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La donna e l'oppressione coloniale

Post n°473 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Guerrino35

www.resistenze.org - popoli resistenti - senegal - 22-06-15 - n. 549

La donna e l'oppressione neocoloniale

Guy Marius Sagna* | afriquesenlutte.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

08/06/2015

Si racconta che Napoleone rimproverò una sua compatriota sul fatto che si occupasse di politica; ella gli rispose: "Sire, in un paese nel quale le donne sono condannate a morte è perfettamente naturale che vogliano sapere il perché". Cari compatrioti, in questo Senegal dove le donne sono la maggioranza di quel 46,6% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà, dove sono la maggioranza di quel 50% di quindicenni non alfabetizzati, dove 392 di esse sono costrette a morire ogni 100.000 parti, dove ci sono appena due ostetriche ogni 1.000 partorienti – molto lontano dagli standard OMS, che ne raccomanda sei ogni 1.000 nati vivi - dove ogni giorno 93 donne – più di 33.000 all'anno - piangono la morte di un loro figlio con meno di cinque anni, dove quando nascono non possono sperare di vivere più di 59 anni – 10 anni in meno della media mondiale - ... è perfettamente naturale che qualcuno si chieda "perché?". Il destino ha riservato alla donna senegalese due bocconi amari: essere nata in un paese semicoloniale ed essere nata donna.

Essere nata in un paese semicoloniale

La verità è che non c'è nulla da esser fieri. La situazione del Senegal è grave. Per fare una dialisi non si hanno a disposizione che tra i 40 e 50 macchinari, mentre in altri paesi con una popolazione simile, la dotazione di questi macchinari è tra i 560 e i 600. Il Senegal vuole aumentare la sua produzione di sementi certificate dal 12 al 25% da qui al 2017. Nella regione di Sedhiou, 116 villaggi su un totale di 924 dispongono dell'elettricità, cioè il 12,6%. Ed il 40% delle aule scolastiche è situato in ambienti precari, cioè 1.666 su un totale di 2.996 aule.

In questo contesto, è possibile vedere una minoranza di senegalesi, servitori della maggioranza, condurre le stesse automobili con le quali si muovono i ministri e i deputati di paesi con un PIL altissimo o che posseggono ville, fortune, salari e fondi neri che fanno impallidire di invidia molti dei paesi sviluppati; uno scandalo. Infine, questo stato di cose, nonostante il frastuono fatto sulla buona gestione, è la condizione affinché questa minoranza accetti di percorrere la via del tradimento anti nazionale.

Il personaggio di Ousmane Sembène, Guelewar, sarebbe ancora più abietto di fronte al regalo fatto venerdì 13 febbraio 2015 di 2,3 miliardi di franchi CFA del Giappone al Senegal per l'acquisto di 8.000 tonnellate di riso nel quadro di un programma di aiuto alimentare. O di fronte, lo stesso giorno, all'incasso, dal Senegal, di una donazione di 1,2 miliardi di franchi CFA per l'elettrificazione solare di 120 centri di salute nel quadro del progetto di miglioramento delle prestazioni del settore sanitario in ambiente contadino. Che cosa dire allora – più di recente - delle 10.000 tonnellate di medicine del re [del Marocco] Mohamed V?

Il colono francese, quando fu concessa l'indipendenza, piazzò alla testa del Senegal quelle e quei nostri concittadini che non avevano mai pronunciato prima la parola "indipendenza" e la fuggivano appena la sentivano. Tutto questo con l'obiettivo di facilitare l'impresa di saccheggio e dominazione del nostro popolo attraverso politiche liberali. Questi concittadini per i quali il tradimento risultava redditizio si sono affannati per mantenere il potere per tutto il tempo che fosse possibile, fino ai nostri giorni. Il Senegal degno, con le sue battaglie vinte, ma senza aver mai vinto la guerra, non ha smesso mai di lottare per il [partito] "Mom Sa Rew" nonostante le angherie, le marginalizzazioni, gli assassinii... Ecco perché queste politiche neoliberali, ieri piani di adeguamento strutturali (PAS) e oggi accordi di partenariato economico (APE), come anche altri meccanismi come il franco CFA, sono stati imposti al nostro popolo con la complicità del Senegal indegno.

Sono queste politiche che privano il nostro popolo delle risorse necessarie per avere sufficienti ostetriche, pediatri, ginecologi, infermieri, infrastrutture sanitarie, personale e strutture educative; industrie e un mercato nazionale per queste; sufficienti macchinari per l'agricoltura e sovvenzionamenti per la popolazioni contadine...

Sono queste politiche che si accaparrano il settore bancario ed altre aree strategiche. Che privano il nostro popolo della sua terra e delle sue risorse alieutiche... anche del suo oro. Il presidente della repubblica del Senegal ha appena riconosciuto che "noi non possediamo più del 3 % dell'oro che si estrae nel nostro paese." La stessa cosa accadrà col petrolio che si è appena scoperto, finché il Senegal indegno sarà al potere. Il capitale a scapito del lavoro! L'attività africana di Bolloré è, secondo Capital.fr, di gran lunga la più proficua del gruppo, rappresenta solo il 25% del giro di affari, ma produce l'80% dei profitti; per i popoli africani implicati, è tutto tranne che il paese della cuccagna. Senza una vera sovranità, la crescita economica non si trasformerà mai nello sviluppo dei popoli".

Il 6 maggio 2015, durante la cerimonia di riabilitazione del programma "Jangando" per la regione di Dakar, l'ispettore accademico di Dakar disse: "stiamo ritornando ad assumere ad un minore costo". Allo stesso modo che i senegalesi nelle piroghe del 2006 o nelle bagnarole nel 2015 sono la dimostrazione di un Senegal raggiunto dalla Nuova Politica Industriale, la Nuova Politica Agricola ed i Piani di Adeguamento Strutturale, antenati degli Accordi di Partenariato Economico. Un chilometro di pista costa tra i 20 e i 25 milioni; un ospedale ben equipaggiato,1,5 miliardi; un magazzino di stoccaggio costa 80 milioni; un insegnate ed un ginecologo costano... Queste politiche ci privano di risorse che ci permetterebbero di fare di fronte alle necessità del nostro popolo. Come avere risorse sufficienti quando i telefoni, l'acqua, la ferrovia... sono privatizzati? Privatizzazioni imposte dal FMI e dalla Banca Mondiale. Privatizzazioni di cui beneficiano le multinazionali del Nord.

Per illustrare questo, ritorniamo al caso della regione di Sedhiou. Prima del consiglio di ministri decentrato realizzato a Sedhiou, le necessità di investimento si stimavano in 856 miliardi di franchi CFA. Il primo ministro informa che lo Stato e i suoi partner hanno già individuato 137 miliardi (c'è dunque un gap di 719 miliardi). Ma il costo dell'urgenza è valutato 356 miliardi di franchi CFA (secondo Nfaly Badji, direttore del ARD di Sédhiou, in Le Soleil di martedì 24 febbraio 2015). Il consiglio dei ministri decentrato del 25 di febbraio 2015 annuncia un'estensione di 13 miliardi effettuata da Macky Sall ai 187 miliardi portati in bilancio dal consiglio interministeriale la vigilia. Cioè 200 miliardi d'investimento nel quadro di un programma speciale d'investimenti pubblici 2015-2017. In seguito si viene pubblicamente a conoscenza che ci sarà un programma triennale 2018-2021 che prenderà la staffetta dei grandi investimenti.

Questo è altrettanto vitale per il resto delle regioni senegalesi, come quella di Kaffrine. Per modernizzarsi, questa regione deve realizzare un programma di 344.431.664.403 F CFA. . Solo 19.745.250.252, cioè il 6% dell'importo, è già pronto da parte dello Stato e dei suoi partner, ha detto il governo.

Per la campagna agricola di questo anno, il governo ha informato che sovvenzionerebbe 13.000 seminatrici, 1.040 zappe occidentali e 650 zappe cinesi. Ci sono 14.958 villaggi in Senegal. Nel settore dell'agricoltura, la politica di oppressione contro il popolo senegalese in generale e in particolare del suo settore contadino, fornisce 0,869 seminatrici per villaggio, 0,069 zappe occidentali per villaggio e 0,043 zappe cinesi per villaggio. Queste quantità infinitesimali raddoppiate dalla mancanza di controllo dell'acqua, conseguenza sempre dell'oppressione neocoloniale del Senegal, in un anno di scarse piogge come è stato 2014, hanno come conseguenza 1,5 milioni di senegalesi in situazione di insicurezza alimentare a giugno 2015; una situazione che rivela la tragedia del mondo rurale senegalese, della donna contadina del Senegal in particolare.

Queste politiche colpiscono indistintamente tutti i senegalesi, non importa quale sia il loro sesso, né la loro età. È per questo motivo che spetta a tutti i senegalesi, senza distinzione di sesso ed età, il compito di liberare il nostro paese dalla dominazione di un sistema che c'impone una situazione tragica segnata in particolare da un gap da colmare di 4000 ostetriche e dove solo il 59% dei parti è assistito da personale medico qualificato.

"Se sentite le vostre catene, siete già per metà libere"

Attualmente, l'interesse dei popoli del Senegal e dell'Africa esige, con una forza particolare, l'entrata delle donne nelle fila organizzate del paese e del continente degno, per la liberazione del Senegal e dell'Africa. Questo compito sarà realizzato con più facilità nella misura in cui le donne vi prenderanno parte; la parte più importante, la più cosciente e la più volontaria.

Dato che le organizzazioni antimperialiste pretendono di prendere il potere, è pericoloso non agire sulle masse inerti delle donne non preparate nel movimento come quello delle casalinghe, delle impiegate, delle contadine... carenti nel concetto di collaborazione e non affrancate dai pregiudizi e non legate da un vincolo qualunque al gran movimento di liberazione che è l'antimperialismo. Le donne senegalesi che non partecipano a quel movimento costituiscono inevitabilmente un appoggio all'imperialismo ed ai suoi collaboratori ed un obiettivo per la loro propaganda semi coloniale. La mancanza di coscienza delle donne può svolgere un ruolo negativo nella lotta del nostro popolo contro l'imperialismo ed i suoi effetti.

Tutto quello che abbiamo appena detto è il compito immediato delle donne eredi di quelle di Nder: estendere l'influenza dell'antimperialismo ai vasti strati della popolazione femminile del Senegal e sottrarre le donne dall'influenza delle concezioni imperialiste e dall'azione dei partiti collaborazionisti per fare di esse autentiche combattenti per la liberazione totale della donna.

Quello che l'antimperialismo darà alla donna, in alcun caso potrà darlo il movimento femminile collaborazionista. Finché il Senegal è oggetto della dominazione, la liberazione della donna è impossibile.

La parità non elimina la sovranità imperialista

Qualsiasi relazione ed appoggio della donna antimperialista al femminismo pro imperialista non fa che indebolire le forze per l'indipendenza e ritardare la rivoluzione antimperialista, vale dire, la liberazione della donna. Libereremo Senegal ed Africa con l'unione nella lotta di tutte le donne e gli uomini antimperialisti e non con l'unione delle forze femminili appartenenti ai due campi opposti (anti e pro imperialisti). Di fronte alla questione nazionale, la questione di genere passa in secondo piano.

La lotta della donna contro la sua doppia oppressione, l'imperialismo e la dipendenza familiare e domestica, sono una lotta degli antimperialisti di entrambi i sessi contro l'imperialismo e per l'emancipazione delle donne.

Le radici dell'oppressione delle donne senegalesi sta in primo luogo nell'imperialismo. Per finire con questa oppressione è necessario un nuovo ordine sociale: un Senegal liberato dall'imperialismo.

Ciò ci porta ad interrogarci sulla parità uomo-donna nelle funzioni elettive senegalesi. Che cosa è cambiato nella gestione dei comuni senegalesi dal 29 giugno 2014, data delle prime elezioni municipali nelle quali si esigeva la parità di genere (sorta di quote rosa ndt) nella costituzione delle liste dei candidati? È differente il Consiglio Socioeconomico ed Ambientale da quando alla sua testa si trova una donna? Esiste un'assemblea nazionale senegalese di rottura sul fatto della parità nella costituzione delle liste di candidati durante le elezioni legislative del 2012? Le 33.000 donne che ogni anno perdono il loro figlio di meno di cinque anni, che perdono i loro figli o i loro mariti nelle fosse comuni del Mediterraneo ed altri mari o nel deserto come conseguenza delle politiche neoliberali o quelle comprese nel 46,6% che vivono sotto la soglia della povertà...

La parità è la loro priorità? Nello stesso modo in cui la borghesia fuorvia il popolo tentando di ricongiungerlo sotto la sua bandiera, allo stesso modo la borghesia e la piccola borghesia femminile si sono prese gioco delle grandi masse di donne riconducendole al loro ordine del giorno piccolo borghese.

La maggioranza delle donne senegalesi, ognuna nella sua capanna, pensa di alleviare il suo lavoro domestico, di avere accesso all'acqua, anela di potere lavorare fuori della sua casa... Mentre le altre, nei loro palazzi, sognano la partecipazione al parassitismo delle nostre risorse.

Nel quadro attuale, la lotta per la parità non può essere assimilata alla consegna leninista "Ogni cuoca deve imparare a dirigere lo Stato", lanciata in un contesto come quello russo nel quale era necessario attrarre le donne russe, anche quelle più arretrate, alla vita pubblica per i soviet. Qui quello che si insegna a fare è come imbrogliare i propri mandanti, cioè il popolo.

Cambiamo la situazione economica e sociale della donna senegalese e questa sarà emancipata. Non permettiamo che le donne piccolo borghesi accedano ai posti elettivi e che esse si integrino nella burocrazia borghese mediante l'accesso ai mezzi di arricchimento personale come i loro compagni maschili. Non è necessario reinventare G.Deville le cui parole suonano tanto adeguate: "(...) non intraprendiamo oggigiorno una campagna per l'ammissione delle donne ai diritti politici e di conseguenza la fantasia della candidatura femminile non ci conti tra i suoi sostenitori, benché, nei gruppi del partito operaio le donne hanno la più completa uguaglianza con gli uomini? Sapendo che il diritto al suffragio non è la strada verso l'emancipazione umana, non possiamo perdere un tempo prezioso nella persecuzione di un obiettivo che, per impossibile da raggiungere, è incapace di migliorare la situazione della donna. Per essa e per coloro i cui sforzi andrebbero persi, sarebbe un'altra delusione che si sommerebbe alla lunga lista di delusioni provocate dal suffragio universale; benché, in questo caso, la responsabilità cadrebbe interamente su chi si fosse abbandonato ad un sentimentalismo per niente riflessivo. L'emancipazione femminile è subordinata alla trasformazione economica; solo lavorando per questa trasformazione si farà qualcosa per la liberazione dalla donna. Agire è altrimenti, coscientemente o no, farsi complici di deviazioni dannose agli interessi che si pretende di difendere."

Allo stesso Deville chiederemo in prestito l'immagine. Così, infatti, come il malato ha del suo dolore una nozione più esatta del medico che lo cura, la donna ha più che tutto un'idea precisa delle privazioni che patisce, appena si tratta del rimedio da applicare, le donne, in quanto donne, non sono più atte ad indicare la soluzione della questione sociale, come i malati a diagnosticare il trattamento adatto; quando esiste, la loro competenza in questa materia proviene da studi speciali e non dal loro sesso di donne. Che siano un uomo o una donna (o un giovane) che sia eletto sotto la bandiera della collaborazione imperialistica, il risultato sarà lo stesso. La candidatura femminista in Senegal, in quanto è solamente la candidatura di una donna, è un'illusione. Occorre, oggi nel Senegal dominato, una candidatura anti imperialista. E per ciò bisogna scegliere dei candidati in virtù dei servizi che possono fare in termini di rottura e non del loro sesso o della loro età.
Cabral lo diceva già: il "nostro partito e la lotta dovrebbero essere dirette ai migliori figli e figlie del nostro popolo." E' lo stesso per i comuni e l'assemblea nazionale... quando gli antimperialisti avranno conquistato il potere.

Essere nate donne

Nella rubrica "Faits divers" ci parlano di una storia che si svolgea Yang-Yang. Quella di Taubel una donna uccisa, il 1° giugno 2015 da suo marito. Le avrebbe tagliato la carotide e reciso la spalla ed il ginocchio destri. Il 5 giugno, ci parlano di Fanta, questa volta a Goudiry che era stata picchiata da suo marito e dopo pugnalata. Questi atti di violenza, come altri praticati contro donne senegalesi sono lungi dall'essere fatti diversi. È il destino di molte donne senegalesi solo per il fatto di essere donne.

Nel 2014 si sono registrati 3.600 casi di violazione in Senegal. Potremmo parafrasare Angela Davis: La violenza deve ricordare alla donna l'immutabilità essenziale della sua femminilità. Nella società fallocratica senegalese, la parola "donna" continua a significare passività, accettazione, debolezza, rassegnazione, inferiorità. Essere umano di una dignità inferiore a quella dell'uomo e del cui corpo l'uomo può impadronirsi.

L'oppressione delle nostre compatriote per il fatto della loro condizione femminile è tale che il loro corpo non gli appartiene. E' ciò che conferma l'ultima indagine demografica e di salute continua (Eds-c). Il 25% delle donne tra i 15 e i 49 anni dichiara di avere subito l'escissione del clitoride .

L'uso dei contraccettivi è aumentato di otto punti tra il 2010 e il 2014, cioè, è passato dal 12 al 20,3 %. La maggioranza delle donne non può utilizzare metodi contraccettivi senza il permesso del marito. Allora, l'interruzione volontaria della gravidanza? I custodi del tempio fallocratico vegliano.

Un'altra immagine dell'oppressione che vivono le donne senegalesi è che l'80 % di esse non ha accesso diretto ai beni immobili. Solo il 20 % delle donne possiede un titolo regolare di proprietà della propria terra. A questo è necessario aggiungere che la superficie media degli appezzamenti sfruttati da un uomo senegalese gira intorno ai 6,9 ettari, mentre quelle delle donne è intorno ai 3,4 ettari.

È impossibile non ricordare questo altro pernicioso esempio della doppia oppressione delle nostre sorelle e madri rappresentata dalla pratica che consiste nello sbiancarsi la pelle generalmente chiamato "xeesal.". Il 50 al 60% delle senegalesi si dedicano al "xeesal". Un vero problema di salute pubblica. Alcune dei nostri compatrioti non dubitano e dicono con orgoglio: "Io la cosa unica che faccio è il leral." Due oppressioni contemporaneamente: razziale e fallocratica. Oltre alla lotta condivisa col resto dei senegalesi, le senegalesi hanno rivendicazioni specifiche.

Nella società che vogliono edificare i progressisti senegalesi, la donna è uguale all'uomo. È per questo che una lotta risoluta che si libera dalle teorie e dalle pratiche che mettono la donna su un piano di inferiorità continuerà ad essere condotta.

La trasformazione sociale del Senegal passa attraverso la liberazione dai legami con l'imperialismo; se non sarà così, non sarà possibile. Parallelamente, apostrofiamo i più audaci come lo fece così bene Sojourner Truth: "Piccolo signore in nero, laggiù, si dice che le donne non possono avere gli stessi diritti degli uomini perché Cristo non era una donna. Da dove viene il cristo? Da dove viene il vostro Cristo? Da Dio o da una donna? L'uomo non ha niente a che vedere con lui!". E se non sono disposti a capire, aggiungiamo: "Se la prima donna creata da Dio ero tanto forte da rovesciare il mondo ella sola, le donne dovrebbero essere capaci di tornare a metterlo diritto!". Non lavorare per l'emancipazione della donna equivale a mutilarsi. È la stessa cosa decidere di usare una sola gamba invece di tutte e due. Ma il Senegal andrebbe molto più rapidamente con due gambe che con una. La rivoluzione antimperialista anche. Di qui tutta la precisione di Sankara quando dice: "La rivoluzione e la liberazione della donna vanno insieme. E non è un atto di carità o uno slancio d'umanesimo parlare dell'emancipazione delle donne. È una necessità fondamentale per il trionfo della rivoluzione. Le donne sono l'altra metà del cielo". Questa metà, gli antimperialisti dei due sessi la conquisteranno insieme.

In un Senegal liberato, libereremo la donna poiché ogni azione contro l'oppressione neocoloniale è un progresso che allevia la situazione della donna. Incorporiamo la maggioranza delle donne senegalesi alla lotta contro l'oppressione neocoloniale. Esse costituiranno l'esercito decisivo che cambierà i fondamenti del Senegal. E si dirà di loro più di quello che si disse delle donne russe, cinesi, cubane, algerine, sudafricane... O anche ciò che un osservatore borghese della comune scriveva nel 1871 in un diario inglese: "Se la nazione francese fosse composta solo di donne, che terribile nazione sarebbe!".

Dakar, 7 giugno di 2015

Riferimenti bibliografici:

Femmes, race et classe, Angela Davis, 1981

La femme et le communisme, Jean Freville, Janvier 1950

La propagande parmi les femmes, IIIe congrès Internationale Communiste, Juin 1921

* Guy Marius Sagna è coordinatore della coalizione nazionale "Non aux APE Sénégal"
 
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