarne il succo anche al più fannullone,
facendogli gustare e non leggere le parole. Il laureando in lettere insegna
alla gente il prestigio del proprio dialetto e la venerabilità dell’italiano.
Il vero laureato in
lettere ha imparato a conoscere i giganti sui quali voi tutti vi reggete con
facilità e talvolta con noia e disprezzo; conosce le conseguenze della politica
di oggi e raramente guarda al mondo contemporaneo con gli occhi della
soggettività.
Il letterato non è
scrittore millantatore. Il letterato autentico scrive quando c’è ed ha qualcosa
da dire e denuncia alla luce del sole le ingiustizie avvolte dalle tenebre.
Il letterato insegna
la morale, quella vera, non il senso della castrazione o la dissoluzione: sa
vivere e grazie a passaggi segreti è riuscito a trovare la chiave per
raggiungere una serenità e un equilibrio trasmissibile agli altri. Il vero
laureato in lettere non conserva per se la sua cultura ma la regala agli altri
per fargli il dono, lo stupendo dono, di essere considerati veri cittadini italiani. Il vero letterato ricorda alla popolazione chi erano
veramente i Romani, i Normanni, i Longobardi, i Papi, Napoleone, Garibaldi,
Mazzini, e li guarda tutti dalla stessa altezza.

Pertanto, non me lo
chiedete più. La mia missione la sto compiendo, la mia croce la sto portando.
Voglio insegnare la cultura italiana non attraverso i limitati e limitanti
programmi scolastici come un insegnante annoiato, ma a tu per tu, rendere
coscienti – tutti – che il latino non serve solo per imparare a scrivere ma vi
decora di grazie e vi rende cittadini d’Italia. E quale squallore più grande è
per noi italiani, ed è già un dono che vi faccio chiamandovi tali, vedere
commenti strazianti su video che circolano in internet, di gente del nord che
diffama gente del sud, e gente del sud che inveisce contro quelli del Nord.

Mi rendo conto che nemmeno Cavour voleva l’unità d’Italia ma
se c’è stata, dovrà pur significare qualcosa. Significa che Iddio che la creò ha
affidato tutto alla nostra grande umanità che in fondo al cuore è ancora viva.
Ci ha regalato in sogno di essere uniti dopo secoli di sottomissione ai superbi
re del mondo. Oltretutto, ci ha permesso di essere uniti alle altre grandi
nazioni d’Europa... e ancora viviamo in questo stato di intolleranza? Se solo
sapeste all’estero quanto ci invidiano la cultura italiana, non avreste nemmeno
più il coraggio di camminare per le strade della vostra città: vi sentireste in
colpa, umili e infimi.

Chinate il capo all’Italia e invece di fuggire all’estero e
prima di imparare l’inglese, aprite solo per un attimo un libro di latino,
prendete la prima parola che vi capita sott’occhio e scoprite come quella
parola, più che in ogni altra lingua, si sia perpetuata nei secoli, abbia vinto
la barriera di spazio e di tempo – seppur mutando ed erodendosi - e si sia
radicata nella vostra mente sin dal momento in cui l’avete appresa. Non mi
meraviglio se gli adolescenti compiono oscenità e crudeltà nelle aule, avendo
persino il coraggio di riprenderle con i telefonini (colpa dei genitori e degli
insegnanti boriosi); non mi meraviglio se a Napoli c’è l’immondizia che dilaga
(i veri napoletani non c’entrano); non mi meraviglio se tanti ragazzi e ragazze
vivono in uno stato di depressione avanzata rischiando il suicidio (ci sono
Maria De Filippi, Simona Ventura & Co.); non mi meraviglio se in Italia c’è
la disoccupazione (non è vero!).

Fuggiamo, fuggiamo, con la speranza di trovare una terra
promessa. Ma a che pro, quando possiamo costruirla proprio qui? Non aspettate i
politici che promettono e poi mangiano. Noi possiamo destare veramente
l’Italia, conoscendone ogni suo lato più disparato e amandola in ogni sua
forma. Alzatevi e camminate!

Noi abbiamo Dante, Noi abbiamo Michelangelo, Noi abbiamo
l’Etna e il Vesuvio, Noi abbiamo Pirandello, Noi abbiamo Manzoni, Noi abbiamo
Riccardo Cocciante, Mina, Renato Zero, De Andrè e Battisti, Noi abbiamo Luca
Ronconi, Mariangela Melato, Noi abbiamo i Comencini, Noi Abbiamo Totò e Alberto
Sordi, Noi abbiamo la reggia di Caserta e il duomo di Milano, Noi abbiamo il
parco nazionale del Cilento, Noi abbiamo Catullo, Plauto, Cicerone, Virgilio e
tanti altri. Noi abbiamo noi... e questo già può bastare.

Noi abbiamo il possesso totale dell’umanità e osiamo dare le
perle ai Porci.
ITALIANI, IN NOME DI DIO, SVEGLIATEVI DAL SONNO DELL’IGNORANZA.
L’ITALIA E’ UN PUZZLE I CUI TASSELLI
SONO I VOSTRI DIALETTI. CALZATE LO STIVALE E MOSTRATELO FIERAMENTE. FATE
DELL’ITALIA UN MONDO E IL MONDO AMERA’ L’ITALIA!

 


TOMMASO GARCA



 
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Alla ricerca del sogno!

Post n°1 pubblicato il 13 Marzo 2007 da IronaStaller
 

Silenzio!
Il sogno sta riposando. 
Pazientate, ragazzi che prima o poi il sogno si risveglia
e avrà un tale appetito
che sarà costretto a rimettersi in viaggio
per guadagnare il nutrimento necessario
ed essere pronto a confrontarsi con qualunque tipo di realtà.

E' giusto... è pagato per questo!
Per cavarsela, però, avrà bisogno di essere creduto e sostenuto, perchè comunque vada possa contare sulla vostra determinazione. Ossarvatelo bene e scoprirete che vi somiglia assai.
La ragione è chiara... siete voi che lo avete voluto così...
voi, che gli avete impresso questi connotati:
peso e statura pari ai vostri desideri e alle vostre ambizioni.
E dunque, crescetelo bene, non fategli mancare nulla.

E quando il vostro viso sarà disseminato di rughe,
la vostra anima al contrario sarà ancora fresca e capace di slanci, ciò vorrà dire che avete lavorato bene.
Pertanto, tenetelo lontano da agenti inquinanti,
primo tra tutti... la gelosia!
Somministratelo con cautela per evitare effetti indesiderati...
come l'abitudine.
E nel caso foste sprovvisti di un sogno,
affrettatevi a procurarvene uno,
perchè vivere senza è come vivere... in bianco e nero!

 
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Un buon motivo per tagliarsi i capelli!

Vi propongo questo video, per una campagna di sensibilizzazione e soprattutto per aprirvi il cuore, come solo questo video sa fare!

 

Poesia a Massimo Troisi

Oggi vi propongo un video spettacolare: una poesia scritta e recitata da Roberto Benigni per "l'anima grande" di Massimo Troisi.

 

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