ELENA VARRIALE

Non basta sentirsi liberi, bisogna educarsi alla libertà.

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AUSTERITA' E TASSO DI ALTRUISMO GENERAZIONALE pubblicato dal Quindicinnale IL SOLIDO

Post n°6 pubblicato il 25 Novembre 2012 da eleimprota_2012

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L’AUSTERITA’ ED IL TASSO DI  ALTRUISMO GENERAZIONALE

La parola austerità deriva dal greco austeròs che letteralmente significa inaridisco, dissecco ed era infatti usata per designare i vini che rendevano la lingua pungente, arida, secca. Come la crisi economica che stiamo vivendo: un vento sterile e laconico che soffia impietoso sui nostri

stili di vita presenti e futuri.

Una crisi che ha già notevolmente ridimensionato e contratto i nostri consumi e desideri : secondo i dati forniti dall'Istat sul commercio, a luglio 2012 in Italia, le vendite al dettaglio hanno segnato un ribasso dello 0,2% su giugno e una caduta del 3,2% su base annua.  Un vero e proprio crollo della domanda, secondo l’Istat, si registra negli acquisti di giochi, giocattoli, sport e campeggio (-5,6%); mobili, articoli tessili, arredamento (-5,2%); abbigliamento e pellicceria (-4,7%); cartoleria, libri, giornali e riviste (-4,7%).  L’acquisto del “futile” dirada sempre più e nelle famiglie ci si concentra sulle spese essenziali per la sopravvivenza.

Austerità e rigore sono dunque diventati sinonimi e l’Italia con il suo vertiginoso debito pubblico che recentemente ha segnato un nuovo record, fissandosi a 1.955,1 miliardi, pari cioè al 126% del Pil ha dovuto varare leggi finanziarie tra luglio e agosto 2011 ed il decreto Salva Italia di dicembre in cui ha già chiesto ai suoi cittadini un sacrificio da 46 miliardi di euro e nel 2013 prevede un'altra stretta da 27 miliardi, a cui si sommeranno altri 5,7 miliardi nel 2014.

Il costo totale della crisi per gli italiani sarà perciò di oltre 80 miliardi di euro netti. Un disastro che pesa su di noi, ma anche e fortemente su chi verrà dopo di noi. Non è un caso che il 35% dei nostri ragazzi non trovi lavoro e che la ricchezza nazionale sia diminuita del 3,2% in due anni.

Cifre da capogiro che “fibrillano” non solo da noi, ma anche in altri paesi europei e che spiegano i motivi per i quali, lo scorso 14 novembre, i sindacati di Spagna e Portogallo hanno indetto e realizzato lo sciopero generale, mentre si registravano numerose astensioni dal lavoro anche in Grecia ed in Italia. Uno sciopero europeo contro l’austerità, ma soprattutto contro questa sensazione di asprezza e di rigidezza economica e politica che non lascia intravedere all’orizzonte né prospettive, né opportunità.

Se è vero, infatti, che la popolazione italiana nel mondo è quella che ha il maggior numero di anziani a carico, l’età media più alta ed i tassi di fertilità più bassi ed è, naturalmente, spaventata dalla possibilità di perdere diritti e sicurezze acquisiti: pensioni e sanità rappresentano per ciascuno di noi la certezza di una vecchiaia e di una morte dignitose; dall’altra, però, ci sono i nostri giovani che protestano contro un’austerità che non avevano mai conosciuto e che cancella i loro sogni ed il loro futuro.

I nostri ragazzi sono i figli del benessere, della rivoluzione tecnologica, dell’interconnessione. E’ la prima generazione che non apprende, ma insegna ai genitori l’uso delle nuove tecnologie. Sono sani, belli, intelligenti e vivranno in media cento anni. Loro sono la nostra speranza di una globalizzazione multirazziale e tollerante, il nostro migliore investimento per un futuro di pace e di progresso. Ma è’ indubitabile che sulle loro spalle, per adesso, stanno solo ricadendo finanziarie rigorose, l’inflessibilità tedesca, i tagli consistenti alla scuola ed alla loro formazione, nonché le ristrettezze familiari ed i vergognosi scandali politici.  

Il rigore non ammette sperperi e come cane che si morde la coda, l’austerità ci rende più poveri ed insicuri. Non abbiamo risposte certe ed il pessimismo aleggia come un fantasma su tutto il mondo globalizzato. Anche le tigri asiatiche come Cina e Giappone, dopo Europa e Stati Uniti danno segnali preoccupanti di stasi o recessione economica. A tratti, sembra che si stia globalizzando la povertà e la misera di un modello economico profondamente in crisi. La globalizzazione delle favelas, piuttosto che quella del benessere e del welfare occidentale.

E’infatti sempre più evidente che l’aumento dei tagli e delle tasse contraendo i consumi, senza investire in ricerca, sperimentazione ed innovazione ha indebolito la ricchezza ed il benessere di ciascuno di noi. Il ceto medio sta vivendo una vera ed inesorabile dèbacle, schiacciato dal senso di colpa per aver dato credito ad una classe politica e dirigente del nostro Paese incapace non solo di capire lo tsunami economico che stava arrivando, ma vergognosamente intenta ad assicurarsi solo rogiti, vitalizi e sperperi di ogni genere. In sostanza, l’austerità sta diventando sinonimo di angoscia, cinismo e paura del futuro. Un conflitto silenzioso del “si salvi chi può” che attraversa in modo trasversale le generazioni e le classi sociali.

Ma è proprio quando l’orlo del baratro è più vicino che diventa necessario pensare, proporre ed osare.  Come ha scritto Albert Einstein: “E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.” Un monito ed un ottimismo del cuore e della ragione da perseguire e prendere ad esempio. Ed allora perché non proporre un nuovo patto sociale tra generazioni che preveda da una parte l’impegno ed il sacrificio dei nostri ragazzi a risanare i conti pubblici e dall’altra, la defiscalizzazione per almeno cinque anni delle imprese costituite dai giovani al di sotto dei 35 anni? Una politica, insomma, che faccia del “tasso di altruismo generazionale” il suo punto di forza e di rinascita per garantire un’austerità sobria ma non inflessibile, severa ma non ingiusta.

              Elena Varriale

 

 

 

 

 

 

 

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