Creato da Pitagora_Stonato il 12/07/2010

EREMO MISANTROPO

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Il colonello de Rochas

Post n°995 pubblicato il 24 Novembre 2014 da Pitagora_Stonato
 

 

Ma a questo punto, caro lettore, devo interrompere il racconto e spiegare alcune cose che ti renderanno, più agevole la comprensione del tutto. Sono costretto a farlo, perché il tempo che mi resta per completare la storia di quello che mi è successo quando ero nella camicia di forza è limitato. Fra non molto, anzi fra pochissimo tempo, mi condurranno fuori di qui per impiccarmi. Del resto, anche se potessi disporre di mille vite, non potrei mai ricostruire nei dettagli quelle esperienze. Pertanto, debbo accorciare il racconto.

Voglio dire innanzitutto che Bergson ha ragione: la vita non si può descrivere in termini puramente razionali. Come ha detto Confucio tanto tempo fa: « Se della vita conosciamo così poco, che cosa possiamo sapere della morte? ». Proprio così, visto che non riusciamo a descrivere l'esistenza in termini razionali. La conosciamo fenomenicamente, allo stesso modo in cui un selvaggio può conoscere una dinamo, ma non sappiamo nulla della sua essenza noumenica, nulla della natura ultima della vita.

Ha inoltre torto Marinetti quando sostiene che l’unica realtà, l'unico mistero è la materia, Io affermo e tu, lettore, sai che ho l'autorità per farlo — che materia altro non è che illusione. Corate chiamò mondo, che è l'equivalente della materia, il grani feticcio, e io sono d'accordo con lui.

È la vita a costituire l'unica realtà e il vero miss ro. La vita è molto di più che semplice materia chi mica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle fa me elevate che ci sono note. La vita persiste, passa do come un filo di fuoco attraverso tutte le foro prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, solo la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmanti di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei. rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato.

Guardate: questo dito, così sensibile, così proni ad accogliere sensazioni, così delicato nelle sue molteplici abilità, fermo e forte a sufficienza per flettersi,  piegarsi o irrigidirsi per mezzo di leve straordinarie, ebbene questo dito non sono io. Mozzatelo. Io continuo a vivere. È il corpo ad essere mutilato, non io. Lo spirito, che coincide con il mio io resta intatto.

Molto bene. E ora tagliatemi tutte le dita. Io resa « io», lo spirito rimane integro. Tagliatemi tutte due le mani, tutte e due le braccia all'altezza dell'attaccatura delle spalle, tagliatemi le gambe all'altezza dei fianchi ed io sopravviverò, indomito e indistruttibile. Forse che queste mutilazioni, queste sottrazioni di carne, tolgono qualcosa al mio io? Certamente no. Radetemi i capelli a zero, toglietemi a rsoiate le labbra, il naso, le orecchie, sì, cavatemi gli occhi fino alla radice: entro quel teschio informe attaccato a un tronco mutilato e mozzo ancora vive una cellula di carne chimica che è il mio io intatto, integro.

Ma il cuore batte ancora! Molto bene, strappatemelo. Meglio ancora, infilate ciò che resta della mia carne in una macchina provvista di mille lame, fatene brandelli ed io — non capite? — IO, vale a dire lo spirito, il mistero, il fuoco vitale, la mia stessa vita, resteranno liberi. Io non sono perito. Solo il corpo è morto, ma il corpo non è il mio io


da " Il vagabondo delle stelle" Jack London

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