Creato da Pitagora_Stonato il 12/07/2010

EREMO MISANTROPO

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Messaggi del 16/09/2014

Pharrell Williams - Happy

Post n°905 pubblicato il 16 Settembre 2014 da Pitagora_Stonato
 

 

 
 
 

Il bambino inascoltato - Alice Miller

Post n°904 pubblicato il 16 Settembre 2014 da Pitagora_Stonato
 

 

LA VERITÀ È SCANDALOSA

(…)

5) Il minor rigore dei princìpi educativi nella generazione che venne dopo la seconda guerra mondiale fece sì che i genitori non possedessero più i privilegi di un potere totalitario e che i bambini, cresciuti più liberamente, potessero scorgere con maggior facilità le manipolazioni dei loro genitori. Alcuni analisti didatti, essi stessi vittime inconsapevoli della «pedagogia nera», hanno potuto sentirsi minacciati dalla libertà relativamente maggiore che godevano questi giovani e ritengono perciò di dover rafforzare la cittadella delle loro convinzioni teoriche, cui aderiscono come a una professione di fede. Uno di tali baluardi della formazione psicoanalitica è la teoria del complesso edipico, che un candidato non può mettere in questione, così come a un gesuita novizio non si addice dubitare del Credo. Si ha il diritto di porsi simili domande solo in età avanzata. Heinz Kohut, per esempio, confessa che in molti dei pazienti da lui analizzati con esito positivo non era emersa alcuna pro- blematica di quel tipo e J. Bastiaans, per molti anni presidente della Società psicoanalitica olandese, nel corso dei suoi esperimenti con l'LSD, accertò che ogni volta che si rivivevano, sotto l'azione di quella droga, i traumi della prima infanzia, affioravano regolarmente un senso di abbandono, gravi umiliazioni e mortificazioni, mai invece i tormenti del conflitto edipico. In base alle esperienze vissute con i miei pazienti, pare che tra questi traumi rientrino anche assai spesso le stimolazioni sessuali. Come ho già detto in precedenza, i sentimenti del bambino che Freud descrive sotto il nome di «complesso edipico», oggi, grazie alla nostra migliore conoscenza dei bisogni narcisistici, si possono concettualizzare in maniera assai più precisa di quanto non fosse possibile ai tempi di Freud. Se ciò nonostante è ancora obbligatorio ridurre ogni cosa al livello pulsionale, dobbiamo concludere che il complesso edipico deve la sua sopravvivenza non tanto ai dati esperienziali, quanto piuttosto alla struttura di potere delle Società psicoanalitiche che devono proteggere i meccanismi di difesa dei padri e dei nonni.

Al termine «edipico» sono legate varie associazioni. Se si mette in dubbio che il bambino all'età di quattro anni desideri realmente andare a letto con sua madre, ciò non significa però non riconoscere i sentimenti che nascono dal triangolo familiare. La gelosia, l'impotenza, la rivalità disperata con l'adulto che fa pesare la differenza di potere, i sentimenti di insufficienza, la speranza di trovare alleati, il turbamento dovuto alle stimolazioni fisiche, tutto ciò appartiene alla cosiddetta «fase edipica», che va dai tre ai cinque anni, in un periodo in cui il bambino si trova al massimo della sua bellezza ed è spesso l'oggetto sessuale prediletto dell'adulto e dei fratelli maggiori. Egli ha appena appreso a esprimersi con chiarezza, si muove con grazia, ammira i suoi genitori, è loro affezionato, non manifesta ancora sfiducia o critica, è un oggetto ideale, disponibile. Se la vita affettiva dei genitori è atrofizzata, perché un tempo furono recise le radici della loro infanzia, essi faranno fatica a corrispondere ai vivaci e intensi sentimenti del loro bambino. Per molti l'unica forma possibile di partecipazione affettiva è, oltre alla rabbia, l'eccitamento sessuale. Numerosi sono i genitori che mostrano senza veli i loro bisogni sessuali ai propri figli, prendendosi da questi ultimi i soddisfacimenti sostitutivi di cui hanno bisogno. Tra queste aperte violenze sessuali e le attese inconsce, perché rimosse, dei genitori, esiste tutta una gamma di atteggiamenti parentali che si possono spiegare con la riduzione della vita emotiva alla sessualità, ma che producono inevitabilmente nel bambino sentimenti di disorientamento e di insufficienza, eccesso di tensione, senso di impotenza ed eccesso di stimolazione. Postulando l'esistenza di un complesso edipico universale, queste realtà vengono occultate e si fanno passare palesi seduzioni per risposte ai desideri sessuali del bambino.

**

 

EDIPO           

Ai bambini è proibito criticare, non possono notare i nostri errori, passioni e lati ridicoli. Noi ci presentiamo ai loro occhi ammantati di perfezione. Dietro la minaccia di tremende sfuriate difendiamo i segreti del clan dominante, la casta degli iniziati, che sono chiamati ai compiti più alti. Solo un bambino si può esporre senza ripari alla berlina, senza pensarci due volte.

Con i bambini giochiamo a carte false; colpiamo le debolezze dell'infanzia impugnando gli assi degli adulti. Da bari provetti, quali noi siamo, imbrogliamo le carte in modo tale che da una parte stiano tutti i lati buoni e preziosi, e dall'altra i punti deboli. Dove si nascondono i nostri sfaccendati e gli sventati, i gaudenti crapuloni, i senzacervello, i poltroni, i farabutti, gli avventurieri, i manigoldi senza scrupoli, i truffatori, gli ubriaconi e i ladri, dove sono finite le nostre violenze, i nostri delitti, quelli noti a tutti e quelli che non si scopriranno mai; di quante liti, insidie e scene di gelosia siamo responsabili; di quante maldicenze e ricatti, parole che feriscono, azioni disonoranti; quante tragedie familiari di cui sono vittime i bambini si svolgono nell'ombra? E abbiamo ancora l'ardire di accusare e incolpare?!

Siamo accecati da tali e tanti pregiudizi da scambiare per vero amore verso il bambino delle affettuosità che egli sopporta con fastidio. Non riusciamo a capire che siamo noi, in realtà, a chiedere affetto al bambino quando lo stringiamo a noi, noi che, in preda allo sgomento, cerchiamo rifugio tra le sue braccia, che nelle ore di pena impotente e di sconfinata solitudine cerchiamo da lui protezione e riparo, addossandogli il fardello della sofferenza e del tormento che ci travagliano (Korczak, 1981, pp. 21-23).

C'è da sperare che la « pedagogia nera», la nostra suprema istanza interiore, non impieghi trecento anni a lasciar via libera a questa conoscenza empirica (assolutamente non « illusoria») dell'innocenza del bambino. Tanto tempo occorse infatti alla Chiesa per accettare la dimostrazione

 matematica del sistema copemicano, ma ormai tempi sono cambiati. Ai pazienti che soffrono di depressione gioverebbe comunque che il loro terapeuta riuscisse a sbarazzarsi dell'idea che colpevole sia sempre il bambino.

Il medico Janus Korczak era un acuto osservatore e per trent'anni visse, senza trincerarsi dietro a teorie, insieme a bambini provenienti dai più umili ceti sociali, che arrivavano da lui in pietoso stato di abbandono e spesso con i segni di gravi maltrattamenti. Nella sua infanzia deve aver -ricevuto molto bene, poiché non ebbe bisogno di respingere l'evidenza dei fatti, vale a dire di interpretare la miseria dei bambini come una loro colpa e occultare la tragica verità con l'aiuto della « pedagogia nera». Tanto bene infatti abbiamo interiorizzato le valutazioni della « pedagogia nera», che ancora oggi si viene tacciati di « ingenuità», di « sentimentalismo » o di «romanticismo», se si persiste nel sostenere l'innocenza del bambino.

 

 

IL PADRE DELLA PSICOANALISI

Sarebbe interessante immaginare quale atteggiamento manifesterebbe Freud nei confronti delle sue varie tesi, se potesse tornare a vivere oggi. Forse non troverebbe necessario riproporre alcuni suoi scritti, anzitutto quello sul caso Schrebgr. Se tornasse ad essere giovane oggi, forse non sarebbe più molto soddisfatto della sua teoria strutturale, che ideò in età avanzata. Ci si potrebbe domandare se non gli sembrerebbe un po' strano costatare che interpretazioni relative alla teoria delle pulsioni, che lui reputò valide quasi un secolo fa, continuino tuttora ad essere propinate nella stessa maniera; se non si meraviglierebbe che dopo tanti decenni le verità del suo tempo (per esempio quelle sulla sessualità maschile e femminile) continuino a essere trasmesse in maniera acritica, come se noi non avessimo appreso molte cose nuove a quel riguardo. Molti analisti vorrebbero ancor oggi continuare a vedere in Freud un padre di ampie vedute e tollerante - in breve un padre perfetto -, non soggetto a determinazioni storiche, e preferirebbero mettere tra parentesi il fatto che anche un genio rimane pur sempre figlio del suo tempo. Ma la perfezione non è cosa umana e non sarebbe dunque stata un fertile terreno di scoperte psicoanalitiche. La rinuncia all'idealizzazione infantile di Freud e il lavoro del lutto a ciò necessario non potrebbero essere forse un passo inevitabile nel processo di maturazione dell'analista? Come si potrà sviluppare la nostra capacità di compiere scoperte, se nel pro fondo di noi rimane ancora immutata l'obbedienza infantile nei con-

fronti di Freud?

Anche le mie fantasie sulla disponibilità di Freud a rivedere le sue posizioni sono probabilmente pure illusioni. Il padre della psicoanalisi, come ogni altro padre, non potrebbe superare la sua storia personale, forse si attaccherebbe, oggi come allora, alla sua teoria delle pulsioni e a quella del complesso edipico e tutti coloro che non lo seguissero, sarebbero considerati dei rinnegati o dei nemici. Ciò sarebbe doloroso, ma non cambierebbe nulla al fatto che noi non vorremmo vivere e lavorare alla cieca, per dimostrarci leali figli del padre. Il padre ha ogni diritto di vedere il mondo come può, ma non dovrà avercela poi con il figlio quando questi si arroghi il medesimo diritto (che di rado il padre gli concede), ossia quello di vedere il mondo con i propri occhi e non lasciarsene distogliere dalle proibizioni paterne. Le potenziali ricchezze della vita donata dal padre si potranno dispiegare completamente soltanto quando saranno stati riparati i danni causati nel figlio dall'educazione che egli gli ha dato con le migliori intenzioni. Molti giovani moderni sono più liberi, nella loro relazione con i genitori, di alcuni analisti della vecchia generazione e di Sigmund Freud stesso.

Freud svelò coraggiosamente le ipocrisie esistenti in materia sessuale, ma se sentisse ora come certi adolescenti o bambini parlano dei propri genitori, credo che non riuscirebbe a sopportarlo agevolmente. Egli stesso raccontava che ogni domenica, prima di recarsi come di consueto a far visita a sua madre, veniva colto da dolori allo stomaco; ma non gli sarebbe mai venuto in mente di sospendere quelle visite, alle quali egli evidentemente opponeva resistenza dentro di sé. Considerava naturale dover reprimere certi sentimenti. Così Freud scrisse molto sull'invidia femminile del pene, ma non fece mai parola dell'invidia che egli dovette provare

 per le cinque sorelle nate dopo di lui. È noto che Sigmund era il figlio primogenito di una giovane madre. Dopo di lui., ella mise al mondo - nell'arco di dieci anni - dapprima un secondo figlio, che morì all'età di otto mesi quando Freud ne aveva solo diciannove, quindi cinque sorelle e, per finire, ancora un figlio, Alexander. Nella Biografia per immagini (Freud E. e altri, 1976, p. 59) di Sigmund Freud si vede la riproduzione di un quadro a olio in cui il dodicenne Sigmund si trova alla sinistra della fitta schiera delle sue sorelle, in mezzo alle quali compare il fratellino Alexander, di appena due anni. Alexander riferì in seguito che Sigmund, all'età di sedici anni, gli avrebbe confidato: «La nostra famiglia è come un libro. Tu e io siamo l'ultimo e il primo dei fratelli. Siamo le copertine rigide che devono sostenere e proteggere le deboli bambine nate dopo di me e prima dite.» Nel medesimo volume si trova un'altra immagine, una fotografia del 1864: la madre siede tenendo in grembo la figlia più piccola, mentre alla sua destra è seduta la maggiore. Sigmund siede accanto a questo gruppo, ma non guarda come gli altri verso l'obiettivo. Il suo viso attento e intelligente è rivolto verso la bimba in grembo alla madre, la «beniamina» del momento, e mostra un'espressione a metà tra la ripugnanza e il disprezzo.

 
 
 

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