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UNO SGUARDO SUI DISTURBI ALIMENTARI

Post n°497 pubblicato il 27 Agosto 2010 da Paideia76

 

UNO SGUARDO SUI DISTURBI ALIMENTARI

 I disturbi alimentari sono delle vere e proprie malattie psichiche e si riscontrano sempre più frequentemente in ragazze giovani, ma anche in soggetti di trenta, trentacinque anni. E' un "male di vivere" che forse nasce da un rapporto distorto con la famiglia e con altre persone care, ma prima di tutto con sé stessi, con la propria individualità. Alla base di questi disturbi, ci sono molte altre cause scatenanti che portano queste ragazze a cercare l'illusione di poter spostare sul cibo il controllo che pensano di non avere sulla propria vita.

Queste cause derivano da difficoltà di relazione in famiglia e nei rapporti con gli altri che si accompagnano ad una insoddisfazione nei confronti del proprio aspetto e delle forme del proprio corpo. Nell'anoressia scatta un meccanismo: si decide di mettersi a dieta, all'inizio solo con l'intenzione di modificare il proprio corpo, ma in seguito questo comportamento rinforza il senso di autocontrollo e di conseguenza la sensazione del proprio valore (io sono più brava di altri nel fare questa cosa perciò valgo di più). Poi subentrano i rinforzi sociali: le amiche le invidiano perché riescono a stare a dieta e a dimagrire, le persone in genere fanno loro complimenti per la loro forma fisica. Per i primi giorni digiunare è faticoso ma i risultati le compensano della fatica, anzi rinforzano la loro autostima. Quando le diete però sono troppo drastiche, portano il corpo ad avere comportamenti biologici funzionali alla sopravvivenza; viene così prodotta una quantità di serotonina (neurotrasmettitore che seda la sofferenza e il dolore) molto superiore alla norma e così, per i primi tempi, queste ragazze sentono di avere una forza e delle capacità superiori alla norma. Questo periodo, che è quello più critico per l'instaurarsi della malattia, viene definito "luna di miele con l'anoressia". A questo punto si instaura un meccanismo che è quello che rende così difficile la cura di questa malattia: la sensazione che provano queste ragazze di aver trovato la cura per i propri problemi. Con il protrarsi della dieta, che diventa sempre più restrittiva, anche questo vantaggio iniziale viene a mancare ed inizia la fase della depressione, della fobia per il cibo, della percezione errata della propria immagine corporea, la scomparsa del ciclo mestruale. Ci si pone una domanda di fronte a queste situazioni: molte persone devono osservare una dieta dimagrante, ma non per questo sviluppano questa malattia. Perché? Esiste un fattore partecipante che scatena il disturbo, è la goccia che fa traboccare il vaso...quella goccia dà inizio all'insoddisfazione corporea. L'insoddisfazione per il proprio peso, per l'aspetto fisico, porta a fare una dieta. Come già detto, la cosa particolare è che in questi casi la dieta è severa e viene utilizzata per aumentare la propria autostima, ci si gioca il senso di autocontrollo ed il proprio valore personale; questa è la differenza rispetto al semplice perdere qualche chilo.

La bulimia, pur avendo alla base gli stessi valori culturali che stanno alla base dell'anoressia, ha alla base anche una difficoltà molto evidente di autonomizzazione dalla propria famiglia d'origine, oppure si instaura dopo l'anoressia, la dove c'è un carattere più impulsivo e meno volitivo. Allora si cede alla "tentazione" del cibo abbuffandosi in modo compulsivo ed ossessivo, poi si ricorre al vomito per rimediare. In questi casi i problemi fisici sono ancora più gravi che nell'anoressia, meno evidenti e più subdoli.

CURA E PREVENZIONE

Convincere una ragazza anoressica o bulimica a curarsi non è semplice, o meglio, non lo è nei tempi che permetterebbero una guarigione più veloce e certa. All'inizio della malattia non ci sono sintomi gravi, anzi sembra che la dieta sia la soluzione di tutto; ma quando si instaurano tutti i problemi fisici derivanti dalla nutrizione insufficiente (depressione, astenia, scomparsa delle mestruazioni e conseguente decalcificazione ossea) si comincia a preoccuparsi ed è in questo momento che molte ragazze accettano "l'idea" di farsi curare. Purtroppo solo l'idea, perché in realtà molte fingono di accettare la visita del medico solo per compiacere i genitori. In realtà loro sono convinte di "potercela fare" da sole. I ricostituenti che normalmente il medico di base prescrive finiscono nel lavandino, perché a questo punto si è instaurato un altro sintomo micidiale nel mantenimento della malattia: il disturbo dell'immagine corporea. Pesano trentacinque, quaranta chili per un metro e settanta d'altezza, ma loro si sentono e si percepiscono grasse. Questo disturbo si presenta anche in altri casi in cui la dieta è stata seguita o per cura di altre disfunzioni (diabete o cardiopatie) o in situazioni sperimentali. Altra conseguenza grave della dieta troppo restrittiva, è la fobia per il cibo. E' una vera e propria paura che le porta ad evitare ogni situazione in cui potrebbero trovarsi di fronte al cibo. Spesso esorcizzano questa paura nutrendo gli altri. Cucinano per la famiglia o addirittura lavorano in ristoranti o pasticcerie. Quando la loro situazione fisica è fortemente compromessa, vengono ricoverate in strutture ospedaliere (spesso psichiatriche) ma anche questa ben presto si rivela una scelta fallimentare. Ci sono cliniche in cui l'anoressia nervosa e la bulimia vengono curate sia dal punto di vista fisico che psicologico e spesso hanno una buona possibilità di riuscita nella cura; il problema si ripresenta quando le ragazze tornano in famiglia e ritrovando le stesse problematiche, ricadono nella malattia. Spesso le anoressiche "guarite" scivolano nella bulimia. L'ideale sarebbe poter contare sulla presenza di un buon medico di base che segua la ragazza dal punto di vista medico, di uno psicologo che si occupi della sofferenza psichica della ragazza ed essenziale la collaborazione della famiglia. La dove le famiglie comprendono, naturalmente con l'ausilio degli specialisti, la vera natura della malattia della loro figlia, e collaborano nella sua ri-educazione, le possibilità di guarigione sono molto più alte.

IL RUOLO DEI GENITORI

Il primo punto cruciale che i genitori si trovano ad affrontare è: come convincere la figlia a farsi curare. Come premessa, è necessario che i genitori condividano l'idea che alla figlia occorre un aiuto specialistico. Se i genitori non si propongono come veramente concordi su questo punto, difficilmente riusciranno a convincere la figlia. Se non c'è una reale convinzione da parte di entrambi i genitori riguardo ad una terapia per la figlia, quest'ultima si convincerà di non essere malata e cioè di non avere bisogno d'aiuto; sente di poter contare sull'appoggio del genitore contrario al trattamento terapeutico. Cosa fare quindi, visto che il tempo è prezioso? Può essere un atteggiamento vincente, il proporre alla figlia un colloquio informativo con uno specialista, senza insistere sulla necessità di qualsiasi terapia. In ogni caso non deve sembrare una decisione imposta, ma una possibilità per vagliare il da farsi. Si può dire che c'è un problema che coinvolge tutta la famiglia, che per questo si desidera rivolgersi ad un esperto che indichi possibili soluzioni. A questo punto, sarà lo specialista a trovare le giuste motivazioni per aiutare la ragazza a scegliere la psicoterapia e darà ai genitori le indicazioni necessarie per un atteggiamento che favorisca tale scelta. Quasi tutte le ragazze affette da questi disturbi, accettano molto più facilmente di partecipare ad un colloquio con uno psicoterapeuta, se anche i genitori vi partecipano. C'è sempre da parte di queste ragazze, l'atteggiamento colpevolizzante per quanto sta loro accadendo, rivolto ai genitori. (Come questo non sia completamente vero lo vedremo nel prossimo intervento). Se i genitori hanno comunque l'atteggiamento di chi accetta di "mettersi in discussione", l'impressione che le figlie ne ricavano è decisamente favorevole. Non si sentono colpevolizzate come uniche responsabili della loro malattia e diventano più collaborative. Queste ragazze in genere colpevolizzano molto i genitori e amano vedere che anche loro sentono di avere delle responsabilità.In questo momento è molto importante che i genitori mettano da parte inutili atteggiamenti di orgoglio o di amor del vero a tutti i costi; servono solo a mantenere la loro figlia nella malattia. In ogni caso, quando da parte delle ragazze c'è un rifiuto a curarsi, nonostante tutto, è giusto che i genitori si impongano con le figlie minorenni; con le figlie maggiorenni un ricovero coattivo è giustificato solo in caso di grave rischio della loro vita, che comunque deve essere diagnosticato e deciso dal medico curante o da un pronto soccorso.

Alcune regole pratiche comunque possono essere d'aiuto ai genitori che si trovino in questa situazione:

  • Non permettere mai alla ragazza di mangiare da sola o di mettersi a cucinare per tutta la famiglia a qualsiasi ora. L'ora dei pasti è uguale per tutti e che mangi o meno è giusto che la ragazza condivida con gli altri questo momento.
  • Non coinvolgere i fratelli in funzioni di controllo circa il comportamento della ragazza anoressica. Il problema del "controllo" è un punto cruciale in questa patologia, perciò non si deve mettere gli altri figli in situazione di "spia controllante". Non serve a niente per la ragazza ed è diseducativo per gli altri figli.
  • Non cambiare le abitudini di vita della famiglia. In alcuni casi le mamme smettono di lavorare per seguire le loro figlie a tempo pieno; è un grave errore che genera maggior tensione tra madre e figlia e rafforza la convinzione di quest'ultima che le sia tutto dovuto in funzione della sua malattia.
  • Mantenere le amicizie e gli impegni sociali abituali. Spesso i genitori di queste ragazze abbandonano i loro passatempi e le loro amicizie. Inoltre è facile che anche loro cadano in depressione.
  • Non cambiare le regole educative che sono in vigore all'interno della famiglia. Spesso però, questi genitori oscillano tra un eccessivo permissivismo e un esagerato autoritarismo. Trovare la giusta via ed aderirvi sarebbe auspicabile.
  • Non trattare la figlia malata in modo diverso dagli altri figli. Sarebbe un modo per autorizzare la ragazza a prevaricare e a tiranneggiare anche i fratelli. Alcuni fratelli diventano fin troppo protettivi e preoccupati. Sono solo le suggestioni che arrivano loro dai genitori e non fanno bene a nessuno.

Resta comunque fondamentale la psicoterapia. Di solito funzionano molto più rapidamente le terapie cognitivo-comportamentali, almeno all'inizio, per modificare rapidamente i pensieri problematici e i comportamenti autodistruttivi. In seguito ogni terapeuta deciderà come meglio orientarsi anche in base all'individualità del soggetto ed alle sue esperienze di vita.

INDICAZIONI PRATICHE

Una delle cose che è bene siano molto chiare è che le patologie alimentari sono delle vere e proprie malattie che non si curano in famiglia. Non è sufficiente l'amore e la cura dei genitori per guarire una patologia così complessa. Spesso i genitori si sentono investiti da questa responsabilità proprio perché vengono molto criticati e giudicati dalle ragazze anoressiche e bulimiche; loro pretendono che i genitori si assumano la responsabilità del loro malessere. Purtroppo spesso su questo punto si instaura una lotta a base di accuse e di giustificazioni che fanno solo perdere tempo prezioso. E' molto meglio che i genitori mettano da parte il loro orgoglio e accettino di accompagnare le ragazze in terapia, almeno per i primi tempi. Sarà poi compito del professionista chiedere alle ragazze di iniziare una terapia individuale. Due atteggiamenti dei genitori sono estremamente dannosi: quello ansioso emotivo e quello ansioso ipercontrollato. Nel primo caso i genitori spronano continuamente la figlia, la assillano con continui consigli, la rimproverano continuamente e cercano di modificare il suo comportamento facendo leva sul senso di colpa (sei un'ingrata, ti abbiamo sempre dato tutto!). Nel secondo caso mascherano la preoccupazione assumendo un atteggiamento di distacco e di indifferenza di fronte agli atteggiamenti provocatori delle figlie. Anche in questo caso è preferibile la via di mezzo. Essere indifferenti è un atteggiamento finto in una situazione così grave e non è credibile neppure dalle ragazze, che si sentiranno fortemente frustrate da un atteggiamento simile. Ma anche quelli eccessivamente ansiosi non producono effetti positivi: in questo caso le ragazze si lamentano dell'eccessivo controllo ma in realtà sentono di tenere in pugno i genitori e questo non è per loro di nessun d'aiuto, anzi. Una giusta preoccupazione ma senza lasciarsi travolgere dalla situazione è il comportamento più idoneo. Gli interventi dei genitori devono essere di tipo educativo, ossia possono intervenire per correggere i comportamenti non accettabili e le cattive abitudini che sempre si manifestano in queste patologie. Non spetta loro intervenire sui sintomi. Questo è compito del terapeuta. Dunque, non devono accettare che la ragazza si ritiri in camera sua per mangiare o lo faccia ad orari diversi, così come non devono pretendere che fratelli e sorelle la assecondino in tutto per non "farla arrabbiare": la sua è una malattia e i malati non possono fare quello che vogliono, con la pretesa di curarsi da soli! Inoltre la ragazza, in questo modo, è costretta a mantenere un aggancio con la realtà, dalla quale tende a fuggire per rifugiarsi nelle sue illusioni. Quindi il contesto in cui vive l'anoressica deve mantenersi normale; i genitori devono continuare a far rispettare le regole comportamentali che valgono per tutti i membri della famiglia e nel frattempo il terapeuta lavora sui sintomi. In molti casi, invece, i genitori pensano di dover cedere ad ogni richiesta delle figlie, per dimostrare affetto e comprensione non riescono più a dirle di no. Poverina è malata, o per non litigare, o per oscuri sensi di colpa. In questi casi i genitori non svolgono il loro ruolo e si lasciano condurre dalle figlie anziché essere la loro guida. Quando la figlia sente di poter chiedere ciò che vuole, alza continuamente il valore delle sue richieste che a volte diventano assurde e, spesso, di tipo regressivo ed ecco che queste ragazze che continuamente rivendicano il loro diritto all'autonomia, specie in campo alimentare, chiedono di essere accolte nel letto dei genitori! Le regole da osservare in famiglia si possono rivedere nel mio terzo intervento. Per quanto riguarda la prevenzione, restano alcuni aspetti da comprendere. Partiamo da un presupposto molto importante: nell'infanzia si gettano le basi per le future patologie alimentari! Fin dai primi giorni, gli scambi affettivi tra madre e figlio avvengono attraverso la nutrizione. La mamma si preoccupa che il bambino si attacchi al seno, poi che passi al biberon e alle pappe salate e il rifiuto del cibo è sempre fonte di grande ansia ed in alcuni casi di vera e propria angoscia. Una delle più preoccupanti condizioni dei bimbi moderni è l'obesità. Ed è molto difficile non ingrassare se si mangiano in continuazione merendine, patatine, cremine preconfezionate. Poi, a tavola, questi bambini non hanno fame, smangiucchiano qualcosa per far contenta la mamma, e siccome non hanno mangiato a tavola si tollera che mangino fuori pasto e così anche per il pasto successivo non avranno fame. E' un circolo vizioso che porta ad avere un rapporto con il cibo estremamente confuso e problematico, ed in più porta ad essere sovrappeso. Ma quando arriva l'adolescenza quel corpo cicciottello non va più bene, speso anche i genitori lo criticano, e così si sente il bisogno di una dieta. Quasi tutte le anoressiche riferiscono di essere state delle bambine sovrappeso; e se prima mangiare era un'ossessione a causa delle insistenze materne, successivamente il non-mangiare diventa un'ossessione a causa delle pressioni dei modelli socioculturali. Anche l'atteggiamento maschile (padri, fratelli, corteggiatori) nei confronti dell'immagine femminile è motivo di desiderio di dimagrire. Perciò è possibile fare un lavoro di prevenzione delle patologie alimentari sin dalla prima infanzia, creando un corretto rapporto col cibo. Le madri che rimpinzano i figli, li portano a pensare al loro corpo come ad un contenitore vuoto, da riempire fino al desiderio di vuotarlo per provare sollievo, come succede alle bulimiche. Il sentirsi gonfie, piene, grasse... sono sensazioni corporee che invadono la mente e generano un'immagine distorta del proprio corpo. Un corpo da rifiutare, un'immagine da cancellare. Anche l'abbigliamento diventa monotematico: rigorosamente nero e spesso dalle fogge informi. Anoressia e bulimia sono patologie molto più rare nel genere maschile, anche se i casi di anoressia nei maschi stanno aumentando. In questi ultimi decenni i condizionamenti culturali hanno inciso maggiormente sul ruolo femminile ma ora anche i maschi si sentono confusi e poco certi del loro ruolo. Il lavoro maschile è considerato ancora un ruolo primario, mentre per la donna diventa qualche cosa da conciliare con altri ruoli e così le donne sono sempre più di corsa e vittime del tempo; combattute tra il ruolo di casalinghe e il ruolo professionale, fanno grandi sforzi per integrarli. Le ragazze sentono questo conflitto ancor prima di viverlo. Anche l'ideale di bellezza, oltre a quello d'efficienza, è diverso per le femmine. Comunque anche l'ideale di bellezza femminile in questi ultimi anni si è modificato ed i casi d'anoressia non sono più in crescita come negli anni passati, anzi sembra che la tendenza sia verso la diminuzione. Sono invece in grande aumento i disturbi legati all'ansia (attacchi di panico, ansia da prestazione, disturbo d'ansia generalizzato). Questo ci conferma anche la genesi socioculturale dell'anoressia. Resta comunque qualche certezza confortante: bambine alimentate in modo corretto, difficilmente diventeranno bulimiche o anoressiche; è importante accettare i figli nella loro individualità, rispettarne la personalità senza aspettarsi da loro la perfezione. Nella famiglia i figli assorbono i principi ai quali i genitori si conformano, percepiscono il reale valore della relazione uomo-donna e attraverso il dialogo si confrontano come persone. Ma le parole da sole non bastano, quella che dà forza ad una famiglia e ai suoi componenti, è una profonda sintonia emotiva che permette l'abbattimento delle barriere interiori e l'uno può rivelarsi all'altro così com'è, sentendosi pienamente accettato.

SI PUO' DIVENTARE ANORESSICI E BULIMICI PER AMORE??

Perché il cibo diventa l'oggetto centrale in questa malattia? Che significati nasconde il digiuno dell'anoressica e la divorazione bulimica? Pensiamo al pianto di un bambino. Quando un bambino piange, non lo fa solo perché ha fame, o meglio, con il pianto non domanda a chi si occupa di lui di dargli solo il cibo che placa la sua fame. 
Nel pianto, che dobbiamo concepire come una domanda rivolta all'adulto, il bambino chiede anche la soddisfazione di un bisogno diverso da quello della nutrizione ma altrettanto vitale: quello di essere amato. Il piccolo dell'uomo ha come bisogno fondamentale quello di essere amato. Il bambino desidera che l'adulto, la madre, gli comunichi la sua presenza attenta, amorevole, capace di dargli la sensazione vera di essere amato, di essere importante ed unico per lui. L'adulto, e in questo risiede gran parte di ciò che chiamiamo il prendersi cura di un bambino, deve essere capace di dare tutti e due questi oggetti, senza scambiare uno con l'altro. Se al pianto del bambino l'adulto risponde solo cercando di soddisfare la fame di cibo, dando cioè solo il suo seno, trascura gravemente l'altra parte della domanda, quella che chiede l'amore. Nutrire non è amare. Prendersi veramente cura di un bambino significa perciò essere in grado di dare insieme al nutrimento anche l'amore. Sotto questa luce, possiamo pensare l'anoressia e la bulimia come un messaggio. Lo sciopero della fame dell'anoressica ha il senso di essere un messaggio rivolto all'Altro attraverso il corpo. Questo messaggio esprime senza parole, ma attraverso il digiuno e la magrezza del corpo, un desiderio della persona anoressica profondo e frustrato: quello di essere trattato non solo come un tubo digerente, che si può riempire di cibo fino a colmarlo, ma come un soggetto che vuole essere amato. L'anoressia è una forma di protesta per il modo con cui è stato trascurato, violato, dimenticato, il desiderio d'amore.

 

BIBLIOGRAFIA

Anoressia e Bulimia - Gordon R.A. - Raffaello Cortina MI 1991

L'anoressia mentale, Dalla terapia individuale alla terapia famigliare. - Feltrinelli 1991.

 

 
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