Il Mio Elfo

Il Mio Elfo è il mio mondo. Un mondo fatto di teatro, arte, musica e vita. Il mio mondo di attori, spettacoli, amici, bambini, viaggi e piccole avventure. IL mio Elfo è la mia grande passione, è IL TEATRO DELL'ELFO di Milano, il teatro del mio cuore. All'Elfo ho pianto, ho riso, mi son scordata preoccupazioni ed HO VISSUTO GRANDI EMOZIONI. All'ELFO ho conosciuto i miei più grandi amici, ho scoperto un mondo nuovo. All'Elfo dedico questo blog. Il mio primo ed unico blog. Cesonia.

 

TRA DIRE E FARE -GIORGIA.

 

DARREN HAYES - LOST WITHOUT YOU

 

THE ONLY ONE - DARREN HAYES

 

GULLIVER-MIGUEL BOSÈ-

 

meravigliosa! meraviglioso!

 

RENATO

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 
 

IL TEATRO DELL'ELFO

Dall'enciclopedia ENCARTA.... fondata a Milano nel 1972, la compagnia dell’Elfo si ritagliò fin dai suoi esordi uno spazio originale all’interno del panorama teatrale degli anni Settanta anche grazie all’allestimento di spettacoli come "1789: scene dalla rivoluzione francese, Pinocchio Bazaar, Le mille e una notte". Nel 1978, con l’acquisizione di una sala teatrale, la compagnia diede inizio a un nuovo corso, segnato dal grande successo di Sogno di una notte d’estate (1981), un’inedita versione musical-rock del testo di Shakespeare. Lo spettacolo costituì l’apice della crescita della compagnia, esperienza collettiva di un gruppo di registi e attori che vide in Gabriele Salvatores uno degli esponenti di maggior spicco. Negli anni successivi si affermarono nuove personalità registiche, come Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, mentre il gruppo si dedicò alla scoperta dei migliori autori contemporanei; nacquero così Nemico di classe di Nigel Williams e Visi noti, sentimenti confusi di Botho Strauss, per la regia di De Capitani; Comedians di Trevor Griffiths, per la regia di Salvatores; Le lacrime amare di Petra von Kant di Rainer Werner Fassbinder, diretto da Bruni e De Capitani. Nel 1992 l’unione del Teatro dell’Elfo con il Teatro di Porta Romana diede vita a Teatridithalia. Portando al successo alcuni attori di primo piano della scena teatrale italiana, tra cui Paolo Rossi e Silvio Orlando, la compagnia proseguì la ricerca sulla drammaturgia contemporanea con gli allestimenti di testi di Brad Fraser, Steven Berkoff, Bernard-Marie Koltès, Yukio Mishima, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori e Mark Ravenhill. In tempi più recenti, il rinnovato incontro con Shakespeare ha dato vita a una versione violentemente espressionista di Amleto, a una nuova edizione del Sogno (1997) e a una brillante rivisitazione del Mercante di Venezia (2003).
 

 

« Il Lago dei CaprioliRADIO HAMLET »

Venuto al Mondo

Post n°331 pubblicato il 04 Settembre 2009 da Cesonia00
 

" Non si guarisce mai da ciò che ci manca, ci si adatta, ci si racconta altre verità. Si convive con se stessi, con la nostalgia della vita, come i vecchi"

.

.

Venuto al Mondo di Margaret Mazzantini è il libro più bello, doloroso, intenso, umano che abbia mai letto. A casa di Gojko, il poeta-soldato bosniaco, alla fine della strada, ho scoperto una verità. Il dolore della vita. La redenzione. Ho capito come nella vita ogni cosa non è quel che sembra, le sfumature sono infinite, le verità nascoste.

Come in Blasted. Lo stesso effetto su di me. E non è il sentir parlare di guerra, soldati, macerie e morti. E' la vita che scorre dentro a tutte queste cose, l'esistenza dell'uomo, la solitudine, la ricerca di aiuto. la mano tesa. Ho ritrovato Kate in Aska ed il soldato, in Gojko. Bellissimo. L'ho finito da poco e lo ricomincerò. Devo scavare più a fondo.

 

 

Commenti al Post:
Cesonia00
Cesonia00 il 04/09/09 alle 16:00 via WEB
da: http://www.wuz.it/recensione-libro/2827/venuto-mondo-margaret-mazzantini-sarajevo-guerra-bosnia.html Venuto al mondo di Margaret Mazzantini “Di notte la città sembra una bocca guasta di costruzioni rose dall’interno come denti divorati da una carie. Il buio diventa l’apocalisse. Non c’è traccia di vita. Le sirene degli allarmi sono voci dimenticate da un’allerta che non pare servire più a nessuno. Ogni notte Sarajevo muore. La notte è il coperchio che si chiude. I superstiti sono formiche che hanno seguito il destino della città per ostinata affezione e sono rimaste murate nella bara. Di notte resta solo il vento, che cala dalle montagne e si aggira come uno spirito inquieto in questa bocca sdentata.” Terminare la lettura di questo libro e non sentirsi feriti è davvero impossibile: il romanzo riesce a lacerare, a sconvolgere, a denudare ogni falsa coscienza, a buttarci in mezzo al dolore e al male assoluto senza offrire ripari. Ma il messaggio che ogni lettore, pur segnato da cicatrici e sensi di colpa, alla fine porta con sé è l’idea che anche dall’orrore possa nascere qualcosa, che uno spiraglio di speranza rimanga sempre aperto. La storia si apre con una telefonata. Arriva da Sarajevo, è un vecchio amico che chiede a Gemma, la protagonista, dopo tanti anni di tornare in quella città che ha significato tanto per lei. La donna risponde turbata di sì. Porta con sé il figlio Pietro, riottoso sedicenne romano, vuole che veda quella città martirizzata in cui lei aveva conosciuto e amato un giovane fotografo genovese, il padre che il ragazzo non ha mai conosciuto perché morto là, vittima indiretta di quella maledetta guerra che ha insanguinato e violentato la Bosnia. Il Parlamento di Sarajevo L’arrivo è come la riapertura di una ferita e il romanzo procede tra presente e flash back, anzi tra l’angoscia del presente e la capacità di rivivere in pieno l’orrore del passato. Studentessa, approdata a Sarajevo per una tesi su Ivo Andric, Gemma ha come guida un poeta che in realtà fa un po’ di tutto, interprete, commerciante di piccole cose, autista… E proprio in procinto di tornare a Roma per sposarsi Gemma conosce un ragazzo, un fotografo genovese, un po' strampalato, un po' bambino, indifeso e solare. L’incontro turba entrambi e così di ritorno in Italia inizia tra loro, dopo varie vicissitudini, una storia d’amore intensissima, un legame dolce e appassionato a cui però manca qualcosa: un figlio. Gravidanze interrotte, frustrazione dolorosa, e incapacità di accettare la sterilità: Gemma vuole a tutti i costi diventare madre. Cerca così una soluzione alternativa, non legale, che riporta la coppia a Sarajevo. Là sarà la guerra a cambiare i destini, i loro come quelli di un numero infinito di esseri umani. Ma il romanzo non procede in modo lineare a raccontare il passato, anzi la narrazione di ciò che è accaduto, si intreccia con Gemma e Pietro oggi nella città bosniaca, con le tracce della guerra ancora visibili sui muri e sui visi delle persone, gli immensi cimiteri con date di nascita diverse e quelle di morte tutte uguali. Gemma è sempre presente e attenta alle reazioni del figlio e nello stesso tempo è ancora là, in quei giorni terribili, in quell’orrore, in quella paura, nella sua straziante vicenda che, dentro al grande dolore della città, ne è parte e se ne disperde. Non raccontiamo di più della trama complessa che fino all’ultima pagina, come avviene nella vita, sembra cambiare direzione e prendersi gioco dei destini degli uomini. Sicuramente la Mazzantini sa raccontare la guerra con forza e disperazione con le parole adeguate e i necessari silenzi. La guerra, la fame, l’incapacità di capire davvero che cosa sia successo, tutto ciò davvero si anima in queste pagine cariche di sofferenza. Nessuno se l’aspettava, nessuno sa che cosa abbia potuto trasformare una città serena e colta, multietnica e pluralista, fiera della sua modernità e del suo patrimonio di tradizioni, in un luogo infernale. Ma la guerra, insensata, cieca, bestiale, trasforma gli uomini in belve e molte pagine, in particolare nell’ultima parte del romanzo, sono una durissima testimonianza di questa bestialità assurda. La biblioteca di Sarajevo in fiamme Altro tema, che apre e chiude l’opera, è il desiderio di maternità, l’affermazione che essere madre è amare un bambino col cuore e con tutto il proprio essere, anche se non è frutto del proprio corpo, un amore che sa superare ogni barriera e che è speranza di futuro. Ma merito dell’autrice è anche descrivere quella città, splendida seppur lacerata, orgogliosa come i suoi abitanti, che mostra nelle bellissime architetture le diverse culture che la compongono e che fino a pochi decenni fa, convivevano pacificamente. Grande merito inoltre nella denuncia della solidarietà da salotto, della freddezza e della superficialità di chi, a pochi chilometri di distanza, divisi solo da una striscia di mare, ha concesso che quel massacro potesse perpetrarsi. Ecco i numeri: più di 12.000 i morti durante l’assedio, più di 50.000 i feriti, l'85% dei quali civili. Ma i numeri significano qualcosa se li sappiamo riempire di emozioni, il libro di Margaret Mazzantini ce ne dà di intensissime.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Federica il 18/09/09 alle 13:11 via WEB
è un libro doloroso, contorto e tormentato... ma pieno d'amore, è per questo che mi è piaciuto tanto!
 
 
Cesonia00
Cesonia00 il 20/09/09 alle 21:56 via WEB
D'amore e di vita. Federica. E' un libro pieno zeppo di vita.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

INFO


Un blog di: Cesonia00
Data di creazione: 19/04/2008
 

 

STAGIONE 2009/10

 

STAGIONE 2008/9

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

BleuDeFranceCesonia00religioneascuolaninosurdomariomancino.mjihiferidasexydamilleeunanottemafragagliardiJanis_ueppapino.chicchittitaliapaolofuoridallemurarobertobertolottiAlessandroCalonaci
 

ULTIMI COMMENTI

GLI ELFI NELLA MITOLOGIA

I mitologi della scuola germanica sostengono che gli Elfi non siano altro che le raffigurazioni simboliche degli elementi naturali del fuoco, dell'aria, dell'acqua e della terra. Sembra che gli elfi siano in grado di trarre la loro essenza da questi quattro elementi (sidifferenziano morfologicamente secondo l'appartenenza ai quattro elementi naturali).Dal gran numero di racconti popolari sono stati narrati come esseri socialmente organizzati, considerati come un popolo vero e proprio che viveva e agiva grazie alle proprietà degli elementi naturali. Gli elfi sono amici del genere umano, di indole indipendente e molto fiera, tra le loro caratteristiche vi è quella di indossare una cintura magica che consentirebbe di diventare invisibile, oggetto di alto valore simbolico nelle credenze non solo popolari ma anche colte delle genti europee dell'antichità. La razza della luce per eccellenza, sono ottimi arcieri e buoni maghi.
 

TEMPESTA

 

BLASTED

 

IL SENTIERO DEI PASSI PERICOLOSI

 

ILMIOCIRCO

Il circo è vita, il circo è gioia, il circo è FANTASIA, IL CIRCO e' ALEGRIA!

 

Royal Circus- Giovanna Carchia

 

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963