Creato da MarianneWerefkin il 26/10/2007

Il mignolo

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A cuore aperto. Invece no.

Post n°237 pubblicato il 09 Febbraio 2015 da MarianneWerefkin

Ma noi siamo matte. E quindi ti rispondo dallo stesso sedile con una sonora risata. Ora sto in macchina e rido. Ho appena parcheggiato C. mia cara. Mi raggiungi? O vengo io da te? Ci incontriamo a metà strada? Sì ma dove sei? Quale bar? Non ho capito, ma dove sei? Anch’io, ma quale bar dici? Madonna.
C. non ho capito un cazzo, ma ti raggiungo. Mi butto nella bufera e rido. Mi sta per scivolare il cellulare mentre pago il parcheggio ed una nostra collega, appena arrivata anche lei, facendo retromarcia tenta di stirarmi sull’asfalto. Abbassando il finestrino mi butta un ciaoooooooooo ridendo come una scema. Ma stai male pure tu, penso bonariamente. Ti raggiungiamo. Per la strada raccattiamo un’altra che ha appena trovato un posto auto ma non sa dove, come e quanto si paghi, allora faccio una volata io. Ti raggiungo C. e lascio indietro le altre. Ti raggiungo, veloce. L’aria bagnata è simile a certi giorni di noia, che rende edifici, persone, istanti tutti uguali. Il tempo si ferma, ed i minuti non scorrono ma ristagnano in un pozzo artesiano. Gli intenti muoiono. Ma noi no.

 
 
 

A cuore aperto. Una risposta dal passato.

Post n°236 pubblicato il 07 Febbraio 2015 da MarianneWerefkin

Una volta mia cara C. ero sul sedile della mia auto affranta, questo particolare turbamento che si presentava quasi regolarmente ogni lunedì mattina era il mio compagno sino alla porta d'ingresso del mio posto di lavoro. Una volta ferma sulla soglia, un passo prima di entrare, controllavo che le guance non avessero aloni di lacrime residue. Mi è capitato spesso cara C. e lo nascondevo. Cacciavo giù il magone, quell'insopportabile nodo in gola che mi strozzava chiedendomi come sarei riuscita a far finta di niente davanti a colleghi, sconosciuti, appestati e morti in croce. Era una domanda assillante che sempre più spesso mi ritrovavo a fare. Controllavo il mascara, controllavo le occhiaie umide di acqua, lesse e spappolate sotto cumuli di fondotinta. Le notizie del lunedì, poi quelle del martedì ed alla fine sino al sabato presero un trend catastrofico. Ed io ne rimasi sopraffatta. Ascoltavo e soffrivo. Piangevo ed asciugavo. Ogni tanto alla guida mi mordevo le labbra e sentivo solo il peso di una comprensione che invece non sentivo. E mi dannavo perché non capivo. E tutto ribolliva, la rabbia, l'ira, la stizza e forse l'odio e gli occhi si gonfiavano ed esplodevano lacrime senza parole, tutta la campagna che mi circondava era bagnata da questo furore allo stomaco che mi torceva pensieri e creava riflessi aberranti. Una volta C. . Una volta ti avrei risposto che ero lì. Su quel sedile, regolarmente a piangere.

 
 
 

A cuore aperto. Atena canta.

Post n°235 pubblicato il 04 Febbraio 2015 da MarianneWerefkin

...Del cazzo. Diciamolo. Alla quale mi rifiuto categoricamente ed insindacabilmente di rispondere. Che io rispondo solo a domande intelligenti, non a quelle presuntuose, insinuanti, provocatorie. A quelle volto le spalle, parcheggiando magnificamente l'auto. Un pensiero di morte mi sfiora, non respirare più è - troppo tardi-. Ma non avrò il tempo di accorgermene. Taglio corto con la paranoia, il parcheggio è praticamente vuoto e sono ancora in auto quando sento fischiare il vento. Ecco "Fischia il vento" prima di questa maledettessima riunione mi mancava. Mi sento quasi eroica verso la nostra primavera rossa. Mi sovviene un piccolo ricordo di una collega greca che un bel giorno intendeva insegnarmi il vero ritmo di questo inno ai miei ideali, sbalordita le chiesi se si fosse bevuta il cervello, stava dicendo proprio a me. Così lei si mise sull'attenti e con fare sillabico, quasi intimidatorio, mi consigliò di ascoltarla, con il mento alto, lo sguardo fiero e impassibile rivolto al vuoto, iniziò a cantare. Mortacci miei, mi sembrava Atena. Questo a volte è il colore delle mie giornate, un sorriso rubato dentro un grigio imperante che solo in apparenza non lascia scampo alla fantasia. Non c'è che dire, al suo pensiero mi accartoccio come sempre sul sedile, assaporando ancora qualche minuto la  calma dell'abitacolo e il torpore sviluppato dalla temperatura dell'ambiente nettamente superiore rispetto quella esterna. E' sempre tutto grigio, fuori. Che afflizione.
Mi scanta lo squillo del mio cellulare, guardo chi è ed appunto sorrido. Rispondo. Dall’altra parte sento un suono, che mi ricorda quello di una bufera in corso attorno ad un fuscello, un corpo esile e ossuto come quello di C.(-dovresti mangiare di più, Dio mio, ti conto i capillari sulle braccia, dove vuoi arrivare...anche questo non ti ho mai detto), la mia Compagna di avventura, che senza nessuna premessa mi lancia direttamente al timpano un –Dove sei????!!-.
E questa è, per inciso, una domanda intelligente.  

 
 
 

A cuore aperto.

Post n°234 pubblicato il 03 Febbraio 2015 da MarianneWerefkin

Il potere della mente un corno. Da Strada Maggiore allo Chalet, posizione ideale per un parcheggio sicuro, quindi tattico, ma neppure troppo vista la distanza a piedi da coprire poi per arrivare al punto x, ci misi circa quei quaranta minuti di Madonne, con pace all'anima di ogni santo e non, rammentando a rate l'intuizione geniale di partire da casa all'alba, due ore e trenta prima di entrare dentro la fossa dei leoni. Bella prospettiva, pensavo. Brava, bravissima. Come cacchio fai ad accorgerti sempre troppo tardi che - è troppo tardi!-? Bella domanda.

(...)

 
 
 

A cuore aperto.

Post n°233 pubblicato il 02 Febbraio 2015 da MarianneWerefkin

Uscita di casa all'alba, venerdì mattina, mi sentivo di nuovo calva e senza chioma, l'aria gelida sferzava le ciocche di capelli e la cute al di sotto rabbrividiva misera allo scoperto. Infilandomi velocemente nell'auto davanti a casa pensai che quella non era una sera, ma una mattina - buia e tempestosa-, l'atmosfera ideale per una disfatta, un abbaglio e poi uno schianto. Davvero non mi capacitavo che all'ultimo minuto qualcuno avesse deciso di non sentirsela più e vigliaccamente avesse preferito una poltrona da spettatore. Avevo la gola in fiamme, il moccolo al naso, il trucco già struccato e 4 ore di sonno alle spalle più due di ripasso di alcuni termini che anche ora non ricordo. Multidimensionale- imprinting- autenticazione- degenerazione-, no va là, li ricordo. Forse ho pure pianto. In autostrada immaginavo una giornata di sole, la desideravo così intensamente che ho pure pensato e sperato che ripetendo parecchie volte, focalizzando l'immagine, la parola - sole, sole, sole, sole, sole...- potesse davvero apparire un raggio. Invece stava iniziando a piovere. Il potere della mente eh?.

(...)

 
 
 

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