Creato da giulio.stilla il 21/04/2014
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« UNA PAIDEIA PER IL NUOVO...La società degli apoti »

UNA PAIDEIA PER IL NUOVO MILLENNIO

Post n°5 pubblicato il 21 Aprile 2014 da giulio.stilla

 

I tempi sono molto contenuti. Debbo entrare subito nel vivo della trattazione, saltando i preamboli; non prima, però, che io abbia espresso i miei sentimenti di apprezzamento e di stima nei riguardi dell’Associazione dei Lions di San Marco e, in particolare, nei confronti del Presidente, cav. Antonio Bonfitto, e del Past Governatore, prof. Raffaele Cera, per aver organizzato questo ”meeting point”, questa serata all’insegna della Pedagogia.

Dico questo, soprattutto perché penso che, se tutte le Associazioni di Cultura, tutti gli Enti Morali, tutti i Partiti Politici facessero, una volta tanto, la stessa cosa, forse i problemi e le contraddizioni in cui si dibatte da sempre la Scuola italiana verrebbero superati.

Con questa nota preliminare, però, non voglio alludere alla possibilità di realizzare una utopica “Repubblica Pedagogica”, di ispirazione platonica, in cui la vita dei cittadini debba essere regolata dall’alto e i giovani debbano essere educati alla costruzione della società organica, con il rischio di smarrire il gusto e il senso della libertà e della creatività.

Non credo che la società degli uomini debba essere regolata dall’alto, perché, ogni volta che la Storia negativa del nostro recente passato l’abbia fatto, con la teorizzazione dello Stato Massimo, a cui bisognava affidare la missione educativa dei popoli e risolvere pertanto l’io empirico  nel “Noi Spirituale” della Nazione oppure nella “Democrazia totalitaria” del Socialismo reale, sappiamo molto bene come sia andata a finire:

oltre 50 milioni di morti ha contato la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, con orribili devastazioni morali e materiali.

Ma non credo nemmeno che la missione educativa possa essere affidata esclusivamente ad una “Comunità di Credenti”, che racchiuda in sé tutti i valori dell’uomo, compresa la dimensione scientifica della libera ricerca, e se ne faccia portatrice come “Autorità Assoluta”, con il rischio di essere catturato poi dai dettami di una Dottrina , tesa ad interpretare ogni problema (morale, sociale, politico, scientifico per l’appunto) sulla base dei propri principi che nulla concedono alla libertà della coscienza e tutto sacrificano sull’altare del fanatismo e del fondamentalismo.

E noi sappiamo dalla Storia, che è maestra di vita, come spesso vada a finire:

E’ il caso di ricordare Galileo Galilei, che, il 22 giugno del 1633, ormai settantenne, veniva condannato dagli Inquisitori del Santo Uffizio al carcere a vita, in barba alla sua veneranda età e al principio dell’autonomia e della libertà della scienza.

Lo scienziato pisano verrà riabilitato nel 1989 – 356 anni dopo – da Sua Santità Giovanni Paolo II; il Papa,   filosofo.

E’ il caso di ricordare l’adultera musulmana, che rischia di essere lapidata dalla cattiva interpretazione dei principi coranici.

E’ il caso della intolleranza per il Crocifisso della Scuola di Ofena, simbolo e vita di libertà: libertà dal male e dalla ignoranza.

“Libertà ti cercammo a lungo nella disciplina, nell’azione, nel dolore. Morendo, te riconosciamo ora nel volto di Dio”.  (Bonhoeffer, Etica, trad.it di A.Comba, Bompiani, Milano, 1969).  Ma è anche e soprattutto la tragedia orrenda del terrorismo islamico, estrema, radicale manifestazione del relativismo religioso ed ideologico, criminale autore del martirio di 19 Caduti italiani della Missione di Pace a Nassiriyah, in Irak.

Al loro Sacrificio immane corre la nostra coscienza commossa.

Verrebbe voglia di non parlare più……. e di pregare in silenzio il Signore.

“Ma dove andare a pregare, sulla Collina o in Gerusalemme?” Domanderebbe a Gesù, ancora una volta, la donna samaritana del nostro tempo.

Dove andare a pregare il Signore, nella Chiesa, nella Moschea, nella Sinagoga, semmai in Turchia? Domandiamo ancora noi, dimentichi, forse, della risposta data da Gesù: una risposta semplice, chiara, definitiva:

“Non c’è tempo o luogo – rispondeva Gesù – dove possa essere adorato il Signore Iddio, se non nella verità e nello Spirito”, che è cemento di amore e di giustizia, di tolleranza e di solidarietà. (Cfr. Gv. 4, 1-26. La Samaritana).

Ma tornando al concetto iniziale della Funzione educativa, io penso che nemmeno la Famiglia disponga, oggi, di mezzi sufficientemente adeguati, che possano permetterle di svolgere una efficace, rassicurante Educazione dei propri figli, perché essa stessa famiglia viene travolta dalla Società, resasi così complicata, cinica, impietosa, edonistica, relativistica.

E’il caso di ricordare come tanti figli uccidono i genitori e tanti genitori uccidono i propri figli.

 Di contro a tutto ciò, per scongiurare i pericoli e le tentazioni sottese all’insorgenza di tanti “mali”, bisogna battersi, anzitutto, per la moralità della vita pubblica, contro ogni forma di gesuitico paternalismo, affinché la polis, le Istituzioni e lo Stato Minimo possano essere retti da Persone sagge.

In tempi di “globalizzazione” economica e di Società finanziarie bisogna acquisire la coscienza di battersi per la crescita morale e la unificazione del genere umano e per la costruzione di una Società planetaria, fatta di uomini liberi e razionali.

Bisogna battersi contro la degenerazione del Sentimento religioso, contro il fanatismo e il radicalismo integralistico, per la costruzione di una Comunità di Credenti, che non amino affidarsi alle pratiche esteriori della Religione, ma che, oltrepassando il rigore del formalismo, affermino la devozione dei cuori e lo spirito di fratellanza dei popoli.

Io penso che Dio accetti di buon grado molto di più la Preghiera intesa come Azione morale, anziché la Preghiera intesa come recitazione formale.

 Gli uomini più nobili del nostro Passato, diversi fra loro per  temperamento e formazione, da Socrate a San Tommaso, da Erasmo di Rotterdam al giovane Hegel, solo per citarne alcuni, hanno sempre argomentato la necessità di un rinnovamento morale, di una palingenesi interiore, come struttura fondamentale per il rinnovamento politico e sociale.

La connessione fra Pedagogia e Politica risulta strettissima nella Storia del pensiero speculativo ed è stata teorizzata dai migliori filosofi, attenti a gettare le basi del rinnovamento politico ed esteriore attraverso il rinnovamento morale e interiore.

Bisogna battersi, infine, per la moralità e la unità della Famiglia, che, inserita com’è nella nostra Società tentacolare, presa dal suo bisogno di apparire piuttosto che   dal suo bisogno di essere, rischia, oggi, di soccombere sotto i colpi sempre più serrati del consumismo, dell’edonismo e del pragmatismo. 

Bisogna lottare, in altri termini, per la “eticità” della Famiglia, della Religione e dello Stato, cioè per la formazione morale degli uomini e dei cittadini, che, associati nello Stato Minimo, nelle Comunità dei Credenti e nelle Famiglie, riconoscono, vivono e coltivano i Valori Etici e se ne fanno promotori, affidando, in particolare, alla Scuola, e non soltanto alla Scuola la loro interpretazione ermeneutica, la loro cura e la loro diffusione.

 Fatte queste sintetiche considerazioni, mi sento ora più legittimato nell’asserire che la nostra Società ha la Scuola che si merita.

Oramai, è da oltre un trentennio che le Politiche Scolastiche italiane si sono accanite, in misura forsennata, a deprimere, in tutti i sensi, il delicatissimo ruolo sociale e professionale dell’Insegnante.

E’ stato egli mortificato prima sul piano delle competenze e della deontologia e poi sul piano economico e sociale, con il risultato inevitabile di aver costruito una figura nevrotica e frustrata.

Emblematico è il fatto che una pubblicistica sempre più attenta s’interessi allo stato di salute in cui viene a trovarsi “il Professore”.

Una indagine recentissima, condotta dell”Espresso” e pubblicata sul numero 9 Ottobre 2003 con il titolo: “E’ scoppiato il Professore”, mette a nudo la condizione oggettiva degli Insegnanti di Stato: “Malpagati, maltrattati, poco considerati. Dalle materne ai licei cresce il malessere dei docenti. E per placare stress ed ansie si affidano sempre più agli psicofarmaci”.

Un quadro così fosco, dipinto dall”Espresso”, nonostante la mia tristezza sulla realtà della Scuola italiana, io non l’avevo ancora immaginato. Purtroppo, è la verità!

Gli Insegnanti sono stressati e depressi. Eppure, le famiglie, la Società civile e lo Stato sono così irresponsabili che seguitano ad affidare i propri figli ad una categoria di stressati.

Evidentemente, la loro irresponsabilità non è poi tanto irrazionale ed immotivata.

Non lo è, forse, perché, se la Famiglia, la Società civile e lo Stato riflettessero sui propri compiti con maggiore lungimiranza, dovrebbero recitare un drammatico “mea culpa” ed ammettere le loro gravi responsabilità sul processo di demolizione, che, da otre trent’anni, stanno operando sul sistema educativo italiano.

Le Politiche Scolastiche dei nostri Governi, di Sinistra e di Destra, non hanno mai cessato di sminuire e stravolgere l’importanza sociale e il ruolo non surrogabile dell’Insegnante, prima con il mito dell”Intellettuale Organico”, che avrebbe dovuto servire agli ideali della “democrazia socialista”, e poi con il mito dell’Insegnante tecnologico, gestore di economia aziendale e di profitti, per la costruzione della Società tecnocratica, della “Nuova Atlantide” di baconiana memoria.

 Io non ho idee politiche precise o, meglio, non ho delle convinzioni ideologiche puntuali e valide per tutte le circostanze esistenziali; non le ho e non le voglio avere.

Io so di amare la Libertà.  E la Scuola - quella genuina ed autentica - è libertà.

Io so di amare la libertà nella Scuola  e la libertà della Scuola, che purtroppo, periodicamente, in Italia, è stata considerata ora come il rifugio di persone di scarso talento ora come valvola di sfogo della disoccupazione professionale ora come civetta politica di regime e della burocrazia di stato.

Ancora oggi, non si sa, con le riforme in atto, se la Scuola debba essere asservita ad una visione unilaterale della Economia e della Società anziché ad un’altra opposta.

Ancora oggi, non si sa se la Scuola debba servire agli interessi esclusivi della Confindustria o essere dominata ed appiattita dalla tessera del Sindacato.               Oltre mezzo secolo fa, nel 1952, sul numero 6 Maggio della rivista “La Via”, commemorando la pedagogista Maria Montessori, così scriveva Don LUIGI STURZO:

“…….. si tratta di vizio organico del nostro insegnamento: manca la libertà, si vuole l’uniformità; quella imposta dai burocrati e sanzionata dai politici.

Manca anche l’interessamento pubblico ai problemi scolastici, alla loro tecnica, all’adattamento dei metodi, alle moderne esigenze.

Si parla tanto di libertà e di difesa della libertà; ma si è addirittura soffocati dallo spirito vincolistico in ogni attività associata, dove mette mano lo Stato:

dalla Economia che precipita nel dirigismo alla politica che marcia verso la partitocrazia, alla Scuola che è monopolio dello Stato e di conseguenza burocratizzata.”

Sono parole di una attualità sorprendente, che l’attivismo politico scolastico, fine a se stesso,  privo di una visione complessiva della Scuola, non riesce a comprendere.

 Bisogna, invece, dare alla Scuola riconoscimenti reali ed economici di importante servizio sociale, da sottrarre subito al controllo dei Sindacati e della burocrazia politica, se vogliamo qualificare pedagogicamente  l’Autonomia organizzativa e se vogliamo qualificare personalisticamente il nostro modello didattico, con la individualizzazione dell’insegnamento, che coinvolga la complessa personalità dell’alunno sul piano relazionale, affettivo, etico-sociale, estetico e, quindi, assiologico. (continua)

 

 
 
 
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