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Post N° 499

Post n°499 pubblicato il 28 Agosto 2010 da Paideia76

 

IL VERO SIGNIFICATO DELLA SOLITUDINE: SE BEN VISSUTA, E' UN TOCCASANA PER LO SPIRITO!

"È strano essere conosciuti universalmente eppure sentirsi così soli". Lo ha scritto Albert Einstein, individuando nella solitudine uno dei grandi paradossi della natura umana. Perché questo stato d'animo non dipende solo dal fatto di ritrovarsi, in alcuni momenti della vita, a vivere da soli, senza la presenza fisica di un partner o di una famiglia. Un sondaggio dell'Associazione italiana di psicologia applicata rivela che, su un campione di 1.000 soggetti, il 29 per cento ammette di sentirsi "sempre solo", "spesso solo" o "talvolta solo" quando è in compagnia dei propri familiari. In una società dai ritmi veloci come la nostra, si preferisce parlare poco di solitudine, quasi fosse un tabù". In questo modo si spera di negarla e, nel quotidiano, la si annulla in diversi modi. C'è chi non si stacca mai dal telefonino, chi vive con la televisione sempre accesa, chi si inventa una vita virtuale chattando in Internet. Ma perché si cerca di riempire i vuoti, di non staccare mai i contatti con il mondo?Perché prendere le misure della propria solitudine obbliga a ripiegarsi su se stessi, a sondare le proprie emozioni e questo fa paura: si ha timore dell'ignoto. Nessuno può negare che sentirsi soli, in alcuni momenti, sia un peso. Ma la solitudine non è sempre negativa. Può diventare creativa, portarci a realizzare la nostra vera natura, il nostro talento. E darci gioia di vivere!! . La lingua inglese distingue fra tre differenti solitudini. Aloneness è la solitudine fisica; loneliness esprime la sofferenza di chi si sente solo, infine c'è solitude, che indica l'appagamento e il senso di tranquillità, sia emotiva sia fisica, di chi vive in modo solitario. Voi come vi sentite??

MA COME REAGIRE AI MOMENTI DI VUOTO?

Ci sono condizioni che favoriscono il desiderio di chiudersi in se stessi e di isolarsi dagli altri. Come affrontare questi momenti?

- Quando fai un bilancio della tua vita. Di solito è improvviso e imprevisto, per questo puoi trovarti da solo con te stesso. Il senso di solitudine può accentuarsi se tendi a vedere gli altri come la causa di obiettivi non raggiunti.   Per esempio non hai avuto un figlio o non sei riuscito a ottenere una promozione. Per superare questo momento devi prendere consapevolezza dei tuoi limiti, di quello che potevi fare e non hai fatto. Se li accetti sarai più indulgente con te stesso. E gli altri avranno sempre un posto importante nella tua vita.

- Dopo la fine di un amore. È naturale sentirsi soli e può essere il preludio di un periodo difficile da affrontare. Ma la solitudine, a volte, può darti anche sollievo; ti permette di ripartire da te stesso, dopo aver fatto i conti con il passato.

- In una fase di crescita e cambiamento. Perdi di vista degli amici, ne conosci di nuovi. Tra un passaggio e l'altro devi mettere in conto un po' di solitudine. Ma non preoccuparti: sarà passeggera, quasi un ponte fra un'esperienza e l'altra, durante il quale raccogliere le energie e ripartire con nuovo slancio.

E' IMPORTANTE IMPARARE A DOSARE I RAPPORTI CON GLI ALTRI!

Una frase del tipo: "Sono solo, perché nessuno mi cerca" è segno di un certo vittimismo. Ma indica anche che stai vivendo la solitudine con sofferenza, come una condizione non scelta ma subita. Purtroppo questo tipo di atteggiamento non aiuta a vivere meglio, anzi. Di solito alimenta e carica ancora più di negatività il proprio isolamento. Soffermiamoci su questa frase: "Nessuno mi cerca" e chiediamoci il motivo, ricordandoci che l'Altro è anche lo specchio di quello che noi siamo e offriamo. Cosa facciamo Noi per relazionarci con l'Altro? Quali sono le nostre reazioni? Siamo sempre disposti al dialogo? Quanto siamo disposti a metterci in gioco...a metterci in discussione...ad accettare i nostri limiti..ad accettare quello che non va - per Noi - nell'Altro? Riflettiamo su queste parole.

ESERCITIAMOCI UN PO'..

Come esercizio, suggerisco di svolgere l'attività di GORDON, psicologo esperto nelle relazioni e della comunicazione, LA RUOTA DELLE RELAZIONI. Prendete un foglio bianco, disegnate un cerchio al centro...all'interno scrivete il vostro nome (DECENTRATEVI, uscite da voi stessi per poter "leggere" con più obiettività i vostri comportamenti). Dal cerchio, fate partire delle frecce, ad ogni freccia fate corrispondere il nome delle persone con cui vi relazionate...genitori, amici, fratelli, compagni di vita, consorte ecc., poi colorate di arancione quelle che avvertite come positive e di grigio quelle che avvertite come negative, fate tutto d'istinto, senza pensarci troppo. Dopo aver colorato questi nomi, iniziate a riflettere sulle motivazioni: perché, d'istinto ho colorato di arancione questo nome? Quali sono i motivi per cui vivo come positiva questa relazione?Come mi comporto, come reagisco?E come si comporta l'Altro?Lo stesso fate per le relazioni che avvertite come negative..in questo caso però aggiungete cosa c'è che non va per voi nel comportamento dell'altro e come reagite voi a questo comportamento. Analizzate con attenzione sia la vostra comunicazione verbale (le parole), sia la comunicazione non verbale (i gesti, la postura). Infine, importante, è capire "cosa fare" concretamente per migliorare la relazione, per quanto possibile. Si tratta di un viaggio interiore di notevole importanza. Con le giuste modalità, con l'ascolto di Sé e dell'Altro e con l'aiuto del dialogo interiore, si potrebbe vivere con più leggerezza e armonia, con se stessi e con il prossimo. Nel prossimo articolo mi occuperò delle barriere dell'educazione in campo educativo, in particolare tra insegnanti /genitori e bambini/ragazzi.

Paidea 76



 

 
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Commenti al Post:
fabrizia2009.p
fabrizia2009.p il 30/08/10 alle 17:30 via WEB
la solitudine è una condizione umana che può essere positiva solo se è ricercata e mai subita alla base di una solitudine prolungata spesso vi è la difficoltà di rapportarsi con gli altri da ricercare nel modo in cui la persona si propone ed esige da un rapporto. E' un tema interessante che non è tuttavia possibile spiegare in poche righe ma implica una sostanziale analisi dell'animo umano in tutti i suoi componenti Ciao Ciao
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 02/09/10 alle 14:10 via WEB
“Ci dobbiamo convertire” ci viene detto.. vero, ma non così, in generale, ci sono degli aspetti particolari, dei punti chiave della nostra vita attraverso i quali ci è chiesto di convertirci, cioè là dove fatichiamo di più, altrimenti saremmo già santi. Ci sono delle “sconfitte”, ognuno ne vive, che in noi creano vortici maligni paurosi, vere e proprie spirali di peccato che però hanno origine dal peccato con la P maiuscola, appunto quello “originale”. Spesso la cupidigia, il “bersaglio sbagliato” , si concretizza in una gratificazione facile, legata magari a chissà quale “eccitante”: la droga, il sesso, ma anche la semplice voracità nei confronti del cibo o dell’alcool. Perchè questa gratificazione? Cosa nasconde davvero? Credo nasconda una delusione, che si manifesta nella tristezza, causata dalla nostra incapacità reale o presunta di incidere nella nostra vita. Il classico caso in cui ti senti impotente, un fallito. Mi sembra che una bella risposta a ciò ce la dia la Parola, in particolare la parabola dei talenti di Matteo, che in Luca è la parabola delle mine, in parte diverse ma entrambe attingono da un’unica fonte (per i “capissoni” è la fonte Q, dal tedesco “quelle”=fonte, un testo da cui avrebbe attinto Marco, evangelista dal quale a loro volta avrebbero preso Mt e Lc, non Giovanni), entrambe “parabole di giudizio”(finale), che tendono cioè a spiegare la Parusia, il ritorno glorioso di Gesù alla fine dei tempi. Mt ci dice che un uomo (Gesù!) parte per un viaggio e consegna ai suoi tre servi i suoi doni, doni divini dunque, non bigiotteria, e a ciascuno secondo la sua capacità. Lc invece, che si attiene fedelmente a Q parla di dieci servi cui il padrone dà una mina ciascuno. A tutti lo stesso dono. Fatto sta che mentre una mina vale abbastanza, circa tre mesi di uno stipendio medio attuale, un “solo” talento corrisponderebbe oggi a due miliardi delle vecchie lire. Il terzo servo non si deve accontentare quindi delle briciole.. In base alle sue capacità, dicevamo, il servo è cioè realmente in grado di far fruttare quanto affidatogli: Dio non ci chiede cose assurde (anche se a volte sembra), però è esigente! Dunque colui che ha ricevuto “solo” un talento va a sotterrarlo per nasconderlo in una buca, là dove la buca simboleggia il sepolcro (che allora, come quello di Gesù stesso era scavato nel terreno, proprio come una buca) e il nascondimento ha sempre a che fare con il male e la morte. Arriva poi il tempo in cui l’uomo torna, figura di Gesù nel giorno del giudizio, e regola i conti. Al primo dona la sua gioia, quello che ognuno cerca per tutto l’arco della sua vita, al secondo idem, al terzo invece che lo reputa un uomo duro e di cui ha paura, quella paura - ha commentato un sacerdote all’omelia - propria di Adamo subito dopo il peccato originale, spetta un’altra sorte poichè avrebbe dovuto affidare il talento ai banchieri. Chi sono questi banchieri? Sicuramente gli altri, il prossimo, i fratelli, soprattutto quelli che il Signore ci mette più vicino, quelli coi quali ci chiama a vivere: famiglia, gli amici del gruppo, i compagni di scuola o di università, i coleghi, compagni di squadra, ecc..
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 02/09/10 alle 14:14 via WEB
Solamente costoro possono far fruttare i nostri doni, il nostro talento e moltiplicarlo in vista della Parusia. Invece accade spesso che il dono affidatoci, talento o mina, tanto o poco che sia lo teniamo per noi, sotto terra. Un po’ come quegli anziani che nascondono i soldi sotto il materasso per paura che vengano rubati. Ma il posto più sicuro è la banca. Dio è esigente! Questa sua esigenza è insita nel dono: “a chi ha sarà dato.. ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”, o meglio crede di avere. Egli esige cioè che siamo attivi, che “investiamo”. “Investire - dice il teologo H.Weder - significa far spazio all’amore che viene a noi.. Quando una persona crea spazio in se stessa al tempo DELL’amore, per lei è arrivato anche il tempo PER l’amore”. Perchè allora non mettiamo questi soldi in banca? Una delle tante possibili risposte credo stia nella falsa immagine che abbiamo di Dio, lo riteniamo un uomo “duro” e di cui abbiamo “paura”, paura che voglia toglierci e non donarci. Eppure la parabola ci dice che il premio offerto ai servi è gratuito: il padrone non era tenuto a farlo, erano schiavi! Ma questa ricompensa c’è, supera ogni aspettativa ed è gratuita. Forse la grande risposta è proprio la gratuità, perchè l’amore è gratis, parola che deriva dal latino “gratia” e che indica al tempo stesso sia la sorgente del dono, cioè colui che dona, sia l’effetto del dono in chi lo riceve. Dunque quell’uomo si dona ai suoi servi, dona se stesso e chiede loro di fare altrettanto, cioè di donarsi portandolo ai banchieri, che glielo ridoneranno a loro volta con tanto di interessi, e che interessi
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:28 via WEB
.....confronto, nell'ambito della psicoterapia, tra la dominante concezione relativistica, che ha pervaso gran parte dell'universo della psicologia nell'era moderna, e ancor più nell'era post-moderna, e un risveglio della ricerca di elementi oggettivi che consentano una verifica clinica del processo psicoterapeutico".
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:29 via WEB
"Un approccio relativistico, in qualsivoglia tipo di psicoterapia, a causa della natura stessa del suddetto orientamento, per cui tutto è bene purché funzioni, può favorire o anche incentivare l'adozione di strategie relazionali apparentemente più adattive con conseguente attenuazione del sintomo psicologico"
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:30 via WEB
"Purtroppo il ricorso a pratiche comunicative-interattive, elaborate solo a livello di pensiero e ragionamento dell'Io, come dimostrano le scoperte ultime delle ricerche neuro-scientifiche sul rapporto mente-cervello, possono determinare un miglioramento solo temporaneo ed apparente, frutto esclusivamente di un addestramento dell'Io a perseguire modelli comportamentali più vantaggiosi"
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:30 via WEB
In questo tipo di approccio, infatti, "non vengono esplorate le cause profonde del disagio psichico, che, restando inalterate, trovano altre forme di manifestazione, o, come spesso accade, tornano alla produzione della sintomatologia originaria"
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:31 via WEB
Con un "nuovo approccio causale e comunicativo, che permette di scoprire nell'inconscio la presenza di un'autentica attività cognitiva e di istanze etiche", è invece possibile "realizzare una psicoterapia suscettibile di verifica clinica e tesa alla scoperta di verità interiori nascoste alla coscienza"
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cercovmeluzzi
cercovmeluzzi il 03/09/10 alle 17:32 via WEB
"Diventa così possibile, nell'incontro con la propria interiorità e con l'Altro da sé, riconoscere l'esistenza nelle profondità dell'inconscio di specifiche regole di base della vita e di significative dimensioni spirituali"
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 03/09/10 alle 18:17 via WEB
http://www.cattoliciromani.com/forum/showpost.php?p=598849&postcount=6
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pinuccia_1961
pinuccia_1961 il 08/09/10 alle 16:49 via WEB
grazie per le visite,puoi lasciare un commento
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