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AFRICA: le mani sui terreni agricoli africani

Post n°470 pubblicato il 12 Febbraio 2015 da Guerrino35

Africa: Gli agro-imperialisti fanno man bassa di terreni agricoli

Lyès Menacer | michelcollon.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/01/2015

Il continente africano, che possiede da solo un quarto delle terre fertili mondiali, concentra il 41% delle transazioni fondiarie, su un numero totale di 1.515 transazioni nel mondo, secondo una recente relazione dell'ONG ActionAid International datata fine maggio 2014. "Dal 2000, più di 1.600 transazioni su larga scala sono state documentate, su una superficie totale di 60 milioni di ettari", ha dichiarato l'ONG che ha precisato che "è probabile anche che un buono numero di acquisizioni di media o grande portata rimangano ad oggi non documentate, né quantificate". Questa relazione di una ventina di pagine intitolata "La Rapina delle terre: come il mondo apre la via agli accaparramenti delle terre da parte delle imprese" ci rivela infatti l'ampiezza di questo fenomeno che minaccia non soltanto la sopravvivenza di milioni di persone nel mondo, ma anche gli ecosistemi, le foreste e le specie animali in pericolo di estinzione.

L'ONG si è enormemente interessata all'Africa, poiché questo continente è diventato la nuova attrazione delle multinazionali, dei fondi pensione e dei grandi gruppi agroalimentari che hanno acquisito, con le complicità dei governi locali, milioni di ettari di terre coltivabili.

Anche gli Stati si sono messi a comperare le terre fertili, per soddisfare i loro fabbisogni alimentari e produrre biocarburanti. L'Arabia Saudita, il Qatar, l'India sono spesso citati nelle relazioni di queste ONG, che tirano in ballo anche le grandi potenze come gli Stati Uniti, alcuni Stati membri dell'Unione europea (Francia, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi) e, da qualche anno, la Cina, che vuole avere la sua parte in Africa per soddisfare la sua domanda interna. Nell'Africa subsahariana, regione insicura e a forte instabilità politica, l'accaparramento delle poche terre fertili è stato realizzato dalle autorità che hanno privato migliaia di contadini della loro principale risorsa di sopravvivenza.

Il sequestro delle terre è stato facilitato dall'assenza degli atti di possesso che questi contadini non hanno mai potuto far valere, in una regione in cui i beni sono gestiti dai capi tribù.

Stati in guerra, paese da vendere?

Nell'Africa subsahariana, il 10% di queste terre coltivabili è registrato nei registri ufficiali. Sotto la copertura del rilancio dell'agricoltura per sradicare la carestia che sconvolge regolarmente la vita di milioni di persone in questa zona arida, i governi locali hanno ceduto quasi ad un prezzo simbolico centinaia di migliaia di ettari ai produttori di biocarburante. Questo fatto è stato denunciato da numerose ONG, tra le quali Grain che è costantemente oggetto di attacchi da parte di alcuni paesi acquirenti di queste terre.

È facile constatare che i paesi indicati come quelli che si fanno passare per investitori sono gli stessi che attualmente sono scossi dai conflitti politici e dalle guerre etniche e religiose. Si può citare il Sudan del Sud, la Repubblica Democratica del Congo (RDC o Congo-Kinshasa), il Sudan, la Sierra Leone, il Mozambico, la Liberia, la Tanzania, il Kenia, lo Zimbabwe, la Nigeria e la Repubblica Congolese (Congo-Brazzaville). L'Isola Rossa (il Madagascar) che ha vissuto una crisi politica nel 2009, dopo una protesta contro la vendita di 300.000 ettari di terre all'impresa sudcoreana Daewoo, resta un obiettivo dei predatori di terre fertili.

In altre parole, oltre alla guerra per il controllo dei giacimenti petroliferi e minerari in questi paesi, un'altra guerra si svolge lontano dagli sguardi e dalle curiosità dei media, che spesso vedono nella rivolta dei poveri in Africa soltanto delle violenze tribali per lo sfruttamento delle fonti d'acqua e delle zone di pascolo. Tuttavia, decine di persone, tra agricoltori ed allevatori, subiscono la repressione dei propri governi, che li cacciano a colpi colpi di polvere da sparo e di bulldozer dai territori che occupano da secoli. Territori che non sono soltanto spazi di vita economica, ma di culture ancestrali. Le sommosse della fame che hanno scosso Maputo nel 2010 non hanno impedito dal governo di cedere 6,6 milioni di ettari agli Stati Uniti ed a società straniere. Il Mozambico dispone di 36 milioni di ettari di terre coltivabili, cioè il 46% del suo territorio, di cui soltanto il 10% è sfruttato.

Anziché approntare una politica agrario-alimentare che garantisca la sicurezza alimentare, il governo Maputo preferisce cedere le sue terre all'industria distruttiva dei biocarburanti. Nel frattempo, secondo le cifre ufficiali delle ONG dell'ONU, il 40% dei mozambicani soffre di malnutrizione.

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) non ha fatto eccezione, poiché il 50% delle sue terre fertili è passato sotto il controllo di paesi stranieri e delle imprese internazionali che sono più interessate dallo sfruttamento il sottosuolo che all'agricoltura, senza pagare tasse o diritti.

E quando devono pagare, le somme sono irrisorie e vanno per lo più a vantaggio dei membri del clan al potere. È il caso anche della vicina Repubblica congolese, che ha ceduto il 46% delle sue terre fertili agli stessi predatori che sono alla ricerca di ogni porzione di terreno coltivabile, che sia per l'industria agroalimentare o per nutrire la popolazione del paese acquirente, come nel caso dell'Arabia Saudita e del Qatar, due paesi desertici che importano tutti i loro prodotti alimentari. Questi due paesi hanno acquisito, al prezzo della repressione condotta dal governo di Addis-Abeba contro i contadini e gli allevatori, decine di migliaia di ettari per soddisfare la loro domanda interna di frutta e verdura. Le denunce dei massacri orchestrati dall'esercito etiopico per dissodare il terreno "agli investitori" sono rimaste lettera morta.

Chi sono gli acquirenti?

"Gli Stati Uniti sono all'origine della maggior parte degli investimenti portati a termine (7,09 milioni di ettari), seguiti dalla Malesia (3,35), dagli Emirati Arabi Uniti (2,82), dal Regno Unito (2,96), dall'India (1,99), Singapore (1,88), Paesi Bassi (1,68), Arabia Saudita (1,57), Brasile (1,37) e Cina (1,34)". Tutti questi paesi sono presenti nel documento reso pubblico da ActionAid International, che cita Land Matrix, un organismo indipendente che dispone di un ricco archivio delle transazioni fondiarie registrate in tutto il mondo.

Oltre agli Stati acquirenti, gli organismi finanziari, i fondi investimento e i gruppi industriali che sono stati molto toccati dalla crisi economica del 2008, hanno orientato il loro interesse verso questo mercato.

"Uno studio condotto dalla Deutsche Bank Research mette in luce l'esistenza di tre grandi gruppi di attori economici implicati nel settore dei terreni agricoli: i governi, che cercano di acquistare terreni all'estero per assicurare le loro riserve in prodotti alimentari ed energia, le imprese agricole che cercano sia di aumentare la loro produzione, sia di integrare la catena d'approvvigionamento, e gli investitori finanziari" aggiunge sempre lo stesso testo. Gli attori influenti delle industrie minerarie, delle imprese del turismo e delle concessioni forestali non sono restati lontani da questa battaglia che causerà, a lungo termine, una grande esplosione sociale nel continente. "Lo studio mostra che questi attori non agiscono in modo isolato. Viene aggiunto nella relazione di ActionAid International che, facendo pressione sulla terra, gli interessi di uno dei gruppi di attori motiveranno le azioni degli altri gruppi".

I contadini dei paesi africani provano ad organizzarsi, aiutati dalle ONG che tentano alla meno peggio di dare l'allarme all'opinione pubblica internazionale e alle alte istanze dell'ONU. Una battaglia che, per il momento, è in molti casi compromessa, con le varie dittature locali che reprimono ed imprigionano tutti coloro che osano mettersi contro ciò che è chiamato progetto d'investimento, sviluppo sostenibile, rilancio economico, ecc.

 
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