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Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 07 Dicembre 2005 da thescannerman

 Sapete cosa sono gli haiku? Io l'ho scoperto da poco, per caso (forse). Quello che mi ha colpito subito è l'intensità di significati contenuti in componimenti così brevi. Per capire meglio riporto qui una parte di un testo (scopiazzato e  RISCOPIAZZATO) dove ci si può fare un'idea di cosa si tratta:

Una breve forma poetica costituita di tre versi di cinque, sette, cinque sillabe. Solo diciassette sillabe per circoscrivere un'emozione. Sono sufficienti per tuffarsi nel proprio Sé connesso al Tutto, nell'universo della nostra percezione.
Il haiku è nato in Giappone, storicamente risale al sedicesimo secolo, ed è innegabile la sua collocazione nella tradizione buddista soprattutto di matrice zen. Il haiku ha origine dal Tanka, composizione in versi di 5-7-5-7-7 sillabe, di cui si ha documentazione a partire dal quarto secolo e la prima antologia della poesia giapponese una raccolta di quattromilacinquecento poesie risale all'ottavo secolo. La forma originaria ha poi subito più di una modificazione passando dapprima al renga una sorta di poesia corale incatenata in cui il poeta, haijin, compone una strofa, hokku, di 17 sillabe(5-7-5) alla quale un altro poeta risponde con una strofa di 14 sillabe (7-7), arrivando infine a rendere autonoma la prima strofa, hokku che fu pure chiamato haikai. Più tardi il termine haiku sostituì quelli di hokku e haikai.
Il primo sommo autore di haiku è stato Matsuo Basho, alla fine del 1600, splendida semplice immensa figura di poeta itinerante che viaggiò per la sua terra, cercatore di conoscenza attento alla comprensione della natura e che ci ha lasciato le sue "illuminazioni" nel suo proprio diario poetico in forma di kaiku.
Se si intende rispettare il canone classico del haiku si deve tener conto di alcuni elementi o sue peculiari caratteristiche:
· innazitutto il kigo, cioè la parola-chiave che indica la stagione, attorno a cui ruota tutto il contenuto e che svela il vero significato del haiku;
· La veste autobiografica in quanto l'haiku non è disgiunto dal haijin che lo scrive: c'è un momento esistenziale, un unicum che vede il haijin vibrare di quella emozione che viene resa nella forma della scrittura;
· L'omissione di alcuni nessi di collegamento, un aspetto estremamente semantico perché da lì si produce lo choc, il bagliore che rivela il significato profondo dei versi;
· L'omissione del soggetto -che tanto aveva colpito ed infiammato Roland Barthes- in realtà è una caratteristica della lingua giapponese stessa.
Il haiku, quindi, non è una composizione metrica libera ma è fissata in versi di 5-7-5 sillabe, benché ci siano anche haiku in metrica libera di poeti giapponesi d'avanguardia. Vengono accettate, le sillabe eccedenti, quando è inevitabile per includere un nome proprio come nomi di fiori o altro oppure per esprimere un'atmosfera speciale. Non sono ammessi versi per un numero inferiore di sillabe. Tutto ciò per rimanere in un ambito di piena adesione al canone classico.
Miracolo di sintesi di linguaggio e di carica espressiva il haiku è rapido, folgorante, intenso, emozionante ma anche concreto preciso, contingente. La visione simbolista e crepuscolare di un haiku carico di dissolvenza, di aloni, di allusività, di vaghezza e mancamento, di atmosfera indistinta, "quell'aria di scusarsi di esistere" -come ebbe a dire Andrea Zanzotto, non è un'interpretazione del tutto esauriente in quanto il haiku dice degli stati d'animo ma parla, anche, di cose, di oggetti precisi che nella loro particolare contingenza rispecchiano il mondo. In altri termini la concretezza della vita quotidiana si congiunge al senso del mistero e della profondità, quella particolare atmosfera che viene definita "lo yugen". L'atmosfera del haiku è caratterizzata da intime profondità, inaccessibili ad una lettura disattenta, è come la punta di un iceberg che cela un'altra massa di ghiaccio nascosta ed impercettibile. Il tratto essenziale di quell'atmosfera è lo yugen appunto, termine che si può rendere con profondità misteriosa. Chi sa coglierla si troverà in contatto con il mistero che mai può essere completamente vagliato e svelato. Come D. T. Suzuki ci ricorda "la realtà ovvero l'origine di tutte le cose, è una quantità ignota all'intelletto umano ma che comunque possiamo sentire nel modo più concreto".
Ancora tanto si potrebbe dire sul haiku, tutto il dicibile ed ogni tentativo sull'indicibile, la sua bellezza, l'ineffabilità , la sua grandiosità: il haiku non ha limiti di definizione, non ha confini, come un vasto mare, perennemente mutevole e sempre uguale, come le stagioni, come l'esistenza. Ecco haiku è la vita, un attimo di vita che è poesia, poesia del reale che ci comprende e ci trascende.
Il haiku esorta alla partecipazione, al godimento di un'ineffabilità mai totalmente rivelata, ci permette di intuire l'insondabile nelle sue tonalità di base. Il haiku ci porta per mano al valore delle cose vicine, quelle ordinarie e abituali, verso l'insignificante che tale non è mai e ci svela la straordinarietà dell'ordinario. Tutti gli elementi sono degni del nostro occhio poetico, ogni creatura vivente nessuna esclusa, ogni fibra del mondo vegetale, ogni minerale o sostanza inorganica: tutto è degno della stessa attenzione. Ogni cosa è se stessa ed è, nel contempo, qualcos'altro, si tratta dell'assunto basilare di una logica paradossale. Le distinzioni di valore non si addicono al mondo del haiku perché esso sottolinea, piuttosto, la totalità -unico modo, di cogliere la particolarità delle cose.
Il haiku è conciso, ha una naturalezza essenziale, la sua espressività è lapidaria e coglie nel segno sposandosi con il silenzio che segue la lettura della composizione.
Il haiku non sintetizza una marea di impressioni ma traduce quel momento e quella impressione nell'immediatezza dell'attimo. Non tutte le composizioni brevi sono haiku ma solo quelle che attingono direttamente alla spontaneità e riescono a tradurla in forma concisa.
Fare posto al vuoto: tutta la letteratura giapponese è impregnata in vari modi e a vari livelli di profondità degli insegnamenti buddisti che nell'accezione Zen assumono particolare rilievo e vengono coltivati con particolare attenzione. Il haiku è la massima condensazione linguistica possibile di una visione del mondo fondata sulla constatazione della transitorietà e relatività di ogni cosa ma nel contempo il vuoto che vibra nel haiku non è il vuoto dell'assenza e della privazione ma lo spazio della pienezza incomparabile dell'esistenza che ne traduce la fondamentale ricchezza. Il haiku rivela uno specchio vuoto: si inscrive nello spazio senza simbolizzare nulla e senza la pretesa di avere un significato. È un'immagine opaca, priva di riflessi, commentare un haiku è dunque impossibile si può solo dire che, in tutta semplicità, qualcosa avviene e basta.
Ogni commento tradirebbe l'immediatezza dell'immagine ed è meglio abbandonare le parole, per far spazio all'evento.
Per me, ma si può dire per chiunque si metta in sintonia, l'haiku è rapimento emozionale, folgorazione zen, trasalimento, stupore, intima connessione con la natura, abbattimento della separazione, evaporazione delle dicotomie, fusione panica, semplicità e semplificazione della realtà, luminosa comprensione della straordinarietà dell'ordinario. Per tutto questo con gratitudine ed amorevolezza esprimo, anch'io, la celebrazione della vita, attraverso i miei haiku.
Chiunque -come dice Araki Tadao- consapevole o no, è poeta di haiku.

 
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