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Post n°588 pubblicato il 20 Febbraio 2014 da Pitagora_Stonato
 

Msg. n. 230alle ore 13:17 del giorno 07/10/2011
 
"il tè e l'estetica dell'infinito" prefazione a Okakura "il libro del tè"

Un giorno Bodhidharma, ormai giunto allo stremo delle forze dopo aver trascorso anni e anni concentrato nella meditazione, cedette al sonno.

Al risveglio, mortificato per la sua debolezza, si tagliò le palpebre per impedire loro di calare sugli occhi interrompendo la veglia meditativa: per questo motivo è raffigurato con gli occhi spalancati.

E le palpebre, cadute a terra, si trasformarono nella pianta del tè che possiede virtù per tenere desta la facoltà intellettiva e la cui foglie a mandorla ne rammentano l'origine.

 

Giancarlo Calza "il tè e l'estetica dell'infinito" prefazione a Okakura "il libro del tè"

 

Msg. n. 229Inviato da   alle ore 13:16 del giorno 07/10/2011
 
Il maestro e margherita

- Scacco al re, - disse Woland.

- Prego, prego, - rispose il gatto, e si mise a guardare col binocolo la scacchiera. (…)

 

Sulla scacchiera, intanto, regnava lo scompiglio. Del tutto sconcertato, il re dal bianco manto scalpicciava nella sua casa, alzando le braccia per la disperazione. Tre bianchi pedoni-lanzichenecchi, con le alabarde, guardavano sgomenti un ufficiale che brandiva la sciabola e indicava un punto davanti a loro dove in due case contigue, una bianca e una nera, si vedevano i cavalieri neri di Woland, su due cavalli focosi che scavavano le case con gli zoccoli.

Margherita fu estremamente interessata e colpita dal fatto che i pezzi del gioco fossero vivi.

Il gatto allontanò il binocolo dagli occhi e diede al suo re una spintarella nella schiena. Costui, disperato, si nascose il viso fra le mani.

- Andiamo maluccio, caro Behemoth, - disse piano Korov'ev, con voce maligna.

- La situazione è grave, ma tutt'altro che disperata, replicò Behemoth, - anzi, dirò di piú: sono pienamente sicuro della vittoria finale. Basta analizzare ben bene la situazione.

E cominciò a eseguire quest'analisi in modo piuttosto strano, Sl mise cioè a fare certe smorfie e ad ammiccare al suo re.

- Non serve a niente, - osservò Korov'ev.

- Ahi! - gridò Behemoth, - i pappagalli sono volati via, come avevo predetto!

Infatti, da un punto lontano giunse un frusciare di numerose ali. Korov'ev e Azazello uscirono a precipizio dalla stanza.

- Il diavolo vi porti, voi e le vostre strambe invenzioni per il ballo, - bofonchiò Woland senza staccare gli occhi dal suo globo.

Non appena Korov'ev e Azazello furono scomparsi, Behemoth intensificò il suo ammiccare. Il re bianco, alla fine, indovinò quel che si voleva da lui. Improvvisamente si tolse il manto, lo gettò sulla casa e scappò via dalla scacchiera. L'ufficiale si buttò sulle spalle il regale indumento e prese il posto del re.

Ritornarono Korov'ev e Azazello.

- Bugie, come al solito, - brontolò Azazello, guardando di sbieco Behemoth.

- M'era parso di sentire, - rispose il gatto.

- Be', dico, durerà ancora molto questa storia? - chiese Woland. - Scacco al re.

- Probabilmente ho sentito male, maestro, - rispose il gatto, - lo scacco al re non c'è né ci può essere.

- Scacco al re, ripeto.

- Messere, - replicò il gatto con voce falsamente preoccupata, - lei si è sovraffaticato, non c'è scacco al re!

- Il re è nella casa G 2, - disse Woland, senza guardare la scacchiera.

- Messere, sono atterrito! - gemette il gatto, atteggiando il viso allo spavento, - su quella casa non c'è il re!

- Cosa? - chiese Woland, perplesso, e guardò la scacchiera, dove l'ufficiale che stava sulla casa del re s'era voltato dall'altra parte, coprendosi col braccio.

- Ah, furfante, - disse Woland, pensoso.

- Messere! Faccio di nuovo appello alla logica! - prese a dire il gatto, stringendosi le zampe al petto. - Quando un giocatore dichiara scacco al re mentre sulla scacchiera non c'è piú traccia di re, lo scacco è inesistente.

- Ti arrendi o no? - gridò Woland con voce terribile.

- Mi permetta di pensarci un poco, - rispose umilmente il gatto; appoggiò i gomiti sulla tavola, nascose i baffi tra le zampe e cominciò a pensare. Pensò a lungo, e alla fine disse: - Mi arrendo.

 

La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai.

Michail BulgakovIl maestro e Margherita


 
 
 
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