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Eterna sottile linea di confine: l'amicizia tra uomo e donna

Post n°18 pubblicato il 26 Luglio 2006 da marematico

Posto questo scritto tratto da un altro mitico blog:

http://coniglione.iobloggo.com

Il mitico Coniglione, che saluto calorosamente!!

Costui in pratica, sulla questione amicizia uomo/donna, la pensa, esattamente e in totale accordo, come me.

amicizia uomo/donna

 Diciamo che l'amicizia fra un uomo e una donna non è impossibile. Ma spesso e volentieri è un'ipocrisia.

Mi spiego.

Non ho mai avuto donne in compagnia. Però mi posso basare su anni di osservazione esterna, di confidenze fattami da donne e uomini. Perché a me pure le sconosciute mi raccontano tutti i cazzi che si prendono e che vorrebbero prendersi. Io guardo, ascolto. Non faccio nulla, ma archivio al fine di fare le mie teorie del cazzo.

Perché l'amicizia tra un uomo e una donna è spesso un ipocrisia? Perché spesso di mezzo ci casca l'attrazione sessuale. Ora dirò delle banalità, ma cercate di seguirmi.

Tizio è amico di Caia. Si conoscono e si frequentano. Nel caso in cui Tizio non trombi abbastanza (cosa che in Italia e fra i non fighi è la norma) e Caia sia decorosamente guardabile, ma anche no, in Tizio scatterà la molla. O meglio, l'ormone gli farà drizzare il pomparuolo.

Ma spessissimo nascono addirittura amori fra le amicizie, che vengono spesso sopiti per non rischiare di troncare i rapporti. Oppure questi amori squadernano le relazioni amicali. Frequentemente, infatti, le donne non hanno attrazione sessuale verso i propri amici. Le donne spesso e volentieri hanno un sufficiente codazzo che permette loro di archiviare le figure amichevoli come al di fuori di ogni tentazione.

La donna spesso rifiuta l'idea che l'amico possa avere una sessualità. Ed è questo il primo gradino di ipocrisia. L'uomo che ha voglia di scopare. L'amica no. Gelosie dell'uomo nei confronti delle storie che la donna amica si farà e che verrà a raccontargli immancabilmente.

Nel caso in cui invece l'amico maschio sia appagato e sia felicemente accoppiato, allora spesso e volentieri sarà qualche sua amica, magari meno bella, che coltiverà per anni e anni un amore impossibile verso il proprio amico.

Di questi argomenti ne parlano da secoli i romanzi, i film, i telefilm adolescenziali. Ancora oggi mi capita non senza una punta di stupore sentire donne che raccontano di quanti amici maschi abbiano, e di come si trovino bene con loro. Ex fidanzati compresi, che sussistono come migliori amici. Ma poi, scavando scavando, esse ammettono che sì, i loro amici sono un po' innamorati, ogni tanto si dichiarano, ogni tanto vorrebbero fidanzarsi. Ma sono loro che invece sono salde nel mantenersi amiche.

E' una ipocrisia estrema, ritengo, tenersi degli amici con la consapevolezza che essi sono attratti in modo non proprio amicale, quanto piuttosto sentimentale. E' un opportunismo che io rifuggo come la morte.

Il discorso è anche che spessissimo un uomo non è sinceramente attratto da un rapporto con una donna. Se con una donna c'è intimità, comprensione, intesa è difficile per un uomo ragionare da amico. In fondo cosa manca ad un rapporto amoroso? La vera amicizia è una forma d'amore. Se fra due dello stesso sesso non c'è la spinta erotica (quasi mai) quando invece le parti in causa hanno una se pur minima compatibilità fisica ecco che l'amicizia è rotta.

Altrimenti un uomo che può avere da un'amicizia femminile? Qualcuno da accompagnare a fare shopping? Di cui sentir parlare di ragazzi? Con cui depilarsi? Sarà per quello che le amicizie donna/gay funzionano... Ma quando invece un uomo si relaziona in amicizia con una ragazza che va al di là dello shopping compulsivo, dello sclero incontrollato, del culettismo sfrenato, della superficialità consumistica... come può rimanere semplicemente amico? Solo se la tipa è una gran cessona. E comunque in quel caso si scatena la dicotomia "a me piace quella figa, ma il mio tipo ideale è la mia amica".

Insomma, voi ragazze dovete sfatare questo mito dell'amicizia maschile. Sapendo che se siete carine l'amico vostro vuole probabilmente la vostra fichetta. E se comunque gliela date mica la rifiuta. Noi uomini, come dice l'amata commentatrice, siamo animal chic. Badiamo alla sostanza. Un rapporto di perfetta intesa con una donna non ci interessa, anche perchè poi sconfina nell'innamoramento. E diventa doloroso se non viene ricambiato. Altrimenti si tratta di un'amicizia superficiale. Perchè nella media (a parte alcune eccezioni che ci fanno innamorare) la maggior parte delle donne è meno interessante e divertente della propria figa. Rassegnatevi.

 
 
 

Al mare (o quasi)

Post n°16 pubblicato il 25 Luglio 2006 da marematico
 
Tag: Poesia

L' ultima cicala stride
sulla scorza gialla dell'eucalipto
i bambini raccolgono pinòli
indispensabili per la galantina
un cane alano urla dall' inferriata
di una villa ormai disabitata
le ville furono costruite dai padri
ma i figli non le hanno volute
ci sarebbe spazio per centomila terremotati
di qui non si vede nemmeno la proda
se può chiamarsi così quell' ottanta per cento
ceduta in uso ai bagnini
e sarebbe eccessivo pretendervi
una pace alcionica
il mare è d'altronde infestato
mentre i rifiuti in totale
formano ondulate collinette plastiche
esaurite le siepi hanno avuto lo sfratto
i deliziosi figli della ruggine
gli scriccioli o reatini come spesso
li citano i poeti. E c'è anche qualche boccio
di magnolia l' etichetta di un pediatra
ma qui i bambini volano in bicicletta
e non hanno bisogno delle sue cure
Chi vuole respirare a grandi zaffate
la musa del nostro tempo la precarietà
può passare di qui senza affrettarsi
è il colpo secco quello che fa orrore
non già l' evanescenza il dolce afflato del nulla
Hic manebimus se vi piace non proprio
ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile
alla morte (e questa piace solo ai giovani).

Eugenio Montale, Quaderno di quattro anni

 
 
 

Dal sito di Legambiente

Post n°11 pubblicato il 21 Luglio 2006 da marematico
 

Legislazione  

GLI IMPIANTI

In Italia la quasi totalità dei rifiuti solidi urbani viene smaltita in discarica. Le destinazioni alternative sono l’incenerimento (con o senza recupero di energie; nel primo caso il processo prende il nome edulcorato di termorecupero) e il riciclaggio.

LA DISCARICA

La discarica è un deposito definitivo di rifiuti ed è la forma più antica e “spontanea”di smaltimento. In base alla normativa vigente, tutte le discariche devono rispondere a precisi requisiti, essere autorizzate dalle autorità competenti (comune, attraverso il piano regolatore e la licenza d’ uso del suolo, e regione, attraverso il piano regionale dei rifiuti; entrambi questi strumenti devono verificare la compatibilità delle discariche con determinati vincoli di carattere idrogeologico, paesaggistico e sanitario) Le discariche predisposte per accogliere i rifiuti solidi urbani e i rifiuti speciali assimilabili agli urbani sono classificati come discariche di prima categoria. Gran parte delle discariche esistenti in Italia, anche quelle utilizzate normalmente dai servizi di nettezza urbana pubblici o convenzionati, non sono però a norma. Una discarica “a norma”, costruita secondo le più moderne tecnologie. Si presenta come un accumulo il sistematico di strati sovrapposti di rifiuti fortemente compressi, dello spessore di uno o due metri e divisi da uno strato di terra dello spessore di quaranta centimetri. La formazione di questi strati viene chiamata - ironia della terminologia moderna - “coltivazione” della discarica. La compressione viene fatta passando ripetutamente sui rifiuti appena depositati con un pesante mezzo cingolato e poi accumulandovi sopra il peso degli strati superiori. La discarica dovrebbe essere collocata in un sito geologicamente adatto: cioè, il più isolato possibile dalla falda possibilmente su un terreno impermeabile, in altre parole argilloso. La maggior parte delle discariche è localizzata in cave dimesse, in modo da colmare con i rifiuti il buco creato dai prelievi del materiale originario. Non tutte le discariche vengono però costruite in cave d’argilla; anzi la maggioranza di fatto insiste su cave di ghiaia, in altre parole su suoli altamente permeabili e a diretto contatto con la falda. Per isolare la falda dai rifiuti che la potrebbero contaminare si predispone allora l’impermeabilizzazione artificiale della discarica. Questo si fa stendendo uno o due strati di telo impermeabile (geotessuto) sul fondo della cava, e saldando termicamente i bordi contigui delle diverse pezze di geotessuto, nella speranza che esso resista (ma quanto?) all’usura del tempo. Il fondo della discarica viene predisposto in modo da incanalare i fluidi che in esso si formano, attraverso il passaggio delle acque meteoriche e i normali processi di putrefazione dei materiali organici, verso uno o più pozzetti di raccolta. I liquidi che così si formano, denominati “percolato”e altamente tossici, devono essere periodicamente raccolti per tutto il tempo in cui la discarica viene “coltivata”, e per un numero indeterminato di anni (da venti a trenta, ma anche più) dopo la sua chiusura definitiva, trasportati in un impianto di trattamento, essiccati e poi “smaltiti “ come rifiuti tossici in un impianto di categoria superiore.

GAS, ANIMALI E PROFUMI

Oltre al percolato, la discarica emette anche gas (una miscela composta per metà da anidride carbonica e per l’altra metà da metano, più altri elementi in traccia, spesso molto tossici.) Se non viene captato ed eliminato in forme adeguate, questo gas - vera e propria flautolenza del corpo sociale- può dar luogo a processi di combustione spontanea e anche ad esplosioni sotterranee negli strati inferiori ed è comunque la principale fonte di cattivi odori e di inquinamento dell’aria nelle zone circostanti. Per questo, nel corpo della discarica, a mano a mano che essa cresce, vengono inserite delle tubazioni che fungono da sfiatatoi del gas che in essa si forma, Queste tubazioni collegate in rete convogliano i gas raccolti verso una torcia dove bruciano a cielo aperto. Depurato dalla sua anidride carbonica, il gas che fuoriesce dalle discariche è un ottimo combustibile e potrebbe essere immesso nella rete metanifera o utilizzato per alimentare un impianto di generazione di energia elettrica o di vapore. Tuttavia questo recupero energetico viene raramente effettuato in Italia,-a mia conoscenza mai,- in parte per problemi burocratici e di tariffazione (gli stessi che hanno impedito alcuni anni fa di immettere in rete l’ energia in esubero prodotta dai privati) in parte perché la costruzione di un impianto di generazione -che diventa economico solo se realizzato come cogenerazione di elettricità e di calore- richiede che in prossimità alla discarica ci sia un utilizzatore di calore. Mentre le discariche vengono in genere localizzate il più lontano possibile dal consorzio umano,ma non dal consorzio vini. Infine, per impedire che la discarica sia infestata da ratti,insetti e parassiti, si cospargono abbondantemente i suoi stati con massicce dosi di veleni e pesticidi, che contribuiscono a peggiorare notevolmente la qualità del percolato che si forma. Ma una civiltà insaziabile come la nostra non poteva fermarsi alla disinfestazione: un reportage dagli Stati Uniti ci informa che il pattume che si accumula nella discarica di Beverly Hills,per prevenire i cattivi odori viene ampiamente cosparso con una doccia di profumo al limone o alla vaniglia. Per capire quali sensazioni possano procurare i miasmi di una discarica possiamo affidarci alla sensibilità perversa di Alexandre Surin

L’ immondizia non è - come si crede- un fetore compatto, indifferenziato e globalmente spiacevole. E’ un testo negromantico infinitamente complesso che le mie narici non riescono mai a decifrare del tutto. Esse mi enumerano il caucciù bruciacchiato del vecchio pneumatico. Il tanfo fulliginoso di un barile di aringhe, le gravi emanazioni di una bracciata di lillà appassiti, il dolciastro insipido del sorcio crepato e l’acidulo della sua orina, l’odore da vecchia cantina normanna di un carico di mele inacidite, la grassa esalazione di una pelle di vacca che battaglioni di moschelle sollevano in ondate peristaltiche, e tutto rimescolato dal vento, attraversato da stridori ammoniacali e da zaffate di muschio orientale. Come annoiarsi se tanta ricchezza si sciorina per noi, come essere così grossolani da respingerla in blocco Perché maleodorante?( Tournier, 1979, pp 67 68 )

LA CARAMELLA

Prima di chiudere una discarica, l’accumulo successivo degli strati di rifiuti viene portato di parecchi metri sopra il piano campagna, sia per sfruttare a fondo il sito, sia perché una volta chiusa, la discarica tende a “sgonfiarsi”; a mano a mano che i materiali in essa contenuti si gassificano, si mineralizzano la sua superficie si abbassa nel corso degli anni. La chiusura di una discarica una volta avveniva mediante ricopertura con uno stato di suolo fertile, per poi piantarvi sopra alberi e prati, e trasformarla in un parco, o costruirvi degli impianti sportivi. (vedi alla voce Fantecolo). Ma la captazione dei gas che si formano non è mai completata, così essi soffocano le radici della vegetazione. Perciò, anche ricorrendo a varietà arboree particolarmente resistenti, il “rinverdimento” di una discarica non assumerà mai l’aspetto di quei bei parchi che i progettisti fanno intravedere al momento in cui se ne decide la localizzazione. Ne uscirà invece sempre un paesaggio un po’ brullo e un po’ maleodorante. Per ovviare a quest’inconveniente, la moderna tecnologia ha adottato la tecnica di chiudere ermeticamente le discariche sature, stendendo un altro strato di geotessuto, ben saldato a quelli che ne costituiscono il fondo e lasciando aperti solo gli sfiatatoi degli impianti di captazione dei gas. In questo modo, ovviamente, si rallentano ulteriormente tutti i processi di fermentazione e di mineralizzazione dei rifiuti interrati, lasciando in eredità ai posteri una specie di caramella elegantemente confezionata, della dimensione di alcuni ettari .

GLI INCENERITORI

Gli inceneritori sono dei forni dove i rifiuti vengono bruciati, con l’ obiettivo di ridurne il volume, disperdendone una parte nell’ atmosfera, sotto forma di fumi; dopodiché è ancora una volta la discarica a dover accogliere i rifiuti residui, cioè le scorie. Esistono diversi modelli e svariate “generazioni” di inceneritori: forni a griglia, atamburo rotante. A letto fluido, con o senza recupero di energia con o senza camera di postcombustione; con o senza produzione di energia elettrica o a cogenerazione (energia elettrica e vapore), con o senza preselezione meccanica dei rifiuti. I rifiuti solidi urbani tal quali- così come vengono raccolti- hanno un potere calorifico inferiore (Pci) basso ma sufficiente ad alimentare il processo di combustione. Questo potere calorifico è dovuto alla presenza di grandi quantità di carta e di plastica, mentre la frazione organica putrescibile (cioè, soprattutto i residui alimentari), a causa dell’elevato tenore di umidità, tende ad abbassarne notevolmente il potere calorifico. Ciò significa che, se attraverso un sistema di preselezione o di raccolta differenziata, si sottraesse ai rifiuti urbani una quota consistente della frazione cellulosica (carta e carbone) o polimerica (plastica), il materiale residuo non basterebbe più ad alimentare la combustione e il processo di incenerimento potrebbe avvenire solo con l’aggiunta di combustibile tradizionale. Per questo i fautori della termodistruzione sono spesso i peggiori nemici di ogni forma di raccolta differenziata dei rifiuti. Gli impianti di incenerimento degli Rsu producono emissioni aeriformi composte principalmente da vapor acqueo e anidride carbonica, con una notevole presenza di particolato, ossidi di azoto e di zolfo (responsabili delle cosiddette piogge acide) e di composti clorurati, tra cui la famigerata diossina, che le truppe statunitensi usavano per defoliare le foreste del Vietnam e che fuoriuscita in grandi quantità dall’impianto della Roche di Severo nel 1976. La comparsa della diossina nei fumi degli inceneritori è dovuta alla presenza tra i rifiuti di composti clorurati, metà circa dei quali sono da attribuire alle bottiglie in Pvc (polivinilclorulo) dell’acqua minerale non gassata. L’eliminazione di questi contenitori dai rifiuti -e dal mercato, come stato deciso in Belgio- dimezzerebbe l’incidenza del problema, ma non lo eliminerebbe. L’allarme per la diossina emessa dagli inceneritori - lanciato dall’ambientalista americano Barry Commoner all’indomani del disastro di Serveso - è stato ridimensionato da numerosi studi condotti in anni più recenti, ma non eliminato del tutto; non è completamente chiaro, infatti il processo attraverso cui si formano le diossine, che secondo alcuni esperti, non compaiono alle rilevazioni effettuate sui fumi alla bocca del camino, ma potrebbero formarsi successivamente, dato che nei fumi sono presenti tutti i loro precursori. Gli inceneritori di Rsu dell’ultima generazione sono dotati, oltre che di turbine per la produzione di energia elettrica, anche di impianti complessi per l’abbattimento delle emissioni (filtri a manica e filtri elettrostatici per il articolato; docce di soluzioni basiche per assorbire e neutralizzare le componenti acide. Questi impianti sono a loro volta fonte di nuovi rifiuti, da smaltire in discariche di seconda categoria B). Dal lato opposto del forno, al suo ingresso, troviamo invece una grande fossa dove vengono scaricati rifiuti in arrivo, una gru che li solleva e li trasferisce all’impianto di alimentazione e, tra questo e il forno, un insieme di apparecchiature sempre più complesse per preparare, selezionare e omogeneizzare il rifiuto: lame per aprire i sacchi, magneti per estrarne i materiali ferrosi, vagli per trattenere gli oggetti di maggiori dimensioni, martelli e macine per frantumare e triturare i rifiuti, tamburi rotanti per mescolarli e omogeneizzarli, in modo che la temperatura del forno non abbia a subire sbalzi.

RIFIUTI CHE NON VERRANNO MAI SMALTITI

Un sito dove confinare definitivamente le scorie nucleari non è stato trovato nemmeno negli Stati Uniti - che peraltro ne hanno accumulato una quantità migliaia di volte superiore alla nostra. Mentre si discetta sulle soluzioni più fantascientifiche- seppellirle in miniere di sale (la soluzione più caldeggiata) ad alcuni chilometri di profondità, infestarle in siluri in grado di perforare i fondali oceanici e di infossarsi per alcune decine o centinaia di metri, spedirle nello spazio interstellare con dei razzi ( che sarebbe la soluzione più igienica, se non fosse per l’alta probabilità che la spedizione fallisca e che qualche razzo, con il suo micidiale contenuto, ci ricada sulla testa ) l’esito più probabile appare sempre di più quello sovietico, cioè il semplice accumulo delle scorie là dove esse si trovano, in attesa del momento in cui la loro gestione diventi troppo complessa o troppo costosa per poterci solo pensare. D’altronde, a tutt’oggi, di tutte le centrali nucleari dimesse, l’unica che ha subito un processo completo di decommissioning, cioè di definitiva messa in sicurezza, è un impianto statunitense sperimentale da 20.000 watt, cioè poco più di un giocattolo in confronto a quelli attuali che hanno potenze di migliaia di megawatt. Tutti gli altri sono ancora in attesa di una soluzione, che sarà solo quella di aspettare: perché in realtà le centrali dimesse sono già oggi delle discariche definitive di scorie radioattive, che come tutte le discariche hanno solo bisogno di qualcuno che faccia loro la guardia ( stando li a prendere radiazioni), cosi’ che gli altri membri della società, come per qualsiasi altro rifiuto, possano continuare ad ignorare il problema.

CIMITERI RADIOATTIVI

Il fatto che non esistano sistemi per smaltire le scorie nucleari non significa però che non esistano siti che corrispondono a vere e proprie discariche a cielo aperto di questi materiali.Buona parte del deserto del Nevada è stato trasformato in un immenso cimitero radioattivo dagli esperimenti che i militari vi hanno condotto negli anni cinquanta in superficie, e poi ancora, da quelli sotterranei degli anni successivi, tanto che ora si pensa di utilizzarlo come deposito in cui concentrare tutte le scorie prodotte negli Stati Uniti: non esiste infatti nessun uso alternativo a cui quelle regioni possono essere adibite e anche la popolazione che le abita è già stata rovinata- per generazioni a venire-e non ha , per cosi dire , più nulla da perdere.

Lungo la “Frontiera della bomba” oggi non c’è più niente di vivo.Deserto doppio. Vedo, dal finestrino ben chiuso della mia macchina, la carcassa di un vecchio carro armato bianco, calcinato dall’esplosione. Rottami di autobus, macchine, tronconi sbriciolati di ponti in cemento armato, pezzi di rotaia divelti, usati per misurare l’effetto bomba, tutti coperti da quella polvere candida e finissima che viaggia per centinaia, per migliaia di chilometri. A volte ricadeva fitta come neve sui villaggi e i bambini correvano fuori a tuffarvisi dentro, ridendo e respirando. La notte vomitavano, la mattina apparivano le prime piaghe e i capelli cominciavano a cadere 48 ore dopo. Le madri pregavano per loro. Prima perché guarissero. Poi, perché morissero in fretta. (Zucconi, 1993)

 
 
 

CORPO DI DONNA di Pablo Neruda

Post n°10 pubblicato il 20 Luglio 2006 da marematico
 
Tag: Poesia

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono.
Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa saltare il figlio dal fondo della terra.
Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccelli
e in me la notte entrava con la sua invasione possente.
Per sopravvivermi ti ho forgiata come un'arma,
come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.
Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! Ah gli occhi dell'assenza!
Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo di donna mia, persistero' nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,
e la fatica continua, e il dolore infinito.

 
 
 

PROMEMORIA DEL SOLDATO di Tolstoij

Post n°9 pubblicato il 20 Luglio 2006 da marematico
 

Tu sei soldato, ti hanno insegnato a sparare, a trafiggere, a marciare (…); forse sei anche stato alla guerra e hai fatto la guerra contro i turchi e i cinesi, obbedendo a tutto quello che ti veniva comandato; non t’è nemmeno mai venuto in mente di chiederti se fosse giusto o sbagliato quel che facevi. (…) Ti hanno sempre fatto credere che tu non sei responsabile di quello che può avvenire in conseguenza del tuo sparo. Ma tu sai che quella persona che cadrà dopo il tuo sparo, inondandosi di sangue, sarà stata uccisa da te e da nessun altro, e sai che potresti non sparare, e che allora quella persona non verrebbe uccisa. (…) E perciò, se vuoi davvero agire da uomo, quel che devi fare è una cosa sola: gettar via da te il nome di soldato, che è vergognoso, e star pronto a sopportare tutte le sofferenze che poi ti faranno patire per questo”.

 
 
 

da " Veinte poemas de amor y una cancion desesperada"

Post n°8 pubblicato il 19 Luglio 2006 da marematico
 
Tag: Poesia

Posso scrivere i versi

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.

Scrivere, ad esempio:" La notte è stellata,
e tremolano, azzurri, gli astri, in lontananza".

Il vento della notte gira nel cielo e canta.

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Io l'amai, e a volte anche lei mi amò.

Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia.
La baciai tante volte sotto il cielo infinito.

Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

Posso scrivere i versi più tristi questa notte.
Pensare che non l'ho. Dolermi d' averla perduta.

Udire la notte immensa, più immensa senza lei.
E il verso cade sull'anima come sull'erba la rugiada.

Che importa che il mio amore non potesse conservarla.

La notte è stellata e lei non è con me.

E' tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza.

La mia anima non si accontenta di averla perduta.

Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi.
Noi, quelli di allora, più non siamo gli stessi.

Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai.
La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito.

D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

Più non l'amo, certo, ma forse l'amo.
E' cosi' breve l'amore, ed è si' lungo l'oblio.

Perchè in notti come questa la tenni tra le mie braccia,
la mia anima non si rassegna di averla perduta.

Benchè questo sia l'ultimo dolore che mi causa,
e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo.

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 19 Luglio 2006 da marematico
 
Tag: Poesia

Spesso il male di vivere ho incontrato  

Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,

era l'incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.  

Bene non seppi; fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Eugenio Montale

 
 
 
 
 
 
 

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