Creato da Nordica_per_Caso il 16/10/2009

ITALIA

L'UNITA' D'ITALIA

 

 

Bella Italia

Post n°24 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da Nordica_per_Caso

Benvenuti in Italia – Un viaggio in ItaliaUna vacanza nel centro culturale dell´Europa

Italia – Cultura, gastronomia ed uno stile di vita unico sono solo tre dei tanti superlativi che caratterizzano questo paese. Coniato dall´antica cultura romana, dall´ideale di bellezza del Rinascimento e da una miscela grandiosa di piaceri per i sensi e per il palato, il Bel Paese affascina ogni turista durante il suo viaggio in Italia. Lasciatevi incantare anche voi dalla bellezza di questo paese e godetevi un viaggio indimenticabile attraverso l´Italia.

 
 
 

Letteratura siciliana

Post n°23 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da Nordica_per_Caso

Uno dei personaggi più conosciuti della letteratura popolare siciliana è Giufà. Questo nome deriva da Giovanni, prima abbreviato inGiovà e poi adattato in Giufà. Lo scrittore e studioso della lingua siciliana Giuseppe Pitrè, nel libro Racconti Popolari Siciliani, ha trattato la storia di questo personaggio, reso famoso tramite i racconti di generazione in generazione e tuttora conosciuto dalla maggior parte dei siciliani.

I primi due testi interamente in siciliano sono due ricette conservate in un foglio di guardiadi un antico manoscritto francese, conservato alla Biblioteca nazionale di Parigi, una per creare il colore azzurro e una per placare il desiderio sessuale. Sono state studiate daAntonino Pagliaro[1].

 
 
 

Detti siciliani

Post n°22 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da Nordica_per_Caso

Aceddu `nta la aggia non canta p`amuri, ma pi raggia.

Uccello in gabbia non canta per amore, ma per rabbia.

 

Acqua, cunsigghiu e sali a cu n`addumanna `n ci nni dari.

Acqua, consiglio e sale non darne a chi non te ne chiede.

 

 

A ucca è quantu n’aneddu, si mangia turri, palazzi e casteddu.
(La bocca e quanto un'anello, ma si mangia torri, palazzi e castelli)

 

Amuri nun senti cunsigghi.
(Amore non sente consigli)

 

A pignata vaddata non vugghi mai.

La pentola guardata non bolle mai

 

Aspittari e non veniri, jiri a tavula e non manciari, jiri o lettu e non durmiri su` tri peni di muriri.

Aspettare qualcuno che non viene, andare a tavola e non mangiare, andare a letto e non dormire sono tre pene da morire.

 

Attacca lu sceccu unni voli u patruni

Lega l'asino dove vuole il padrone.

 
 
 

Scrittori abruzzesi

Post n°21 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da Nordica_per_Caso

D'ANNUNZIOGabriele. - Nacque a Pescara, il 12 marzo 1863,da Francesco Paolo e da Luisa de Benedictis. Il padre proveniva da una modesta famiglia, ma, adottato da uno zio benestante, ne aveva assunto il cognome, D'Annunzio, sostituendolo a quello d'origine, Rapagnetta, e ne aveva ereditato i beni, potendo vivere di eredità ed entrando nella schiera dei notabili del paese, così da essere eletto, per breve tempo, sindaco dell'allora piccolo comune abruzzese. La madre discendeva da una ricca famiglia di Ortona.

Quanto l'uno era estroverso ed esuberante, anche nelle avventure amorose e nello sperperare il patrimonio, tanto l'altra era dolce e remissiva, maternamente carica di premure, figura ripensata costantemente con commozione se fanno fede le pagine del Notturno. L'ipotesi che l'uno e l'altra siano stati presenze decisive, nella formazione e poi nelle diverse esperienze di Gabriele, andrebbe puntualmente verificata. Nella instabilità sentimentale del D., nella ricchissima ghirlanda dei suoi amori è stato visto un tentativo inconscio, censurato e perciò innestato in una dinamica crescente di spostamento, di possesso della madre, di cui la donna sarebbe figura di proiezione. Il vitalismo narcisistico e il carattere autoritario dell'immaginifico, che trovano immediati modelli nella vita di Francesco Paolo, e, per contro, sintomi evidenti di rifiuto della figura paterna (il più eclatante la mancata partecipazione ai suoi funerali), conterrebbero, invece, l'ambivalenza di odio e di amore e rinvierebbero ad un disegno inconscio di identificazione e di sostituzione. Il caso D. e persino alcune frequenti oscillazioni della sua poetica recano, forse, le impronte mai cancellate del classico groviglio edipico.

Gabriele era il terzogenito della famiglia. Prima di lui erano nate Anna, nel 1859, ed Elvira, trascorsi due anni; dopo di lui sarebbero nati, sempre con l'intervallo di un biennio, Ernestina ed Antonio. Terzogenito e primo figlio maschio, lungamente sospirato: anche per questa ragione la formazione culturale del D. fu particolarmente curata. Compiuti diligentemente i primi studi a Pescara, per volontà del padre egli si iscrisse alla prima ginnasiale presso il Reale Collegio "Cicognini" di Prato. Qui soggiornò sette anni, dal 1874 al 1881, quando conseguì, il 30 giugno, la "licenza d'onore" in base ai risultati dei tre anni di liceo. La carriera scolastica di Gabriele è la tipica del primo della classe: ottime votazioni in tutte le materie di studio, benché l'algebra e la geometria sembra non fossero da lui particolarmente amate; eccellenza nelle attività collaterali e nella ginnastica e nella scherma, discipline per le quali ebbe spesso menzioni; progressione rapida nei gradi del collegio, strutturato come un ordine militare, fino alla nomina a comandante della compagnia; segnalazioni per la condotta, giudicata irreprensibile fatta eccezione per l'anno 1877, e per la "pulitezza", e cioè l'eleganza, del portamento e del modo di vestire, secondo il cliché di chi avrebbe poi asserito essere più che mai necessario ed amabile il superfluo.

 
 
 

Proverbi abruzzesi

Post n°19 pubblicato il 17 Ottobre 2016 da Nordica_per_Caso

Proverbi e modi di dire in dialetto abruzzese   2a parte

Non e' bello ciò che e' bello. Figuriamoci ciò che e' brutto.

Fa 'bène e scùrdetele, fa male e pìnzece
Se fai del bene, dimenticalo; se fai del male, pensaci

Finite la feste, finite li quatrìne
Finite le feste, finiti i quattrini

Gross' e cazzòne
Grande e sciocco 

I me la cunsèrve dentre a lu lette, l'itre me la cunsùme tra li fratte 
Io la conservo dentro al letto, gli altri me la sciupano tra le siepi 

Iose a cavalle e se n'arminose a 'pète
Andò via a cavallo e tornò a piedi

La carte è amande de lu fesse, e lu stupete paghe
La carta è amica del fesso, e lo stupido paga

L'acque va a li spalle 
L'acqua va alle spalle 

La bellezze dell'àsine
La bellezza dell'asino

La crueije è na risàte; la loffe na liticàte
La scoreggia è una risata; la loffa, una litigata 

La gallìne à fetàte e lu galle strille ca ije fa male lu cule
La gallina ha fatto l'uovo e il gallo strilla che gli fa male il sedere 

L'arte s'ammàle ma ne se more
Il mestiere s'ammala ma non muore

La robb' mal' accustàt' lu diavl' s' l' port' 
La roba male acquistata se la porta il diavolo

L'àsine va sembre 'n pizze alla vije
L'asino cammina sempre sul ciglio della strada

La vanghe tè la scella d'ore
La vanga ha l'ala d'oro

Li bascie so' come li cerascie
I baci sono come le ciliegie

Li mazziàte come le rannellate
Botte ,bastonate come grandinate

Li mirìcule della fratte quand'è bbone quand'è fatte; quande è tempe di fìcure, sbàttete 'n cule li mirìcule
Le more di siepe quanto sono buone quando sono mature, però quando 
sono maturi i fichi, le more te le puoi mettere nel sedere 

Li schirne e li biastème nen coije
Gli scherni e le bestemmie non colpiscono

Lu calle de lu lette fa scurdà lu calle de lu pette 
Il caldo dell'alcova fa dimenticare il calore del seno materno

L'ucchie de lu patrone 'ngrasse lu cavalle
L'occhio del padrone ingrassa il cavallo

Lù pòver' ommene nen z'attè 
Il pover'uomo non stà in piedi

Lu vove dice curnùte all'asine e l'asine arspònne:"zitte ricchio'"
Il bue dice cornuto all'asino e l'asino risponde: "Zitto, 
orecchioni (grandi orecchie) 

Magne e cache ca devinte pape
Mangia e caca che diventi papa

Magne poche e stà vicìne allu foche
Mangia poco a stai vicino al fuoco

Magne, cache e lu cule je fischie 
Mangia, caca e il sedere gli fischia

Male nen fa, paùre nen avè
Male non fare, paura non avere

'Mbàre e arzile .Impara e metti da parte .

Vale 'cchiù nu solde de sparàgne che cente de guadagne
Vale più un soldo di risparmio che cento di guadagno

Va che chi è mèije de te e fàjiece le spese
Va con chi è migliore di te e fagli le spese

 

Teneve nu  cervelle così piccirille che, quande aveve due pensieri, dovevano fare manovra.

Quando  ti morde un lupo ...,chi ci vu fa'... è la nature ,occorre pazienza. Quelle  che fa incazza'  e' quando ti morde na pecora.

 
 
 

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