Creato da pensieripericolosi il 20/11/2008

Pensieri Pericolosi

La bocca della verità...

Messaggi del 26/11/2008

VOGLIA DI SPENDERE (3a parte)

   Imboccammo la scala mobile tenendoci per mano, come una coppia innamorata e collaudata da tempo. Davanti a noi, uno scalino più su, un bimbo biondo si teneva ancorato alla gonna della madre e ci guardava perplesso, dal basso verso l’alto. Mara gli sorrise e si chinò verso di lui, scompigliandogli i capelli con la mano, concedendosi ad una innocente, affettuosa ed insolita effusione di cui non la credevo capace. La madre sentì il pargolo agitarsi e si girò di scatto, fulminandoci con una faccia da stronza senza paragoni: sollevò il figlio di peso e se lo mise in braccio, mentre in un dialetto biascicato e poco comprensibile bisbigliò al figlio di non dare fastidio. Sapevo benissimo che le sue parole in realtà erano rivolte a noi e così – mentre la guardavo fissa negli occhi – chiusi le dita a pugno e mi grattai la fronte con il solo medio. Sorridendo. Poi presi Mara e le infilai la lingua in bocca, baciandola con vigore. La stronza si contorse in una smorfia che le deformò il viso, a tal punto che il suo naso sembrava venir fuori dalla bocca. Quel che conta è che si distrasse e non si accorse che la scala mobile era arrivata al termine della corsa. E così inciampò, e io dovetti afferrarla al volo per evitare che cadesse. E il marito che le stava davanti, e notò il mio eroico atto di salvataggio, prima mi ringraziò cortesemente, poi strattonò via la moglie trattandola con sprezzo e arroganza.

   Mara iniziò a ridere di brutto e affondò il suo viso nel mio maglione per dissimulare. Io l’accolsi in un abbraccio e – a mia volta – sparsi risate tra i suoi capelli, inebriandomi di un odore che ormai avevo rimosso.

   Passeggiammo serenamente, sempre senza parlarci, attraversando i vari saloni espositivi. Quando c’era qualcosa che le piaceva, Mara volgeva lo sguardo prima verso di me, poi verso l’oggetto, poi di nuovo verso di me. A quel punto aspettava un mio cenno, un mio commento. Il più delle volte le rispondevo con una semplice smorfia, facendo intendere la mia indifferenza, complicità o avversione. In ogni caso sorridevamo, quell’oggetto rimaneva lì e dopo pochi istanti veniva già dimenticato.

   Così non fu quando arrivammo ai divani: io aprii bocca e non mi fermai più, e ogni divano che commentavo continuavo a tenerlo come punto di riferimento nella comparazione con gli altri. Troppo basso, troppo alto, troppo chic, troppo kitsch, troppo duro, troppo morbido, colore di merda (anche se si può coprire, perché dovrei comprare un divano che ha un colore che non mi piace?), stabilità inesistente, materiali scadenti, prezzo troppo alto… ad ogni divano sfornavo commenti per tutti i gusti e tutte le necessità. Io avevo commenti adatti a tutti i divani di Ikea. Ikea non aveva un solo divano che fosse adatto a me!

   Passavo da un divano all’altro, con cupidigia e insoddisfazione, desideroso di trovare il giusto elemento d’arredo capace di dare un tono tanto al mio piccolo salotto quanto alle nottate che ci avrei trascorso sopra. Dopo più di un’ora passata ad alzarmi e sedermi, Mara mi chiese: qual è l’uso più frequente che desideri fare del divano? Le risposi: che cazzo dici? Mara non batté ciglio, era abituata al mio modo di fare, e così ribattè: dico, magari vuoi usarlo solo per sederti e non per dormirci, magari ne vuoi uno bello e non ti importa di quanto sia difficile lavarlo, magari ne preferisci uno enorme anche se è duro, oppure morbido anche se è piccolo… qual è l’uso più frequente che desideri fare del divano?

   La presi e la scaraventai sul primo divano che mi capitò a tiro. Era un Karlstad bianco a tre posti. Il braccio di Mara sbatté con una certa violenza sul duro bracciolo. Il bacino di Mara si incastrò tra i due cuscini che costituivano la seduta del divano. Ecco, disse Mara, hai già le prime due risposte. Uno, i braccioli devono essere morbidi. Due, i cuscini che compongono il divano non devono avere tanto spazio in mezzo. Tre, dissi io, questo divano è un divano del cazzo perché è stato progettato per ospitare tre persone ma la seduta è composta soltanto da due cuscini. In effetti, chi vuole sedersi nel mezzo si ritrova con il culo tra due cuscini. Dunque, il terzo caposaldo è: un cuscino per ogni seduta.

Porsi la mano a Mara, che mi afferrò il braccio e si drizzò in piedi. La lanciai subito su un altro divano.

Il racconto continua qui

 
 
 

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