GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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La trilogia degl'Inquieti: Noi siamo.

Post n°396 pubblicato il 25 Novembre 2011 da sergioemmeuno
 
Tag: Poesie

   Oggi inserirò la mia migliore poesia... fatene buon uso, eh! Appartiene alla trilogia degl'Inquieti: la triade composta da Noi decadenti, Nostra Signora degli uomini e Noi siamo. Mentre in Noi decadenti c'è uno sguardo di studio verso l'interno, e  nella seconda ci si proietta verso la Madre, in Noi siamo, preso coscienza della propria essenza, ci si mette in cammino... su una lunga salita e si sale, si sale verso l'acrocoro...

             Noi siamo 

 

             Passione aspra e corrotta,

             beffarda e obliqua

             come le onde lente di un lago

             è quella di coloro

             che son tutto e non sono niente...

             Risa sfregiate da lacrime

             e sete di spazi sulla nostra strada,

             che si lascia dietro

             il paese più ameno e le sue famiglie,

             gli alveari di vetro

             con i signori e i suoi operai...;

             e sale e sale

             sempre più erta e incerta,

             disseminata solo

             di pietre asimmetriche e arbusti di rame,

             di bimbi-prodigio e sacerdoti decaduti,

             di cani pensierosi e braccianti evoluti.

             Corridoio - il nostro -

             che sfida con impudenza la gravità

             e ignora l’armonia dell’unità,

             conducendoci lassù

             sino all’acrocoro degl’inquieti,

             fra i drappi e i ceri di quell’anonimo tempietto

             da sempre guscio

             del  << nodo potenziale>> per ognuno di noi eletto:

             laddove infinite vie s’incrociano a mezzodì

             e tutto è possibile perché ovunque v’è seme

             del terreno scibile…

              laddove in coppe d’alabastro

              si raccoglie e si mescola

              il sangue bluastro dei consimili,

              e gli spiriti liberatori indicano al genere umano

              come separar la pula dal proprio grano.

 

              Qui carnefici e vittime

              cuociono e poi dividono

              il pane della concordia,

              mentre nelle cantine e negli opifici

              il vibrar più profondo pizzica con mestiere

              le corde d’acciaio del Teatro del mondo.

              E noi - eterni offesi,

              ebbri del gusto molteplice dei fili sospesi,

              nell’oscurità ora divoriamo emozioni

              come piante carnivore

              succhiano luce nera e humus e ogni magra falda;

              poi all’alba

              risiamo i veri artigiani dalla virtù ben salda,

              con mani a carne viva

              che plasmano la quotidiana pastella,

              o con nervi di alluminio

              che raschiano il fondo della padella.

 

              Dadi sferici e clessidre vuote,

              pensieri-parole e campi di forza

              nel nostro dominio:

              carne e verbo dell’edificio traslucido

              dell’ <<artificiale>>,

              ove è la vita sterminato biliardo

              dalle sfere ora eccitate

              or chete or timorose

              e sopra indicanti i nomi asettici

             di cose di uomini e di principi!

             Sicché assurgono caso e incertezza

             a potenti tiranni d’Oriente,

             sulle cui sorti vegliano

             mistici

             gli occhi di plasma della Grande Madre

             …All’unisono col suo petto salvifico

             che s’espande e ripiega febbrile

             senza requie,

             per poi traboccare colmo di compassione

             sui lidi straziati del vespaio umano.

 

             E alfin si ritira

             nella sua umana veste:

             livida

             madida

             immobile:

             l’imperitura nutrice degli uomini sorella

             in ogni piaga e in ogni gemma.

             Smorzandosi,

             a poco a poco,

             tra le acque di cera

             sul suo lustro

             guscio nuziale.

 

Link altre due poesie della trilogia: 

 

http://blog.libero.it/GIORNISTRANI/10678103.html

 

http://blog.libero.it/GIORNISTRANI/10812686.html

 
 
 
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