Fading of the day

Affairs Of The Heart (pt. IV)

La mattina seguente mi alzai presto e decisi di fare una passeggiata in solitaria.
Nelle orecchie e nella mente risuonava ancora quel "mi piaci" che Eva mi aveva detto la sera prima tra le lacrime. Avrei voluto risponderle che anche lei mi piaceva, ma qualcosa mi aveva bloccato: non so se la rottura recente con Alessia avesse avuto un certo ruolo, ma avevo sentito la parte razionale di me tirare il freno a mano, proprio nel momento in cui quella emotiva si scioglieva nel pianto di Eva. 

Al mio ritorno Eva dormiva ancora profondamente e cercai di fare meno rumore possibile. Le avevo portato la colazione in camera con una grande rosa rossa che, per quanto era bella, sembrava finta. Si svegliò lentamente appena mi avvicinai furtivo al letto. Si stropicciò gli occhi e mi guardò come se venissi da Giove. Poi realizzò la presenza della colazione e la sua espressione di sconcerto si tramutò in sorpresa. Mi baciò.

-Sai di buono, vieni qui...

Le sue dita calde ed affusolate come rami di ciliegio sui miei fianchi.
La colazione poteva aspettare.

-Insomma, che cosa mi dici della tua ex?

Fece lei mentre piluccava distrattamente da un cornetto, facendo trasparire falso disinteresse sull'argomento.

-Che vuoi che ti dica... è una persona adorabile ed affettuosa, solo che ad un certo punto la relazione ha iniziato a stagnare...

Eva mi fissò inclinando la testa come un gattino. Mi resi conto che la parola "stagnare" le risultava indigesta.

-Beh, insomma, quando stai tanto tempo con una persona e non fai nulla per tenere vivo il rapporto, allora tutto precipita

-Parli di noia?

-Si. Noia o qualcosa del genere. Quando le cose iniziano ad andar male è difficile trovare un solo responsabile. Quel che è certo è che arrivi ad un punto in cui tutto ti sembra scontato e si perde interesse l'un per l'altro.

-Posso farti una domanda?

Eva diresse lo sguardo dal cornetto a me, in un gesto che denunciava tutta la sua attenzione.

-Certo...

-Mi spieghi perchè uno come te, con un bel lavoro, una bella casa, una bella macchina, carino, intelligente...

-Ce le ho tutte insomma...

-Dai cretino...

Mi diede un buffetto sulla mano come una maestrina che rimproverava l'alunno.

-Insomma perchè uno come te deve andare con una come me?

Con una spogliarellista - pensai..

Già perchè dovevo?

Era una domanda che, in effetti, non mi ero mai posto. Per me Eva era una bella ragazza con cui stavo bene. Stop. Non mi aveva mai creato alcun problema il lavoro che faceva, nel senso che la mia moralità non lo trovava nè umiliante nè degradante. Osservando il tutto da un'altra prospettiva, c'era da dire, però, che saperla preda di attenzioni da parte di altri maschi non mi andava per nulla a genio. Con il tempo mi rassegnai al fatto che si trattava di inconvenienti verso i quali dovevo scendere a compromessi se volevo stare con lei: Eva era la rockstar di cui tutti volevano un pezzetto ed io, volente o nolente, dovevo prenderne atto. Mi ero chiesto più volte se quel sentimento, se quella puntura urticante che avvertivo al centro dello stomaco, fosse vera e propria gelosia o, piuttosto, di una sorta di smodato e morboso senso di possesso verso l'opera d'arte che tutti bramavano di acquistare. 

Le parole di Eva fecero affacciare nella mia mente uno degli stereotipi a cui avevo guardato con occhio maggiormente critico durante tutta la mia vita: il classico cliché del maschio latino che, mollatosi con la donna, era alla ricerca di un'avventura con una straniera. Se davvero ricadevo in quella categoria, non ero diverso da milioni di uomini italiani, facevo anch'io parte di quella combriccola che avevo sempre dileggiato e guardato con sprezzo.

Rimasi in silenzio per un po', perchè, in effetti, una risposta non l'avevo. Tutto era iniziato come un gioco. La nostra storia aveva convissuto, fin dal principio, con il brivido della trasgressione, era nativamente pervasa da quel dolce sapore di "proibito" che non avevo mai provato nei dieci anni in cui ero stato Alessia. Con la mia ex il rapporto era stato totalizzante e fiduciario fin dall'inizio. Io e lei. Lei ed io. Pochi amici, poche uscite, poche opportunità per ciascuno di noi di coltivare i propri interessi. Ciò che piaceva a me piaceva anche a lei e viceversa. Vivevamo in perfetta simbiosi e questo era, al contempo, il punto di forza e di debolezza del nostro rapporto. Non avevamo segreti l'uno per l'altro, non c'era nulla che uno facesse senza che l'altro ne fosse coinvolto. Era come vivere perennemente di fronte ad uno specchio che rifletteva l'ologramma dell'altra metà della mela.

Eva incrociò le braccia stringendo le labbra, in una posa buffa come un bimbo impunito pronto a coglierti in castagna.

-Beh guardati bene: dimmi tu perchè non dovrei andare con una come te?

Eva sgranò gli occhi che in quel momento erano di un verde chiarissimo, quasi innaturale.

-Non si risponde  ad una domanda con un'altra domanda - ribattè picchiettando più volte l'indice sul tavolo.- riprovare please...

Sapevo cosa voleva sentirsi dire. Era chiaro, ma non potevo, non me la sentivo. Non in quel momento, non dopo quel periodo. Eva mi piaceva e tanto anche, ma, forse, in un modo diverso da come mi era piaciuta Alessia. Eva era una ragazza bellissima, sveglia, capace di far girare la testa a chiunque. Però non potevo di dire di amarla. Le volevo bene e stavo da dio con lei.

Ma l'amore... l'amore, forse, era un'altra cosa.