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Un blog creato da FMP55 il 21/10/2009

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La sospensione del giudizio come principio metodologico di discussione filosofica

 
 

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E' RISORTO!

Post n°102 pubblicato il 04 Aprile 2010 da FMP55
 
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La potenza della musica e della voce!

 
 
 

IN ATTESA DELLA RESURREZIONE

Post n°101 pubblicato il 03 Aprile 2010 da FMP55
 
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TRE MADRI di Fabrizio De Andrè

Madre di Tito:
"Tito, non sei figlio di Dio,
ma c'è chi muore nel dirti addio".

Madre di Dimaco:
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre".

Le due madri:
"Con troppe lacrime piangi, Maria,
solo l'immagine d'un'agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po' più forte,
chi non risorgerà più dalla morte".

Madre di Gesù:
"Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.

Figlio nel sangue, figlio nel cuore,
e chi ti chiama - Nostro Signore -,
nella fatica del tuo sorriso
cerca un ritaglio di Paradiso.

Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.

Non fossi stato figlio di Dio
t'avrei ancora per figlio mio".

 
 
 

...E PENSARE CHE C'ERA IL PENSIERO...( GIORGIO GABER)

Post n°100 pubblicato il 10 Marzo 2010 da FMP55
 

"Il pensiero non è ciò che abita una certa condotta conferendole significato; piuttosto, è ciò che permette di fare un passo indietro rispetto a un modo di agire o reagire.

Il pensiero è libertà nei confronti delle proprie azioni, il movimento tramite cui ce ne si distacca e vi si riflette trattandole come problemi"

(Michel Foucault)

 
 
 

CAMPAGNA EMERGENCY - LA MIA IDEA DI PACE

Post n°99 pubblicato il 09 Marzo 2010 da FMP55
 
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IO RIPUDIO LA GUERRA E SOSTENGO EMERGENCY

QUESTA E' LA MIA IDEA DI PACE

Pace è pienezza di Vita per ciascun essere umano e libertà di espressione e di autorealizzazione nel rispetto dell'Altro.

Pace è poter nascere nella tua terra, lavorare nella tua terra,far fiorire la tua terra, creare il tuo percorso di vita nella tua terra, realizzare i tuoi sogni nella tua terra.

Pace è poter credere al tuo Dio e renderGli culto liberamente.

Pace è poter morire nella tua terra, e non di malattia, di guerra, di sfruttamento, ma semplicemente perchè è arrivato il tuo momento.
E Pace è anche poter andare per il mondo con la consapevolezza di essere accettato e accolto, perchè Pace è quello stato dell'animo che l'Uomo sperimenta quando - come Persona - si sente a casa in ogni luogo della Terra e con tutti quelli che incontra nel suo viaggio.

Francesca Mariagrazia

 
 
 

8 MARZO 2010 IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA

Post n°98 pubblicato il 09 Marzo 2010 da FMP55
 
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Questo otto marzo è stato per me in direzione ostinata e contraria, e desidero ora recuperarne il vero significato.

Non c’è niente da festeggiare.
Da ricordare sì invece, questo sì, sempre.

Ricordare che nel 1908, a New York, le operaie di una industria tessile scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Ricordare che lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Ricordare che nello stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme.
Ricordare che questa data venne proposta come giornata di LOTTA INTERNAZIONALE a favore delle donne da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.

Ricordare dunque è necessario, bisogna.

Ma festeggiare, NO.

Festeggiare cosa? Che in Lombardia - la regione più avanzata d'Italia - le donne guadagnano ancora – a parità di compiti e responsabilità - tra il 30 e il 70 percento in meno dei loro colleghi maschi?
Festeggiare cosa? Che le donne, dopo decenni di lotte per emancipazione, pari opportunità, diritti inalienabili, stipendi adeguati alle capacità e alle competenze, vengano ancora emarginate, discriminate, maltrattate, stuprate, usate, abusate, comprate, mercificate, “ripassate”?

Sì, in altri tempi la "festa" ha avuto un senso: ogni giorno le donne si conquistavano - spesso supportate da uomini intelligenti, rispettosi e sensibili – la propria libertà, per esprimere se stesse, per realizzarsi, per creare un futuro migliore, un mondo migliore, non solo per sè, ma per tutti e soprattutto per le generazioni a venire.

Oggi "festeggiare" è pura ipocrisia, oggi bisogna INDIGNARSI!

La mia dignità di donna, il mio coraggio, la mia voglia di lottare e di combattere per i miei ideali, la mia determinazione a realizzare me stessa e i miei sogni, la mia innata naturale empatia nei confronti degli altri, di tutti gli altri, l'istintivo e atavico sentimento di accoglienza, di fratellanza, di comunione, le esperienze che mi hanno fatto diventare la donna che sono oggi, quelle che mi faranno diventare la donna di domani, ebbene, tutto questo deve essere - da me, da tutte le donne, da tutti gli uomini - onorato tutti i giorni, tutti i sacrosanti giorni.

Questo 8 marzo 2010 mi ha trovato INDIGNATA, PROVOCATORIA, per come le donne si stanno facendo trattare, per come si sono fatte intrappolare dal dio "denaro", dal dio "notorietà", dal dio "facilità", dal dio "tutto subito", dal dio "immagine", dal dio "eternamente giovane", dal dio "diciamo sempre di sì".

”QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO”...LO PAGANO CARO, SEMPRE.

E’ per questo che oggi scelgo le parole di Edoardo Bennato, un uomo “CONTRO”, che ho sempre ritenuto stimabile, sensibile, attento.

E’ LEI

"È lei che proprio in questo istante sta nascendo
nell’angolo più povero del mondo
che forse questo mondo cambierà

È lei perché la povertà le dà un vantaggio
le dà più leggerezza e più coraggio
e con questo vantaggio lotterà…

Contro guerre senza ragione
contro guerre senza pietà
contro guerre di chi le vuole
contro guerre di chi le fa

È lei, perché c’è già qualcuno che l’aspetta
e le darà equilibrio e tenerezza
e con questa certezza lotterà

Contro guerre senza ragione
contro guerre senza pietà
e pietà che è solo finzione
e si veste di santità

Contro antiche stregonerie
e moderne ingenuità
contro tanti falsi profeti
e vere bestialità

Lei che parte da zero, lei che passa di qua
in un mondo confuso, dalla sua civiltà

Tra chi invoca i diritti, su una terra promessa
e chi giura vendetta, contro chi gliel’ha tolta

C’è un vagito lontano, forse il peggio è passato
e un futuro diverso, forse è già cominciato…"

LE DONNE, E LA LORO BELLEZZA, SALVERANNO QUESTO MONDO.

 
 
 

RAGAZZE

Post n°97 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da FMP55
 
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«La mia Euridice tra i varani»Lella Costa: «Calvino e Lessing per descrivere la condizione femminile

«Se non saremo noi a sancire le regole non avremo mai quello che ci meritiamo». Lella Costa non ama i giri di parole, soprattutto quando si parla di donne. Per fare il punto sulla questione femminile, «argomento» quanto mai in disuso in questi tempi, l’attrice propone «Ragazze », lo spettacolo scritto come sempre con Massimo Cirri e Giorgio Gallione. Un monologo che s’ispira a «L’altra Euridice» di Italo Calvino, per arrivare alle audaci imprese delle donne di oggi. «La protagonista—spiega l’attrice — rifiuta la protezione di un dio per avventurarsi nelle lande desolate del fuori. Una donna libera e curiosa che ama esplorare il mondo in cui vive». Perché ha scelto proprio questo racconto? «È perfetto per parlare del rapporto maschile-femminile. Qui Orfeo per andare a riprendersi Euridice sfida le regole dell’Ade. Gli dicono: solo una cosa non devi fare se non vuoi perdere la tua donna, non voltarti. E lui lo fa. Le interpretazioni si sprecano, si è detto che Orfeo era un uxoricida o che non voleva al suo fianco quella donna. Solo nel 900, con Calvino, Rilke e Cvetaeva, si è data voce al punto di vista di Euridice».

Cantare le gesta delle donne per ricordare chi siamo e saperci orientare in un mondo «scritto» dagli uomini è l’obiettivo di Lella Costa e del suo spettacolo colto, comico e persino «inattaccabile da un punto di vista scientifico» lei stessa sostiene. «Oltre alle parole di Doris Lessing sull’origine del mondo al femminile, parlo del cromosoma y — quello maschile — che si sta estinguendo: molte specie per riprodursi ne possono fare a meno. Un altro dato su cui riflettere ci viene regalato dal varano — continua l’attrice —. Una specie in estinzione perché il maschio, ogni volta che vede una femmina, al posto di corteggiarla la aggredisce, fino a ucciderla».

Senza cadere nella trappola del comizio teatrale, Lella Costa è un fiume in piena. «Viviamo in un mondo minoritario, ma non dimentichiamoci che le guerre si fanno per il controllo delle donne. Dobbiamo pretendere di più, spiegare che la questione femminile riguarda tutti. Bisogna discutere su cosa significa invecchiare, rinunciare a fare figli e parlare di violenza: delle armi che si usano contro di noi, a partire dalla maggioranza degli stupri che si consumano tra le pareti di casa». E su Milano, che da sempre la vede sul fronte femminile (è presidente dello storico consultorio Cemp), Lella Costa s’infiamma. «Si è investito unicamente sul valore di scambio, rinunciando alla vivibilità. Fino a qualche tempo fa la cosa più bella era andare per strada e incontrare gente nuova; ora ci convincono ad avere paura. Risultato: strade deserte. Invece l’unico modo per rendere sicura una città è che la gente la abiti giorno e notte». Infine, una notizia, il 1 febbraio il Carcano ricorda il suo direttore, Giulio Bosetti.

Livia Grossi
27 gennaio 2010

 
 
 

 

 

 

 

 

 

27 GENNAIO: IL SENSO DEL GIORNO DELLA MEMORIA

Post n°96 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da FMP55
 
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http://www.ucei.it/giornodellamemoria/index2.htm

Il senso del Giorno della Memoria

Renzo Gattegna, Presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane

Sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli di Auschwitz. Le immagini che apparvero agli occhi dei soldati sovietici che liberarono il campo, sono impresse nella nostra memoria collettiva. Ad Auschwitz, come negli innumerevoli altri campi di concentramento e di sterminio creati dalla Germania nazista, erano stati commessi crimini di incredibile efferatezza. Tali crimini non furono commessi solo contro il popolo ebraico e gli altri popoli e categorie oppressi, ma contro tutta l’umanità, segnando una sorta di punto di non ritorno nella Storia.

L’uomo contemporaneo, con il suo grande bagaglio di conoscenze, nel cuore del continente più civile e avanzato, era caduto in un baratro. Aveva utilizzato il suo sapere per scopi criminali, tramutando quelle conquiste scientifiche e tecnologiche, di cui l’Europa era allora protagonista indiscussa, in strumenti per annichilire e distruggere intere popolazioni, primi fra tutti gli ebrei d’Europa.

Da quel trauma l’Europa e il mondo intero si risvegliarono estremamente scossi. Si domandarono come era stato possibile che la Shoah fosse avvenuta. E, soprattutto, quali comportamenti e azioni mettere in atto per scongiurare che accadesse di nuovo.

Dalla consapevolezza dei crimini di cui il nazismo si era macchiato nacque nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata dalle Nazioni Unite allo scopo di riconoscere a livello internazionale i diritti inalienabili di tutti gli uomini in ogni nazione.

La consapevolezza di ciò che era stato Auschwitz fu tra gli elementi fondamentali per la costruzione, identitaria prima ancora che giuridica, della futura Europa unita.

Scriveva il filosofo Theodor Adorno che dopo Auschwitz sarebbe stato “impossibile scrivere poesie”, intendendo rendere l’idea di quali implicazioni radicali comportava assumersene la responsabilità, negli anni della ricostruzione e della nascita dell’Europa unita.

Era indispensabile stabilire con esattezza ciò che l’Europa non sarebbe stata. Alle radici dell’impostazione ideale dell’attuale Unione Europea c’è il rispetto per la dignità umana e il rigetto per ciò che era accaduto, sia prima che durante la guerra, a causa di idee razziste e liberticide. Auschwitz è la negazione dei principi ispiratori dell’Europa coesa, economicamente, socialmente e culturalmente avanzata che conosciamo oggi.

Il 27 gennaio 2010 il Giorno della Memoria si celebra in Italia per la decima volta. Dieci anni sono passati da quando fu chiesto all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane di partecipare all’attuazione delle iniziative, promosse dalle istituzioni dello Stato italiano e in particolare dal Ministero dell’Istruzione, che avrebbero caratterizzato lo svolgimento di questa giornata. Oggi il Giorno della Memoria è diventato un’occasione fondamentale, per le scuole, di formare tanti giovani tramite una importante attività didattica e di ricerca.

Da allora l’ebraismo italiano si è a più riprese interrogato sul modo di proporre una riflessione che non fosse svuotata dei suoi significati più profondi, riducendosi a semplice celebrazione. Al di là delle giuste, necessarie parole su Shoah e Memoria, crediamo infatti che occorra cercare di perpetuare il senso vero di questo giorno.

Molti sono stati in questi anni gli studi, gli articoli, le riflessioni, le pubblicazioni di studiosi e intellettuali che hanno tentato di definire e ridefinire costantemente il senso della Memoria.

Esiste infatti una problematica della relazione tra Storia e Memoria. La Shoah è ormai consegnata ai libri di Storia, al pari di altri avvenimenti del passato. Pochi testimoni sono rimasti a raccontarci la loro esperienza. Si potrebbe ipotizzare una Memoria cristallizzata nei libri, come un evento importante ma lontano nel tempo, da studiare al pari di qualsiasi altro capitolo di un libro scolastico, con il rischio di rendere distante il significato e la ragione vera per cui il Giorno della Memoria è stato istituito per legge.

L’umanità esige che ciò che è avvenuto non accada più, in nessun luogo e in nessun tempo. E’ di enorme importanza che le nuove e future generazioni facciano proprio questo insegnamento nel modo più vivo e partecipato possibile, stimolando il dibattito, le domande, i “perché” indispensabili per la comprensione di quei tragici eventi.

Scriveva la filosofa Hannah Arendt, che
il male non ha né profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. E’ una sfida al pensiero, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.

La filosofa che forse più in profondità ha studiato le aberrazioni del nazismo, coniando quella ormai famosa espressione, “la banalità del male”, riferita a uno dei principali esecutori della Shoah, dà una definizione di tetra neutralità e ignavia a chi non pensa, a chi non riflette, a chi non ha idee proprie, a chi non dà valore e giudizio alle proprie azioni e alle loro conseguenze. La Arendt collega il “bene” direttamente al pensiero, fonte vitale di comprensione del mondo.

Favorendo noi una riflessione vivace nei ragazzi, renderemo forse il servizio migliore a questo Giorno che, per essere vissuto nel modo più autentico, necessita di un pensiero non statico, non nozionistico.

Occorre fornire alle nuove generazione gli strumenti, anche empirici, per riflettere su cosa l’umanità è stata in grado di fare, perché non accada mai più.

Questo, forse, è il senso più vero del Giorno della Memoria, ed è un bene prezioso per tutti.

Nella foto: gli occhiali degli ebrei mandati ai forni ad Auschwitz

 

 
 
 

"NEI GHETTI D'ITALIA QUESTO NON E' UN UOMO" di Adriano Sofri

Post n°95 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da FMP55
 

http://tv.repubblica.it/dossier/battaglia-rosarno/il-teatro-legge-la-poesia-di-sofri/41070?video

NEI GHETTI D'ITALIA QUESTO NON E' UN UOMO

Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d´asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d´amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
“Ha sbagliato!”,
Certo che ha sbagliato,
L´Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l´elemosina di un´attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all´ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra – “A quel paese!”
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Né bontà, roba da Caritas, né
Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.

 
 
 

IN RICORDO DI ERIC ROHMER

Post n°94 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da FMP55
 
Tag: Cinema
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Rincorrendo sempre un "raggio verde" di speranza, di amore e di capacità di leggere nei propri sentimenti e in quelli degli altri.

 
 
 

IL PAPA SUI MIGRANTI E I RIFUGIATI MINORENNI

Post n°93 pubblicato il 10 Gennaio 2010 da FMP55
 
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Gesù è stato il primo bambino migrante e clandestino. Non facciamoci strane fantasie sul fatto che sia nato in una grotta. A Maria - incinta - e Giuseppe sono state solo sbattute porte in faccia.

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (2010)

 “I migranti e i rifugiati minorenni”

Cari fratelli e sorelle,

la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offre nuovamente l’occasione di manifestare la costante sollecitudine che la Chiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l’esperienza dell’emigrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell’Enciclica Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfr n. 62). Il tema di quest’anno - “I migranti e i rifugiati minorenni” tocca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memori del monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito a Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato “a uno solo di questi più piccoli” (cfr Mt 25, 40.45). E come non considerare tra “i più piccoli” anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto l’esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria (cfr Mt 2,14).

Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezza che va sempre salvaguardato l’interesse del minore (cfr art. 3), al quale vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell’adulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, mentre cresce nell’opinione pubblica la consapevolezza della necessità di un’azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti sono lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfruttamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fatto interprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messaggio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazioni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. “Sono testimone - egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambini di ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci di far sentire la loro voce” (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672). Auspico di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi dell’appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà.

Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l’opportunità di sperimentare la ricchezza dell’incontro tra differenti tradizioni culturali. È importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada facilitata l’integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali. Non si dimentichi mai che l’adolescenza rappresenta una tappa fondamentale per la formazione dell’essere umano.

Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chiedono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ricevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numero è in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con attenzione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzione, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevede anche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr art. 22).

Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associazioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle. Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo con grande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,35), come pure il comandamento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, ma unito all’amore al prossimo (cfr Mt 22,37-39). Questo ci porta a considerare che ogni nostro concreto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell’azione della grazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l’accoglienza e la solidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, diviene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa lo proclama quando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti dei migranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degli Organismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano opportune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata Vergine Maria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla propria patria. A quanti sono coinvolti nel vasto mondo dei migranti e rifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 16 ottobre 2009                             BENEDICTUS PP. XVI

 
 
 

MIGRANTES

Post n°92 pubblicato il 10 Gennaio 2010 da FMP55
 
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Erri De Luca ci ricorda che circa 100 volte nella Bibbia si parla di accoglienza e di amore per lo straniero.

Ma a Rosarno l'hanno dimenticato, o forse non l'hanno mai saputo.

 
 
 

L'IRREQUIETEZZA MOVENTE DEL "PASSAGGIO" VERSO LA LIBERTA'

Post n°91 pubblicato il 29 Dicembre 2009 da FMP55
 
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Traggo alcune note sulla vita e l'opera di Bruce Chatwin da uno scritto del mio maestro di Filosofia Morale Mauro Trentadue: mi sembrano particolarmente adatte al mio attuale momento esistenziale e al passaggio verso il nuovo anno.

"L'irrequietezza è il richiamo fisico della libertà: irrompe nell'abitudine, manifestando un vertiginoso malcontento nei confronti delle prassi più consolidate, reclamando cambiamenti immediati.

Essa è il sintomo inaggirabile di una vita malata, che chiede aria, spazio, movimento, per non condannarsi ad una duratura agonia. E' la protesta dell'istinto, la ribellione del corpo, in nome della felicità sulla Terra, oggi, prima ancora di domani.

L'irrequietezza reclama la libertà di volere il nuovo, di mettere al mondo l'inatteso, di riprendere il cammino, di andare altrove, di denunciare come irrealistica e nevrotica la presunta autosufficienza del possesso.

Il possesso dei beni non è tutto, perchè mentre la vita passa - consumata dal metabolismo e schiacciata da bisogni sempre nuovi - la bellezza del mondo e la sovranità dell'orizzonte sorridono a basso costo a quei pochi che sanno ancora osservarle."

Mauro Trentadue - Quaderni di Finis Terrae

E allora, come nuvole in viaggio, io mi metto in cammino per altri luoghi, per altri spazi, per altri incontri, per altri progetti, percorrendo una strada non tracciata ma che sento più che mai, profondamente, intimamente, mia.

 

 

 
 
 

SI E' FELICI SOLO NELLE PROPRIE SCARPE

Post n°90 pubblicato il 29 Dicembre 2009 da FMP55
 
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Un piccolo frammento del meraviglioso film di Jane Campion "Un angelo alla mia tavola" sulla vita della scrittrice e poetessa neozelandese Janet Frame.

Resta dove sei, non ti muovere
Se all'improvviso l’angelo si siede alla tua tavola
Cancella piano le poche grinze
Della tovaglia sotto il tuo pane.

Rainer Maria Rilke

 
 
 

L'ANNUNCIO DEL DESTINO

Post n°89 pubblicato il 27 Dicembre 2009 da FMP55
 
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"Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, una richiesta che un giorno qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto, rivolge: d'improvviso uno riconosce di aspettare da tempo quella interrogazione, forse anche banale ma che in lui risuona come un annuncio, e sa che proverà a rispondere ad essa con tutta la vita."
Da "Non ora, non qui" di Erri De Luca

 
 
 

CIAO GIULIO!

Post n°88 pubblicato il 24 Dicembre 2009 da FMP55
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Caro Giulio, sei nato in Cielo proprio a Natale! Grazie per quello che sei stato, per tutto quello che hai fatto e per ciò che ci hai lasciato in eredità!

 
 
 

NATALE, MA DI CHI E' LA FESTA?

Post n°87 pubblicato il 24 Dicembre 2009 da FMP55
 
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«Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa"
di Erri De Luca
Nello scasso profondo dei nuclei familiari Natale arriva come un faro sui cocci e fa brillare i frantumi. Si aggiungono intorno alla tavola apparecchiata sedie vuote da tempo. Per una volta all’anno, come per i defunti, si va in visita al cerchio spezzato.
Natale è l’ultima festa che costringe ai conti. Non quelli degli acquisti a strascico, fino a espiare la tredicesima, fino a indebitarsi. Altri conti e con deficit maggiori si presentano puntuali e insolvibili. I solitari scontano l’esclusione dalle tavole e si danno alla fuga di un viaggio se possono permetterselo, o si danno al più rischioso orgoglio d’infischiarsene.
Ma la celebrazione non dà tregua: vetrine, addobbi, la persecuzione della pubblicità da novembre a febbraio preme a gomitate nelle costole degli sparpagliati. Natale è atto di accusa. Perfino Capodanno è meno perentorio, con la sua liturgia di accatastati intorno a un orologio con il bicchiere in mano. Natale incalza a fondo i disertori.
Ma è giorno di nascita di chi? Del suo contrario, spedito a dire e a lasciare detto, a chi per ascoltarlo si azzittiva. Dovrebbe essere festa del silenzio, di chi tende l’orecchio e scruta con speranza dentro il buio. Converge non sopra i palazzi e i centri commerciali, ma sopra una baracca, la cometa. Porta la buona notizia che rallegra i modesti e angoscia i re.
La notizia si è fatta largo dentro il corpo di una ragazza di Israele, incinta fuorilegge, partoriente dove non c’è tetto, salvata dal mistero di amore del marito che l’ha difesa, gravida non di lui. Niente di questa festa deve lusingare i benpensanti. Meglio dimenticare le circostanze e tenersi l’occasione commerciale. Non è di buon esempio la sacra famiglia: scandalo il figlio della vergine, presto saranno in fuga, latitanti per le forze dell’ordine di allora.
Lì dentro la baracca, che oggi sgombererebbero le ruspe, lontano dalla casa e dai parenti a Nazareth, si annuncia festa per chi non ha un uovo da sbattere in due. Per chi è finito solo, per il viandante, per la svestita sul viale d’inverno, per chi è stato messo alla porta e licenziato, per chi non ha di che pagarsi il tetto, per i malcapitati è proclamata festa. Natale con i tuoi: buon per te se ne hai. Ma non è vero che si celebra l’agio familiare. Natale è lo sbaraglio di un cucciolo di redentore privo pure di una coperta. Chi è in affanno, steso in una corsia, dietro un filo spinato, chi è sparigliato, sia stanotte lieto. È di lui, del suo ingombro che si celebra l’avvento.
È contro di lui che si alza il ponte levatoio del castello famiglia, che, crollato all’interno, mostra ancora da fuori le fortificazioni di Natale.
 

 
 
 

L'ATTESA....

Post n°86 pubblicato il 24 Dicembre 2009 da FMP55
 

 
 
 

E' QUASI NATALE....

Post n°85 pubblicato il 24 Dicembre 2009 da FMP55
 
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Guarda papà cosa ho trovato: il tuo grande amico Corelli in Adeste Fideles.

Ormai siete due angeli tenori in Cielo e mi piace pensarvi cantare insieme....

 
 
 

IN ATTESA DEL NATALE

Post n°84 pubblicato il 23 Dicembre 2009 da FMP55
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IN ATTESA DEL NATALE

Post n°83 pubblicato il 23 Dicembre 2009 da FMP55
 
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