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Un film di Arthur Penn. Con Anne Bancroft e Patty Duke - Titolo originale The Miracle Worker - USA 1963.
C’è un film, un capolavoro, che taglia di netto la distanza abissale che passa tra commiserazione sterile, se non sadica, e amore: “Anna dei miracoli” del 1962 con regia di Arthur Penn e interpretato da Anne Bancroft e Patty Duke. Questo film che è per me tra i film più belli, intensi, educativi, istruttivi, commoventi che abbia mai visto, riprende una vicenda reale narrata da una insegnante (Sullivan), di una bambina sordomuta (Ellen Keller). La bambina era tenuta dai genitori in uno stato di passività protettiva, dove si accontentava ogni suo pur minimo capriccio. L’amore era in realtà commiserazione, la bambina cresceva ma non come donna bensì come un “grazioso” animaletto. Il compito dell’insegnante Sullivan è proprio quello di risollevarla dallo stato di ferinità a quello umano dovendo lottare però contro la dorata gabbia compassionevole che i genitori le avevano costruito intorno, tanto che la bambina ne era ormai prigioniera-gratificata. La lotta è durissima, ma l’insegnante con forza riesce ad imporre un altro punto di vista, per primo ai genitori e poi alla stessa bambina, la quale lentamente sente quello sforzo non più come un’invasione arbitraria ma come l’unica e vera espressione di amore capace di condurla alla sua realizzazione. Il film è epico nel raccontare questo passaggio e quando la bambina si “sveglia dal suo torpore” e s’innalza dal mero vivere vegetativo al mondo dei significati, vi è un’esplosione emotiva raramente raggiunta in un film. La bambina correva felice, ad ogni oggetto dava un nome e ogni nome era lo svelamento di un universo simbolico. Il compito dell’insegnante si conclude, i genitori, a loro volta educati, hanno ora veramente una figlia d’amare. La scena finale è meravigliosa: l’insegnante sta preparandosi per la partenza, entra nella sua stanza la bambina, si mette sulle sue ginocchia e così, con muta intensità, esprime la sua infinita gratitudine
Commento di Sergio Rizzitiello.
LINK: Arthur Penn
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Epifania, dal greco
επιφάνεια,
epifaneia, che significa
manifestazione.
LEE WILEY - THE MAN I LOVE
Un’epifania è un momento
speciale in cui un qualsiasi
oggetto della vita comune,
una persona, un episodio
diventa "rivelatore"
del vero significato
della vita a chi
ne percepisce il valore
simbolico.
KATE HUDSON - CINEMA ITALIANO
Lo stream of consciousness
o flusso di coscienza è espressione di quell'area della mente umana che sta al di là della comunicazione e che non è controllata razionalmente né logicamente ordinata.
Applicato in ambito artistico permette di travalicare le consuete strutture sintattiche e arriva a toccare il fondo oscuro e inconfessato dell'animo umano.
L’esempio più celebre e valido in ambito letterario è forse il monologo di Molly Bloom con cui si chiude l’Ulisse di James Joyce.
Lo scopo dell'artista in questo caso non è quello di insegnare ma di presentare la realtà in tutti i suoi aspetti nel modo più impersonale ed oggettivo possibile e di lasciare al lettore la possibilità di comprenderla attraverso la sua personale percezione.
IMMA-NU-EL
"Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emanuele" (Isaia)
Emanuele in ebraico è Imma-nu-El letteralmente "con noi Dio".
Il 6 gennaio la Chiesa commemora l'Epifania del Signore, ossia quando il Messia si è rivelato al mondo: quando "Dio è con noi".