ELENA VARRIALE

Non basta sentirsi liberi, bisogna educarsi alla libertà.

Creato da eleimprota_2012 il 10/03/2012

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LA POLITICA E-MAIL

Post n°4 pubblicato il 21 Ottobre 2012 da eleimprota_2012

LA POLITICA E-MAIL

  Ed. L'Avanti, Roma, 2000
CREATIVITÀ, PERSONE, LIBERTA' ALTRUISMO
- nell'era di internet -

"Certe notti la strada non conta quello che conta è sentire che vai (…)Certe notti somigliano a un vizioche tu non vuoi smettere, smettere mai." (luciano ligabue)



ALI VIRTUALI


La libertà è grammatica delle parole assenti. Imprevedibile metafora della trasgressione creativa. Richiamo, rievocazione di spazi e tempi dilatati. È pensiero vitale, deriva dei corpi, irrinunciabile passione laica. E' ritmo interiore. Passo, danza dell'indicibile, tallone di Achille di ogni certezza e di ogni sapere. È un lembo di cielo ricurvo sull'asfalto, visione inaspettata di cirri in tumulto, profumo di zefiro nelle notti che non hanno risposte.
Definire la libertà è un po' come cercare di fermare in un'unica immagine le acrobazie in volo di ali spiegate nel vento. Le parole non riescono a riempire la leggerezza degli spazi mentali e sociali che la libertà rievoca o trasforma. Le immagini o le metafore si ingrigiscono tutte, innanzi alla carica emotiva che ogni essere umano prova quando indossa le ali della libertà.
Senza libertà un uomo difficilmente saprà cosa è e cosa vuole. Senza le libertà non ci sarebbero scelte, errori, progressi, inevitabili cambiamenti.
Il cammino dell'uomo per affermare il suo diritto alle libertà è stato lungo e denso di consapevolezze acquisite. Lo stesso senso della storia umana, a volte, si è sovrapposto al solo desiderio di poter esprimere liberamente un pensiero o un punto di vista soggettivo. Tra roghi, inquisizioni, ghigliottine e carceri, la libertà, nell'età moderna, è diventata un valore inalienabile.Storia dell'umanità e libertà sono dunque concetti e realtà sovrapponibili. Ha scritto H. Arendt :" L'uomo è libero perché è un inizio, così creato quando l'universo esisteva già. (…) E proprio in quanto è un inizio, l'uomo può dare inizio a cose nuove: umanità e libertà coincidono".
La libertà è sempre un inizio di qualcosa, naturalmente l'accompagnano dubbi, sconfitte e passioni. È sempre visionaria, anche quando oscilla come un pendolo tra il bene e il male, tra il si può fare e l'inarrestabile, incontenibile domanda: se non fosse così?
È una porta che apre altre porte, una finestra che guarda in altre finestre, una strada in salita attraversata da biforcazioni, un fiume che insegue il mare. È laica, non conosce dogmi. Sa che ogni certezza trascina con sé la sua possibile ed auspicabile falsificazione. La libertà, come la vita, si trasforma, si evolve, si disperde e si rigenera. Non conosce la parola fine. È sempre un'alba.
Le libertà danzano con le verità, il sole che le riscalda è la passione umana. Ogni loro passo è accompagnato dalle carezze del dubbio e dai soffi della curiosità. L'umanità rincorre una meta che, da sempre, è nascosta e protetta dal mistero: comprendere il senso del suo esistere e del suo divenire. Sono le domande che spesso trascinano le verità e le libertà nel cielo, nel punto più alto, dove fede e religioni sono, da sempre, di "casa". Una volta erano le pendici dell'Olimpo, poi quelle del Wahalla, infine la bianca vegetazione del Paradiso. Da lì, inoltre, partono le Illuminazioni del Buddha e l'animismo delle ultime tribù primitive esistenti.
Le libertà e le verità cercano certezze. Come piccole foglie d'edera si arrampicano sulle pareti lisce di ragionamenti e di dimostrazioni; ad ogni scoperta si sentono più vicine alla meta. Poi un dubbio cancella tutto. E ricomincia la salita. Ma il desiderio di aggrapparsi resta.Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica "Fides et ratio", ha scritto: "L'uomo si trova in un cammino di ricerca, umanamente interminabile: ricerca di verità e ricerca di una persona a cui affidarsi".
L'uomo, ci spiega il Pontefice, ha un desiderio enorme di conoscenza, insito nella sua stessa natura. Vuole sapere, capire, spiegare. Ma nel mondo della globalizzazione, della comunicazione veloce, delle conoscenze sempre più numerose e specialistiche, si ritrova nella condizione di non poter conoscere tutto. Egli deve, pertanto, affidarsi necessariamente alle conoscenze degli altri. "L'uomo" scrive il Papa "è colui che vive di credenza".
Affidamento e Verità rivelata rappresentano, dunque, la risposta fondamentale del pensiero cattolico alle più significative domande dell'uomo, sul senso del suo essere e della sua esistenza: "Chi sono?Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? Cosa ci sarà dopo questa vita?"
La filosofia, sempre secondo il Pontefice, nata per dare queste risposte, si è limitata a legittimare verità parziali e a garantire "parità delle posizioni", dimenticando lo scopo per cui era nata. Della verità ha preferito " sottolinearne i limiti e i condizionamenti", ha escluso definitivamente, dal suo campo d'indagine, la Verità Rivelata.
Ma l'idea di compendiare l'uomo nell'endiadi verità rivelata-affidamento provoca, negli spiriti laici, smarrimento e protesta contro un'ipotesi data e definitiva sul senso dell'uomo, della sua vita e del mondo. Quello che manca, infatti, nelle parole del Pontefice, è il senso ultimo e più profondo dell'individuo, e cioè il suo bisogno di dubitare e problematizzare, la sua vocazione, tutta umana, di conoscere sbagliando.
Non c'è uomo che, travolto da uno specchio di cielo azzurro, non abbia sognato, almeno una volta, di essere libero dai condizionamenti materiali (il bisogno), da quelli affettivi (i desideri) o da quelli professionali (frustrazioni, dipendenza, compromessi). L'uomo sogna di essere libero, è disposto a pagare anche il prezzo della solitudine pur di percorrere un suo proprio cammino verso la verità. È un uomo che non si affida all'altro ma lo cerca per meglio comprendere se stesso, illuminato dalla consapevolezza che mai potrà giungere adessere se stesso senza entrare in comunicazione con l'altro e che, inesorabilmente, non potrà mai entrare veramente in comunicazione con l'altro, senza essere solo.
La scoperta dell'altro e delle sue motivazioni, la capacità di comprenderne i pensieri e i desideri: gli psicologi definiscono "immagine mentale" il lungo processo in cui ciascun essere umano impara a riconoscere se stesso in rapporto agli altri. Un processo che comincia verso i tre anni di vita e che si caratterizza per la trasgressione agli ordini e alle regole, nonché dal conseguente bisogno. Bisogno di mentire sulla trasgressione compiuta per evitare punizioni. O richiami. È il modo in cui, ciascuno di noi, da bambino, ha imparato a riconoscere l'esistenza degli altri e i limiti alla propria libertà.Comunicare con l'altro significa, quindi, riconoscere le individualità di ciascuno, accettare e tollerare le differenze, promuovere sempre e comunque il libero pensiero.
"Se tutta l'umanità meno uno fosse della stessa opinione, e solo un individuo dell'opinione contraria, l'umanità non avrebbe maggior diritto di ridurre al silenzio quell'uomo, di quanto ne avrebbe questo, se lo potesse, di ridurre al silenzio l'umanità".
Le parole di J.S. Mill rappresentano, per ogni laico, un manifesto politico culturale sul diritto di ciascuno individuo ad esprimere il proprio pensiero e a tollerare quello degli altri. Ed è proprio in questa duplice ricerca di sé e dell'altro che si sviluppa e si snoda la storia dell'uomo.
L'uomo che ricerca non si affida all'altro, alle verità già rivelate, al senso della storia già dispiegato. L'uomo che ricerca esplora le " frontiere" del possibile e le sfida. Sa che la verità non è mai il luogo del non-ritorno, dell'immutabile, dell'imperscrutabile perché se così fosse non avrebbero senso l'arte, la creatività, la scienza ed il coraggio. La verità, per poter essere "una torcia che brilla attraverso la nebbia senza dissolverla" va, laicamente, considerata solo come possibile.
Alle domande fondamentali dell'uomo, il laicismo risponde con una pluralità di intenzioni, di riflessioni, di valori e di credenze. Nessuno più giusto dell'altro, nessuno più vero dell'altro, ma tutti egualmente tollerati come possibili. La libertà, per un laico, è un "demone" che spinge oltre i limiti sanciti dal senso comune. È il margine, l'orlo, la linea di demarcazione tra il possibile e l'impossibile. È signora delle tentazioni, licenziosa complice di avventure, meta di ogni viaggio.
È quel " so di non sapere" di Socrate, padre spirituale di ogni laico, che con il suo dubbio sistematico inietta salutaridosi di scetticismo nel cuore dei luoghi comuni e così procedendo, incoraggia consapevolmente, una logica emancipatrice dell'uomo e della sua storia.
Un uomo libero è, infine, un uomo che non nasconde, ma asseconda gli istinti del corpo, i desideri della carne, le passioni più nascoste, con il solo fine di arricchire i pensieri e di coniugare in modo creativo il desiderio del bello (estetica) con quello del vero (etica).
Le sue verità sono leggere, perché falsificabili in qualunque momen to e con qualunque argomentazione. Sono le verità di chi ha un profondo rispetto di quel dono fantastico che è il poter vivere ed immagi re la propria esistenza come un'avventura che vale la pena di rischiare.In un delizioso dialogo immaginario di Johnny Hart, Peter chiede a Wiley: "Qual è la cosa più importante per l'uomo?"
E Wiley risponde: "Conoscere se stesso." Ma dopo un attimo di esitazione, Wiley aggiunge: "Tu però lascia stare. Potresti avere una brutta sorpresa".
La leggerezza del pensiero, la trasgressione delle parole e dei comportamenti nonché l'ironia della comunicazione verbale sono chiavi fondamentali per avvicinare l'uomo alla verità.
Trasgredire o superare i limiti imposti dal "senso comune", il sentirsi fuori-legge, quando la norma o la legge soffocano le possibilità e le occasioni di crescita e di miglioramento dell'individuo, nonché la pratica leggera dell' autoironia, diventano presupposti necessari per affermare, in modo laico, il senso compiuto di sé e degli altri. Accompagnano e sorreggono il desiderio di verità, insegnano a comprendere e a rispettare le ragioni di tutti.
Ma il laicismo in quanto filosofia politica che garantisce le libertà individuali, non può e non deve trasformarsi, a sua volta, in una "religione laica". Non può e non deve sostituire ad una verità, un'altra; il laicismo non è semplice dialettica tra due verità. È' un progetto più ambizioso. Mira a determinare gli spazi e le occasioni in cui sia garantito il libero e leale confronto tra tutte le possibili verità o, secondo gli insegnamenti di Popper, tra tutte quelle meno falsificabili.

Scopo fondamentale di un pensiero autenticamente laico è quello di favorire sempre e comunque "il consenso sul dissenso". Libertà, fraternità ed uguaglianza erano i valori laici dell'illuminismo e della Rivoluzione Francese. Valori che ponevano l'uomo di fronte a se stesso e alla possibilità, tutta terrena, di realizzare la giustizia sociale. Ma qualunque giustizia perseguita con le armi, con la violenza o con la morte non può che generare odi e risentimenti da una parte e dall'altra. Da chi ha subito e da chi ha colpito. Non c'è nessun fine giusto che può giustificare mezzi sbagliati. Questa è la più importante e fondamentale lezione della modernità.
Ogni volta, infatti, che la dignità umana viene mortificata, i valori del laicismo, impongono a tutti noi di protestare in nome di un senso più alto della civiltà che non trova nessuna accettabile giustificazione ideologica od utopistica, alla violenza ed alla prevaricazione.
Il vero dispotismo, per il pensiero laico anglosassone è, infatti, quello che distrugge l'individualità, qualunque sia la bandiera sotto cui si presenta, tanto se pretende d'imporre la volontà di Dio, come quella degli uomini.
Nessun uomo può essere perseguitato per le sue idee, per il suo sesso, per la sua religione, per la sua razza: così, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo ha sancito la dignità di ciascun individuo, il suo diritto inalienabile ad essere liberamente ciò che desidera essere. Sono i principi fondamentali di un moderno laicismo, ma da soli non bastano a tracciare le linee teoriche e un'azione politica autenticamente laica.
Vale allora la pena riflettere e cercare di "riaccendere" laicamente il dibattito sulle libertà e sul senso dell'emancipazione umana.Cosa significa essere liberi nell'era di Internet? Quali sono gli "spazi" in cui il concetto stesso di libertà personale si dispiega, si confronta e si evolve? E ancora, il "surplus" di informazioni e di comunicazione, inaugurato da Internet, determina, come sostiene il Papa, più bisogno di certezze e di verità o, al contrario, s'intravede all'orizzonte, la possibilità di una nuova "stagione" di libertà, di pluralismo, di democrazia e di tolleranza reciproca?
Sono domande di inizio millennio e si portano dietro tutti gli interrogativi non risolti dei secoli che l'hanno preceduto. Ma un buon ragionamento, per essere tale, deve, innanzitutto, cominciare con delle buone domande.
Ha scritto il poeta Alexander Pole:

"Osserva come qualche strano conforto assista ogni condizione,
Come sia comune amico l'orgoglio a tutti donato:
Vedi come qualche acconcia passione ad ogni età provveda,
La speranza è con noi durante la vita intera, né ci lascia alla morte".

Il conforto e l'orgoglio, la passione e la speranza: denominatori comuni della vita di tutti, ma anche "ingredienti" importanti per comprendere il senso più profondo delle libertà.
La libertà personale è, infatti, una "miscela" di individualismo ed altruismo, di sentimenti e di ragioni, di sogni e di realtà, di verità e di menzogne. La sua essenza è molteplice, un ossimoro del sentire e del fare. Libertà positiva e negativa, direbbe Isaiah Berlin, libertà di e libertà da.Ma la new economy ha stravolto, ancora una volta, il significato liberale della libertà. Nell'era dell'accesso, il capitalista non deve più necessariamente possedere i "mezzi di produzione" per entrare nel mercato ed essere quotato in borsa. Gli basta possedere i "mezzi di ideazione", immaginare un processo produttivo o parte di esso per poter essere un e-business man. Le materie prime sono state sostituite dalla materia grigia, gli archivi dalle banche dati, le fabbriche dal telelavoro.
Un'idea, sostenuta dal capitalist venture, entra nella Rete e produce subito consumi e guadagni. Il mondo si velocizza e si "intellettualizza". Oggi non basta più conoscere, bisogna inventare.

Uno spirito creativo soffia sull'occidente, disegna nuovi contorni sociali ed economici, ma soprattutto amplifica il senso ed il valore della libertà. Internet è una nuova "frontiera virtuale" da conquistare e sognare. Password di ogni avventura digitale e di ogni possibile incontro. La libertà, nel Web si trasforma: è un reticolo. Avvolge, precede, segue, comunque si esprime. È un ragno virtuale che tesse e gestisce reti di servizi e di informazioni. È fatta di parole, di interfacce, di internauti in cerca di senso. Lo spazio entro cui si dispiega è scuro ed intangibile come un buco nero. Le luci che la illuminano sono digitali ed artificiali. È una libertà che perde tutte le possibili metafore naturali che l'hanno sempre accompagnata. Nessun cielo, nessun volo di gabbiano a rappresentare o a guidare il suo cammino. Nel web, la libertà è un'ipotesi, un laboratorio mai soddisfatto di possibilità. È trama complessa e leggera di anime stanche di mediocrità. È un urlo. Forse, l'ennesimo tentativo di dare sostanza a quelle che Pascal definiva come "le ragioni del cuore che la ragione non sa spiegare."
Sono tecnologie di libertà, come le ha definite Ithiel de Sola Pool. E per restare tali, deve essere garantito e salvaguardato il diritto di accesso libero alle reti; è necessario, infine, studiare nuove leggi che regolino il diritto di proprietà intellettuale: "a minacciare la libertà non sono i computer ma la politica. L'instaurazione della censura che seguì la diffusione della stampa non era implicita nella tecnica di Gutenberg, fu una reazione ad essa". Vietare poco e diffondere le nuove tecnologie, ampliare l'uso delle bande larghe e sviluppare, infine, le trasmissioni via cavo e i satelliti garantirà, secondo Ithiel de Sola Pool, lo sviluppo di "una pluralità di voci oggi inimmaginabile".

Il navigatore solitario che accede ad Internet può indossare "ali virtuali", può riplasmare o ripensare se stesso e la sua vita. Può scrivere messaggi o dialogare, può inventare o ascoltare biografie immaginate o vissute. Prende, lentamente, coscienza che inventare ed osare, nell'era on line, è più importante che scoprire. Basta pensare allo sviluppo delle biotecnologie, alla realizzazione degli animali e dei vegetali transgenici, alla clonazione e alle varie fecondazioni artificiali.
L'umanità più sviluppata del pianeta sta conoscendo una stagione di creatività che non aveva mai conosciuto prima.
Tutto sembra possibile e gli spiriti appaiono più liberi. oggi la sfida è con se stessi e con le proprie capacità. L'individuo può forse, liberarsi dall'oppressione di un destino che lo voleva massificato, alienato e programmato. Può seguire vocazioni, talenti, visioni e passioni. Può, finalmente, chiedersi: cosa voglio?
Ha scritto
J. Hillman: "Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada. Alcuni di noi questo "qualcosa" lo ricordano come un momento preciso dell'infanzia, quando un bisogno pressante e improvviso, una fascinazione, un curioso insieme di circostanze, ci ha colpiti con la forza di un'annunciazione: Ecco quello che devo fare, ecco quello che devo avere. Ecco chi sono."
Ciò che ciascuna persona può realizzare nell'era di Internet è la riscoperta della "ragione per cui si è vivi". Il segno che tutti, prima o poi, desideriamo lanciare nell'infinito mare dell'immortalità: il senso del nostro esistere, il fine verso il quale proiettare la nostra vita. Ciò che riscalda i nostri silenzi e che precede i frettolosi passi del quotidiano. Il ventre che accoglie ed indirizza le nostre più segrete passioni. La mano che sfiora le incertezze del nostro cuore. Le gambe che ci portano nella giusta direzione.
Il senso della libertà cambia perché cambia profondamente il senso dell'esistenza, la sua ragione d'essere e le sue aspettative. Qualità e benessere, nati nel mercato per accompagnare freddi prodotti, hanno conquistato le nostre anime. Vogliamo di più da noi e dagli altri. Dalla sfera privata e da quella pubblica. Chiediamo, in fondo, che i nostri desideri privati possano incontrare serie opportunità sociali. Ci auguriamo che la nostra maturata capacità di proiettarci e programmare la nostra esistenza nella flessibilità digitale, incontri laleggerezza delle prospettive aperte da una politica rinnovata nei suoi fini e nella sua organizzazione. Il mondo è cambiato e le tradizioni vanno rinnovate. Bisogna inventare e liberare vocazioni, nel Nord come nel Sud del mondo. La formazione di un élite culturalmente e tecnicamente preparata, è uno dei presupposti necessari per trascinare l'economia di un Paese verso mete più avanzate di sviluppo e di benessere. Un vincolo può trasformarsi in possibilità. Se questo è vero, allora, è necessario pensare ad una filosofia politica che unisca e non divida l'umanità, che faccia crescere insieme libertà ed equità, benessere e giustizia, individualismo ed altruismo, creatività ed opportunità, memoria e prospettive.

Il 20% della popolazione mondiale dispone dell'83% del reddito mondiale: è un'ingiustizia che non può più essere taciuta. Oggi, più di ieri, è necessario riformulare un pensiero autenticamente laico e riformista, ma soprattutto altruista. Un pensiero senza dogmi e senza inutili compromessi. Un pensiero positivo, vitale e creativo. Un pensiero per noi, ma anche per chi verrà dopo di noi. Un pensiero senza esegeti o profeti. Un pensiero plurale, ricco di interpreti, libero e "caldo" come la prima consapevolezza, quella che per mano, ci porta dentro di noi.

 

Elena Varriale

 

    

 

 

 
 
 

L'UOMO CHE INVENTAVA PAROLE

Post n°2 pubblicato il 29 Giugno 2012 da eleimprota_2012

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L’uomo che inventava parole

Vi prego di credermi, ma proprio non so perché mi trovi qui su questa pagina aperta di word in balia dei vostri occhi che scorrono tra le parole, cercando di capire che razza d’inizio sia mai questo. Vi chiedo scusa, ma non avevo intenzione di stare qui, sospeso in una vita in fieri che non so dove mi condurrà. Non vorrei deludervi, ma davvero non so come sono entrato in questa storia e che ruolo debba svolgere.

A mia insaputa, sono stato catapultato qui e, detto tra noi, spero con tutto il cuore che tra voi lettori di questo “pasticciaccio” letterario ci sia qualcuno dotato, oltre che di pazienza, anche di una discreta dose di umorismo per continuare a leggere e venire a capo di questo guazzabuglio. Dunque, stabilito che non so perché io sia qui con voi, qualcosa devo pur fare o dire. Ecco, diciamo che il mio compito è quello di fare in modo che la vostra cortese attenzione non vada dispersa. Probabilmente, starete perdendo la pazienza e mi dispiace.

-Ma che specie di racconto è mai questo?- vi starete chiedendo, cercando una trama, un senso, una direzione. Credetemi, io vorrei andarmene subito, eclissarmi, ma sono in bàlia dell’immaginazione di uno scrittore con la sindrome del foglio bianco che non sa cosa scrivere. Lo so, starete pensando: -Ecco, l’ennesima sperimentazione di uno scrittore a corto d’idee!- ma vi assicuro che è stato lui, lo scrittore a mettermi su questa pagina, in attesa della giusta ispirazione!

Adesso è lì, di fronte a me con la sua sigaretta accesa, concentrato a fare con la bocca e col fiato cerchi perfetti di nicotina e tabacco nell’aria, sembra ispirato ma in realtà sta solo consumando istanti. E’ da ieri sera che guarda il monitor acceso del suo computer e sulla pagina aperta di word ha scritto solo in grassetto centrato: L’uomo che inventava parole. Undici sillabe, la sua mente è riuscita a partorire solo undici sillabe per dare un titolo al suo racconto, ma io ho preso vita subito. Ed in tutta questa strana storia c’è una sola certezza: sono io l’uomo che inventa parole, sistemato qui in attesa di un possibile epilogo.

Da qualche minuto, però, il mio amico scrittore sembra aver trovato l’ispirazione. Eccolo che digita: immaginate la vostra casa attraversata, all’improvviso, da un vortice luminoso di parole. Migliaia e poi migliaia di parole che entrano in salotto, si sistemano in poltrona, ondeggiano tra i mobili, i quadri ed i libri, arrivano in cucina e danzano tra i fornelli, saltellano sulla televisione e poi si sistemano sul vostro letto e sul cuscino. Era cominciata così, l’avventura dell’anziano italianista di fama mondiale, Cosimo Rosselli. Una sera era stato travolto proprio da tutte quelle parole di cui aveva cercato, studiato e sistemato semantemi, etimologie, storia e nessi logici con tanta pazienza e passione nel corso della sua esistenza. Quella sera, le parole avevano preso vita, erano entrate nella sua casa e sembravano non volerne uscire più. Gli ronzavano sempre intorno, come uno sciame d’api in campagna.

Ri ri… ze ze …ti tiii: un ronzio di fonemi lo accompagnava dovunque, mentre solfeggi di sillabe cullavano i suoi sogni. Col passare del tempo, il povero professor Rosselli aveva imparato a convivere con i suoni ed ora si divertiva anche a solfeggiare sillabe. Un solfeggio dapprima solo parlato e poi anche cantato: -Ta-ba..di-me..so-soooo…-. Cosimo continuava a cantare le sue sillabe, con ritmi sempre diversi: acuti, gravi, talvolta regolari e simmetrici, altre volte irregolari ed asimmetrici. Comunque, suoni, scale, armonie.

-Sono parole, nuove parole!- si disse una mattina, brindando alla sua scoperta. Non si era mai sentito così felice da quando, due anni prima, era andato in pensione. - Adesso so come impegnare il tempo di questa oziosa vecchiaia!- pensò felice – Devo inventare e catalogare nuove parole e poi una nuova lingua!-Da allora, Cosimo aveva inventato almeno un centinaio di parole, mischiando o invertendo fonemi e sillabe. Ma quella che considerava il suo primo parto lessicale era la parola brumititade che nel suo personale vocabolario significava brumosa noia…

Debbo chiedervi ancora una volta scusa, ma il mio scrittore si è nuovamente fermato. Sta fissando, da più di un’ora, il monitor senza muovere un muscolo. Legge e rilegge quello che ha scritto e sorride come un ebete. Gli sono grato, è vero, perché mi ha dato un’identità che non mi dispiace, ma non riesco ancora ad intravedere un possibile sviluppo di questa storia. Cerco di aiutarlo: che senso ha creare una lingua se non si comunica con nessuno? Credo mi abbia sentito perché ha ripreso a scrivere.

Ne aveva inventate tante di parole il professor Rosselli ed il suo vocabolario era sempre più ricco e denso di suoni e significati. Cosimo era fiero del lavoro svolto, aveva trascorso ore ed ore a provare i suoni delle nuove parole: carpitina, febologia, trimachera. Era riuscito a trovare significati e nessi logico-etimologici convincenti. Era ormai in grado di fare un intero discorso avendo inventato articoli, preposizioni, avverbi e congiunzioni. Aveva anche elaborato una vera e propria grammatica delle parole inventate ed una conseguente sintassi. Insomma, aveva tutti gli strumenti, ma nessun interlocutore. Con chi avrebbe infatti condiviso tanto paziente lavoro di creazione e sistemazione e come avrebbe chiamato la sua lingua? Riflettendo sulla sua prima parola inventata, brumititade, il professor Rosselli si rese conto che aveva unito in un solo suono un nome con un aggettivo. Era questa dunque la sua invenzione: nel sostantivo c’era già sottinteso un possibile aggettivo.

Ridendo eccitato si disse: -Io non ho bisogno di dire il bimbo è bello, io dico bibembe! Fu allora che decise di chiamare la sua lingua nomoggettivese e di diffonderla il più possibile. Il web, si disse, è il luogo ideale per diffondere la mia invenzione: in poche ore creò prima un blog e poi un gruppo su facebook , infine si iscrisse anche su twitter. Ogni giorno pubblicava una nuova parola ed il suo significato, poi spiegava ai più reticenti l’importanza di un aggettivo che qualifichi il soggetto, levandogli quella coltre fumosa di apparente neutralità espressiva. Se guardo una sedia, scriveva, non vedo solo una sedia ma il suo design, il materiale con cui è stata fatta, il colore, la forma. Con il nomoggettivese io posso esprimere tutto questo usando una sola parola. Si susseguivano i commenti, le prese di posizioni, le critiche e le ironie, ma lui rispondeva a tutti, perché aveva finalmente un seguito e ne andava fiero…

Non ci crederete, ma il mio scrittore è di nuovo fermo, ha un altro blocco d’immaginazione! Proprio ora che mi sembrava avesse finalmente dato corpo e sostanza alla mia esistenza mi lascia qui nel file aperto e se ne va in cucina a sorseggiare un caffè. Non ha fretta lui, aspetta che la trama del suo racconto si sviluppi lentamente. Fermo davanti al vetro della finestra, guarda fuori: la strada, la folla, le auto in corsa. Sta pensando di chiudere il file e di uscire. Se non lo fermo, mi lascerà qui in sospeso in una vita digitale senza epilogo. Ma per fortuna, la sua attenzione è concentrata su un bambino che per strada fa i capricci con la sua mamma. Gli è bastato un attimo, ha raggiunto il computer ed ha ricominciato a scrivere.

Da mesi ormai Cosimo navigava nel web e diffondeva la sua nuova lingua. Con alcuni amici virtuali aveva creato altre parole e modificato quelle che gli sembravano inadeguate, finché un pomeriggio trovò scritto sulla sua bacheca di facebook il seguente messaggio: Zodo a bapindo asfeo!

Il mittente era un bambino di nove anni con un faccino ingenuo e lentigginoso. Cosimo lesse più volte il messaggio cercando di capirne il significato. Aveva una sua musicalità quel zodo a bapindo…incuriosito chiese al bimbo di spiegargli il contenuto della frase. Ed il piccolo gli scrisse: “Sono un bambino alieno!” Poi aggiunse: - io invento ogni giorno parole, così posso dire tutti i miei pensieri e non farli scoprire a nessuno. E’ la mia lingua segreta e, mi dispiace, ma neanche a te dico come si formano le parole!-

(e.v. - giugno 2012)

 
 
 

DIARI

Post n°1 pubblicato il 15 Aprile 2012 da eleimprota_2012

 Diari

 

 

Con le mani forgio l’attimo che vivo

l’amore decolla in prima classe

 

si libra impetuoso su filari d’attese

rallenta incisivo su piste d’inchiostro.

 

Scrive diari di giorni strappati

all’avarizia del tempo, all’incostanza del cuore.

(elena varriale)

 

 
 
 
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