Cronache di Toki

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Creato da GiuseppeToki il 03/05/2009

"Sono cresciuto attraverso il cinema. Se mi sono interessato alla letteratura, alla musica è stato grazie al cinema" (Michael Powell)

 

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Post n°85 pubblicato il 05 Luglio 2011 da GiuseppeToki
 

13 Assassini (Takashi Miike, 2011)

Se devo proprio salvare qualcosa delle terribili campagne pubblicitarie per celebrolesi del nostro paese, nel caso dell'ultimo lavoro di Miike scelgo lo slogan "dal regista culto" perchè effettivamente di tale uomo si tratta. Quest'uomo vanta all'attivo quasi 50 film in vent'anni di carriera, con alti e bassi ma sempre con un'occhio attento alla forza del linguaggio visivo e dell'impatto forte, tant'è che uno come Tarantino lo considera uno dei suoi idoli per capolavori gore come Ichi The Killer. Dopo due fumettose escursioni anime (Yattaman e Zebraman) la scommessa del grande cineasta giapponese questa volta punta alto, proponendo un kolossal sul tema più tosto possibile: quello dell'era dei samurai. Talmente costoso da riuscire nella titanica impresa di arrivare distribuito in italia,ormai superata da biellorussia e romania per qualità della distribuzione nelle sale (sob). Ma la domanda è: il film merita oppure no? la risposta è nei vostri limiti, si tratta infatti di una sorta di ricerca certosina del fotogramma perfetto a metà fra la trilogia del dollaro di Sergio Leone ed i classici di Kurosawa, con una spruzzata degli action di Kitano e Tarantino. Miike può contare su alcuni dei migliori attori al mondo (strepitoso Koji Yakusho nei panni del leader degli assassini) diretti con maestria e maturità, senza eccessi nel wuxia ma bensì con notevole realismo, anche quando, nella sanguinosa battaglia finale che tanto farà esultare i fan del sangue e della carne, piuttosto che lasciare spazio all'azione fine a se stessa il film mette sempre l'uomo in primo piano, trattando peraltro il tema della cieca obbedienza e della follia dell'imperialismo sfrenato con un piglio che Spielberg dovrebbe segnare sul taccuino e ripassare tutte le mattine. Una dura lezione agli action epici occidentali? Dal punto di vista del linguaggio cinematografico senza dubbio alcuno, si tratta di un film di spessore immane nonostante le virate splatter, dove l'unico ostacolo alla fruizione del pubblico schiavo del cinema d'america risiede nella voglia di prendere fiato, di centellinare gli sguardi e i volti di uomini dal karma roccioso, tempistiche che stiamo dimenticando a furia di script figli dello xanax.

Voto : 9 

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Una notte da Leoni 2 (Todd Philips, 2011)

Bah'.  E dire che nella famigerata scena cult delle fotografie sui titoli di coda del primo stavo letteralmente piangendo dal ridere, definendo il film di Todd Philips la commedia del decennio (esagerai, ma non ero lucido). Questo sequel riesce nell'improbabile compito di fare allo stesso tempo una mossa geniale ed un errore colossale. Come? riproponendo la stessa, identica, pedissequa ricetta del predecessore che tanto stupì per una scrittura che ricordava Memento di Christopher Nolan per via del modo di svelare gli eventi a ritroso. Qual'è il problema? che oltre a non sorprendere più per ovvi motivi e nonostante un'ambientazione potenzialmente devastante (Thailandia) non fà nemmeno troppo ridere, sostituendo l'innocenza sballona della prima disavventura del trio con una volgare versione americana dei migliori film di Neri Parenti (avete capito bene) toccando peraltro apici di rara tristezza in una scena che riguarda un transessuale davvero, ma davvero, ma davvero terribile. Per carità, non mancano le risate ( e le foto finali sono ancora uno spasso clamoroso) ma siamo ben distanti dalla perla che fù Una Notte da Leoni, e ci metto dentro persino il personaggio interpretato da Zach Galifianakis, che ricorda più il protagonista di Parto col Folle che lo spassosissimo Alan del precedente film. Magari un terzo lo guardo anche eh, ma cerchiamo di raddrizzare il tiro, mr. Philips.

Voto : 5.5

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The Conspirator (Robert Redford, 2011)

Poco sopra trovate le lodi smisurate dedicate all'ultimo film di Miike, che per certi versi può considerarsi simile a quest'ultima opera del sempre più bravo Redford. Dietro ad una storia di cospirazione politica riguardante il misterioso omicidio del presidente Americano Abramo Lincoln nel 1865, si cela una grande dimostrazione di solidità direttiva ed attoriale, che mette i protagonisti dell'intrigo ben sopra l'intrigo stesso. Redford sà davvero spremere gli attori come i migliori registi fanno, costruendo un prodotto sostanzioso e lucido, che tiene alto il livello d'interesse fino alla fine grazie al carisma di nomi come Tom Wilkinson (grandioso), Colm Meaney, un'irriconoscibile Kevin Cline ed una bravissima Ronin Wright Penn nei panni della protagonista , accusata dell'assassinio del presidente e condannata a morte. Ma cosa c'è di accattivante per chi non mangia cinema d'autore a colazione? Sicuramente la volontà del regista di rappresentare il lato oscuro del giustizialismo americano, delle impiccaggioni come maschera di una società corrotta che non accetta compromessi quando si tratta di nascondere errori di valutazione grossolani, come condannare a morte innocenti per "tenere tranquille le masse". Redford ha scelto un percorso di denuncia che credo non mollerà tanto presto, a questo punto possiamo solo aspettare la prossima rivisitazione storica delle ombre della terra di Obama.

Voto : 7.5

 
 
 

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Post n°84 pubblicato il 03 Giugno 2011 da GiuseppeToki
 

The Tree Of Life (Terrence Malick, 2011)

Da molti definito uno dei migliori film del decennio, l'ultimo lavoro del regista de La Sottile Linea Rossa e The New World è un'opera di rara bellezza dal mero punto di vista audiovisivo, caratterizzata da un utilizzo di riprese a dir poco evocative in stile documentaristico che vanno ad inframezzare un dramma familiare d'impatto, interpretato dalle due star Brad Pitt e Sean Penn. Un film che risulta difficile non elogiare nonostante una serie di problemi che eviterò di elencare, un film che per la prima mezz'ora abbondante mi ha fatto gridare al capolavoro assoluto per poi mollare la presa quasi clamorosamente nella seconda parte, un film decisamente difficile da recensire (a patto di non fingere di averci capito tutto come alcuni presuntuosi giornalisti saputelli hanno fatto) perchè innegabilmente personale ed intimo nonostante l'universalità del tema trattato, ovvero il mistero della vita. Da vedere sicuramente in sala cinematografica per godere appieno del mostruoso concerto visivo-documentaristico, lasciandosi trasportare da quello che a tutti gli effetti è un "sogno" del regista, del protagonista e, si spera, del pubblico pagante. Palma d'oro a Cannes meritata? A mio avviso no, ma è un gran bel film.

Voto : 8


Esp: Fenomeni Paranormali (The Vicious Brothers, 2011)

L'ultimo esperimento di horror-documentario racconta le disavventure di una troupe di giornalisti che ricorda da vicino le paradossali mistificazioni di "Mistero" su italia uno (realmente) alle prese questa volta con un ospedale psichiatrico abbandonato che pare infestato da oscure presenze. I quattro sciacalli dell'informazione hanno la brillante idea di farsi letteralmente chiudere nell'istituto per una notte intera, senza la minima possibilità d'uscita fino alle 6 del mattino. Come ne "L'ultimo Esorcismo" è apprezzabile l'ironia che permea la pellicola nelle prime battute, al punto da far sperare nel semicult, purtroppo però  proprio quando l'orrore entra seriosamente in scena manca quel tocco particolare, quell'impregnata di atmosfera misto violenza unita ad un'assenza di deja-vù che tanto mi fece apprezzare l'ottimo Rec di Badalaguèro. Tutto sommato, grazie ad un paio di colpi di scena bene assestati e ad un'impennata di violenza nelle fasi finali mica da ridere, il film resta decisamente appetibile, a patto ovviamente di apprezzare il genere. In caso contrario evitatelo come la peste, così facendo eviterete di disturbare chi va al cinema per godere della sospensione d'incredulità in santa pace (dannati ragazzini-scimmie urlatrici).

Voto : 6

 
 
 

Sms Review: Maggio 2010

Post n°83 pubblicato il 16 Maggio 2011 da GiuseppeToki
 

Habemus Papam (Nanni Moretti, 2011)

Appena premiato dagli applausi a Cannes, il ritorno alla regia di Moretti dopo ben 5 anni avviene in maniera politically correct, al punto da meritare comicissimi servizi di lodi sui tg merdaset tanto cari al "Caimano" che solo pochi mesi prima era stato clamorosamente censurato al momento della prima visione su raiuno. La sagra del paradosso, ma è chiaro che il film è decisamente più dalla parte de La Stanza del Figlio che non da quella di Ecce Bombo, per dirne uno. Io sono fan di Moretti, di entrambe le tipologie di cinema del Nanni, ma ammetto di pendere decisamente dalla parte del cinico alla Sogni D'Oro, pellicole che con Habemus Papam non hanno nulla da spartire. Si tratta di un bellissimo ritratto di un'uomo di fede, del più alto rappresentante della fede cattolica al mondo. Un neoeletto papa che si ritrova sorpreso dall'elezione e frastornato, pieno di dubbi e di ansie al punto da "fuggire" letteralmente dal vaticano. Nonostante qualche scena divertentissima come quella del torneo di calcio, il film si concentra totalmente sulla figura del pontefice interpretato da un Michel Piccoli davvero eccelso, scelto da Moretti con estrema intelligenza, perfetto nella parte di una figura talmente elevata da non poter rivelare debolezze, che pur fanno parte dell'animo di chiunque indipendentemente dal ruolo che si ricopre. Un film nè laico nè religioso, ma un film sull'uomo e sui ruoli. Più profondo di quanto possa sembrare, ma devo assolutamente rivederlo per coglierne i messaggi più sottili.

Voto : 7

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Source Code (Duncan Jones, 2011)

Duncan Jones è forse un filo sopravvalutato. Avete presente Moon? film clamoroso, ma ho sempre avuto la sensazione che gli sia uscito un pò per caso e che rimarrà l'unica sua chicca suprema. Veniamo al nuovo lavoro del regista, questo Source Code. L'idea sa di già visto ma è stimolante: Colter (Jake Gillenhall) si sveglia in stato confusionale nel bel mezzo di un convoglio ferroviario appena saltato in aria e viene informato via schermo che dovrà tornare sul treno per identificare l'attentatore e prevenire l'incidente. Ogni volta che farà ritorno sul treno avrà solo 8 minuti a disposizione.  Di più non gli è dato sapere, la missione è top-secret, il suo nome: “Source Code”. Lo spunto per un nuovo cult sci-fi c'è tutto, la regia ed i mezzi anche, peccato che manchi il fattore x. Seppur bravi, i due protagonisti si rivelano poco adatti al soggetto, ed è tale la capacità di Jones di scegliere male il cast da incappare in inadeguatezze persino nei personaggi secondari (Vera Farmiga nei panni del capo dell'operazione delude). Occasione sprecata, ma si tratta comunque di un film interessante e con un colpo di scena intelligente, quindi se vi piace il genere fatelo vostro senza remore.  Ma attenzione: evitate di scovarne tratti filosofici inesistenti, per quello vi sono altri maestri del cinema.

Voto : 6.5

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Red (Robert Schwentke, 2011)

Red non è esattamente come il trailer lascia presagire, è molto più delirante. Avete presente pellicole come Shoot em'up o Innocenti Bugie? Nel corso della vicenda il regista diverte, diverte e ancora diverte lo spettatore con una collezione di scene in bilico fra commedia, action e spionaggistico che sfiorano il memorabile. Non siamo ai livelli del primo film sopracitato (che reputo una perla assoluta) ma qui, sul piattone abbiamo quattro attori scelti ad hoc, bravissimi nell'interpretare loro stessi, ovvero Bruce Willis nei panni del miglior Willis, John Malkovich in quelli del miglior Malkovich, Morgan Freeman nei panni del solito vecchio vispo ed un'ipnotica Helen Mirren (The Queen?) in versione cecchina sensuale e spietata.  Brava anche la simpatica Mary Louise Parker, attrice che meriterebbe più visibilità nel mondo delle commedie brillanti americane per dirne una.  Non ero attratto dal film perchè mi sembrava puntare molto sui luoghi comuni e sugli slogan facciali di ognuno dei 3 uomini protagonisti, paradossale come invece tale scelta si riveli arma vincente per i motivi opposti. Da vedere.

Voto : 7.5

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Limitless (Neil Burger, 2011)

Eddie (Bradley Cooper) è uno scrittore fallito e svogliato al quale viene offerto un farmaco in via di licenza in grado di aumentare le capacità dei recettori neuronali ed attivare tutte le aree del cervello, in parole povere permettendogli di sfruttare il 100% o quasi delle capacità mentali.  In breve tempo scala rapidamente i piani di una carriera che ben presto rivela insidie enormi causate dall'impossibilità di sopravvivere senza il supporto della "droga" in questione.  Film ben diretto e gradevole, girato con ritmi da videoclip che rendono totalmente impossibile il subentro del tedio, nonostante numerose pecche in fase di scrittura. Gustoso e poco pretenzioso il plot twist (il protagonista si limita alla classica ascesa alla poltrona anzichè ricercare la perfezione dell'io o la rivoluzione sociale) Limitless meriterebbe la visione anche solo per assistere alla prima prova notevole di Robert De Niro dopo anni ed anni di prove tra il mediocre e l'osceno, e devo ancora vedere Machete. Film perfetto per un venerdì sera senza pretese da cineasta.

Voto : 7

 
 
 

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Post n°82 pubblicato il 04 Aprile 2011 da GiuseppeToki
 

Kick- Ass (Matthew Vaughn, 2011)

Ci vorrebbe un film come questo ogni anno. Perchè con tutti i conati che il cinema americano rilascia quando si tratta di supereroi, un Kick-Ass ricopre il ruolo disintossicante, da tisana alle erbe. Non che il film di Vaughn sia un capolavoro o un manifesto alla totale anticonvenzionalità, ma perlomeno mette in mostra armi diverse dai soliti banalissimi quadretti di paladini della giustizia partoriti dagli yankee (si evince che non amo tali film nevvero?). Senza entrare nei meriti del fumetto originale e delle differenze tra i due media, c'è da dire che Vaughn non si preoccupa di colpire basso il pubblico attraverso la figura di una bambina di 12 anni che affetta, sgozza, spara, squarta, taglia arti e ride. Si perchè l'assoluta protagonista di questo action movie è la giovanissima Chloë Moretz nei panni di Hit Girl, una supereroina in miniatura che seguendo le istruzioni del padre (interpretato da un ottimo Nicolas Cage) combatte una banda di potenti criminali. La coppia di eroi della notte si ritrova ad incrociare la via del protagonista, tale Kick-Ass , un giustiziere improvvisato quasi per gioco che si ritrova su tutti i giornali e su internet a causa di una rissa ripresa col cellulare da un gruppo di giovani. Sotto le vesti di tale giustiziere c'è Dave (un'azzeccato Aaron Johnson) giovane un pò emarginato che si chiede come sia possibile che nessuno nella vita reale si metta seriemente a fare il supereroe, lanciandosi nell'impresa con un costume preso su Ebay e prendendo una serie clamorosa di batoste per strada, prima di conoscere i due giustizieri citati poco sopra.  Se guardate il trailer di Kick-Ass, il film sembra parecchio divertente e leggero, e in effetti lo è abbastanza, ma più che il lato comico della vicenda a colpire nel segno sono proprio i combattimenti, grazie alla regia serrata e pulita che mette sempre la quarta senza perdere giri del motore a vuoto, non so se calza la metafora, lo spettacolo c'è ed è roba apprezzabile anche dai fan del miglior Jonh-Woo (peraltro citato nel film). Non aspettatevi dunque un teen-movie, o perlomeno non nella seconda parte del film quando le scene demenziali lasciano il posto alle battaglie tra i buoni e i cattivi, fortunatamente senza fare uscire vincitori i luoghi comuni.

Voto : 8

 
 
 

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Post n°81 pubblicato il 28 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

Sucker Punch (Zack Snyder,2011)

Stroncare l'ultimo lavoro di Snyder sarebbe semplicissimo. In fin dei conti Sucker Punch è uno sfizio che il regista si è voluto togliere dopo due lavori derivativi come 300 e Watchmen, prendendosi la libertà di citare tutto quello che di visionario l'ha ispirato maggiormente e utilizzando un manicomio femminile come palcoscenico. Da Kill Bill a Charlies' angel passando per Ninja Gaiden, Il Signore Degli Anelli, Final Fantasy , Onimusha, Devil May Cry, Killzone, Alice nel Paese delle Meraviglie, Shinobi, Intelligenza Artificiale, Tron, Resident Evil, Wolfenstein, Matrix ed altre icone che potete liberamente aggiungere dopo averlo visto. Su due cose non sono ammesse obiezioni: la sceneggiatura ampiamente criticabile e la capacità del regista di creare quadri action epici ed incalzanti che non hanno eguali o quasi sul pianeta terra. Visivamente in un paio di sequenze d'azione Sucker Punch sfiora davvero il miracolo audiovisivo, merito di un'uso "eccitante" di fotografia e montaggio che, cavalcando l'abusato orpello del ralenty senza slanci eccessivi,riesce ad essere delizia del palato anzichè croce (come in molti action recenti), roba che in blu-ray giustificherà i soldi spesi alla grandissima. Cosa dire alla fetta di pubblico che di tutto quello che ho elencato fin'ora se ne frega allegramente? Che la morale del film è la vita vissuta come campo di sfida, di battaglia. Che non c'e' solo azione (i primi 20 minuti sono un bellissimo incipit emotivo) e che il finale-spiegazione può lasciare di stucco in tutti i sensi, anche negativi. Difficile, proprio difficile non stroncare un film come questo che fa dei deja-vù la sua colonna portante e che rappresenta un contenitore di gnocca per ragazzetti non da poco (Emily Browning e Jamie Chung sono bellissime, e le altre non scherzano mica) davvero difficile non criticare l'utilizzo di pezzi clamorosi come White Rabbit dei Jefferson Airplane o la classica We Will Rock you dei Queen in versioni scialbe cantate da nonsochisia. Cosa posso dirvi? Se avete amato 300 correte, se avete odiato 300 fuggite, se sognavate un 300 con le donne accomodatevi, se avete giocato 300 videogame non abbiate paura e preparatevi a gioire come infanti. Ma attenzione, invece di gioire potreste anche annoiarvi per gli stessi identici motivi, ambiguo no?.  Il voto finale è chiaramente paraculo.

Voto : 7

 
 
 

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Post n°80 pubblicato il 22 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

Nessuno mi può Giudicare (Massimiliano Bruno, 2011)

Inaspettata sorpresa per quanto mi riguarda. Quella che in apparenza pareva una commediola in salsa Zelig sul mondo delle escort in italia, si rivela pungente nel descrivere lo squallore di alcuni confini socio morali del belpaese, divertente nel personaggio protagonista ed efficace persino nei risvolti sentimentali. La bravissima (issima) Paola Cortellesi interpreta Alice, una 35enne con figlio di 9 che vive in un villone a Roma, dal carattere superficiale e razzista. Alla tragica morte del marito imprenditore, a causa di un accumulo di debiti dell'azienda, dovrà giocoforza alzarsi dal divano (e cambiare casa) per pagare il cospicuo debito del defunto coniuge, scoprendo l'umiltà. Trasferita in una terrazza malandata nel quartiere Quarticciolo, decide di esercitarsi nel "mestiere più antico del mondo" su consiglio di una escort professionista. Raccontato da Valerio Mastrandrea (voce narrante) e costruito con un ottimo mix fra satira, comicità e romanticismo, il film presenta un buon campionario di battute anche grazie al simpatico Rocco Papaleo che incarna alla perfezione il vicino di casa retrogrado-meridionale-filoleghista  tipo del nuovo corso italico, con tanto di famiglia ingombrante al seguito.  Raoul Bova veste quelli del gestore di un internet point destinato ad incrociare la vita di Alice, che nonostante le disavventure si ritrova in un piccolo "paese delle meraviglie" traghettando la vicenda verso un Happy Ending che nella realtà difficilmente avrebbe potuto realizzarsi. Possiamo considerarlo il difetto del film? Può darsi, ma i pregi sono dippiù, toh!.

Voto : 7

 
 
 

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Post n°79 pubblicato il 18 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

Dylan Dog (Kevin Munroe, 2011)

Da un grande fumetto derivano grandi responsabilità, via.. Ammettiamolo, le aspettative per un capolavoro non ci sono mai state, specialmente seguendo sviluppo e sventure del progetto (come i diritti negati per il fondamentale personaggio di Groucho), ma sperare almeno in una decente riproposizione dell'indagatore dell'incubo era il minimo. Qual'è il risultato dunque? Un fallimento pressochè generale, dove si salvano solo un paio di scelte di scrittura e qualche simpatica citazione, come i nomi Bonelli e Sclavi associati a personaggi della vicenda. Il problema, anzi la tegola che affligge il film di Kevin Munroe è la scelta del target: che senso ha indirizzarlo agli adolescenti quando tre quarti dei fan del fumetto vanno dai 30 ai 50 anni di età? peraltro il film risulta talmente privo di spessore da non rappresentare un degno esponente del genere nemmeno per i suddetti ragazzini, paradosso reso tale dall'aspetto poco epico delle ambientazioni e degli effetti visivi, che ricordano da vicino un telefilm come Buffy o una commedia come Ghostbusters priva però della carica sarcastica e dei favolosi attori che l'anno reso cult. Analizziamo le singole parti: il Dylan di Brandon Routh è muscoloso e laccato, non ha il viso adatto e nonostante la buona prova dell'attore regala solo sprazzi di vero Dylan mediante i dialoghi, che sono forse la parte più riuscita del film. L'assistente Marcus (Sam Hungtinton) è una pedina fondamentale: riesce a risultare simpatico nonostante sia tutto meno che un degno sostituto di Groucho grazie all'espediente dello humor nero involontario, unica caratteristica del fumetto originale che ho ritrovato con piacere. Il resto è tutto da dimenticare. Non c'è atmosfera, manca la curiosità nei confronti della storia raccontata, la regia non offre nessun tipo di scossa emotiva e i personaggi sono davvero poco incisivi. Pare strano davvero che il regista si consideri un fan, a meno che non voglia invogliare i ragazzini della Twilight generation a recuperare l'albo originale, e anche in quel caso la mossa risulterebbe totalmente sbagliata. Un saluto ai fan come me, rimettiamo nel lettore Dellamorte Dellamore e guardiamolo sotto una nuova luce.

Voto : 4.5

 
 
 

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Post n°78 pubblicato il 14 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

I Ragazzi Stanno Bene (Lisa Cholodenko, 2011)

La serie di film da oscar distribuiti in italia termina con questa commedia, che a dire il vero ha ricevuto 4 nomination senza portare a casa nessuna statuetta. Nomination a dire il vero eccessive, perchè I Ragazzi Stanno Bene, pur essendo indubbiamente interessante e ben recitato, non fa gridare al capolavoro. La storia è quella di una famiglia americana “alternativa” del nuovo millennio, composta da una coppia di lesbiche che vive con due figli, concepiti tramite una donazione di liquido seminale da parte di un uomo. La scossa al quieto vivere della famigliola è causata dalla richiesta da parte dei due figli di conoscere il misterioso padre naturale, un'avventuroso quarantenne scapolo donnaiolo (Mark Ruffalo), che condizionerà l'equilibrio dei quattro conviventi. Ritmo piacevole, soggetto originale e validi interpreti sono gli ingredienti riusciti del film, che poggiandosi sulla stabile base professionale di Julianne Moore ed Annette Bening, entrambe molto brave, riesce a non risultare mai banale o superficiale nonostante la presenza di situazioni che sfiorano il farsesco.  Seppur privo di momenti indimenticabili o particolarmente illuminanti, I Ragazzi Stanno Bene non viene meno ai suoi obiettivi, anche quando nelle fasi finali cerca di rimarcare i lati meno gradevoli di un nucleo familiare inconsueto e fragile con una dose di malinconia, laddove fino a poco prima si sorrideva con leggerezza. Consigliato per la bravura degli attori, per il ritmo più che discreto e per l'anticonvenzionalità della condizione che racconta.

Voto : 7

 
 
 

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Post n°77 pubblicato il 08 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

La Vita Facile (Lucio Pellegrini, 2011)

In apparenza l'ultimo film di Pellegrini sembra il classico filmetto sui missionari in africa che scoprono un nuovo mondo rivalutando l'entità delle proprie piccole problematiche eccetera eccetera.  Sono rimasto piacevolmente colpito invece da come nelle ultime scene venga fornita una cinica chiave di lettura sull'ego di tre italiani che per diverse ragioni si ritrovano a dover fare una scelta di vita e denaro.  Una commedia innanzitutto, non fraintendetemi, che inizia con un viaggio del protagonista Mario (Pierfrancesco Favino) chirurgo di fama che lavora nella clinica privata del padre di Luca (Accorsi) che invece lavora in un piccolo ospedale in Africa. Entrambi in passato sono stati amanti di Ginevra (Vittoria Puccini) ora moglie di Mario.   Il viaggio in Africa porterà Mario a rivedere Luca, lavorando in una struttura povera con la scusa di dare una svolta alla sua vita.  Divertente la prima parte, col personaggio di favino che fatica ad abituarsi ad un territorio senza acqua illimitata, aria condizionata, igiene quotidiano e pareti bianche e linde, scene nelle quali è possibile riconoscersi non senza sorridere.   Dall'arrivo nel villaggio di Ginevra il film prende una piega diversa, iniziano a venire fuori gli scheletri nell'armadio dei tre italiani (persino di Luca che sembrava tutto cuore e sacrifici) scoppia il classico delirio sentimentale e..non voglio scrivervi tutta la trama, ma la parte finale eleva il film da mera commediola dai buoni sentimenti a spietata denuncia dell'egoismo di chi “vive facile”. Un buonissimo film che conferma il talento del regista dopo lo spassoso Figli Delle Stelle, recensito l'anno scorso su questo Blog.

Voto : 7

 
 
 

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Post n°76 pubblicato il 05 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

The Fighter (David O. Russel, 2011)

Dicky Eklund (Christian Bale) è un pugile che ha avuto un discreto successo per poi lasciarsi andare ad una vita di droga e debolezze. Il Fratellastro Micky (Mark Wahlberg) prova a ripercorrere la stessa carriera del fratello, ma una serie di sventure e la presenza della sbadata manager-madre Alice (Melissa Leo, vincitrice dell'oscar) non permettono al pugile il salto di qualità. A dargli man forte sarà la giovane barista Charlene (Amy Adams) con la quale deciderà non senza risvolti burrascosi di intraprendere una carriera priva del fardello dei familiari. The Fighter non è un film sul pugilato in senso stretto, bensì una coinvolgente storia di decadenza e di rivalsa che fa del rapporto tra i due protagonisti il nucleo della vicenda. Appassionante come i primi Rocky seppur privo di lunghi ed epici scontri sul ring, il film vanta un team di personaggi ben tratteggiati, diretti con fermezza dal bravo regista in grado di non rendere l'annunciato sequel oggetto di sbuffi di disapprovazione. Un cast eccellente a partire dal migliore in assoluto, il neopremiato Christian Bale, svincolato finalmente dalle "ingessate" performance nei vari Batman o Nemico Pubblico e perfetto interprete di un uomo in bilico tra follia e lucidità, regalandoci un personaggio davvero strepitoso al punto da poterlo definire il vero protagonista del film, oscar stremeritato insomma. Bravissime Amy Adams e Melissa Leo, bravo Wahlberg a calarsi nel soggetto, buona la sceneggiatura, azzeccatissima la colonna sonora. Un film avvincente e pressochè privo di pecche, se si esclude un velo di trionfalismo nelle parti finali laddove la storia reale da cui si è preso spunto verte su qualcosa di meno piacevole. Tuttavia le emozioni ci sono, il phatos trionfa e non vi è certo modo di creare il distacco emotivo necessario a rintracciare qualsivoglia eccesso di buonismo. Dopo il buon Cinderella Man dunque, il pugilato torna a conquistare gli spettatori con la forza dei sentimenti più che con gli exploit sportivi, e The fighter rappresenta il nuovo punto di riferimento del cinema di questo tipo.

Voto : 8.5

 
 
 

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Post n°75 pubblicato il 01 Marzo 2011 da GiuseppeToki
 

127 Ore (Danny Boyle, 2011)

Dopo il premio oscar per la regia di The Millionaire, Boyle torna al cinema che a mio avviso sa fare meglio ovvero quello d'impatto diretto, quello dei suoi primi film. Si tratta della storia vera di tale Aron Ralston, appassionato di trekking e free climber estremo che, avventurandosi in una sperduta e bellissima landa di canyon, resta intrappolato in un crepaccio a seguito di una brutta caduta rimanendo bloccato per 127 ore appunto, privo di telefono cellulare o radiotrasmittente. Una storia di sopravvivenza, violenza e di delirio che vede nell'interprete James Franco l'assoluto protagonista, autore di una performance eccellente che gli è valsa la meritata candidatura all'oscar come miglior attore (cerimonia appena terminata con la vittoria di Colin Firth per  Il Discorso Del Re). Danny Boyle dirige il film come meglio sa fare ovvero tramite l'uso di un frenetico montaggio, di una regia dinamica fatta di split screen ed effetti da videoclip di serie A e di un'accompagnamento sonoro che rimanda ai fasti di Trainspotting, arricchito da suoni ambientali perfettamente efficaci nel calare lo spettatore all'interno del crepaccio sperduto nello utah. Un riuscitissimo esperimento basato sull'inusuale connubio fra azione frenetica ed irrimediabile immobilità, con un paio di scene di fortissimo impatto che mi sento di sconsigliare caldamente ai soggetti impressionabili, tuttavia vi raccomando la visione del film senza dubbio alcuno, non ci si annoia un nanosecondo ed è possibile assistere a sprazzi di regia davvero sensazionali come quelli della scena del temporale (vedrete).

Voto : 8

 
 
 

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Post n°74 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da GiuseppeToki
 

Il Grinta (Ethan e Joel Coen, 2011)

Se uno come Charles Portis potesse assistere  alla riproposizione ad opera dei fratelli Coen del suo romanzo del 1968, non vi è alcun dubbio che rimarrebbe estremamente soddisfatto. Dopo il semi-western Non è un Paese per Vecchi, i fratelli si cimentano in un rischioso adattamento di "True Grit" centrando l'obiettivo in pieno, con la sicurezza di chi del mestiere è navigato al punto da non provare nemmeno un brivido durante la gestazione del film. Il Grinta rappresenta a tutti gli effetti la rinascita del western, dopo una serie di pellicole riuscite che recentemente hanno riportato in considerazione un tipo di cinema quasi dimenticato negli ultimi 20 anni. La forza del soggetto del lavoro svolto sta nella capacità magistrale dei Coen di personalizzare con un tocco unico ogni tipologia possibile di genere (ad esempio il musical in Fratello Dove sei?) attraverso l'utilizzo di script fuori dal tempo, sempre conditi da una sottile ironia dissacrante spalmata su interpreti scelti su misura per non snaturare eccessivamente l'universo in questione. Mattatore di tale atipico manierismo è il grandissimo Jeff Bridges, che interpreta con enorme carisma il cacciatore di taglie Cogburn, assunto dalla vispa e arguta quattordicenne Mattie (una notevole Hailee Steinfeld) per catturare l'uomo che ha brutalmente ucciso suo padre.  Ad accompagnare il duo un ranger di nome La Boeuf interpretato dall'uomo prezzemolo Matt Demon, anch'egli in cerca del criminale per via di un'altro omicidio. Un viaggio appassionante anche per i non avvezi al genere, grazie ad un susseguirsi di scene cariche di phatos illustrate con un uso magistrale della fotografia, che sfrutta le sfumature dei colori per passare da un "quadro" all'altro, con movimenti di camera mai banali anche quando si tratta di panoramiche fisse. Non aspettatevi un' esercizio di stile emotivamente piatto, i Coen sono caduti in passato in limiti del genere ma non questa volta. Un film di alto livello quindi, da pressochè ogni punto di vista, che consacra Jeff Bridges come attore di serie A, lancia in alto un incisivo Josh Brolin e conferma la bravura dei fratelli dietro alla macchina da presa.

Voto: 8

 
 
 

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Post n°73 pubblicato il 19 Febbraio 2011 da GiuseppeToki
 

The Shock Labyrint Extreme 3d (Takashi Shimizu, 2011)

Appena fatto ritorno nella sua città, un giovane ventenne ha l'occasione per un confronto con gli amici d'infanzia. Subito però cominciano ad accadere fatti strani: una vecchia amica creduta morta quando erano piccoli torna dal nulla, facendo riaffiorare traumi e ricordi. Il mistero che la circonda sarà l'occasione per tutti di rimettere piede nel labirinto di un parco giochi, attrazione abbandonata da moltissimo tempo, nel quale era successo il fattaccio. Shimizu è il capostipite di quello che nel 2000 fu un vero e proprio movimento stilistico aperto da piccoli capolavori come Ju-On (The grudge) o Marebito, piccole perle horror in grado di incudere ansia senza l'utilizzo del sangue, come negli anni a seguire hanno dimostrato maestri anche più anziani come Takashi Miike. Purtroppo The Shock Labyrint extreme risulta appena interessante solo dal punto di vista dell'intreccio, peraltro non entusiasmante. Di problemi il film ne ha in quantità, a cominciare da un 3d che invece di dare profondità e spessore orrorifico concede momenti di ridicola messa in scena dello spavento, provocando risate involontarie, proseguendo con un cast capitanato da attori che vanno dal mediocre all'appena discreto, finendo con una regia ben al di sotto degli standard del giovane regista. Non c'è niente da fare, il meccanismo alla The grudge fatto di spiriti di ragazzi defunti, angoli di corridoi bui e artifizi sonori volti ad accrescere l'ansia lentamente non funziona più, serve decisamente un nuovo innovatore (magari lo stile di I Saw The Devil di Woon-kim?) qualcosa che permetta al genere di tornare a spaventare per davvero, magari facendo a meno di questo oggetto del mistero che è la tecnologia 3d. Delusione.

Voto : 4.5

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Il Padre e lo Straniero (Ricky Tognazzi, 2011)



Una storia furbamente sociale raccontata fortunatamente con delicatezza, quella tra due padri con in comune un figlio disabile che si scoprono amici nonostante le diverse usanze-costumi. Un italiano (Alessandro Gassman) ed un marocchino (Amr Waked), ben presto troveranno sulla loro strada un'intoppo enorme che graverà sulle loro vite, intoppo riconducibile alla vita "segreta" di Walid, apparentemente conducente di un'esistenza ferma e responsabile.
Luoghi comuni in abbondanza nella prima parte (del genere siamo diversi ma ci vogliamo bbene) sorretti dalle buone interpretazioni dei due protagonisti e dal buon senso della misura nei confronti del problema della disabilità infantile, seguiti da una struttura thriller che emerge nella seconda metà del film, che grazie ad un paio di colpi di scena mette pepe e mistero alla vicenda, a partire dall'ingresso in scena di Leo Gullotta peraltro sorprendentemente azzeccato nella parte di capo dei servizi di sicurezza, diciamo che poteva evitare quel porcaio del bagaglino concentrandosi sul cinema e sul teatro, ecco.
Ad ogni modo, è proprio questa differenza marcata fra due anime (commedia e thriller)a non rendere come dovrebbe, diciamo che manca la fluidità necessaria nell'amalgamarne i nodi principali. Il risultato finale è un film che si lascia guardare ma privo di momenti da ricordare il giorno successivo.

Voto : 6

 
 
 

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Post n°72 pubblicato il 18 Febbraio 2011 da GiuseppeToki
 

Il Cigno Nero (Darren Aronofsky, 2011)

Se c'è un film che ha sfiorato davvero il dieci in pagella in questi due anni di Cronache di Toki è senza dubbio The Black Swan. Dopo lo splendido The Wrestler, Aronofsky torna a colpire duro e questa volta lo fa attraverso la prospettiva femminile, grazie all'impiego  di una Natalie Portman strepitosa nei panni della ballerina protagonista, la fragile Nina. I risultati sono addirittura più impressionanti rispetto al dramma interpretato da Mickey Rourke per merito di tre fattori: la prova degli attori, le straordinarie musiche e la rischiosissima scelta di approcciare i traumi della ragazza con venature horror. Un rischio enorme che avrebbe potuto portare al classico effetto "comico involontario" e che riesce invece a marchiare a fuoco il pubblico, erigendosi ad autentico valore visivo ed emotivo aggiunto, rendendo lo spettatore morbosamente partecipe dell'incubo interiore vissuto dalla protagonista. Ma facciamo un pò di chiarezza sulla storia, invero assai semplice: Nina è una giovane ballerina fragile e ipersensibile, con una madre iperprotettiva che la ritiene ancora una bambina. Nel corpo di ballo di cui fa parte, guidato dal carismatico Thomas (Vincent Cassel) si prepara l'esecuzione dell'atteso spettacolo Lago dei Cigni e Nina viene selezionata per la parte più importante. Nonostante una tecnica perfetta, la giovane manca della scioltezza e della sensualità necessaria al passaggio stilistico dal Cigno bianco al Nero, ed è a causa di tale lacuna che l'ossessione nei confronti della parte sfocia in serio delirio compulsivo. Graffi sul corpo, visioni surreali, deliri oscuri proprio come il lato dell'io che stenta a fuoriuscire da dentro, una storia basata sul conflitto tra quello che siamo realmente e quello che non riusciamo a tirar fuori per essere chi vorremmo. L'abilità migliore di Darren Aronofsky è quella di tenere il pubblico in costante tumulto emotivo nei confronti dei personaggi (come non citare Requiem For a Dream?) sviluppando una simbiosi psichica che lascia di stucco per catarsi e costante senso d'insicurezza. Il Cigno nero punta tutto sul concetto doppio: dal bianco-nero agli specchi, alla personalità doppia non solo di Nina, ma della sua amica, di Thomas, di sua madre persino. Simbolismi utilizzati senza esagerazioni proprio come l'impianto horror, mai preponderante e sempre credibile, come la regia imperfetta quasi a voler far parte della vicenda stessa, un dramma clamorosamente esaltato da musiche eccezionali che culminano in un finale da brividi e pelle d'oca. Difficile scordarsi di un film come questo, poco ma sicuro.

Voto : 9.5

 
 
 

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Post n°71 pubblicato il 15 Febbraio 2011 da GiuseppeToki
 

Burlesque (Steve Antin, 2011)

Nato in inghilterra verso la metà del 1600, il fenomeno Burlesque ha modificato negli anni la sua natura prettamente satirica e polemica migrando verso lidi più consoni al costume popolare, sposando lo spettacolo sexy dapprima e la rappresentazione pop allo stato odierno.  Il film omonimo non si preoccupa minimamente di affrontare le radici dell'universo in questione, limitandosi a proporre la classicissima parabola pop della giovane talentuosa di provincia che a suon di personalità e numeri da vendere scala i piani del successo uscendo dalla semipovertà. La Popstar Christina Aguilera si rivela una scelta errata dal punto di vista della prestanza professionale al servizio della scrittura vera e propria, ma d'altra parte il film è un sontuoso videoclip con risvolti sentimentali, più che un film con una trama degna di tale dicitura. L'altra nota e più attempata cantante Cher (che di norma non sopporto) veste più che dignitosamente la parte della coordinatrice del locale teatro degli eventi, riuscendo persino a cantare una canzone molto bella (You heaven t'seen the last of me), in corsa per la vittoria del premio oscar. Da segnalare inoltre la presenza di Stanley Tucci e di Peter Gallagher nei panni dei collaboratori alla gestione del locale, giusto per ricordare che sì, receitano anche veri attori. Dunque riassumendo: trama di una banalità ovvia e meno emotiva di altre pellicole analoghe, scenografie e costumi discreti, qualche bel brano musicale e una corposa dose di sensualità che farà la gioia di molti maschietti, o perlomeno che eviterà sbadigli a ripetizione. Un'esperimento in prevalenza fallito, ma sufficiente dal mero punto di vista musicale grazie ad alcuni sipari interessanti.

Voto : 5.5

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Gianni e Le Donne (Gianni di Gregorio,2011)

Mmmmmh... Non v'è alcun dubbio che l'esperimento un pò fuori dai canoni registici del buon Di Gregorio porterà Gianni e le Donne a riscuotere ottimi consensi di critica, ma vedere in questi periodi un racconto riassumibile cinicamente in un "storia di un vecchio arrapato in cerca di carne fresca ma privo di forza sessuale" non restituisce ad una mente occupata da tristi vicende politiche la lucidità necessaria ad affrontare una commedia originale e alquanto sottile come questa. Il protagonista, un pensionato interpretato dallo stesso regista, vive con una moglie totalmente avulsa da qualsivoglia sentimento (escludendo la compassione) occupandosi inoltre della vecchia e svampita madre sprecona e viziata, cercando come molti uomini della sua età di riempire le giornate. Ossessionato dalle belle ragazze e dalla mancanza di quell'appeal posseduto fino a pochi anni prima della pensione, farà la spola come trascinato da una corrente fra ex compagne ancora in forma, vicine di casa scapestrate, vecchie amiche della madre rompiscatole e amici ossessionati dal viagra e dal sesso. Fortunatamente il personaggio disegnato da Di gregorio viene tratteggiato con delicatezza e sottile tragicomicità alla Woody Allen, risultando perlopiù vittima dei suoi stessi limiti, a differenza del capo del governo (credetemi, vi verrà in mente il paragone) specialmente in una scena finale particolarmente riuscita che schiarisce un'ora e mezza di perplessità con il diretto intento del regista. Per molto Gianni e Le Donne sarà la piccola gemma del cinema italiano di inizio anno, per il sottoscritto si tratta di un'occasione sprecata nonostante un pugno di momenti riuscitissimi.

Voto : 6

 
 
 
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