Creato da: 1carinodolce il 08/06/2008
NATO PSICOLOGO! ^__^
 

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(NOSTRI) PENSIERI LIBERI

Post n°491 pubblicato il 16 Giugno 2010 da 1carinodolce

 

(NOSTRI) PENSIERI E PENSIERINI 
 

IN LIBERTà   

 

   

 
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David Villa

Post n°490 pubblicato il 10 Giugno 2010 da 1carinodolce

 
David Villa Sánchez
(Langreo, 3 dicembre 1981)
è un calciatore spagnolo, attaccante del Barcellona e della Nazionale spagnola.


Emilio Butragueño, attaccante del Real Madrid negli anni ottanta, ha detto di lui:
«Villa è un giocatore completissimo:  può giocare sia da prima che da seconda punta, è in possesso di visione di gioco, di tecnica, e in area è  distruttivo.
È veloce, ma fisicamente non è un portento».
Secondo Santillana, altro ex attaccante del Real, Villa non è un centravanti in senso classico, ma un attaccante «straordinario tecnicamente,  molto veloce e mobile».
 
Villa realizza molto poco di testa,  mentre la sua arma preferita per segnare è il tiro di destro.
È infine uno specialista nei calci di punizione e nei calci di rigore.

 

 
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GRANDISSIMO DON GIUS

Post n°489 pubblicato il 10 Giugno 2010 da 1carinodolce

 


Due rilievi importanti:

Il primo.
Io sarò tanto più abilitato ad aver certezza su di te, quanto più sto attento alla tua vita, cioè condivido la tua vita.
In questa misura i segni si moltiplicano.
 
Per esempio, nel Vangelo chi ha potuto capire che di quell'uomo bisognava aver fiducia?
Non la folla che andava a farsi guarire, ma chi gli andò dietro e condivise la sua vita.
Convivenza e condivisione!
 
Il secondo.
Inversamente, quanto più uno è potentemente uomo, tanto più è capace da pochi indizi di raggiungere certezze sull'altro.

Questo è il genio dell'umano, è il genio capace di leggere la verità del comportamento, del modo di vivere dell'uomo.
Quanto più uno è potente come umanità tanto più ha la capacità di percepire con certezza.

«Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio», dice il proverbio;
ed è una saggezza abbastanza superficiale, perché la capacità di fidarsi è propria dell'uomo forte e sicuro.

L'uomo insicuro non si fida neanche di sua madre.
 
Quanto più uno è veramente uomo tanto più è capace di fidarsi, perché intuisce i motivi adeguati per credere in un altro.

A chi ha il «bernoccolo» per una certa materia scolastica, basta un cenno per intuire la soluzione del problema, mentre tutti gli altri devono faticare ogni passaggio.

Avere il «bernoccolo» di una cosa è come avere con essa una affinità.
Il «bernoccolo» dell'umano vuol dire avere molta umanità in sé;
e allora sì che scopro fino a che punto posso fidarmi della tua umanità.

 
È come se l'uomo facesse un paragone veloce con se stesso, con la propria «esperienza elementare», con il proprio «cuore» e dicesse:
fino a qui corrisponde, e perciò è vero, e mi posso fidare.

 
**********
   

 
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^_________________*

Post n°486 pubblicato il 23 Maggio 2010 da 1carinodolce

 
 
Era cosi’ solare.
Parlavi per un’ora con lei,
ne uscivi abbronzato.
 

 

Conosci te stesso
(e non rompere le scatole a me)

 

Non è bello ciò che è bello.
Figuriamoci ciò che è brutto.


 
Non sono vegetariano perche’ amo gli animali,
il fatto è che odio le piante.

 

 

 
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FB

Post n°485 pubblicato il 03 Maggio 2010 da 1carinodolce

  

http://www.facebook.com/profile.php?id=100001411413453

 
 
Lo sguardo capovolto che scopre l'Invisibile

 
C’era una volta un uomo che non escludeva l’esistenza di Dio, ma la considerava come qualcosa di incerto, di non essenziale nella propria vita.
Veramente reale, per quell’uomo era solo ciò che è materialmente tangibile.
Le cose che si possono prendere e afferrare con la mano:
questa soltanto la “realtà”, quella vera.
Dio, l’anima, a quell’uomo apparivano idee in cui voleva credere, ma sostanzialmente estranee alla sola categoria del reale:
ciò che si può toccare, e misurare.

Quell’uomo era Henry Newman, il teologo inglese convertito al cattolicesimo, da poco beato.

In questi termini ha parlato di lui Benedetto XVI, lunedì, concentrandosi sul momento della sua prima conversione.
Strano, ti dici leggendo il discorso alla Curia romana, come una questione riguardante un uomo morto 120 anni fa possa essere straordinariamente attuale.
 
Dunque Newman, prima di convertirsi, era uno che credeva ciò in cui crede “la media degli uomini”, dice il Papa.
Dio? Sì, può darsi.
Il Dio di molti, credenti e perfino praticanti: ipotesi immateriale, disincarnata.
Come un dubbio sospeso, inerte, sulla nostra vita.
Dio? Forse, speriamo.
Intanto, la realtà autentica è ciò che si tocca:
per primo il nostro corpo, impellente nei bisogni.
E poi tutto ciò che può essere desiderabile: amore, denaro, sesso, potere e perfino il sapere intellettuale, che forse non si tocca, ma comunque si misura e si usa.
Questa è “la” realtà.
Poi, parallela ma come separata, c’è la fede.

Che è domanda, speranza, magari rifugio nella malattia o nella vecchiaia;
ma, insomma, non ha quella consistenza sonante delle cose, quella sovrana indiscutibile evidenza ai sensi.
 
Cosa succede un giorno a Newman? Improvvisamente, dice il Papa, «riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili».

Immaginiamoci: un giorno un uomo, fino ad allora simile a tutti, vede che la realtà autentica è un’altra.

Le cose, forse ora gli sembrano apparenze. Scorge, dietro di loro, mai viste prima, altre colonne originarie, portanti: il Creatore e la creatura - l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza. In un istante un’altra realtà gli si palesa, «più reale degli oggetti afferrabili».

Come un’epifania: l’istante in cui Dio si mostra, sovrano, e dice: Io sono. Una grazia (a lungo domandata). «Svolta copernicana, che cambia la forma fondamentale della vita». Ma perché Benedetto XVI parla in questo Natale della conversione di un uomo di 120 anni fa? Crediamo, perché la cosa ci riguarda. Profondamente. Non siamo anche noi, o almeno tanti di noi, divisi come un giorno Newman?

Dio da una parte, e la realtà dall’altra; e il faticoso tentativo di integrare due dimensioni incompatibili. Forse non è così per i più anziani, per quelli cresciuti in una fede semplice, quotidianamente declinata fino dalle preghiere del mattino.

Ma in quanti, più giovani, avvertono come sottopelle quella che Benedetto XVI in “Luce del mondo” indica quasi come una “schizofrenia”: la fede come un substrato remoto, che non contagia la vita di ogni giorno. Un Dio che non riusciamo a credere presente, vivo, oggi: sui metrò affollati al mattino, e negli uffici dove si lavora e basta, e dietro le finestre delle nostre case che si illuminano, la sera, nelle città. Ci guardiamo, e ci sembriamo reciprocamente così soli. Questo Newman, invece, che un giorno capovolge lo sguardo, e diventa certo. Prima, era quasi un uomo come gli altri. Potrebbe, dunque, accadere anche a noi?

La “svolta copernicana”, che rende certo ciò che noi riusciamo solo a sperare.

Possibile che sia successo a un uomo come noi?

Ma perché il Papa ne parla, in questi giorni di vigilia?

Forse per suscitare un desiderio. Per indicare il dono – per chi ne ha troppi, e per chi non ne ha nessuno – da domandare davvero, in una notte di Natale.


© Marina Corradi 

Il Papa e la lezione di Newman

  

 
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http://www.avvenire.it/

 

... AMATISSIMA MIA ROMA !!

Post n°482 pubblicato il 11 Aprile 2010 da 1carinodolce

 

   

   MIA AMATISSIMA ROMA , ORA VINCI CON L'ATALANTA ( NERAZZURRI ..! ) E NEL DERBY, IL DERBY CON LA LAZIO ...

 

PUOI/DEVI VINCERE ENTRAMBE LE PARTITE, ... MA, MI RACCOMANDO, MASSIMO IMPEGNO, ATTENZIONE, CONCENTRAZIONE, 'CINISMO' !!

 

     

 
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I RAPPORTI PRE-MATRIMONIALI

Post n°481 pubblicato il 02 Aprile 2010 da citazioni_bellisssss

  

I rapporti pre-matrimoniali
 

I rapporti pre-matrimoniali contribuiscono a costruire l’abitudine di separare la sessualità dall’amore per la totalità della persona,
rafforzando la tendenza a gustare il frutto proibito.
I rapporti sessuali prima del matrimonio sono rapporti che si svolgono prima che venga realizzata una piena comunione di vita fra i partners e prima che venga preso un impegno definitivo e totale verso l’altra persona:
prima di arrivare al matrimonio vero e proprio resta nei fidanzati la concreta possibilità di un ripensamento e quindi è presente in loro una certa riserva psicologica.
 
Questa situazione fa sì che i rapporti prematrimoniali conducano ad un incontro non personale ma istintivo, che privilegia e rafforza – anche senza volerlo – la ricerca del benessere fisico e/o affettivo.
In questo modo la ricerca del benessere fisico e/o affettivo finisce per avere, nella relazione, un ruolo dominante,
gli aspetti della persona legati al piacere sentimentale e/o fisico vengono inconsciamente concentrati, fissati, ingigantiti e separati dall’insieme della persona:
la vita reale, la comunione di vita, la totalità della persona dell’altro, gli interessi comuni, i progetti comuni, la fedeltà a Dio, la capacità di sacrificarsi, la responsabilità, la capacità di riconoscere i propri errori, la capacità di chiedere perdono e di perdonare, la capacità di ricominciare,
insomma, tutto ciò che è fondamentale e non è legato al piacere finisce per avere un ruolo debole, marginale, assolutamente secondario.
 
I rapporti pre-matrimoniali, per la psicologia esaltante che creano, impediscono la reciproca conoscenza e l’assimilazione vicendevole della personalità.
I fidanzati, attraverso il controllo della sessualità, possono conoscersi meglio, possono mettere alla prova la loro capacità di amarsi per gli aspetti integrali della loro personalità, per le idee e le concezioni di vita che hanno, indipendentemente dalle esigenze momentanee dell’istinto:
in questo modo possono allenarsi al reciproco rispetto e alla fedeltà .
 
Studi sociologici sui separati – sono state intervistate più di 2500 persone – dimostrano che alla base della scelta del partner c’era stata soprattutto l’attrazione fisica, l’aspetto fisico:
solo in qualche caso la scelta era stata determinata dal bisogno di voler aiutare e salvare l’altro.  
 

Dicono gli studi che, inizialmente, l’attrazione fisica fa provare un piacere intenso e questo piacere porta ad attribuire alla persona delle caratteristiche positive – processo di idealizzazione del partner -, questo processo di idealizzazione, con l’entusiasmo che comporta, fa minimizzare le differenze esistenti, facendo credere e sperare che le divergenze – riguardanti il carattere, gli interessi, la concezione di vita – siano facilmente superabili dato il clima psicologico esaltante creato dall’attrazione stessa.
 
Quando si instaura una piena comunione di vita, la spinta iniziale, cioè la forza propulsiva determinata dal fascino dell’aspetto, diminuisce
mentre le divergenze diventano più evidenti e non sono più sopportabili.
 
La ricerca ha riscontrato che, tra le persone ancora sposate, a differenza dei separati, c’era stata alla base una scelta motivata più da caratteristiche di personalità, da interessi comuni che da attrazione fisica
(cfr. Donata Francescato, op.cit., pp.28-38 e p.57).

 

La persona giusta, ai fini di una relazione coniugale, è, dunque, quella con la quale stiamo bene insieme a parlare – con cui stabiliamo una comprensione e una complicità sulla base dei comuni interessi e della comune concezione della vita – senza la necessità, al fine di mantenere in vita il fidanzamento stesso, di dover provare un piacere intenso per l’aspetto fisico del partner:
questo piacere falsifica la reciproca conoscenza della personalità perché dà l’illusione, prima del matrimonio, di poter superare le divergenze e può essere potenziato e prolungato, nei tempi del fidanzamento, attraverso i rapporti sessuali, i quali creano soltanto l’atmosfera di una falsa intimità, una falsa intimità che, durante la vita coniugale, è destinata a sciogliersi e a scomparire come la neve al sole.
 

L’attrazione fisica e l’unione dei corpi sono come dei potenti allucinogeni che possono dare per molto tempo l’illusione di un’unione delle persone.

 

Ogni innamorato dovrebbe chiedere all’altro:
il matrimonio non è soltanto dormire insieme, mi ami abbastanza da aspettare?
 

(Bruto M. Bruti)  

 

 
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COSA NON PERDONI ??

Post n°480 pubblicato il 23 Marzo 2010 da 1carinodolce

  

(ATTUALMENTE, IN QUESTO PERIODO, RECENTEMENTE,
O  IN GENERALE, IN PASSATO) 

C'è QUALCOSA CHE NON HAI PERDONATO
O CHE PER TE è MOLTO DIFFICILE PERDONARE ?

   

 
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L'EGOISMO

Post n°479 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da 1carinodolce


  
  Egoismo  da " ego ", l'io, è l'amore falso ed esagerato di se stesso, che porta ad una vera idolatria dell’ " io ", eretto ad una unica misura per le relazioni con tutte le altre persone e cose, unica meta di tutti i propri sforzi.
Fine di ogni azione umana non è che l'interesse individuale dell'agente, più o meno velato.
Perciò non è un vizio speciale, ma è in generale uno squilibrio nell'ordinamento generale voluto da Dio, un elemento latente almeno inizialmente in ogni peccato,  in quanto è avversione da Dio e conversione alle creature (l'io creato), un corrosivo della carità, in quanto virtù specifica ed in quanto è informatrice di tutte le altre virtù. 
 
L'eccessiva compiacenza di se stesso o incensamento del proprio io, crea invece un disordine nella sfera dell'amore e con il miraggio della felicità propria, esclusiva e temporale, pone l'io in primo piano, imprigionato nelle tenebre della propria personalità, con la conseguente detronizzazione di Dio dal posto che gli compete, come fine di tutte le cose, e col sacrificio delle persone con cui ha rapporto, considerate esclusivamente alla stregua di strumento da utilizzare.

 
D'altra parte l'egoista neppure con se stesso è equanime, perché pone i propri interessi temporali al di sopra di quelli eterni e non è mai per il proprio bene spirituale che sfrutta il prossimo e detronizza Dio, essendo ciò incompatibile.
Perciò stesso è assurdo dire che l'ascetica fomenti l'egoismo; nulla vi è di egoistico nella ricerca della propria santificazione che non sussista senza la ricerca di Dio e la carità verso il prossimo.
L'egoismo invece suppone non una semplice pianificazione di valori, ma un completo rovesciamento.

 
Tutto ciò che esiste, non ha alcun pregio e senso per l'egoista, se non in quanto tutto si riferisce a lui e favorisce i suoi progetti ed interessi personali.


 

L'uomo dominato dall'egoismo è dimentico della sua genesi e della funzione che ha nei riguardi del suo Creatore e di compiti che ha in seno alla società umana, si fa centro dell'universo;
tutto valorizza ad esclusivo vantaggio della propria egemonia: l'amore di sé fino al disprezzo di Dio (amor sui usque ad contemptum Dei), dice incisivamente S. Agostino. 
 
L'egoismo appare, da quanto è stato detto, negligenza o disprezzo della virtù di religione, della giustizia, ma soprattutto della carità integrale.

È il tarlo roditore, l'eliminazione dell'amore verso Dio, verso gli uomini, ed anche come si è detto verso se stesso, perché non è il suo vero bene che l'egoista persegue in quanto una volta riconosciuto se stesso punto di convergenza di tutto l'universo diventa ottuso e miope nel riconoscere le sue manchevolezze.
 
Questo egocentrismo, se spinto all'eccesso, può essere anche fonte di malattie psichiche, ma più spesso è effetto anziché causa di queste anormalità,  Caratteristico, ad es., è l'egoismo soprattutto nell'isteria.
 
 

 
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scusa..siamo gemelli???? anch'io la penso cosi''

Post n°478 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da ginevra.gt

mi piace lasciare una traccia del mio passaggio..mery

 
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COSA TI 'PESA' DI PIù ???

Post n°477 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da 1carinodolce

  

IN QUESTO PERIODO
COS è CHE TI  'PESA'  DI PIù ? 

E  'COSA'  TI  MANCA  MAGGIORMENTE ?

 

  

IN QUESTO PERIODO
QUAL è IL TUO
DESIDERIO/BISOGNO  PRINCIPALE ?

 

 

 
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CERCHIAMO (DI) ....

Post n°476 pubblicato il 31 Dicembre 2009 da 1carinodolce

  

PIù CHE FARE AUGURI BELLISSIMI, RETORICI, DI GRANDE EFFETTO O PARTICOLARMENTE SDOLCINATI
E SENTIMENTALI(stici),
SPETTACOLARI, 
SCINTILLANTI, SPLENDIDI, SUPERFANTASTICI E IPERFANTASIOSI,

PIù CHE AUGURARE COSE STRABILIANTI E FANTASMAGORICHE,

VIVIAMO, OPERIAMO, PARLIAMO, SCRIVIAMO, PENSIAMO,
INSOMMA  COMPORTIAMOCI SEMPRE  IN MODO DA (CONTRIBUIRE AD) AUMENTARE, APPUNTO,  LA GIOIA, IL BENESSERE, LA PACE, LA TRANQUILLITà,  LA FELICITà, LA SERENITà  (ECC. ECC...)
DEGLI ALTRI,  MA DI TUTTI .... TROPPO TROPPO FACILE E COMODO 'AMARE' SOLO POCHI, SOLO ALCUNI !
NO??  

 

  

 
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1.000 CANZONI SPETTACOLARI

Post n°475 pubblicato il 23 Novembre 2009 da 1carinodolce

  

[IN QUESTO PERIODO  QUAL è IL TUO
DESIDERIO/BISOGNO  PRINCIPALE ?]

 

 _____

 

ECCO LA PRIMA CHE MI VIENE IN MENTE,

MA NON è (AFFATTO) LA + BELLA 

 

http://www.youtube.com/watch?v=sJz4L3482lM 

 

PER ORA AGGIUNGO  LA  PIù CHE SPLENDIDA (ANCHE QUESTA PERò
è FAMOSISSIMA, MA GIUSTAMENTE, meritatamente) 

 

http://www.google.it/search?as_q=STARGAZER+RAINBOW&hl=it&num=30&btnG=Cerca+con+Google&as_epq=&as_oq=&as_eq=&lr=&cr=&as_ft=i&as_filetype=&as_qdr=all&as_occt=any&as_dt=i&as_sitesearch=youtube.com&as_rights=&safe=images 

 

 

http://truemetal.it/reviews.php?op=albumreview&id=6549 

 

     

 
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MOLTO PIACEVOLI !!!!

Post n°474 pubblicato il 15 Novembre 2009 da 1carinodolce

  

http://www.youtube.com/watch?v=l8BRlmAzvdY

  
http://www.youtube.com/watch?v=9KviFaIE6vE&feature=related 

    

http://www.youtube.com/watch?v=h3HHNR0dTHs 

 

http://truemetal.it/reviews.php?op=albumreview&id=5215

 

3  CANZONI  SCONOSCIUTISSSIME,

MA  MOLTO MOLTO BELLE 

  

______

 

http://www.youtube.com/watch?v=EJ29pVhsdMs 

 

GRANDE CANZONE, ... CLAMOROSAMENTE BELLA!! 
(QUESTA PERò è MOLTO CONOSCIUTA..)  ^_^ 

 

 
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ALEE

Post n°473 pubblicato il 03 Novembre 2009 da 1carinodolce

 
DI NATALE  FINORA  IN

NAZIONALE NON HA

QUASI MAI GIOCATO

MALE,


PERò NON è NEANCHE

MAI STATO ECCEZIONALE

(FENOMENALE)

E IN QUESTO MONDIALE??


CI FARà LIEVITARE IL MORALE?

FINALE ...... BARALE  

 

 
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http://www.paginecattoliche.it/amore2.htm#Psico - ecologia della vita di coppia

Post n°472 pubblicato il 03 Novembre 2009 da 1carinodolce

PER:  SWEET  LUCY SIM  ^__*

 
Psico - ecologia della vita di coppia
 

Gli orientamenti del pensiero moderno sull'amore pongono l'accento soprattutto sugli aspetti utilitari del rapporto uomo - donna, siano essi di natura sentimentale o sessuale. Si possono comprendere tali orientamenti nel concetto generico di amore libero, da intendersi come antitetico al concetto di amore vero.

La cultura moderna dell'amore libero ha contribuito soprattutto a diffondere la falsa convinzione che i rapporti di coppia debbano donare un clima di intenso entusiasmo affettivo, una grande felicità o un grande piacere, in questo modo gli individui sono ossessionati dal culto idolatrico del grande amore o della sessualità totalmente appagante
e i rapporti di coppia sono destinati al fallimento sin dall'inizio a causa delle eccessive pretese di felicità perché l'amore viene concepito in modo astratto, non riferito alla comunione di vita con la totalità della persona del partner, privato dell'impegno e della responsabilità; in molti casi l'amore viene addirittura consegnato al libero mercato della domanda e dell'offerta e ridotto ad un oggetto di consumo.

Si pretende, infatti, dai rapporti di coppia quello che non si pretende da altri rapporti umani come quelli con i genitori o con i figli. Chi non è particolarmente felice con i genitori o con i figli non si affretta a sciogliere il suo rapporto con loro.Dai rapporti di coppia, invece, si pretende un pieno soddisfacimento.

Non si riesce più a concepire il fatto che le sofferenze e le limitazioni nell'ambito di una convivenza, se accettate e vissute positivamente, sono indispensabili aspetti del processo di crescita individuale all'interno del rapporto e quindi viene a mancare la convinzione che, in un rapporto di coppia, sopportare anche delle lunghe crisi possa tornare a vantaggio dell'evoluzione personale. ( cfr J. Willi, op. cit., pag 6, pp.10-11 )

Lo psichiatra svizzero Jurg Willi dice che la vita di coppia deve essere studiata secondo un'ottica – psicoecologica - : cioè nella vita di coppia la persona deve essere vista come - entità relazionale - che si sviluppa con il partner creando con esso un universo psicologico in cui abitare.

Secondo la psicoecologia il rapporto di coppia viene visto come uno degli strumenti fondamentali per rendere più facile all'uomo lo svolgimento del più importante dei suoi doveri esistenziali: la propria crescita psicologica ed umana.

Scrive Willi che "- chi vive con un altra persona è sollecitato a rendersi comprensibile all'altro, e diventa quindi più trasparente anche a se stesso-". ( J. Willi, ibidem, pag 204 )

L'uomo, da solo, con molta difficoltà riesce a prendere coscienza dei propri difetti e delle proprie illusioni. La coppia, invece, è un luogo privilegiato della cura del sentire e del pensare perché luogo dell'intimità, dell'unione fisica e psicologica e quindi luogo dove viene condivisa e messa a nudo la realtà totale.

In questo habitat privilegiato, che è il legame di coppia, è possibile prendere più facilmente coscienza del proprio modo di essere cognitivo - comportamentale e quindi autocriticare e smascherare le proprie idee irrazionali, le illusioni, le fanatizzazioni, le emotivizzazioni, i disordini affettivi ed intellettivi ( che si oppongono ad un'autentica crescita psicologica ) attraverso il confronto diretto con l'altro e con la critica che proviene dall'altro.

Scrive Willi:-"i coniugi si convalidano a vicenda le regole individuali, la concezione del mondo (...) fino ad arrivare agli innumerevoli dettagli della vita quotidiana, di cui sovente essi stessi non erano coscienti finché non sono stati loro segnalati dal partner.
La convivenza stimola dunque a prendere continuamente posizione e ad autodefinirsi (...) le regole individuali vengono continuamente verificate e corrette (...) il raccontarsi a vicenda libera da un'ottica unilaterale e soggettiva e ha un'importante funzione di rigenerazione e di compensazione. (...) Abitare in un universo costruito in comune consente di vedere il mondo reale con altri occhi. (...)
In ogni caso un rapporto di coppia è un continuo processo di crescita e di cambiamento, nel quale costantemente si soffre, si ridimensionano le aspettative e si ricomincia daccapo"-. ( J. Willi, pp. 202-205, pag 102 )

L’amore fra l’uomo e la donna è un amore in cui non è possibile abbandonarsi completamente nelle braccia dell’altro senza avere problemi, ma è un amore in cui occorre fare uno sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto.
La vita di coppia, per l’impegno che comporta da parte di tutte le componenti della personalità, sentimento, ragione e volontà, è l’ambiente che favorisce la crescita dell’amore autentico verso la persona e che permette un continuo processo di crescita psicologica nei partners: questi due aspetti sono fondamentali per la formazione psico – affettiva dei figli.

Qual è l’amore autentico? L’amore autentico è quello che cerca prima di tutto il vero bene dell’altro e non il proprio benessere.

L’amore autentico non è fatto solo di belle sensazioni e di bei sentimenti ma è fatto di sacrificio, di perdono, di aiuto reciproco. L’amore autentico è una strada diversa da quella di chi cerca soprattutto il proprio benessere, l’assenza di dispiaceri, delusioni, contraddizioni, è una strada diversa da quella di chi rimane insieme con un’altra persona soltanto fino a quando tutto procede senza problemi.

Quello dell’amore autentico è un percorso faticoso e difficile ma è un percorso che mette al primo posto il bene dell’altro, è un itinerario diametralmente opposto a quello dell’egoismo e che porta a concepire e a vivere un amore sempre più disinteressato, simile a quello di Dio, un amore che mette al primo posto il valore della persona e non il valore del piacere.

Insegna Giovanni Paolo II che “- (…) l’amor coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l’altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà “

 

 
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Il bello, il giusto e il vero nel mestiere di comunicare ***********

Post n°470 pubblicato il 29 Settembre 2009 da LICURSI.110

 

A me sarebbe piaciuto poter uscire da questa logica, e sottolineare invece l'aspetto delle identità:

se pluralista ha da essere, l'azienda di servizio pubblico deve poter parlare a tutte le culture, da tutte le culture, tramite i loro uomini migliori.


Ma non dovrebbe farlo semplicemente riservando con il bilancino lo spazio a questo e a quello (e se andiamo a ben vedere, questi spazi oggi sono tutt'altro che equilibrati) bensì favorendo l'incontro delle diverse culture intorno a valori condivisi.

 
Vorrei citare a questo proposito una trasmissione come Radici e Tradimenti, penalizzata dal sempre più scorretto protrarsi della prima serata (e su questo argomento potremmo farci un convegno), realizzata da un giornalista cattolico di aerea moderata come Massimo Bernardini e da un regista di area laica e di sinistra tutt'altro che moderata come Andrea Salvadore:

poiché l'incontro tra i due è nato dal rispetto delle reciproche identità, la trasmissione era un perfetto esempio di programma capace di stimolare il senso critico, e nonostante l'ora tarda, ha realizzato proprio per questo inaspettati ottimi ascolti.

(Ma perché mandarla in onda dopo mezzanotte? Solo per dilatare a oltre  ore la prima serata…?)


Nella puntata dedicata a Cat Stevens che dopo essersi convertito ha aperto una scuola islamica a Londra, si è trattato il tema dell'Islam nella civiltà occidentale con una acutezza e una delicatezza assolutamente rare e tutt'altro che schierate ideologicamente.


Ma vorrei fare un altro esempio che mi pare calzi perfettamente: giorni fa ho assistito al concerto di Fiorella Mannoia, che come è noto canta anche testi di De Andrè, Fossati, De Gregori: tutti autori notoriamente di sinistra.

 
Ma che importanza dovrebbe avere, per chi la pensa diversamente?


Averne, perché quella è la sinistra che vuole ricordare i valori fondamentali, che non ha rinunciato alla propria identità ideale.


Oltre alla gran classe degli arrangiamenti e del modo di porgere, le parole più ricorrenti erano "dignità, rispetto, comprensione, pietà per gli ultimi e i disperati…eccetera".


Una emozionante preghiera laica, un terreno di incontro dove ogni uomo di buona volontà, religioso, agnostico, di destra e di sinistra non può non incontrarsi.


Così quel concerto è stato per me un emblema della perfetta relazione, anzi fusione, tra il bello il giusto e il vero in un momento di intrattenimento estremamente godibile ma anche estremamente edificante (e mi si lasci usare questo termine…).
Per concludere, vorrei ribadire che sono due le cartine di tornasole che rendono giustizia del bellogiustovero:
- la realtà
- la memoria
La realtà come gusto del reale, curiosità del presente, stupore per le evidenze che sfuggono ai pregiudizi e ai paraocchi ideologici (vedi Gabanelli e Angela, che sono ben capaci di non rifugiarsi nel facile populismo la prima o nel puro e semplice positivismo il secondo).

Perché la realtà, se si è in una posizione umanamente autentica, azzera ogni pre-idea su di essa. E ti fa magari scoprire per esempio che destra e sinistra sono spesso costruzioni irreali.
Prendiamo il Gaber nella sua ballata Destra-sinistra:
"Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra"....
"L'ideologia, l'ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è il continuare ad affermare
un pensiero e il suo perché
con la scusa di un contrasto che non c'é
se c'è chissà dov'è, se c'è chissà dov'è".


Oltre alla realtà c'è la memoria, la voglia di capire il passato senza sbarazzarsene, la consapevolezza di venire da un posto, da un popolo, da una lingua, da una tradizione (anche se la si mette in discussione).
E inevitabilmente genera appartenenza in chi la vive, crea unità, rompe il pregiudizio ideologico, fa confidenza e persino tenerezza: come il Novecento di Pippo Baudo.


Ma mi piace citare ancora Gaber ne la Canzone dell'appartenenza:
"L'appartenenza
è assai più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale
che è davvero contagiosa".
Il prezzo da pagare nell'escludere realtà e memoria dal proprio orizzonte, è quello del conformismo, dell'assenza di ogni identità.
Gaber mi perdonerà se lo saccheggiamo così, ma la sintonia è assai forte con quello che canta ne Il conformista:
"Il conformista è un uomo a tutto tondo
che si muove senza consistenza
Il conformista s'allena a scivolare
dentro il mare della maggioranza
è un animale assai comune
che vive di parole da conversazione
di notte sogna e vengon fuori i sogni di altri sognatori
il giorno esplode la sua festa
che è stare in pace col mondo e farsi largo galleggiando".
Due parole di conclusione, queste sì di carattere politico, ma intendendo la politica con P maiuscola, come la intendevano i Greci che la chiamavano "politikè tekne", l'arte di vivere insieme nella Polis.
Fra pochi giorni ci sono le elezioni, c'è chi si attende grandi cambiamenti e chi no.
Come è noto, le vicende elettorali hanno sempre avuto grande influenza sulla RAI, e così ci sono quelli che anelano ad un cambiamento per prendere magari il posto di chi invece spera che il cambiamento non ci sia per tenerselo, sempre che questo posto dipenda più da un appoggio politico che da oggettivi meriti professionali.
Io vorrei uscire da questa logica e ricordare a futura memoria, dopo questa difficile esperienza nella quale credo di aver capito molte cose, che non c'è salvezza per la RAI se chiunque vinca promuoverà nell'azienda semplicemente un cambiamento di segno (o il mantenimento del segno precedente).
Quello di cui ha bisogno la RAI, secondo il mio personale avviso, è un profondo cambiamento di "senso", non di segno: intendendo con questo il recupero della più originale e più forte e più grande tradizione di servizio pubblico di cui la RAI ha dimostrato di essere capace in passato.
Negli anni che ci separano da qui al digitale terrestre, la RAI potrebbe svolgere un ruolo di levatrice verso la cultura dei nuovi media e del nuovo sistema dell'informazione anche e soprattutto per le fasce meno alfabetizzate, meno colte e meno fortunate, invece di usarle come fenomeno da baraccone mettendone spesso a nudo la miseria nei reality-show.
Per fare questo ha bisogno dei propri migliori professionisti, di tutte le idee e di tutte le culture.
Anche perché con i semplici portaborse è semplicemente impossibile rendere efficace e competitiva un'azienda editoriale di così grande importanza per il paese.
Un'ultima annotazione: in un seminario di ASPEN, Remo Bodei, che ha pubblicato recentemente un bel saggio dal titolo "Le forme del bello", ci ha ricordato che i matematici, dovendo scegliere tra due formule per dimostrare un teorema, "scelgono sempre la più elegante".
Domandiamoci se anche noi, soprattutto recentemente, abbiamo fatto così. E ricordiamoci ancora che era Nietzsche a inveire contro questa "manìa insana" di inseguire il bello, il giusto, il vero... 

 

 
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INTERESSANTISSIMA **********

Post n°469 pubblicato il 14 Settembre 2009 da LICURSI.110

 

Il bello, il giusto e il vero nel mestiere di comunicare
2/3

Autore: Contri, Alberto  

 
Conversazione tenuta a Roma, il 10 maggio 2001, alle ore 12, al Teatro Manzoni.  

 


Si arriva così a sostenere che ogni forma di programmazione è pura fiction, pura sostituzione della realtà con una sua protesi artificiale, allo scopo di procurare emozioni a chi non è più in grado di provarne nella vita di ogni giorno.


E non ci si preoccupa minimamente se i reality-show sono finti e fasulli:
un esempio lampante di come e di quanto una intera estetica abbia troncato deliberatamente il proprio rapporto con la realtà (cioè con la verità) e si sia condannata a produrre sensazioni ed emozioni a prescindere da ogni implicazione riguardante ciò che è giusto e vero spesso proprio perché reale.


Analogamente, ma ad un livello ancor più radicale, l'allora direttore Rai, Celli, sosteneva la necessità di coltivare la virtù dell'ambiguità per poter meglio permettere all'uomo di adattarsi alle sorprese del futuro.


In questo secondo caso la negazione di una possibile soluzione positiva del problema conoscitivo (in sintesi: la verità non esiste, e la storia ci ha cinicamente impedito di sperare in un mondo migliore) sembrava rendere possibile solo la ricerca di qualche certezza parziale, la più adatta al momento, la più conveniente.

Rinunciando così ad ogni idealità per asservire la più grande azienda produttrice di contenuti nel migliore dei casi ad un progetto organizzativo fine a se stesso, e nel peggiore agli interessi forti.


D'altra parte va detto e ribadito che un pensiero sull'essere "astratto", per quanto vero, rimane imbarazzato davanti a quella comunicazione per così dire esistenziale che anziché partire dal vero, parte dal bisogno estetico, emotivo, e lì si ferma volutamente.


Nella apparente modernità di questa comunicazione non ci sono vincitori perché tutti sono stati vinti:
chi aveva ragioni teoriche non ha saputo dimostrare nei fatti che tenere insieme il bello, il giusto e il vero rendeva più interessante il compito di mostrare e spiegare il mondo;
chi ha rotto l'unità tra verità, bellezza e giustizia ha reso di fatto incomprensibile il mondo.


Per stare in casa nostra, i dibattiti delle ultime settimane dimostrano proprio come su ogni cosa, anche la più semplice, non si riesca più a comunicare, proprio per questo deliberato intento di rompere questa unità, e potersi muovere elasticamente tra i concetti e anche le norme e i regolamenti.

Perché uno dei primi semplicissimi prodotti dell'unità tra verità, bellezza e giustizia è soprattutto un gran buon senso.


Per questo è importante riflettere sul fatto che anche restringendo l'orizzonte dello sguardo a quella parte del mondo che ci appare come il migliore dei mondi possibili le cose non procedono tutte per il verso giusto e la prospettiva utilitaristica od estetica è incapace di rendere ragione di quanto accade.


Il futuro dell'occidente è segnato dal problema della compatibilità dello sviluppo:
in particolare è segnato dal dominio della tecnica e dal conseguente problema della omologazione derivante dalla globalizzazione;
per converso si fanno sempre più acuti e gravi i rischi di scontro tra le civiltà anticipate anche dai nuovi flussi migratori sudnord.

Nel frattempo fa il proprio ingresso dirompente quella ingegneria genetica dal cui grembo possono uscire soluzioni anche devastanti ma comunque rivoluzionarie per il nuovo secolo che si è aperto.


Accanto a questi megatrend, esiste per contro una quotidianità di accoglienza e di costruzione di una società più solidale, che interessa un numero crescente di persone - soprattutto giovani - e che costituisce un racconto di per sé ben più commovente ed emozionante di tante fiction studiate a tavolino e di tanti falsi reality-show.
 

Domandiamoci: è di questo che ci parlano i media di oggi?

Quella grande finestra sul mondo che è la tv ci ha portato questo mondo in casa, oggi?


Nonostante il tentativo di conformare la realtà alle parole, essa, la realtà, è e rimane a disposizione di quanti intendano incontrarla, interrogarla, rappresentarla senza la pretesa di esaurirla ma anche senza la tentazione di ridurla alla propria categoria e alla propria rappresentazione.


Ce lo ha mirabilmente ricordato Hannah Arendt, nel testo "Il Pensiero secondo".

L'essere, l'esserci delle cose, viene prima del pensiero.


Quando Popper ha insignito la televisione del titolo di " Cattiva Maestra" ha a sua volta voluto ricordarci che l'informazione degenera in deformazione proprio a causa di un rapporto falsificato e perciò falsificante con la realtà.


Il problema di cosa sia la realtà è l'altra faccia del problema della verità.
Domandarsi se esista la verità equivale a domandarsi se esista la realtà.
Così come nessuna persona minimamente ragionevole concluderebbe che la realtà non esiste solo perché essa è difficilmente interpretabile e catalogabile, altrettanto dovrebbe essere detto e fatto a proposito della verità, la quale non cessa di esistere per il solo fatto di essere (spesso, ma non sempre) difficilmente conseguibile.
Diceva Kant: "La verità è un'isola, circondata da un ampio e tempestoso oceano. L'oceano è la sede della parvenza, dove vari banchi e masse di ghiaccio che tosto si fonde simulano la presenza di nuove terre, ingannando con vuote speranze il navigante che gira intorno per fare nuove scoperte".
Se si parte dal fatto che l'uomo non può raggiungere la verità o che la verità non esiste, a parte il fatto che tale affermazione si autocontraddice, si rende impossibile alla radice ogni possibilità di informare.
L'impossibilità di informare la si ottiene anche se si intende per verità quella creata dal pensiero individuale e lì circoscritta: il fatto di non possedere un riferimento comune al di fuori di ogni soggetto vanifica alla radice l'informazione.
Più frequentemente l'informazione si riduce al pensiero di un privilegiato soggetto impersonale. Perso ogni legame stabile con il Vero resta così aperta la strada per la propaganda e la manipolazione. Cioè per l'interesse.
Per salvare ciascuno di noi dalle manipolazioni degli altri e dalla nostra stessa capacità di manipolazione occorre tornare ad esercitare la riflessione, ovvero osservare la realtà lasciando che attraverso il continuo paragone con essa si formi quel senso critico che è il bene più prezioso della società della comunicazione e della informazione.
Il senso critico nasce nella persona innanzitutto come paragone tra le esigenze della propria ragione e del proprio cuore di oggi, con i suggerimenti e le proposte che gli vengono da una tradizione che lo precede.
Il senso critico quindi non può nascere dal nulla, ma dentro un paragone serio con quanto l'individuo riceve dalla tradizione da cui proviene (famiglia, comunità, nazione, religione, arte, ma anche partito o movimento…). Un uomo senza tradizione e senza la verifica di essa nel presente non ha cultura: al massimo ha una buona adattabilità alle mode, una educata passività a ciò che passa il convento più forte del momento.
E basta guardare il volto di molti partecipanti ad uno dei reality-show che tanto piacciono ai moderni burattinai televisivi, per essere presi da uno sconforto profondo per l'evidente mancanza di legame interiore con qualsiasi storia e qualsiasi tradizione degna di questo nome, sulle quali i mass media sono passati come uno schiacciasassi.
L'importante è che facciano numero, audience, platea da rivendere.
Ad una così pervasiva onnipresenza di questa tremenda omologazione, fa da contraltare l'abdicazione quando non la rinuncia esplicita alla costruzione di una realtà insieme giusta e bella. Così ci avvitiamo su noi stessi nel dibattere di particolari marginali - l'ultimo è il caso di Celentano, che certamente, essendo umano, si è lasciato scappare qualche sbavatura di troppo, ma al quale occorre riconoscere il merito - come ad altri - di tentare di condurci fuori dal girone infernale dell'ovvio e di introdurci ad una idea di giustizia e di bellezza che non è fatta di dimenticanza né di artifizio.
Si può tendere al vero anche con il varietà, perché scandalizzarsi?
L'errore, semmai, è fare sempre di ogni erba un fascio, aggredire grossolanamente, non ascoltarsi, cogliere la pagliuzza dimenticando la trave.

Ma guardiamo che cosa è accaduto dentro i confini di casa RAI negli ultimi anni. Abbiamo rincorso la concorrenza sfidandola sul suo stesso terreno. Con il proposito della controprogrammazione abbiamo prodotto la totale omologazione. Quiz contro quiz, varietà contro varietà, film contro film. Abbiamo messo tra parentesi una qualsivoglia idea di servizio pubblico, persino nell'impaginazione pubblicitaria, al punto che chi ci guarda fa fatica a distinguerci dal competitore privato.
Non possiamo nemmeno dire di aver tradito la missione per salvare le casse.
Così si sta facendo sempre più strada un sentimento di scoramento anche nei più entusiasti delle finalità del servizio pubblico: dopo la cura Celli e quello che stiamo vedendo, sono in molti a dire "ma sì, piuttosto che tenerle così, vendiamole, queste reti…"
Dietro tale rinuncia vi è una stanchezza della mente, dello sguardo e del cuore: un affievolimento della fiducia nella ragione, nella sua capacità di afferrare la realtà, di rappresentarla secondo giustizia (cioè anche nella sua valenza drammatica) trovando la cifra estetica affinché il sapere ed il conoscere diventino una declinazione del bello.
Ci si dovrebbe arrendere ad un cinismo imperante solo perché siamo chiamati ad operare in una epoca che ha fatto dell'estetica la fabbrica delle paillettes e della verità l'anticamera della convenienza?
Io non rinuncio a credere che sia possibile (e sono certo che molti la pensano così), sulla base di una comune passione per l'umana avventura, riformulare un'idea di comunicazione e di informazione che si riappropri della funzione di introdurre al bello e di valorizzare ciò che è giusto.
Uno dei modi con cui potremmo definire il giusto, con il linguaggio moderno della comunicazione, è l'utilità sociale. Quando decidiamo di che cosa occuparci, abbiamo sempre, esplicitamente o implicitamente, una idea di utilità.
L' utilità può essere rappresentata dall'indice di ascolto. Dal profitto. Dal clamore. Dal potere. Dal successo. Può essere anche rappresentata dalla crescita di una comunità solidale. In quest'ultimo caso il criterio di scelta avrà come riferimento una idea di bene comune vasta, articolata, positiva e propositiva.
L'obiezione fondamentale che gli operatori della comunicazione intelligenti e di buona volontà rivolgono a quanto abbiamo appena detto è che gli imprenditori dell'informazione non consentono loro di realizzare in modo idoneo una tale opera.
Altri, meno sagaci, aggiungono che sono proprio gli utenti a richiedere qualcosa di diverso, di morboso, di frivolo, di sensazionale: di diverso, cioè, dall'informazione di qualità, incuriosente e intelligente. Come la maggior parte delle scuse, anche queste includono una parte di verità. Ma spesso coprono solo una pigrizia che insorge solo dopo che si sia gettata la spugna con gesto unilaterale. Cambiare si può.
Rimane il non indifferente problema delle appartenenze, che spesso in questa azienda è stato e viene visto come appartenenza al carro del potere politico.
Così capita anche che qualche cretino patentato o qualche imbelle ricopra ruoli di grande importanza perché ben visto dal principe, o perché utile ad una serie di scambio di favori.

 
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