Creato da Pitagora_Stonato il 12/07/2010

EREMO MISANTROPO

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Messaggi del 03/07/2014

Omaggio alla Catalogna - George Orwell

Post n°808 pubblicato il 03 Luglio 2014 da Pitagora_Stonato
 

 

Col passar del tempo, mentre l'inutile fucileria si sgranava tra le colline, cominciai a chiedermi con crescente scetticismo se nulla mai sarebbe accaduto a portare un po' di vita, o meglio un po' di morte, in quella strana guerra. Era contro la polmonite che ci battevamo, non contro gli uomini. Quando le trincee erano a piú di cinquecento metri l'una dall'altra, nessuno rimaneva vittima se non d'una disgrazia. C'erano naturalmente dei feriti, ma la maggioranza delle ferite erano dovute ad autolesionismo. Se ben ricordo, i primi cinque uomini che vidi feriti in Spagna lo erano tutti a opera delle nostre armi: non intendo intenzionalmente, ma per disgrazia o distrazione. I nostri scassatissimi fucili costituivano un pericolo in sé. Alcuni avevano l'odiosa abitudine -di sparare appena il calcio batteva sul terreno; vidi un uomo con la mano trapassata dal proiettile grazie a questo scherzo. Nel buio le reclute appena arrivate si sparavano sempre addosso. Una sera, subito dopo il crepuscolo, una sentinella mi sparò contro da una distanza metri; ma mi mancò di molto. Dio solo sa quante volte il fatto che gli spagnoli non siano dei gran tiratori m'ha salvato la vita. Un'altra volta uscii in pattuglia, nella nebbia, dopo averne debitamente avvertito il nostro comandante, al ritorno , inciampai in un  cespuglio, la sentinella, con un salto, si mise a urlare che arrivavano i fascisti, ed io ebbi il piacere di sentire il comandante ordinare a tutti di aprire un fuoco nutrito nella mia direzione. Naturalmente, mi buttai disteso per terra e le pallottole mi passarono tutte sopra. Nulla  convincerà mai uno spagnolo, o almeno un giovane spagnolo, che le armi da fuoco sono pericolose. Una volta, parecchio tempo dopo, stavo fotografando degli uomini con la loro mitragliatrice ch'era puntata contro di me.

Mi raccomando, non sparate » dissi scherzando, mentre mettevo a fuoco l'obiettivo.

« Oh no, stai tranquillo. »

Un istante dopo s'udí una spaventevole detonazione e uno sciame di pallottole mi sfiorò la faccia, tanto da farmi sentire il pizzicore della cordite sulla guancia. Non l'avevano fatto apposta, ma i mitraglieri considerarono la cosa molto divertente. E sì che qualche giorno prima avevano visto un mulattiere ucciso accidentalmente da un commissario politico che, facendo il buffone con una pistola automatica, aveva piantato cinque pallottole nei polmoni di quel disgraziato.

Le difficili parole d'ordine di cui l'esercito si serviva a quell'epoca costituivano un'altra sorgente (anche se minore) di pericolo. Erano di quelle tediose parole d'ordine, studiate in modo che alla prima deve necessariamente seguire la seconda. Di solito erano a carattere istruttivo e rivoluzionario, come « cultura-progreso » o « seremos-invencibles » ed era spesso impossibile far ricordare a sentinelle analfabete queste auliche parole. Una notte, ricordo, la parola d'ordine era « Cataluna- eroica » e un contadino dalla faccia a luna piena, un ragazzotto che si chiamava Jaime Domenech, mi si avvicinò profonda- mente stupito, per chiedermi che cosa significasse: « Eroica... che cosa vuol dire eroica?»

Gli spiegai ch'era come dire « valiente ». Un po' piú tardi, mentre tornava a ciampiconi verso la trincea, al buio, la sentinella lo fermò: « Alto, Cataluna. »

« Valiente. » Urlò Jaime, certo d'aver dato la risposta giusta. Bang!

Tuttavia, la sentinella lo mancò. Era una guerra in cui ognuno mancava qualcun altro, appena fosse umanamente possibile.

 

 
 
 

Angel-A

Post n°807 pubblicato il 03 Luglio 2014 da Pitagora_Stonato
 

 

 

Carino, divertente.

 

 
 
 

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