Romanzo scientifico

Matematica e scienza: un romanzo

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Messaggi del 25/06/2015

Lettera a Einstein

Post n°186 pubblicato il 25 Giugno 2015 da EdMax

Brevissima (e infima) biografia di Einstein

La prima cosa che mi viene in mente è la tua linguaccia, che viene stampata perfino sulle magliette, sotto una capigliatura folle che ha creato il mito dello scienziato pazzoide. Dubito che tra Berna, Berlino, Princeton e tutti i luoghi che hai visitato non ci fosse un parrucchiere. Ma tant'è!

Poi mi vengono in mente i fiumi di inchiostro che sono stati versati per far comprendere agli altri le tue idee. Eppure, qualcuno sostiene che le questioni che hai affrontato sono di una semplicità sconcertante...

In quell'anno mirabile avevi ventisei anni, e all'ufficio brevetti di Berna eri impegnato a scomporre e ricomporre le stravaganti idee che stravaganti inventori speravano di brevettare. Quell'anno, era il 1905, avevi dato il meglio di te stesso. I tuoi pensieri scintillavano, come quei granelli di polline che schizzavano qua e là, in un moto browniano che neppure Robert Brown era riuscito a comprendere. Poi quell'articolo sui quanti di luce e sull'effetto fotoelettrico... A proposito, te lo aspettavi il Nobel? Infine la perla rara senza Nobel, l'articolo "Sulla elettrodinamica dei corpi in movimento". Cioè, la teoria della relatività ristretta. Doveva essere un anno speciale...

relaività

Dunque, secondo la tua visione ristretta del 1905, limitata a un caso particolare, il caso "speciale" del moto uniforme, le leggi della fisica erano sempre le stesse e la velocità della luce era una costante di natura. Sapevi già che era necessario estendere la tua visione a tutte le circostanze fisiche. Infatti, nel decennio successivo, tra vicende personali, politiche e filosofiche, cercavi di intrappolare anche il moto accelerato per eccellenza, la gravità. E allora, viaggiavi con la mente, andavi via con i tuoi"gedanken esperiments", che ricordavano tanto Galileo quanto la stiva della sua nave immaginaria. Da un principio di relatività a una teoria della relatività generale. Dal classico al relativistico. Circa tre secoli di paradossi...

Se cavalcavo un raggio di luce, cioè se viaggiavo alla velocità della luce, potevo percorrere lo spaziotempo in uno spaziotempo sufficiente per tornare indietro e prepararmi agli eventi spaziotemporali. E, rallentando il raggio di luce con potenti redini relativistici, potevo incontrare Einstein. In un istante imponderabile, ero lì che discutevo con Albert della sua idea dei quanti di luce, quell'idea che lui stesso si rifiutava di accettare; gli raccontavo dello strascico ottocentesco fatto di cause ed effetti, di riduzionismo e di dualismi; gli chiedevo della sua visione deterministica e della nuova visione probabilistica che il nuovo secolo portava con sé; gli ricordavo gli esperimenti mentali di Galileo nella stiva di quella nave infestata da insetti e pesciolini; ponevo la questione se veramente Dio gioca a dadi o meno; lo portavo, inesorabilmente, sul suo errore più grande, la costante cosmologica, così oscura quanto la materia e l'energia.

Ecco, questo avrei voluto chiedere a Albert Einstein.

 
 
 
 
 

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