Francesca Ferrari
Sulle ali delle parole
Un cinema
Riproduzione di illusioni
o realtà, sono i film.
Quanti me ne sono fatta, fantasticando!
O quando sognavo l’amore e la carriera
nella colorata pellicola delle mie lenzuola...
Poi mi catapultavo su velluti bui
e imbottite platee
sottostanti la parete chiaroscura
delle corse d’immagini
srotolatesi lontano dal fascio di luce.
Seguivo il filo
della bobina nella storia
che si teneva legata ai miei occhi
con una lenza fino al cervello
e col suo strascico da masticare anche dopo,
come una gomma rosa.
Il posto a me accanto
era occupato da qualcuno,
qualche volta importante,
qualche altra, comparsa inconsapevole
del mio film.
Francy Ferrari©Tutti i diritti riservati
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Sentore d’autunno
Forse è meglio chiudere le porte
che sbattono in faccia alla corrente
quando cambia la stagione
e il freddo bussa maleducato.
Chinare il capo a un’estate senza fine
è il modo per ringraziare
anche il vento che arriva e porta via ricordi,
non sempre piacevoli.
Le ore cambiano con il buio insistente
e le mie mani ti cercano,
i miei piedi vogliono i tuoi, caldi.
La mia schiena si rannicchia sul tuo ventre.
Siamo due parentesi
aperte di sera e chiuse al mattino
perché i nostri discorsi nel letto
iniziano e finiscono o stanno
in tre punti di sospensione sulla notte.
Intanto sento soffiare
ma non vedo bolle di sapone, solo foglie
in elicoidali discese sul cortile
e sotto le pennellate indecise di un cielo
vagamente sul grigio.
Ho un presentimento di neve.
Fa niente, è solo un sentore,
l’inverno arriverà poi.
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Dammi la mano
Terrò la tua mano
tutta la notte se vorrai
e uniremo i letti
per stare più vicini, qui,
lontano da casa nostra.
Sognando correremo
nei prati fioriti
e tu vedrai tutti i colori,
le api e le farfalle,
i fiori e l’erba.
Faremo collanine di margherite
e le regaleremo alle nonne,
ci sdraieremo col naso all’insù
starnutendo i pollini.
Una coccinella camminerà
sul tuo ditino carnoso
e lo scavalcherà
passando sul mio per prendere il volo
verso un cielo terso di speranze,
di nitidezza e meraviglioso.
Domani torneremo
e sogneremo ancora
quei prati e quel cielo stupendo
ma dal lettone di casa nostra.
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Inaspettata sonorità
Ascolto una canzone
profumata di una vecchia estate
che mi riporta indietro come
un calcinculo al contrario,
col vento che mi spettina
e piedi che mi spingono.
Ricordo i capelli cotonati
e nebulizzati di lacca,
i pantaloni lisi e sfrangiati,
gli walkman e le corse in bici
col cuore in gola pulsante
sotto il fumo delle sigarette.
Quel ritmo è una stregoneria
alla quale non posso sfuggire
perché i miei piedi già si muovono,
non so resistere, la testa è un pendolo
e le scarpe mi sfilo per ballare
e quegli anni in un tuffo rivivere.
Non tornano più ma
per caso posson tornare
in un’inaspettata sonorità.
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L’esondazione
Si sono rotti gli argini
del fiume che scorre in questa valle.
L’esondazione ricorda il diluvio
e non v’è più scampo,
non si può più fermare.
Vivere o morire,
nuotare o affondare.
L’ho costruita,
l’arca dei miei sogni,
e ora navigo
ma c’è chi sommerso urla
e non posso salvarlo.
Le mie parole ormai scivolano con l’acqua,
sono tutte mano nella mano,
incatenate, unite, indivisibili.
Si sono sciolte dal cielo e sono precipitate
una dopo l’altra su questa mia terra,
come una benedizione.
Ora sono libera,
non sento il peso di questa imbarcazione
che si solleva in autonomia
e con l’innalzarsi della marea
la sua leggerezza diventa eterea.
Non l’afferro più.
Sono inconsistente,
sono pura essenza di me stessa.
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Attraverso i pori
Ho i pori dilatati, come pupille
accese su tutta la mia pelle,
come narici aperte e occhi chiusi
all’ascolto di profumi ariosi.
Sono a braccia spalancate verso il mondo
e osservo il male conserta al mio albero.
La mia epidermide è ormai una tela,
una garza fine, un velo, un lino.
Mi sento attraversata dagli sguardi
delle altrui opinioni,
come un flusso fresco d’acqua
del mare calmo dei tranquilli
o burrascoso degli iracondi.
Qualche pagliaccio si incastra nel ventre
del mio acquario emozionale.
E volo via, attraversando le nuvole,
finalmente verso il sole
col mio mantello di lana,
impolverato di gioia.
Francy Ferrari©Tutti i diritti riservati
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Lontano vicino
La mia figura ritagliala
da un fumetto in bianco e nero
e inventa una storia,
con tutte le illustrazioni che vuoi.
Mettimi nei tuoi sogni
poi raccontameli all’orecchio
con un fruscio lieve di parole
- così lieve da sollevare un solo capello -
come un dolce alito di primavera
così potrò sognare anch’io
coi tuoi stessi sogni
e abbracciare Morfeo
nella stretta delle tue braccia.
Francy Ferrari©Tutti i diritti riservati
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Temo
Temo la monotonia
con quella lunga barba che si ritrova
e non desidero inciamparvi
quindi la salto, come la corda
Temo la solitudine
- emarginato ritiro della meditazione -
che - dico - si sta così bene
nella caotica routine
con tutti gli stimoli che ci dà!
Temo i virus
specialmente quelli letali
Mai nulla sarà più
contagioso di una risata, allora rido
per diffonderla quaggiù
al posto delle epidemie
Temo la sterilità
del pensiero e delle stanze
della nostra fauna e della flora
Temo la fine del mondo
perché io vorrei finire prima
Temo di perdere l’amore
e i miei figli
Senza loro sarei perduta per sempre.
Francy Ferrari©Tutti i diritti riservati
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Mi piace tantissimo
e mi dona il ricordo
del concerto di Sumiko Hojo
del 13 agosto 2011.
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Inviato da: francescaferrari1974
il 08/11/2011 alle 22:55
Inviato da: Luxxil
il 04/11/2011 alle 11:29